Translate

mercoledì 9 ottobre 2019

Intervista a Federico Cafiero de Raho - Cafiero de Raho «I mafiosi non si pentiranno più» - «C'è il rischio di disarmare le indagini contro le mafie»

Mattino di mercoledì 9 ottobre 2019, pagina 5

Intervista a Federico Cafiero de Raho - Cafiero de Raho «I mafiosi non si pentiranno più» - «C'è il rischio di disarmare le indagini contro le mafie»


di Di Fiore Gigi


Il colloquio Cafiero de Raho «I mafiosi non si pentiranno più» Gigi Di Fiore «S ono molto preoccupato, si rischia un passo indietro nella lotta alle mafie fino agli anni precedenti alle stragi di Cosa nostra. Così i mafiosi non si pentiranno più», dice il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho. A pag. 5 0 Intervista Federico Cafiero de Raho «C'è il rischio di disarmare le indagini contro le mafie» 0 0 IL FINE PENA MAI HA SPINTO TANTISSIMI MAFIOSI A PENTIRSI. LA NORMA CONTESTATA E STATA DI GRANDE EFFICACIA Gigi Di Fiore «Sono molto preoccupato, si rischia un ritorno al passato, facendo un passo indietro nella lotta alle mafie fino agli anni precedenti alle stragi di Cosa nostra». Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, non ha dubbi nella sua valutazione sulla sentenza della Grande Camera della Corte dei diritti umani di Strasburgo. Procuratore, cosa accadrà nell'immediato, è vero che c'è il rischio che alcuni mafiosi possano essere scarcerati? «Nell'immediato, non esiste questo rischio. La decisione è per il momento un monito all'Italia a rendere compatibile il meccanismo della detenzione di mafiosi al 41-bis con i principi della convenzione dei diritti dell'uomo che fu sottoscritta anche dall'Italia». Quale principio viene SONO PREOCCUPATO DI UN RITORNO ALL'INDIETRO NEGLI ANNI CHE PRECEDETTERO LE STRAGI SICILIANE richiamato in particolare dalla Corte di Strasburgo? «Quello contenuto nell'articolo tre, che proibisce la tortura e qualsiasi altro sistema vessatorio nei confronti dei detenuti. La Corte ha ritenuto che l'ergastolo perenne, senza alcuna possibilità di accedere a benefici detentivi, sia per i mafiosi che non collaborano con la giustizia equiparabile a una forma di vessazione contraria alla convenzione sui diritti dell'uomo». È una decisione che toglie agli inquirenti la principale arma per affrontare la lotta alle mafie? «Proprio così. I mafiosi hanno sempre temuto il fine pena mai, l'assenza di benefici carcerari, e molti hanno avviato collaborazioni con la giustizia proprio per questo motivi. Era l'obiettivo della legge, nata subito dopo le stragi dei giudici Falcone e Borsellino. Prevedeva che ai benefici il mafioso potesse accedere solo collaborando con la giustizia». Si trattava di una legge speciale? «Era una legge nata per rispondere alla violenza di una strategia mafiosa particolarmente sanguinosa nei confronti dello Stato. Una legge su cui spesso è intervenuta la Consulta per decidere su alcune eccezioni di costituzionalità, quasi tutte superate. 

Nessun commento: