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Il mancato tempestivo avviso del sinistro non comporta, di per sé, la
perdita della garanzia assicurativa
Cass. civ. Sez. III, 28-11-2007,
n. 24733
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.
ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente
Dott. TRIFONE
Francesco - rel. Consigliere
Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere
Dott. CALABRESE Donato - Consigliere
Dott. TALEVI Alberto -
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso
proposto da:
MILANO ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore,
legale rappresentante Dott. C.I., elettivamente domiciliata in Roma via
Miropia 41, presso lo studio dell'avvocato CAMARDA MARCO, difesa
dall'avvocato FALACE GIUSEPPE, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
C.G., GI. E R. quali EREDI di S. E., elettivamente domiciliati
in ROMA VLE MAZZINI 11, presso lo studio dell'avvocato ROSSI ADRIANO,
che li difende unitamente agli avvocati CAMERINI VINCENZO, IOANNONI
FIORE ENRICO, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
e contro
B.
G.B., S.F., S.N.;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 00182/04 proposto
da:
B.G.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CELIMONTANA 38,
presso lo studio dell'avvocato PANARITI BENITO PIERO, che lo difende
unitamente all'avvocato DEL PAGGIO LUCIO, giusta delega in atti;
-
ricorrente -
e contro
MILANO ASSICURAZIONI SPA;
- intimata -
avverso la sentenza n. 952/02 della Corte d'Appello di L'AQUILA, emessa
il 2/07/02, depositata il 14/11/02, R.G.509/97;
udita la relazione
della causa svolta nella Udienza pubblica del 21/09/07 dal Consigliere
Dott. TRIFONE Francesco;
udito l'Avvocato CAMARDA Marco (per delega
Avv. FALACE Giuseppe, depositata in udienza);
udito l'Avvocato
CAMERINI Francesco (per delega Avv. CAMERINI Vincenzo);
udito
l'Avvocato PANARITI Benito Piero;
udito il P.M., in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CARESTIA Antonietta, che ha
concluso per l'inammissibilità del ricorso incidentale e il rigetto di
quello principale.
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Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con citazione innanzi al
tribunale di Teramo del 14 dicembre 1989 S.E. conveniva in giudizio F.
e S.N. nonchè il notaio B.G.B..
Esponeva che:
con atto pubblico del
predetto notaio in data 24 luglio 1985, al prezzo di L. 250.000.000,
aveva acquistato da S.F., rappresentato da S.N., parte di un fabbricato
in (OMISSIS);
il venditore le aveva dichiarato l'esistenza soltanto di
una ipoteca in favore della Cassa di Risparmio di Teramo a garanzia di
un mutuo già estinto;
l'immobile era risultato, invece, gravato - per
gli importi rispettivi di L. 350.000.000 e di L. 615.000.000 a favore
della medesima banca - di altre due iscrizioni ipotecarie, la cui
esistenza le era stata taciuta;
il notaio rogante aveva omesso di
eseguire le necessarie visure ipotecarie e catastali;
la banca
creditrice aveva successivamente sottoposto a pignoramento l'immobile
gravato delle due garanzie reali.
Chiedeva, pertanto, che i convenuti
fossero condannati, in solido, a liberare l'immobile dalle ipoteche ed
a risarcirle i danni subiti.
Nella contumacia di F. e S.N., si
costituiva il notaio B.G.B., che otteneva di chiamare in causa la
società Card Assicurazioni spa, che ne garantiva la responsabilità
civile per colpa professionale.
La società assicuratrice,
costituitasi, eccepiva la prescrizione e, comunque, la estinzione, ai
sensi dell'art. 1913 c.c., del diritto dell'assicurato, per non avere B.
G.B. rispettato il termine di tre giorni per avvisare del sinistro
l'assicuratore.
L'adito tribunale, previa convalida del sequestro
conservativo accordato in corso di causa all'attrice in danno di F. e S.
N. sino alla concorrenza di L. 400.000.000, condannava i convenuti a
cancellare le ipoteche ed a pagare ad S.E. i danni nella misura di L.
250.000.000; rigettava la domanda di garanzia del notaio B.G.B. nei
confronti della società di assicurazione.
Sull'impugnazione principale
di B.G.B. e sul gravame incidentale di S.E. provvedeva la Corte
d'appello di L'Aquila con la sentenza pubblicata il 14 novembre 2002,
che condannava F. e S.N. nonchè il notaio B. G.B., in solido, a pagare
per danni ad S. E. la somma di L. 349.452.573, con rivalutazione ed
interessi, e, in accoglimento della domanda di garanzia, la società
Milano Assicurazioni spa a tenere indenne B.G.B. di quanto lo stesso
era stato condannato a pagare ad S.E..
I giudici dell'appello, ai fini
che ancora interessano, consideravano che da luogo a responsabilità
contrattuale la violazione da parte del notaio dell'obbligo di
verificare, attraverso la consultazione dei registri immobiliari, la
libertà e la disponibilità dell'immobile alienato, ancorchè le parti
non gliene abbiano conferito l'espresso incarico.
Ritenevano che il
notaio aveva omesso di eseguire le necessarie visure ipotecarie e non
aveva neppure prospettato all'acquirente la opportunità di farle
effettuare da terzi o di richiedere le relative certificazioni.
Rilevavano che la mendace dichiarazione del venditore, circa la libertà
dell'immobile da ipoteche, non valeva ad escludere la colpa
professionale del notaio medesimo.
Escludevano che S.E., che non aveva
verificato personalmente la reale situazione ipotecaria dell'immobile
acquistato, avesse in tal modo, concorso a cagionare il danno, ai sensi
dell'art. 1227 c.c..
Ritenevano che era infondata l'eccezione di
decadenza dell'assicurato B.G.B. dalla garanzia assicurativa.
Per la
cassazione della sentenza ha proposto ricorso principale la società
Milano Assicurazioni spa, che ha affidato l'accoglimento
dell'impugnazione a quattro motivi.
Hanno resistito con controricorso
B.G.B., che ha proposto a sua volta ricorso incidentale sulla scorta di
unico motivo articolato in tre distinti profili, nonchè G., Gi. e C.R.
nella loro qualità di eredi di S.E..
Sia B.G.B. che G., Gi. e C.R.
hanno presentato memoria.
Motivi della decisione
I ricorsi,
impugnazioni distinte della medesima sentenza, sono riuniti (art. 335 c.
p.c.).
Con il primo motivo dell'impugnazione principale - deducendo la
violazione o l'erronea applicazione delle norme di cui agli art. 1913 e
1915 c.c. - la ricorrente società assicuratrice critica l'impugnata
sentenza nella parte in cui il giudice di secondo grado ha escluso,
poichè non si era trattato di omissione dolosa, ma di inadempimento
colposo, che l'omesso avviso del sinistro da parte dell'assicurato nel
termine di tre giorni dalla sua verificazione potesse determinare la
decadenza del diritto all'indennizzo ed ha affermato che detta colpa
comportava soltanto, ai sensi del secondo comma dell'art. 1915 c.c.,
una riduzione dell'indennità in ragione del pregiudizio subito
dall'assicuratore.
Sostiene che la perdita dell'indennizzo non
richiede lo specifico e fraudolento intento dell'assicurato di recare
danno all'assicuratore, ma suppone semplicemente la consapevolezza
dell'obbligo dell'avviso e la cosciente volontà di non osservarlo,
requisiti questi che il giudice del merito, sulla scorta della
documentazione acquisita in causa, avrebbe dovuto ritenere entrambi
realizzati.
La censura non può essere accolta.
In tema di
assicurazione contro i danni, l'inosservanza, da parte dell'assicurato,
dell'obbligo di dare avviso del sinistro, secondo le specifiche
modalità previste da clausola di polizza, non può implicare, di per sè,
la perdita della garanzia assicurativa, occorrendo a tal fine accertare
se detta inosservanza abbia carattere doloso o colposo, dato che, nella
seconda ipotesi, il diritto all'indennità non viene meno, ma si riduce
in ragione del pregiudizio sofferto dall'assicuratore, ai sensi
dell'art. 1915 c.c., comma 2.
Occorre, inoltre, riscontrare se, alla
stregua del principio di buona fede, che presiede all'interpretazione
ed all'esecuzione del contratto, le diverse modalità di avviso, in
concreto adottate dall'assicurato, possano o meno considerarsi
equipollenti di quelle fissate dal contratto, in relazione alla loro
attitudine a realizzare lo scopo della norma.
La giurisprudenza di
questa Corte (Cass., n. 5435/2005; Cass., n. 3044/97) ha anche
precisato che, affinchè l'assicurato possa ritenersi dolosamente
inadempiente - con conseguente perdita del diritto all'indennità ai
sensi dell'art. 1915 c.c. all'obbligo imposto dall'art. 1913 c.c. di
dare avviso del sinistro all'assicuratore (la cui ratio risiede
nell'esigenza di porlo in condizioni di accertare tempestivamente le
cause del sinistro e l'entità del danno prima che possano disperdersi
eventuali prove e indizi) non occorre lo specifico e fraudolento
intento di creargli danno, essendo sufficiente la consapevolezza
dell'indicato obbligo e la cosciente volontà di non osservarlo.
Alle
suddette regole di diritto il giudice del merito si è puntualmente
adeguato, poichè la sentenza di secondo grado (che pure da atto che il
dolo previsto dalla norma non richiede lo specifico intento di recare
danno all'assicuratore, ma deve, comunque, consistere in una omissione
intenzionale, non dovuta a dimenticanza o negligenza) ha chiarito che,
nella specie, un atteggiamento di dolo, inteso nel senso sancito dalla
norma, non era desumibile dalla semplice conoscenza che l'assicurato
aveva avuto del sinistro, aggiungendo che dalla non dolosa omissione
dell'avviso l'assicuratore non aveva neppure dedotto che gli fosse
derivato un pregiudizio idoneo a fare ridurre la misura
dell'indennizzo.
Escluso, pertanto, il dedotto errore in diritto, deve
anche negarsi la sussistenza del denunciato vizio di motivazione circa
la mancata valutazione dell'omissione come comportamento consapevole e
voluto dell'assicurato.
A tal fine la società ricorrente assume che
del sinistro l'assicurato era stato informato con lettera raccomandata
da S.E., la quale gli rappresentava che il venditore non aveva
provveduto alla cancellazione dell'ipoteca e chiedeva chiarimenti in
proposito.
Da ciò - sostiene la ricorrente - il giudice del merito
avrebbe dovuto argomentare che S.E. affermava la responsabilità del
notaio.
In disparte la considerazione che del documento la società
ricorrente non riproduce l'esatto tenore, onde il motivo è generico per
mancanza di autosufficienza della censura, osserva questa Corte che,
comunque, trattasi all'evidenza di mera quaestio facti, poichè in
questa sede non è consentita la valutazione di decisività della prova
in base ad argomentazioni non fatte valere in precedenza.
Con il
secondo motivo dell'impugnazione principale - deducendo la violazione o
l'erronea applicazione delle norme di cui al secondo ed al terzo comma
dell'arte 2952 c.c. - la ricorrente società denuncia che il giudice del
merito avrebbe dovuto dichiarare prescritto il diritto dell'assicurato
all'indennizzo in considerazione del periodo di oltre due anni
intercorso tra la verificazione del sinistro e la richiesta
dell'indennizzo all'assicuratore da parte dell'assicurato.
Sostiene
che nella specie il notaio aveva avuto conoscenza del sinistro con la
lettera raccomandata di S.E. del 2 giugno 1987 e che l'assicurato aveva
inoltrato la denuncia alla società che ne assicurava la responsabilità
civile in data 18 gennaio 1990, ben oltre il termine di un anno
stabilito dall'art. 2952 c.c., comma 3.
La proposta censura - di cui
il resistente B.G.B. ha eccepito l'inammissibilità per il fatto che la
società ricorrente non ha riportato il contenuto del suddetto documento
nè ha indicato in quale degli atti processuali la prescrizione è stata
eccepita - pur dovendosi ritenere ammissibile, in quanto nell'impugnata
sentenza è riportato il tenore essenziale della lettera raccomandata e
si da atto della ritualità dell'eccezione di prescrizione, non può,
tuttavia essere accolta.
Secondo il preciso orientamento di questa
Corte - espresso in conforme e risalente indirizzo (Cass., n. 6499/85;
Cass., n. 1644/1986; Cass., n. 622/86; Cass., n. 4909/90; Cass., n.
6842/93;
Cass., n. 194/2003; Cass., n. 14487/2004), cui questo
Collegio ritiene di dovere aderire - la prescrizione del diritto
dell'assicurato all'indennità decorre dalla data in cui il diritto
medesimo può essere esercitato e, cioè, dal momento del verificarsi del
fatto, aggiungendosi che la richiesta dell'indennità deve avere un
contenuto unitario, dato che la scissione dell'aia dal quantum non
garantisce una effettiva tutela dei diritti dell'assicurato.
Questo
giudice di legittimità, pertanto, ha precisato (Cass., n. 8600/2001;
Cass., n. 6426/2001) che il termine iniziale di decorrenza della
prescrizione del diritto dell'assicurato va individuato nella data in
cui per la prima volta, in forma giudiziale ovvero stragiudiziale, il
danneggiato propone la sua richiesta, con la conseguenza che, ove la
relativa richiesta sia formulata stragiudizialmente, il detto termine
decorre dalla data di tale richiesta, da portare a conoscenza
dell'assicuratore, senza che a tale fine sia necessaria l'ulteriore
promozione del giudizio da parte del danneggiato.
