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mercoledì 9 ottobre 2019

Da Cutolo ai fratelli Graviano i mille che tornano a sperare

Repubblica di mercoledì 9 ottobre 2019, pagina 8

Da Cutolo ai fratelli Graviano i mille che tornano a sperare


di Foschini Giuliano


!l (aso Da Cutolo ai fratelli Graviano i mille che tornano a sperare di Giuliano Foschini Leoluca Bagarella, Giovanni Riina, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. E ancora, Raffaele Cutolo, Francesco "Sandokan" Schiavone, Michele Zagaria. Ma anche la terrorista mai pentita Nadia Desdemona Lioce. Sono loro alcuni dei 1.106 ergastolani italiani, con condanna definitiva e sottoposti, come previsto dall'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario, a un regime speciale. Sono stragisti mafiosi, assassini terroristi, sono i "cattivi" della storia d'Italia degli ultimi 40 anni (non a caso 628 di loro sono in carcere da oltre 20 anni e 375 da più di 25) che, fino a ieri, erano certi di non poter mai mettere il naso fuori da una galera. E che invece ora possono sperare, se l'Italia dovesse accettare il suggerimento della Cedu, di accedere a una serie di benefici: dai permessi orari fino agli arresti domiciliari. Potrebbe accadere a "don Luchino" Bagarella, oggi flenne, l'uomo che ha nel suo curriculum giudiziario alcune delle pagine più nere della storia mafiosa italiana: la strage di Capaci, il sequestro di Giuseppe di Matteo, il figlio del pentito sciolto nell'acido. Due storie che condivide con Giovanni Brusca, l'uomo in queste ore tornati agli onori della cronaca proprio perché la procura nazionale antimafia aveva concesso parere favorevole agli arresti domiciliari. Ma Brusca — che comunque in questi anni in più occasioni ha avuto accesso alle misure alternative —è un pentito. Ha raccontato fatti. Nomi e cognomi. Bagarella, e come lui altre decine di mafiosi come appunto i fratelli Graviano, ha sempre mantenuto la consegna del silenzio. Ed è proprio attorno a questo elemento che gira gran parte del dibattito attorno all'ergastolo ostativo: si possono dare benefici a chi decide di non collaborare? Così, con la mancanza del fine pena mai, non si rischia di perdere un punto cruciale della lotta alla mafia? «Il problema» spiega a Repubblica il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Ratio, «è assai serio: se si elimina l'ostacolo dei fatti di mafia o di terrorismo, è evidente che chiunque potrà godere delle misure alternative

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