T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 18-07-2013, n. 1908
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 529 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. -
contro
Ministero dell'Interno - Questura di (Lpd), rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliato in Milano, via Freguglia, 1;
per l'annullamento
del decreto del 24.11.2010, notificato in data 27.11.2010, con il quale il Ministero dell'Interno - Capo della Polizia, Direttore Generale della pubblica Sicurezza, ha disposto la destituzione dell'Assistente di Polizia di Stato "a decorrere dalla data di notifica del presente provvedimento, per i motivi contenuti nella deliberazione del 27.10.2010 che si intende integralmente trascritta"; della deliberazione del 27.10.2010 della Questura di (Lpd) - Consiglio Provinciale di Disciplina di (Lpd) - che propone di irrogare la sanzione disciplinare della destituzione a carico del ricorrente, con la seguente motivazione "dall'accertamento di uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, risultante da referto medico-legale, ha posto in essere atti che hanno rilevato mancanza del senso dell'onore e del senso morale, gravemente contrastanti con doveri assunti con il giuramento e con conseguente grave abuso di fiducia"; della contestazione degli addebiti emessa ex artt.13 e ss. del D.P.R. n. 737 del 1981 in data 09.07.2010 dal Commissario di pubblica sicurezza di (Lpd), del verbale di ritiro di documenti di riconoscimento e armamento individuale in dotazione al ricorrente, redatto il 09.09.2009; nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso;
e per la condanna al risarcimento del danno, nella forma specifica della riammissione in servizio o nella forma generica da quantificare in corso di causa, anche in via equitativa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Questura di (Lpd);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2013 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Con il presente ricorso l'istante, Assistente della Polizia di Stato, ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, concernenti la sanzione disciplinare della destituzione al medesimo irrogata ai sensi dell'art. 7, nn. 1, 2 e 3, del D.P.R. n. 737 del 1981.
Tale misura sanzionatoria conseguiva alla deliberazione del Consiglio di Disciplina del 27 ottobre 2010 assunta in seguito alla conclusione di un procedimento disciplinare avviato nei confronti dell'istante a causa di numerose segnalazioni da parte di colleghi in ordine a comportamenti non conformi alla normalità del medesimo, che inducevano l'amministrazione di appartenenza all'effettuazione di accertamenti sull'uso di sostanze stupefacenti da parte del -OMISSIS-.
In un primo tempo, nell'agosto del 2009, l'Assistente si sottraeva a tali accertamenti presentandosi all'appuntamento fissato dalla C.M.O. completamente rasato e con i capelli tagliati corti, in modo da rendere impossibile l'effettuazione dell'esame sui campioni.
Dopo diversi mesi, in data 5 maggio 2010 veniva sottoposto ad un nuovo esame del capello, risultato positivo per cannabinoidi.
Il ricorrente, a sostegno del proprio gravame, ha dedotto la violazione degli artt. 1, comma 2, e 7, nn. 1, 2 e 3, del D.P.R. n. 737 del 1981 e dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990, oltre all'eccesso di potere per insufficiente e carente motivazione, difetto di istruttoria e per travisamento dei fatti e violazione dell'art. 97 della Costituzione, assumendo, sostanzialmente, che il risultato positivo dell'accertamento sarebbe dovuto all'esposizione a fumo passivo e non al consumo attivo della sostanza stupefacente, come sarebbe dimostrato dal certificato rilasciato il 16 luglio 2010 dal suo medico curante e da altre risultanze istruttorie.
Ha, inoltre, dedotto la violazione dell'art. 1, commi 2 e 3, e dell'art. 13, comma 1, del D.P.R. n. 737 del 1981 e l'eccesso di potere per irragionevolezza, manifesta ingiustizia e violazione del principio di proporzionalità tra il comportamento posto in essere, di lieve rilievo, e la sanzione gravissima irrogata, di definitiva espulsione dal corpo della Polizia di Stato.
Con ordinanza n. 472/11 del 9 marzo 2011 la sezione ha respinto l'istanza cautelare proposta dal ricorrente.
