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venerdì 14 febbraio 2014

Atto Camera Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-02147 presentato da DADONE Fabiana testo di Mercoledì 12 febbraio 2014, seduta n. 172..grado, il 21 giugno 2012 la corte di tassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per «eccesso colposo in omicidio colposo» per Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto, gli agenti della Polizia di Stato per i quali è stato riconosciuto l'eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi per i fatti avvenuti nella notte del 25 settembre 2005 e inerenti alla morte di Federico Aldrovandi..




Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-02147
presentato da
DADONE Fabiana
testo di
Mercoledì 12 febbraio 2014, seduta n. 172
DADONE e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in linea con le sentenze in primo e secondo grado, il 21 giugno 2012 la corte di tassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per «eccesso colposo in omicidio colposo» per Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto, gli agenti della Polizia di Stato per i quali è stato riconosciuto l'eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi per i fatti avvenuti nella notte del 25 settembre 2005 e inerenti alla morte di Federico Aldrovandi; in particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dei quattro agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d'Appello di Bologna;
   i poliziotti hanno beneficiato dell'indulto, che copre 36 dei 43 mesi di carcerazione previsti dalla condanna. In ogni caso, dopo l'attuazione di quest'ultima, scattano i provvedimenti disciplinari delle relative commissioni disciplinari, composte da funzionari di polizia e rappresentanti dei sindacati, delle questure dove nel frattempo i poliziotti erano stati trasferiti;
   il 29 gennaio 2013 il tribunale di sorveglianza di Bologna ha decretato il carcere per la pena residua di 6 mesi (dato che 3 anni erano stati condonati dall'indulto) nei confronti dei poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri;
   il 1o marzo 2013 è stata respinta l'istanza della difesa del quarto poliziotto, Enzo Pontani, e dunque anche quest'ultimo viene condannato in via definitiva e sconterà la pena detentiva;
   il 18 marzo 2013 Monica Segatto è stata scarcerata sulla base del decreto Severino (lo «svuota-carceri») dopo un mese di detenzione e ammessa al regime degli arresti domiciliari;
   il 23 gennaio 2814 si è venuti a conoscenza a mezzo stampa, come riportato dal «Il Fatto quotidiano» del medesimo giorno, che: «Dopo i sei mesi di detenzione e l'uguale periodo di sospensione due di loro – Monica Segatto e Luca Pollastri – sono già rientrati in servizio, scaduto il tempo dei mesi di sospensione decisi dalla disciplinare. Un terzo, Paolo Forlani, è stato reintegrato ma non tornerà per il momento in servizio, perché da tempo in cura per una «nevrosi reattiva», dovuta «alle vicende del processo e a tutto quello che ha vissuto – come spiega il suo legale Gabriele Bordoni –, con grande dolore, anche per la morte del ragazzo». Enzo Pontani dovrebbe ritornare in servizio a breve (per lui i tempi iniziano a decorrere un mese dopo rispetto ai colleghi per via del diverso iter giudiziario, “rallentato” a causa di un difetto di notifica)»;
   i quattro agenti non hanno mai espresso né mostrato pentimento per le azioni commesse ai danni di Federico Aldrovandi;
   l'agente Forlani ha insultato a mezzo Facebook, Patrizia Moretti (madre di Federico Aldrovandi) in data 25 Giugno 2012 scrivendo le seguenti parole come riportato dal «Corriere.it» nella medesima data: «Che faccia da c... aveva sul tg, una falsa e ipocrita, spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (2 milioni di euro, risarciti dal ministero degli interni alla famiglia Aldrovandi, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie»;
   in data 28 Marzo 2013, il Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri, dichiarava, in seguito ad una manifestazione del sindacato di polizia COISP nella città di Ferrara del 27 marzo 2013 a sostegno degli agenti condannati, le seguenti frasi riportati dalla stampa italiana: «La polizia nel suo corpo è democratica – afferma in una intervista al Tg3 –, naturalmente dovrà lottare perché le mele marce vadano via, ma la maggioranza è un corpo sano». E ancora: «bisogna distinguere tra omicidio colposo e il disonore della divisa, bisogna vedere il punto di equilibrio tra questi due aspetti»;
   la Legge 1o aprile 1981, n. 121, recante «Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, all'articolo 70, punto 6, secondo periodo, stabilisce che la destituzione dalla Polizia di Stato avvenga in «seguito di condanna definitiva per gravi delitti non colposi, di interdizione anche temporanea dai pubblici uffici o di applicazione di una misura di sicurezza o di prevenzione se ne desume, leggendo il punto 8 della medesima disposizione, che per i delitti di tipo «colposo» la punizione massima per un'agente di Polizia possa arrivare alla pena massima di 6 mesi di sospensione dal servizio. Pena questa, assediata dalle commissioni disciplinari ai quattro agenti condannati per l'omicidio Aldrovandi;
   la medesima legge, all'articolo 70, comma 1, punto 6,  primo periodo inerente alla «disciplina e al provvedimento disciplinare» recita: «previsione che la destituzione venga inflitta per mancanze la cui gravità, desunta dalla specie o dalla reiterazione dei comportamenti in contrasto con i doveri e le esigenze del servizio di Polizia, renda incompatibile la permanenza del responsabile nell'Amministrazione della pubblica sicurezza»;
   la valutazione su «l'incompatibilità» e la «reiterazione del comportamento» citati nel primo periodo del punto 6, del comma 1 dell'articolo 70, sono fattispecie che avrebbero potuto portare alla destituzione dei quattro agenti (a anche solo uno di essi), nel caso fossero state riconosciute dalle commissioni disciplinari interne alla Polizia istituite dalle questure di competenza (che si sono venute a costituire secondo i criteri previsti dalla medesima legge 121 del 1981 all'articolo 70, punto 7), e quindi motivando la loro esclusione dai capi d'imputazione;
   il Ministro Cancellieri, come sopra citato, ad avviso dell'interrogante aveva aperto alla possibilità che queste fattispecie avessero potuto influire sulla destituzione dei quattro agenti in quanto la loro condotta considerata come «disonore alla divisa»;
   il decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 737 (in Gazzetta Ufficiale, 14 dicembre, n. 342). – «Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti», cita, all'articolo 7: «La destituzione consiste nella cancellazione dai ruoli dell'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio. La destituzione è inflitta: 1) per atti che rivelino mancanza del senso dell'onore o del senso morale; 2) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento; 3) per grave abuso di autorità o di fiducia; 4) per dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all'Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati» –:
   quali siano i motivi in base ai quali le commissioni hanno ritenuto di applicare il provvedimento di sospensione dal servizio escludendo come pena massima la destituzione dal servizio stesso, se non intenda rendere note le motivazioni delle commissioni disciplinari interne alle questure di competenza che hanno giudicato e stabilito le pene per gli agenti di polizia Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto nonché il luogo di lavoro e le mansioni cui sono stati assegnati al loro rientro in servizio. (5-02147)

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