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(Sezione quarta, sentenza 4118/09; depositata il 28 gennaio) |
Cass. pen. Sez. IV, (ud. 09-12-2008) 28-01-2009, n. 4118
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
A.M.
ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte
di appello di Ancona ha confermato la sentenza di primo grado che lo
aveva condannato, concesse le circostanze attenuanti generiche
subvalenti rispetto alle aggravanti contestate, alla pena di anni sei e
mesi sei di reclusione, giorni venti di arresto ed Euro 715 di ammenda
nonchè alla sanzione amministrativa di Euro 1.500, oltre al risarcimento
dei danni in favore delle costituite parti civili, per i reati di
omicidio colposo plurimo conseguente ad incidente stradale (a seguito
dell'incidente erano deceduti quattro giovani, che viaggiavano a bordo
di tre ciclomotori ed un quinto aveva riportato lesioni personali
gravissime), aggravato altresì dalla previsione dell'evento ex art. 61 c.p., n. 3, resistenza continuata a pubblico ufficiale e guida in stato di ebbrezza, commessi il (OMISSIS).
Sui
motivi di appello, diretti a sostenere l'inutilizzabilità degli
accertamenti ematici eseguiti presso la struttura ospedaliera, la Corte
di merito richiamava l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte
secondo il quale, ai fini della configurabilità della contravvenzione
della guida in stato di ebbrezza, è utilizzabile anche il referto medico
relativo al ricovero in ospedale a seguito di incidente stradale,
trattandosi di un documento che, a norma dell'art. 234 c.p.p.,
può valere come prova per il principio del libero convincimento e per
l'assenza di prove legali. Allo stesso fine veniva altresì fatto
riferimento alla deposizione testimoniale della titolare del bar, dal
quale l' A. era uscito la sera in cui avvenne l'incidente. In merito
alle contestazioni svolte sulla valutazione compiuta dal giudice di
primo grado in ordine allo stato di ubriachezza abituale dell'imputato, i
giudici di appello richiamavano, oltre alle testimonianze dei gestori
del bar della zona frequentati dal ricorrente, anche gli esiti della
consulenza medico legale, che attestavano un abuso di sostanze alcoliche
negli ultimi otto mesi precedenti l'incidente e livelli di transaminasi
e bilirubina che confermavano un danno epatico iniziale da statosi
epatica da alcol.
Sull'aggravante ex art. 61 c.p.,
n. 3, la sentenza evidenziava il comportamento incosciente ed altamente
negligente dell' A., il quale, nonostante fosse in grave stato di
ebbrezza (nel sangue era stato rinvenuto un valore di mg 285/dl pari a
circa sei volte il limite consentito) si era posto alla guida del mezzo,
così prevedendo la possibilità di eventuali incidenti ma facendo
affidamento mal riposto evidentemente sulla propria abilità al fine di
evitarli.
Avverso la sentenza, propone ricorso
l' A., che articola distinti motivi di doglianza, nessuno dei quali
merita accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.
In
primo luogo, reitera l'eccezione di inutilizzabilità degli accertamenti
ematici svolti presso la struttura ospedaliera, in assenza del consenso
dell'imputato. In proposito si sostiene che il riferimento operato dai
giudici alle condizioni fisiche dell' A. era del tutto generico e
contrastante con la documentazione in atti da cui emergevano, al
contrario, buone condizioni generali del soggetto. Lamenta altresì la
carenza di motivazione con riferimento alle conclusioni raggiunte dai
giudici di merito circa lo stato di ubriachezza dell'imputato la sera
dell'incidente, fondato sulla deposizione di una teste che non aveva
effettuato nessun riconoscimento diretto dell'imputato. Analoga censura
viene svolta in merito alla valutazione compiuta dai giudici di merito
sullo stato di ubriachezza abituale, posto a fondamento della contestata
aggravante della previsione dell'evento.
