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lunedì 16 ottobre 2023

Consiglio di Stato 2023- Con la sentenza appellata è stato respinto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado volto all'annullamento del decreto n. 3289/18N del Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - datato 20 settembre 2018 e notificato il 26 settembre 2018, con cui è stata negata la dipendenza da causa di servizio della denunciata patologia "-OMISSIS-", nonché del parere n. 1117/2018 reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio (CVCS) nell'adunanza n. 1094 del 30 marzo 2018, confermato con successivo parere n. 17919/2018 reso nell'adunanza n. 1352 dell'11 settembre 2018. Sono state altresì dichiarate inammissibili le domande volte all'accertamento del diritto al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia denunciata ed alla liquidazione dell'equo indennizzo.

 Cons. Stato Sez. II, Sent., (ud. 12/09/2023) 09-10-2023, n. 8770 

 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Consiglio di Stato 

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso numero di registro generale 8574 del 2021, proposto dalla signora-OMISSIS- rappresentata e difesa dall'avvocato Danilo Lorenzo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia; 

contro 

il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, 

per la riforma 

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. III, -OMISSIS- resa tra le parti, avente ad oggetto il mancato riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia riscontrata. 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 settembre 2023, in vista della quale l'Avvocatura Generale dello Stato ha avanzato istanza di passaggio in decisione senza previa discussione, il Cons. Antonella Manzione; 

Svolgimento del processo 

1. Con la sentenza appellata è stato respinto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado volto all'annullamento del decreto n. 3289/18N del Ministero dell'Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - datato 20 settembre 2018 e notificato il 26 settembre 2018, con cui è stata negata la dipendenza da causa di servizio della denunciata patologia "-OMISSIS-", nonché del parere n. 1117/2018 reso dal Comitato di verifica per le cause di servizio (CVCS) nell'adunanza n. 1094 del 30 marzo 2018, confermato con successivo parere n. 17919/2018 reso nell'adunanza n. 1352 dell'11 settembre 2018. Sono state altresì dichiarate inammissibili le domande volte all'accertamento del diritto al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia denunciata ed alla liquidazione dell'equo indennizzo. 

1.1. In maggior dettaglio, il CVCS in occasione del primo parere negativo aveva motivato affermando che "… trattasi di cardiopatia conseguente ad ipertensione arteriosa sistemica, caratterizzata da ipertrofia delle pareti del ventricolo sinistro e da disfunzione sistolica e diastolica dello stesso. Su tale patologia nessuna influenza causale o concausale efficiente e determinante può essere attribuita al servizio prestato durante il quale, peraltro, il soggetto non risulta essere stato sottoposto a stress psico-fisici tali da ingenerare notevoli tensioni emotive e conseguente insorgenza di stati ipertensivi". Nel secondo parere, conseguito all'avvenuta presentazione di osservazioni da parte dell'interessata, il Comitato confermava il proprio giudizio negativo, non rilevando elementi di valutazione tali da far modificare quanto in precedente espresso. 

2. Il T.A.R. per la Puglia ha respinto il ricorso valorizzando gli ulteriori richiami contenuti nel parere del CVCS, che ha evidenziato la presenza nell'interessata di "importanti fattori di rischio cardiovascolare quali diabete di tipo 2 e dislipidemia". Inoltre, come meglio chiarito in sede di conferma dal parere n. 17919/2018 reso nell'adunanza n. 1352 dell'11 settembre 2018, la ricorrente risulta aver svolto, nel corso degli ultimi sei anni precedenti alla diagnosi della patologia denunciata, attività d'ufficio. Anche con riguardo all'epoca più risalente, le allegazioni si riferirebbero genericamente ad attività tipiche del ruolo, quali appostamenti, pedinamenti ed interrogatori, come tali non rilevanti ex se ai fini di causa. 

