Consiglio di Stato
2018: ricorso VS rigetto della richiesta di riconoscimento della
dipendenza contratta della infermità “ disturbo ansioso” come
dipendente da causa di servizio
Pubblicato il
20/09/2018
N.
05469/2018REG.PROV.COLL.
N. 00029/2014
REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di
Stato
in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero
di registro generale 29 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-,
rappresentato e difeso dall'avvocato Rita Matticoli, con domicilio
eletto presso il suo studio in Roma, via Gramsci, n. 24;
contro
Ministero della
Giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso
per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in
Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del
T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VII n. 03703/2013, resa tra le
parti, concernente il mancato riconoscimento della dipendenza di
infermità da causa di servizio;
Visti il ricorso in
appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2018 il Cons. Alessandro
Verrico e uditi per le parti l’avvocato Rita Matticoli e l'avvocato
dello Stato Roberta Guizzi;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso
dinanzi al T.a.r. Campania, il Sig. -OMISSIS-, già agente di Polizia
penitenziaria, impugnava i seguenti provvedimenti chiedendone
l’annullamento: 1) il decreto del Direttore Generale del Settore
Amministrativo Sanitario del Personale della Polizia penitenziaria
del 14 dicembre 2009 di rigetto della richiesta di riconoscimento
della dipendenza contratta della infermità “ disturbo ansioso”
come dipendente da causa di servizio; 2) il parere negativo al
riconoscimento del Comitato di verifica per le cause di servizio reso
in data 28 luglio 2008; 3) tutti gli atti connessi.
2. Con la sentenza
n. 3703/2013, depositata in data 16 luglio 2013, il T.a.r. Campania,
Napoli, Sezione settima, ha respinto il ricorso e ha compensato le
spese di giudizio tra le parti. In particolare, il Tribunale:
a) ha dichiarato la
propria competenza territoriale;
b) ha negato la
dipendenza da causa di servizio dell’infermità “disturbo
ansioso”, confermando quanto sul punto già espresso dal Comitato
di verifica, in quanto:
b.1) i giudizi resi
dagli organi medico-legali sulla dipendenza da causa di servizio
dell'infermità denunciata dal pubblico dipendente sono connotati da
discrezionalità tecnica, sicché il sindacato esperibile su di essi
dal giudice amministrativo deve intendersi limitato ai profili di
irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti;
b.2) nessuna
incidenza sul contenuto della valutazione di discrezionalità tecnica
attribuita al Comitato di verifica per le cause di servizio può
dispiegare il verbale della Commissione Medica Ospedaliera;
b.3) il ricorrente
neppure in questa sede ha fornito alcun concreto elemento, idoneo a
dimostrare una dipendenza da cause di servizio dell'accusata
patologia;
b.4) deve presumersi
che l'insorgenza delle patologie in discussione, legata ad una
specifica predisposizione del singolo individuo interessato, sia
stata scatenata da situazioni contingenti e collegate genericamente
alle sue modalità di vita, tra le quali, però, in mancanza di
concreti elementi di riferimento sul punto, non può annoverarsi il
prestato servizio in qualità di dipendente della Polizia
penitenziaria;
c) ha infine
compensato tra le parti le spese di giudizio.
3. Il ricorrente ha
proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e
il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In
particolare, l’appellante ha sostenuto le censure riassumibili nei
seguenti termini:
I) erroneità ed
ingiustizia manifesta della sentenza n. 3703/2013 per violazione del
d.P.R. n. 461/2001 per motivazione illogica e contraddittoria,
rigettando la domanda di annullamento per illegittimità del decreto
del Ministero della Giustizia del 14 dicembre 2009 recettivo,
immotivatamente, del parere del Comitato di verifica per le cause di
servizio (C.V.C.S.) del 28 luglio 2008;
II) erroneità della
sentenza per avere erroneamente motivato in ordine alla rilevata
omessa attività istruttoria tesa ad appurare l'incidenza delle
modalità di svolgimento dell’attività lavorativa sull'insorgenza
della patologia contratta dal -OMISSIS-, avendola gli atti impugnati
imputata, con mera clausola di stile ed in maniera del tutto
generalizzata e ipotetica, a fattori endogeno-costituzionali;
III) erroneità
della sentenza impugnata per avere rigettato le ragioni attoree in
assenza di una concreta ed idonea indagine sulla personalità del
-OMISSIS-e sulle modalità di turnazione da questi svolte presso il
carcere di Rebibbia;
IV) erroneità della
sentenza per avere rigettato il ricorso nonostante la palese
illegittimità del decreto ministeriale impugnato che si è limitato
a recepire il parere tecnico del Comitato senza tuttavia esaminare le
circostanze effettive di svolgimento della prestazione lavorativa,
pur disponendo di tutti gli strumenti documentali idonei a
contraddire l'esito dell'organo consultivo.
3.1. Si è
costituito formalmente in giudizio il Ministero della Giustizia.
3.2. Parte
appellante ha depositato ulteriore memoria in data 8 giugno 2018,
insistendo nelle proprie difese.
4. All’udienza del
12 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione dal
Collegio.