Orbene, nel caso
all'esame, il giudice del merito, nella interpretazione della lettera
raccomandata, dalla quale la società ricorrente vorrebbe far decorrere
il termine annuale di prescrizione, ha ritenuto che il documento non
aveva assunto il significato di attuale richiesta di risarcimento, ma
aveva semplicemente "alluso alla possibilità di una tale richiesta in
un momento successivo", sicchè la richiesta suddetta, in ragione della
sua genericità, non era risultata idonea ad indurre l'assicurato a
promuovere le opportune sue iniziative nei confronti del suo
assicuratore al fine di non vanificare il suo diritto ad essere tenuto
indenne da quanto eventualmente dovuto alla danneggiata S.E..
La Corte
territoriale, quindi, ha considerato che il termine di prescrizione,
che poteva decorrere solo con la notificazione della citazione
introduttiva del giudizio avvenuta il 14 dicembre 1989, non era
decorso.
L'interpretazione del contratto e degli altri negozi
unilaterali, la quale consiste nell'accertamento della volontà dei
contraenti, si risolve, invero, in un'indagine di fatto riservata al
giudice di merito, la cui valutazione è censurabile in cassazione
soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle
regole ermeneutiche.
Pertanto, una volta che il giudice del merito ha
escluso, con adeguata e congrua motivazione, che alla predetta missiva
potesse essere assegnata la valenza di valida richiesta risarcitoria da
parte della danneggiata, non può trovare ingresso in sede di
legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale,
operata dal giudice di merito, che si traduca esclusivamente nella
prospettazione di una diversa valutazione degli elementi di fatto già
esaminati.
Con il terzo motivo dell'impugnazione - deducendo la
violazione o l'erronea applicazione della norma di cui all'art. 1917 c.
c. nonchè l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia
- la ricorrente principale lamenta di essere stata condannata alla
refusione delle spese processuali in favore del convenzionato e
denuncia che il giudice del merito avrebbe dovuto, invece, tener conto
del fatto che, poichè al danneggiato era stata riconosciuta una somma
superiore al massimale di polizza, le spese giudiziali si sarebbero
dovute ripartire tra assicurato ed assicuratore secondo la proporzione
indicata dal terzo comma della suddetta norma.
La censura non può
essere accolta.
Nell'assicurazione della responsabilità civile, sulle
somme dovute dall'assicuratore all'assicurato in adempimento
dell'obbligo di manlevarlo, ai sensi dell'art. 1917 c.c. vanno
corrisposte anche le spese giudiziali sostenute dall'assicurato per
resistere all'azione del danneggiato, ma queste, tuttavia, nel rapporto
di garanzia, si ripartiscono fra assicuratore ed assicurato in
proporzione al rispettivo interesse e nei limiti di quanto
effettivamente provato, nel senso che esse, costituendo un accessorio
dell'obbligazione risarcitoria, gravano sull'assicuratore se e nei
limiti in cui non comportino superamento del massimale (Cass., n.
2525/98; Cass., n. 13088/95; Cass., n. 10170/93; Cass., n. 4810/81).
Nel caso in oggetto il giudice del merito ha accertato - e sul punto
non è stata proposta impugnazione - che l'assicuratore non ha dato la
prova dell'esistenza di un capitale assicurato, per cui ha stabilito
che alla misura dell'indennizzo dovuto al B.G.B. non potevano essere
apportate le limitazioni derivanti da un eventuale massimale.
Non
sussistono, quindi, le condizioni per l'applicabilità della norma di
cui all'art. 1917 c.c., comma 3, la quale, per altro verso, non
riguarda il regime e la misura delle spese giudiziali relative alla
controversia tra assicuratore ed assicurato circa la fondatezza
dell'azione di garanzia, le quali vanno liquidate nell'intero secondo
il principio della soccombenza.
Con il quarto mezzo dell'impugnazione
principale - deducendo l'inammissibilità della domanda riconvenzionale
spiegata in secondo grado da S.E. nonchè l'omessa o insufficiente
motivazione su un punto decisivo della controversia - la società assume
che la danneggiata, avendo eseguito a suo favore il sequestro
conservativo di crediti sino alla concorrenza di Euro 206.582,76 nelle
forme del pignoramento presso terzi, avrebbe perciò ottenuto, a seguito
dell'accantonamento delle somme, l'integrale ristoro del danno, per cui
non potevano esserle riconosciuti gli interessi e la rivalutazione
anche "per il periodo di intervenuta escussione della somma"
sequestrata.