3. L'appellante censura la decisione ritenendola affetta da motivazione apparente o carente su questioni essenziali sottoposte all'esame del giudice adito. Il T.a.r. per la Puglia, cioè, si sarebbe sostanzialmente trincerato dietro mere formule di stile circa l'insindacabilità della discrezionalità tecnica del Comitato, sì da avallarne acriticamente le risultanze anche in ordine ai rilevati fattori di rischio cardiovascolare, senza scrutinare quelli inerenti il servizio svolto, e dunque in assenza di qualsivoglia evidenza scientifica in senso preclusivo. L'affermazione secondo la quale "il soggetto non risulta essere stato sottoposto a stress psico-fisici tali da ingenerare notevoli tensioni emotive" non sarebbe stata adeguatamente ponderata, stante che la ricorrente, per svariati anni, si è occupata di ogni genere di azione finalizzata alla repressione della criminalità organizzata, provvedendo direttamente all'esecuzione di sopralluoghi, appostamenti, pedinamenti, interrogatori, intercettazioni, anche a carico di esponenti di spicco della criminalità organizzata e rimanendo coinvolta in numerosi conflitti a fuoco. Tale modalità operativa si era connotata anche in termini di svolgimento di turni sia diurni che notturni, spesso protratti ben oltre l'orario di servizio, con inevitabile logorio psico-fisico e stati di tensione emotiva necessariamente superiori alla norma, che ben hanno potuto rappresentare quanto meno concause nell'insorgenza della patologia cardiaca. 

3.1. Quanto alla declaratoria di inammissibilità della domanda di accertamento del diritto al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia denunciata e conseguente condanna al pagamento dell'equo indennizzo, essa sarebbe errata poiché nel caso di specie si verte in una materia che rientra nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, nella quale quest'ultimo è dotato di pieni poteri e può emettere anche sentenze di accertamento e condanna, così come previsto dall'art. 30 c.p.a. 

4. Costituitasi in giudizio il 13 ottobre 2021 l'Amministrazione, con memoria del 12 luglio 2023, ha eccepito l'inammissibilità dell'appello nella parte in cui contesta il giudizio del Comitato di verifica delle cause di servizio in assenza dei presupposti minimi di sindacabilità giudiziale dello stesso. Nel merito, ne ha rilevato l'infondatezza in quanto dalla lettura congiunta della documentazione sanitaria e delle relazioni di servizio, emergerebbe la sussumibilità delle mansioni svolte dall'istante nell'ordinarietà dei compiti connessi alla funzione, come tali non rilevanti ai fini del riconoscimento della causa di servizio (v. Cons. Stato, sez. II, 7 marzo 2022, n. 1643) 

6. All'udienza pubblica del 12 settembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. 

Motivi della decisione 

7. L'appello è infondato. Il Collegio ritiene infatti che le conclusioni cui è pervenuto il giudice di primo grado e le motivazioni che le giustificano siano condivisibili ed esenti da mende logiche o giuridiche. 

8. Il provvedimento gravato, che ha recepito sostanzialmente il (duplice) parere del Comitato di verifica per le cause di servizio, infatti, non può dirsi carente di motivazione, né inficiato da vizi di istruttoria. 

9. Va in premessa ricordato che per pacifica giurisprudenza (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. II, 20 maggio 2022, n. 4009; id., 23 marzo 2022, n. 2096) nella materia del riconoscimento della dipendenza da cause di servizio delle patologie sofferte dal pubblico dipendente, il Comitato di verifica per le cause di servizio è l'organo competente a esprimere il giudizio conclusivo, avendogli il D.P.R. n. 461 del 2001, agli artt. 11 e 12, affidato il compito di accertare l'esistenza del nesso causale (o concausale) tra le infermità contratte e l'attività svolta dal dipendente pubblico. Il giudizio del Comitato costituisce momento di sintesi e di superiore valutazione di quelli espressi dagli altri organi intervenuti nel procedimento, quale la Commissione medica ospedaliera (C.M.O.), ed ha carattere articolato e complesso, sia per la composizione dell'organo da cui promana, nel quale sono presenti professionalità mediche, giuridiche ed amministrative, sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata cioè soltanto agli aspetti medico-legali. 