DIRITTO
5. L’appellante, a
mezzo dei motivi innanzi riportati:
- lamenta
l’erroneità della gravata sentenza perché si sarebbe fondata su
di un'erronea applicazione delle norme del d.P.R. n. 461/2001 e
sarebbe il frutto di una illogica, contraddittoria ed immotivata
adesione, semplicistica ed incoerente, all'assioma formulato dal
Comitato di verifica delle cause di servizio con il parere del
28.07.2008 poi recepito dal decreto del Ministero della Giustizia del
14 dicembre 2009;
- censura la totale
acquiescenza prestata dall'amministrazione alle affermazioni del
C.V.C.S., le quali, tra l'altro, risulterebbero rese sulla scorta di
nozioni astratte, generali e di principio senza alcuna considerazione
delle specifiche circostanze del caso concreto;
- sostiene che il
primo giudice avrebbe del tutto obliterato la necessità di
verificare che il parere dell'organo consultivo, anziché fondato su
assunti generici ed astratti riferibili alla condizione patologica
del ricorrente, fosse stato reso all'esito di una concreta e idonea
indagine sulla personalità del sig. -OMISSIS-e sull'incarico da
questi svolto quale pubblico dipendente;
- ritiene il decreto
ministeriale contraddittorio ed illogico perché, nel recepire il
parere del C.V.C.S., ha ritenuto di condividere le valutazioni
espresse dall’organo tecnico senza alcuna considerazione delle
circostanze effettive di svolgimento della prestazione lavorativa.
5.1. L’appello non
merita accoglimento.
5.2. Il Collegio
osserva con riferimento all’oggetto del giudizio che, per costante
giurisprudenza:
a) le valutazioni
del Comitato di verifica per le cause di servizio non sono
contestabili alla luce di difformi conclusioni raggiunte dai sanitari
compulsati autonomamente dalla parte (cfr., ex multis, Cons. Stato,
Sez. IV, 4 ottobre 2017, n. 4619, § 10 e 6 giugno 2917, n. 2718, cui
si fa rinvio ai sensi dell'art. 88, comma 2, lett. d, c.p.a.);
b) sul Comitato non
incombe uno specifico obbligo motivazionale in ordine alle ragioni
che lo inducono a disattendere le diverse conclusioni raggiunte dal
consulente medico nominato dalla parte: queste, infatti, impingendo
nel merito delle attribuzioni proprie del Comitato, incidono
inammissibilmente nel nucleo vivo delle valutazioni
tecnico-discrezionali ad esso riservate dalla legge (Cons. Stato,
sez. IV, 9 aprile 2018, n. 2140);
c) al solo Comitato
è riconosciuto dalla legge il potere di delibare la sussistenza o
meno del nesso eziologico fra prestazione del servizio ed insorgenza
della malattia, essendo il previo intervento della C.M.O. limitato
alla mera diagnosi dell'infermità (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4
ottobre 2017, n. 4619, § 8);
d) le valutazioni
del Comitato sono sindacabili in sede giurisdizionale solo ab
externo, ossia per errore di fatto o per violazione dei canoni di
logica formale, cristallizzati nei principi di non contraddizione, di
ragionevolezza, di consequenzialità argomentativa (cfr. Cons. Stato,
Sez. IV, 4 ottobre 2017, n. 4619, § 9).
5.3. Calando tali
principi giurisprudenziali nella fattispecie in esame, emerge
pertanto, da un alto, l’irrilevanza ai nostri fini degli esiti
della visita effettuata dalla C.M.O. di Napoli in data 25 luglio 2006
(che portava, a differenza degli impugnati provvedimenti, a
conclusioni favorevoli al ricorrente), dall’altro, l’assenza di
travisamento dei fatti da parte del Comitato, il quale, peraltro,
esprimeva un giudizio connotato da un percorso logico-argomentativo
ragionevole e privo di macroscopiche lacune o fratture motivazionali.
5.4. Il Comitato,
invero, motivava in maniera specifica e puntuale con riferimento alla
infermità denunciata. In particolare, l'organo evidenziava che:
- la patologia
riscontrata al ricorrente è "una forma di nevrosi che si
estrinseca con disturbi di somatizzazione attraverso i canali neuro
vegetativi, scatenata spesso da situazioni contingenti che si
innescano, di frequente, su personalità predisposta";
- "non
rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali
negative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo
sviluppo, l'infermità non può ricollegarsi agli invocati eventi
neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante".
6. Alla luce di tali
considerazioni, l’appello deve essere respinto.
7. Le spese del
grado meritano l’integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa
integralmente tra le parti le spese del grado di giudizio.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che
sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30
giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte
interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle
generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare
l’appellante.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2018 con l'intervento
dei magistrati:
Filippo Patroni
Griffi, Presidente
Luigi Massimiliano
Tarantino, Consigliere
Luca Lamberti,
Consigliere
Daniela Di Carlo,
Consigliere
Alessandro Verrico,
Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Alessandro Verrico
Filippo Patroni
Griffi
IL SEGRETARIO
In caso di
diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi
dei soggetti interessati nei termini indicati.
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