Successivamente l'istante ha presentato memorie a sostegno delle proprie conclusioni, producendo ulteriori documenti a supporto della tesi sostenuta.
All'udienza pubblica del 20 giugno 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato e va respinto.
Dalla descrizione degli accadimenti contenuta nella parte in fatto, confermata dall'esame della documentazione versata in atti, risulta, innanzitutto, che gli episodi segnalati dai compagni di pattuglia non fossero limitati a quelli che hanno dato luogo al procedimento disciplinare a conclusione del quale è scaturita l'irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione, perché gli stessi erano stati preceduti da altre segnalazioni del 2002, quando il ricorrente prestava servizio a Cuneo. Tali circostanze di fatto non fanno che corroborare gli elementi probatori che sussistono a sostegno della tesi dell'amministrazione relativa all'abituale consumo attivo di sostanze stupefacenti da parte del ricorrente, in quanto, dall'accertamento di uso non terapeutico di sostanze stupefacenti, risultante da referto medico-legale, preceduto dagli accadimenti succitati, l'Assistente ha effettivamente posto in essere atti che hanno rivelato mancanza del senso dell'onore e del senso morale, gravemente contrastanti con doveri assunti con il giuramento e con conseguente grave abuso di fiducia, mettendo, oltretutto, in pericolo l'incolumità dei colleghi di pattuglia.
In tal senso depone, soprattutto, l'episodio durante il quale l'interessato si è sottratto all'accertamento di proposito, che non è servito, peraltro, ad evitargli il riscontro di positività durante l'ulteriore esame sanitario effettuato il 5 maggio 2009, dunque molti mesi dopo, ciò che non fa che confermare l'abitualità del consumo della sostanza stupefacente da parte dello stesso.
In ogni caso, il collegio ritiene che anche la mera frequentazione assidua di ambienti dediti al consumo di cannabinoidi, che avrebbe potuto causare il riscontro di positività per fumo passivo, deporrebbe per un comportamento non confacente ai doveri istituzionali di un appartenente alla Polizia di Stato assunti con il giuramento.
Deve, inoltre, rilevarsi che lo stesso medico curante del ricorrente, nel corso di un colloquio con l'istruttore del procedimento disciplinare ha smentito la tesi della mera esposizione a fumo passivo, ritenendola non verosimile.
Sussistono, dunque, sufficienti elementi probatori idonei a confermare la tesi su cui si fonda l'adozione del provvedimento impugnato, che contiene analitica motivazione delle ragioni delle determinazioni dell'amministrazione ed idonea descrizione del supporto istruttorio, derivandone l'infondatezza del primo motivo di diritto, anche in relazione al contenuto della relazione redatta dall'istruttore del procedimento disciplinare e alle conclusioni contenute nella deliberazione conclusiva della Commissione di Disciplina del 27 ottobre 2010, a cui il collegio si richiama integralmente.
In ordine al secondo motivo di gravame, concernente l'assunta violazione del principio di proporzionalità nell'irrogazione della sanzione della destituzione in relazione alla ritenuta lievità del comportamento contestato al ricorrente, deve richiamarsi, sul punto, l'orientamento costante della giurisprudenza amministrativa, che sul tema ha ripetutamente statuito che è legittima la destituzione dal servizio di un agente della Polizia di Stato anche nel caso in cui questi abbia semplicemente fatto uso di sostanze stupefacenti, considerando che tale uso altera certamente l'equilibrio psichico, inficia l'esemplarità della condotta, si pone in contrasto con i doveri attinenti allo stato di militare e al grado rivestito, influisce negativamente sulla formazione militare e lede il prestigio del Corpo (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 23 maggio 2013, n. 2810; 6 giugno 2011, n. 3371; sez. VI, 29 febbraio 2008, n. 763; 31 maggio 2006, n. 3306; sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2705).
Anche sotto tale profilo, dunque, il provvedimento di destituzione deve ritenersi legittimo.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della fattispecie, per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Davide Ponte, Consigliere
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
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