9.1. La manifestazione di giudizio ampia e complessa espressa dal Comitato, dunque, costituisce espressione di una valutazione discrezionale che, per i conosciuti limiti del sindacato giurisdizionale, è sindacabile dal giudice amministrativo nei soli casi in cui le determinazioni assunte siano affette da illogicità, irrazionalità, irragionevolezza manifeste, o siano state adottate per erroneità dei presupposti sottesi al giudizio conclusivo reso, per mancata considerazione di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva, nonché per palese difetto di istruttoria e di motivazione o di esaustività, senza che in ogni caso tale sindacato possa estendersi al merito delle valutazioni medico-legali dell'amministrazione. Si tratta quindi di limite che consente al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, vale a dire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l'accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all'organo medico. 

9.2. Il giudizio conclusivo di sintesi e di superiore valutazione formulato dal Comitato di verifica quindi si impone all'amministrazione, che deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter, tant'è che si richiede una specifica motivazione solamente nei casi in cui, in base agli elementi a sua disposizione che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni o violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del Comitato stesso, con conseguente richiesta di nuovo parere, non automatica espressione di un giudizio divergente (cfr. ancora Cons. Stato, n.2096/2022 cit. supra e giur. ivi richiamata, nonché sez. II, 8 gennaio 2021, n. 300). 

10. Richiamato quanto sopra in termini generali, va altresì precisato che per poter affermare la dipendenza da causa di servizio di un'infermità occorre fornire la prova che il sorgere di una condizione morbosa, il manifestarsi di una patologia, la menomazione dell'integrità psico-fisica dell'interessato siano da porre in stretta correlazione causale o concausale con l'attività di servizio. 

Quanto detto tenendo conto che un certo coefficiente di stress e di disagio della condizione lavorativa non possono che ritenersi necessariamente immanenti al disimpegno di mansioni in ambito di polizia, a maggior ragione se in sedi impegnative e in strutture connotate da particolare dinamismo operativo, quale può essere la "Digos" per la Polizia di Stato, costituendo gli stessi un aspetto caratterizzante dell'attività ex se. 

10.1. Parte ricorrente, dunque, indicando le sue vicende professionali, ha elencato attività lavorative svolte (in passato, peraltro), sicuramente stressanti e richiamato la circostanza di aver preso parte ad importanti indagini coinvolgenti appartenenti alla criminalità organizzata, con conseguente e comprensibile impatto emotivo, che a suo dire avrebbe portato a superare la soglia della normalità dello stress psicofisico connaturato all'assolvimento dei compiti affidati all'appellante. Ma di tale "eccedenza" quali-quantitativa non ha fornito alcuna prova. 

11. La giurisprudenza amministrativa ha infatti da sempre evidenziato che nella nozione di concausa efficiente e determinante delle condizioni di servizio possono farsi rientrare soltanto i fatti ed eventi eccedenti le ordinarie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata oltre il limite dell'ordinaria gravosità correlata all'intrinseca delicatezza delle mansioni svolte. Essi vanno peraltro necessariamente documentati, sicché non può darsi rilievo al richiamo a circostanze e condizioni del tutto generiche, seppure riferite a situazioni di inevitabile disagio, fatica e stress, che costituiscono fattore di rischio ordinario in relazione alla peculiare tipologia di prestazione lavorativa svolta (Cons. Stato, sez. II, n. 3740 del 2023). Lo stress, invocato da parte appellante come concausa della patologia occorsagli, è solo uno dei fattori di rischio e per assumere rilevanza come "causa di servizio", deve essere suscettibile di misurazione "oggettiva" e non meramente "soggettiva" (v. C.G.A.R.S., 24 giugno 2019, n.582). 

12. La prova della dipendenza da causa di servizio di un'infermità può ritenersi fornita pertanto solo se si dimostra, con rigore scientifico, che essa è stata prodotta in maniera determinante ed efficiente dall'attività di servizio o che l'accidente patologico non si sarebbe presentato ove il ricorrente non si fosse trovato adibito al servizio prestato. L'attività di servizio, cioè, come già detto, deve assumere connotati eccezionali e in un certo senso sovrastanti rispetto ad ogni altro antecedente causale facente parte dell'esistenza del soggetto, per poter essere decifrata alla stregua di causa o concausa determinante ai fini dell'insorgenza delle patologie lamentate. 