Sotto
tale ultimo profilo si sostiene che il giudice di appello non avrebbe
fornito adeguate risposte alle censure articolate sul rilievo della
mancanza di univocità delle testimonianze assunte in merito all'uso
abituale di sostanze alcoliche da parte dell' A. e l'assenza di ogni
riconoscimento diretto da parte dei testimoni.
Quanto
agli accertamenti medici relativi a tale abitualità, la Corte di merito
non avrebbe tenuto conto dei rilievi difensivi circa l'asserita
genericità del dato privilegiato (i valori di birilubina) dal sanitario
del carcere - che si assume sprovvisto di competenza specifica - e la
correttezza del metodo adottato per siffatto accertamento.
Quanto
all'aggravante della previsione dell'evento si sostiene che, proprio la
ritenuta ubriachezza abituale dell' A., unitamente al dato negativo
dell'assenza di precedenti specifici, doveva portare a concludere per la
ragionevole convinzione del medesimo di poter guidare senza problemi.
Inoltre, nonostante la ritenuta previsione dell'evento, non era stata
applicata la continuazione tra omicidio colposo e la guida in stato di
ebbrezza.
Infine, quanto al trattamento
sanzionatorio, si contesta la severità del trattamento sanzionatorio,
che non avrebbe tenuto conto che la condotta del ricorrente andava
collocata nell'ambito socio- culturale di riferimento, del quale
contraddittoriamente dava atto la stessa sentenza quando faceva
riferimento alla radicata abitudine dell'intera comunità nomade di
intrattenersi a bere nei locali pubblici del luogo. Inoltre, i giudici
di appello non avrebbero tenuto conto della condotta susseguente al
reato, pure prevista dall'art. 133 c.p. come elemento di
valutazione, tenuta dall'imputato e documentata dalla difesa, che
dimostrava la cessazione dell'assunzione di alcolici, come pure il dato
emergente dagli atti che lo stesso non si era dato alla fuga dopo
l'incidente, pur avendone avuto la possibilità.
Nessuna delle censure proposte può trovare accoglimento.
Quanto
alla questione relativa all'utilizzabilità del prelievo ematico va
ricordato il pacifico assunto interpretativo secondo cui, ai fini
dell'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, i risultati
del prelievo ematico che sia stato effettuato, secondo i normali
protocolli medici di pronto soccorso, durante il ricovero presso una
struttura ospedaliera pubblica a seguito dell'incidente stradale sono
utilizzabili, nei confronti dell'imputato, per l'accertamento del reato,
trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione
medica e restando irrilevante, ai fini dell'utilizzabilità processuale,
la mancanza del consenso.
Secondo tale
prospettazione, piuttosto, solo il prelievo ematico effettuato, in
assenza di consenso, non nell'ambito di un protocollo medico di pronto
soccorso - e dunque non necessario a fini sanitari - sarebbe
inutilizzabile ex art. 191 c.p.p. per violazione del principio costituzionale che tutela l'inviolabilità della persona (art. 13 Cost.) (cfr., da ultimo, Sezione 4, 21 settembre 2007, Saltari).
Qui,
in vero, si verte nell'ambito della prima ipotesi, con conseguente
piena utllizzabilità degli esiti del prelievo a fini probatori dello
stato di alterazione.
Per il resto, laddove
soprattutto si contesta il compendio probatorio utilizzato a supporto
del ritenuto stato di alterazione, la doglianza è finanche
inammissibile, laddove finisce con il proporre un sindacato di merito,
da effettuare inaccettabilmente in sede di legittimità,
sull'apprezzamento dei mezzi di prova, che compete al giudice di merito e
che questi, peraltro, ha qui sviluppato in modo esaustivo e ampiamente
logico, sì che le contestazioni operate in ricorso si risolvono solo in
una diversa, opinabile lettura degli elementi indiziari.