La censura è manifestamente infondata, giacchè è di tutta
evidenza che l'avvenuta esecuzione della misura cautelare del sequestro
non integra effettivo ristoro del pregiudizio patito sino a quando,
dopo la conversione del sequestro in pignoramento, la pretesa
risarcitoria non risulti coattivamente soddisfatta con l'assegnazione
delle somme pignorate.
Il ricorso principale, pertanto, è rigettato.
Con l'unico motivo dell'impugnazione incidentale - deducendo la
violazione e l'erronea applicazione delle norme di cui agli art. 1218 e
1227 c.c. e dei principi generali regolanti la responsabilità del
professionista nonchè il difetto di motivazione su un punto decisivo
della controversia - il ricorrente B.G.B. critica la denunciata
sentenza nella parte in cui il giudice di secondo grado ha affermato
che l'opera del notaio non può essere ridotta al mero compito di
accertamento della volontà dei contraenti, ma si estende alle attività
preparatorie e successive necessarie perchè l'atto pubblico attinga
validamente al suo scopo.
Assume che compito del notaio era quello di
riprodurre fedelmente la volontà manifestata dai contraenti, per cui la
mendace dichiarazione del venditore circa la libertà dell'immobile da
vincoli di garanzia reale avrebbe dovuto condurre ad escludere la sua
responsabilità per colpa professionale.
Sostiene, altresì, che
l'omessa verifica da parte dell'acquirente della condizione
dell'immobile, che si accingeva ad acquistare, doveva essere
considerata dal giudice del merito quale concorso del danneggiato al
pregiudizio da lui patito, ai sensi dell'art. 1227 c.c., comma 1, e
quale circostanza rilevante al fine della riduzione della misura del
danno.
Aggiunge, infine, che infondatamente la Corte territoriale
aveva rigettato il terzo suo motivo di gravame e che la motivazione a
sostegno del rigetto non aveva tenuto conto del fatto che l'attrice,
con il pignoramento presso terzi, aveva ottenuto l'integrale
soddisfacimento delle ragioni creditorie della sequestrante S. E. nei
confronti di S.N..
La censura non può essere accolta in relazione a
nessuno dei tre profili in cui essa è stata articolata.
In ordine al
primo, relativo agli obblighi che il notaio deve osservare, occorre
richiamare l'indirizzo costante di questo giudice di legittimità (da
ultimo: Cass., n. 264/2006; Cass., n. 13825/2004;
Cass., n. 1330/2004;
Cass., n. 547/2002) secondo cui per il notaio, richiesto della
preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento
immobiliare, la preventiva verifica della libertà e disponibilità del
bene e, più in generale, delle risultanze dei registri immobiliari
attraverso la loro visura, costituisce, salvo che non vi sia stata
espressa dispensa per concorde volontà delle parti, obbligo derivante
dall'incarico conferitogli dal cliente e, quindi, fa parte dell'oggetto
della prestazione d'opera professionale, poichè l'opera di cui è
richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà
delle parti, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive
necessarie perchè siano assicurate la serietà e la certezza dell'atto
giuridico da redigere ed in particolare la sua attitudine ad assicurare
il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico
voluto dalle parti stipulanti. Conseguentemente, l'inosservanza dei
suddetti obblighi accessori da parte del notaio da luogo a
responsabilità ex contractu per inadempimento dell'obbligazione di
prestazione d'opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge
professionale non contenga alcun esplicito riferimento a tale peculiare
forma di responsabilità.
Stante l'imprescindibile ed esclusivo
suddetto obbligo del notaio, non è ontologicamente configurabile, ex
art. 1227 c.c., comma 1, un concorso colposo del danneggiato, per il
fatto che lo stesso, per suo conto, non si sia reso diligente
nell'accertare la reale condizione dell'immobile prima di acquistarlo,
poichè non può essere configurato alcun obbligo in tal senso a carico
dell'acquirente.
Quanto poi al preteso integrale soddisfacimento del
danno per effetto dell'avvenuta sottoposizione ad espropriazione
mobiliare di somme di danaro di spettanza del debitore, già si è detto
come la pretesa risarcitoria non può ritenersi soddisfatta prima
dell'assegnazione del credito pignorato.
Anche il ricorso incidentale,
quindi, è rigettato.
Sussistono giusti motivi (art. 92 c.p.c.) per
compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa
interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così
deciso in Roma, il 21 settembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 28
novembre 2007
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