13. All'amministrazione pubblica può infatti essere addossata la responsabilità per rischi specifici in cui sono posti i suoi dipendenti, secondo il criterio cuius commoda eius et incommoda, ma non la responsabilità per normali attività di servizio che non espongano il dipendente a situazioni fuori dal comune. 

14. Nel caso di specie, dunque, il parere -recte, i pareri - del Comitato di verifica risulta scevro da profili di illogicità o travisamento dei fatti, non avendo ritenuto le patologie in esame dipendenti da causa di servizio in quanto esse appaiono sorrette da plurimi elementi che sembrano deporre, dal punto di vista logico, nel senso della scaturigine extra-lavorativa (diabete tipo 2 e dislipidemia), tutti autonomi fattori di rischio cardiovascolare. Per contro, non è emersa in alcun modo la possibile riconduzione a fattori eccezionali di stress, dei quali neppure è stata fornita prova documentata, peraltro temporalmente compatibile con l'insorgenza della patologia, tale non essendo certo il mero richiamo alle tipiche attività svolte in ambito investigativo da un poliziotto, quali appostamenti, pedinamenti et similia, ancorché intersecanti le condotte criminose dei più efferati soggetti delinquenziali. Non va infine pretermesso, ad ulteriore conferma di quanto detto, che nel caso di specie in sede di (ri)valutazione dell'istanza il Comitato non solo ha confermato il precedente giudizio, ma ha ricordato come la ricorrente, nel corso degli ultimi sei anni precedenti alla diagnosi della patologia denunciata, sia stata adibita esclusivamente ad attività d'ufficio. 

15. In sintesi, la prova dell'avvenuta sottoposizione a "stress psico-fisici tali da ingenerare notevoli tensioni emotive", che peraltro avrebbero prodotto effetti patologici a distanza di tempo, secondo i principi generali operanti al riguardo spettava alla richiedente, non certo all'Amministrazione. I pareri del CVCS sono da ritenere pertanto congruamente motivati (e conseguentemente lo sono gli atti ministeriali che negli stessi trovano fondamento), non emergendo dal relativo scrutinio gli evidenti e macroscopici vizi logici oppure di palese mancata presa in considerazione di eventuali circostanze di fatto tali da potere incidere sulla valutazione medica finale. Essi hanno tenuto evidentemente conto delle circostanze del servizio prestato, facendo riferimento a quanto contenuto in atti, esprimendosi al riguardo con la formula sintetica utilizzata per prassi allo scopo (ma d'altra parte non vi era l'obbligo di motivare puntualmente in relazione a singoli incarichi, compiti e servizi svolti). Che il giudizio in parte qua sia riassunto in ridetta formula standardizzata, d'altro canto, non significa, come preteso dall'appellante, che esso non sia stato accurato, equivalendo al contrario ad una sorta di auto monito nel senso della compiutezza dell'istruttoria svolta, come tale non necessitante di indicazioni aggiuntive, specie a fronte di situazioni che hanno connotazioni di normalità statistica (v. ancora C.G.A.R.S., n. 582/2019). 

16. L'infondatezza nel merito delle pretese dell'appellante riverberano necessariamente sulla insussistenza del diritto al riconoscimento del diritto alla causa di servizio e conseguentemente dell'equo indennizzo, a prescindere peraltro dai (condivisibili) profili di inammissibilità dell'istanza per come formulata, già stigmatizzati dal primo giudice. L'accoglimento del ricorso e l'annullamento degli atti impugnati non avrebbe infatti comunque implicato la possibilità del g.a. di sostituirsi all'amministrazione nell'espressione, anche in sede di riedizione, del proprio potere valutativo. 

17. Per tutto quanto sopra esposto, l'appello deve essere rigettato. 

17.1. La tipologia della materia trattata depone per la compensazione delle spese del grado di giudizio di appello tra le parti. 

P.Q.M. 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. 

Spese compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. 

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e all'articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all'articolo 2-septies del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate. 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2023 con l'intervento dei magistrati: 

Oberdan Forlenza, Presidente 

Giovanni Sabbato, Consigliere 

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore 

Francesco Guarracino, Consigliere 

Carmelina Addesso, Consigliere 


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