Infatti,
una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti
sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si
prestavano ad una diversa lettura o interpretazione, ancorchè munite, in
tesi, di eguale crisma di logicità, giacchè, con riferimento al
sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimità
non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai
giudici del merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova,
bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi
a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di
essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle
parti, e se abbiano correttamente applicato le regole della logica
nello, sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di
determinate conclusioni a preferenza di altre.
Quanto
detto vale ovviamente anche in relazione agli argomenti utilizzati dal
giudice di merito per ritenere dimostrata l'abitualità dello stato di
alterazione da abuso di alcolici.
Inaccoglibili sono le censure articolate a proposito della colpa con previsione.
Infatti,
quanto al contestato riconoscimento della colpa con previsione, il
ricorrente prospetta, a supporto della censura, proprio una situazione
di fatto che costituisce il proprium della aggravante, giacchè è proprio
l'abituale condizione di alterazione da abuso di alcolici che è stata
ritenuta, non infondatamente, dimostrativa di quella malaccorta
considerazione delle circostanze di fatto che hanno portato il prevenuto
a porsi alla guida del mezzo in condizioni alterate senza considerare i
rischi possibili di verificazione di un evento quale quello
verificatosi.
Neppure può censurarsi il
mancato riconoscimento della continuazione, anche prescindendo dal
rilievo che trattasi di questione che non sembra neppure essere stata
devoluta al giudice di appello.
Infatti, se è
pur vero che l'unicità del disegno criminoso non è incompatibile con
quella particolare figura di colpa che è la colpa con previsione, da ciò
non discende alcun automatismo applicativo, presupponendo appunto
l'attenta e rigorosa dimostrazione dell'unitarietà del disegno
criminoso, la quale, come è noto, può essere ravvisata soltanto quando
la decisione di commettere i vari reati sia stata presa dall'agente in
un momento precedente la consumazione dei primo e sia estesa a tutti gli
altri, già programmati nelle loro linee generali.
A
ben vedere, la pretesa del ricorrente vorrebbe evocare, rispetto a tale
questione, un atteggiamento psicologico assimilabile al dolo eventuale,
piuttosto che alla colpa con previsione.
In
realtà, la doglianza è inaccoglibile con considerazione tout court
assorbente, perchè, sul punto, è oltremodo generica, perchè si limita
assertivamente a pretendere l'applicazione della continuazione, senza
nulla dire sulle ragioni della pretesa sussistenza dei relativi
presupposti.
Anche la doglianza sul trattamento sanzionatorie) non può essere accolta.
Basta
considerare che, come è noto, la determinazione della pena tra il
minimo e il massimo edittali rientra tra i poteri discrezionali del
giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, qualora il
giudice abbia adempiuto all'obbligo di motivazione, in ordine al quale è
satisfatto il richiamo, non illogicamente effettuato, ai parametri di
riferimento oggettivi e soggettivi di cui all'art. 133 c.p..
Ciò
che qui il giudicante ha ampiamente sviluppato, valorizzando
negativamente la gravità definita "immane" delle circostanze che hanno
cagionato l'evento e le conseguenze definite "devastanti" della
criminale condotta dell'imputato.
E' motivazione non inconferente rispetto all'obiettività della vicenda, che non può certo essere qui sindacata.
Alla
inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente (v.
sentenza Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna del
medesimo al pagamento delle spese del procedimento e di una somma, che
congruamente si determina in mille Euro, in favore della Cassa delle
ammende, oltre alla rifusione delle spese del giudizio in favore delle
costituite parti civili.
P.Q.M.
dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle ammende; condanna altresì il ricorrente a rifondere alle
parti civili le spese del giudizio, che liquida quanto a C.L., D.C.R.,
C.A. in Euro 2.500, oltre accessori come per legge; quanto a T.L., M.F.,
T. E. in Euro 2.500, oltre accessori come per legge; quanto ad A.F.G.,
D.C. in Euro 2000, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2009
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