Nuova pagina 1
(Sezione terza, sentenza n. 1691/09; depositata il 23 gennaio) |
RESPONSABILITA' CIVILE
Cass. civ. Sez. III, 23-01-2009, n. 1691
Cass. civ. Sez. III, 23-01-2009, n. 1691
Svolgimento del processo
Con
atto notificato il 17.3.98 A.V., premesso che il giorno (OMISSIS)
circolava in (OMISSIS) alla guida del proprio ciclomotore e che, giunto
all'altezza di via (OMISSIS) (direzione (OMISSIS)), in una curva
sinistrorsa il motociclo scivolava sul gasolio presente sul manto
stradale, travolgendo esso esponente, che riportava gravi lesioni
giudicate guaribili in 40 gg. s.c., conveniva in giudizio dinanzi al
Tribunale di Roma il Comune di Roma per sentirlo condannare al
risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza di detto sinistro.
Si
costituiva il Comune di Roma, che in via preliminare chiedeva di essere
autorizzato a chiamare in causa l'impresa (OMISSIS), appaltatrice dei
lavori di manutenzione stradale all'epoca del sinistro ed unica
responsabile dell'evento per cui era causa, ed instava che fosse
manlevato e/o rimborsato di quanto si dovesse versare a chicchessia per
sorte, interessi e spese.
Si costituiva anche
l'Impresa (OMISSIS), chiedendo il rigetto della domanda di manleva e di
garanzia proposta dal Comune e di quella principale proposta
dall'attore.
Espletata l'istruzione, l'adito
Tribunale rigettava la domanda dell' A.: interposto appello da parte di
quest'ultimo, si costituivano sia il Comune, che chiedeva il rigetto del
gravame e proponeva appello incidentale condizionato per la condanna
dell'Impresa (OMISSIS) a manlevarlo e garantire, che quest'ultima
impresa, che concludeva per il rigetto di entrambe le domande.
Con
sentenza depositata il 5.7.04 la Corte di appello di Roma rigettava
entrambi gli appelli, e contro tale sentenza ha proposto ricorso per
Cassazione l' A., con due motivi, mentre sia il Comune di Roma che
l'Impresa (OMISSIS) hanno resistito con controricorso, con cui hanno
sollevato ricorso incidentale condizionato.
Motivi della decisione
Va disposta preliminarmente la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c..
A) Ricorso n. 27669/04. 1. Il primo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 2051 c.c., dell'art. 14 C.d.S., dell'art. 1655 c.c.
e segg., nonchè illogica, apodittica ed omessa motivazione su più punti
decisivi della controversia, avendo la Corte di merito erroneamente
ritenuto - pur avendo riconosciuto come provata la preesistenza di
gasolio sparso sulla strada, nonchè la circostanza che analoghi
spargimenti in passato avevano dato luogo a vari sinistri - che al caso
di specie non potesse applicarsi il disposto dell'art. 2051 c.c., deve ritenersi fondato.
Giustamente,
infatti, la ricorrente si duole che in ordine ai danni subiti
dall'utente in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione
delle strade pubbliche la Corte territoriale abbia in modo aprioristico
ritenuto che il referente normativo per l'inquadramento della
responsabilità della P.A. è costituito, non dall'art. 2051 c.c.
(che sancirebbe una presunzione inapplicabile nei confronti della P.A.
con riferimento ai beni demaniali quando siano oggetto di un uso
generale ed ordinario da parte dei terzi), ma dall'art. 2043 c.c.,
che impone invece, nell'osservanza della norma primaria del "neminem
laedere", di far sì che la strada aperta al pubblico transito non
integri per l'utente una situazione di pericolo occulto.
In
realtà, la Corte di merito ha fatto proprio un orientamento
giurisprudenziale ormai obsoleto e che non tiene conto dell'evoluzione
della giurisprudenza in subiecta materia a partire dalla nota pronuncia
n. 156 del 10.5.1999 della Corte costituzionale.
La quale ebbe, infatti, ad affermare il principio che alla P.A. non era applicabile la disciplina normativa dettata dall'art. 2051 c.c.
solo allorquando "sul bene di sua proprietà non sia possibile - per la
notevole estensione di esso e le modalità di uso, diretto e generale, da
parte di terzi - un continuo, efficace controllo, idoneo ad impedire
l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti".
Ne deriva che, secondo tale autorevole interprete, il fattore decisivo per l'applicabilità della disciplina ex art. 2051 c.c.
debba individuarsi nella possibilità o meno di esercitare un potere di
controllo e di vigilanza sui beni demaniali, con la conseguenza che
l'impossibilità di siffatto potere non potrebbe ricollegarsi puramente e
semplicemente alla notevole estensione del bene e all'uso generale e
diretto da parte dei terzi, considerati meri indici di tale
impossibilità, ma all'esito di una complessa indagine condotta dal
giudice di merito con riferimento al caso singolo, che tenga in debito
conto innanzitutto gli indici suddetti.
In
questa direzione si è orientata anche negli ultimi anni la
giurisprudenza di questa Corte, i cui più recenti arresti hanno
segnalato, con particolare riguardo al demanio stradale, la necessità
che la configurabilità della possibilità in concreto della custodia
debba essere indagata non soltanto con riguardo all'estensione della
strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle
dotazioni, ai sistemi di assistenza che lo connotano, agli strumenti che
il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche
acquistano rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti,
rilevando ancora, quanto alle strade comunali, come figura sintomatica
della possibilità del loro effettivo controllo, la circostanza che le
stesse si trovino all'interno della perimetrazione del centro abitato
(v. Cass. n. 3651/2006; n. 15384/2006).
Questo
procedimento di verifica in merito all'esistenza del potere di
controllo e vigilanza, di cui si discute, è stato invece totalmente
omesso dalla Corte di merito, che si è trincerata dietro
l'inapplicabilità in via di principio dell'art. 2051 c.c. alla manutenzione delle strade da parte della P.A..
Alla
luce delle considerazioni che precedono va, dunque, affermato il
principio che la presunzione di responsabilità per il danno cagionato
dalle cose che si hanno in custodia, stabilita dall'art. 2051 c.c., è
applicabile nei confronti dei comuni, quali proprietari delle strade del
demanio comunale, pur se tali beni siano oggetto di un uso generale e
diretto da parte dei cittadini, qualora la loro estensione sia tale da
consentire l'esercizio di un continuo ed efficace controllo che sia
idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per i terzi.
Sintomatico,
in questo senso, deve considerarsi la circostanza, anch'essa tenuta
presente dalla Corte di merito (ma da questa non valorizzata ai fini
della riconducibilità della responsabilità del Comune di Roma
nell'ambito di cui all'art. 2051 c.c.), che ha riguardo alla
suddivisione in "zone" della manutenzione delle strade del territorio
comunale, affidata in appalto a varie imprese, tra cui quella V.A..
E'
indubbio, infatti, che, contrariamente a quanto ritenuto in sentenza
gravata, tale "zonizzazione" comporta per il Comune, sul piano meramente
fattuale, un maggiore grado di possibilità di sorveglianza e di
controllo sui beni del demanio stradale, con conseguente responsabilità
del Comune stesso per i danni da essi cagionato, salvo ricorso del caso
fortuito.
Nè può sostenersi che l'affidamento
della manutenzione stradale in appalto alle singole imprese sottrarrebbe
la sorveglianza ed il controllo, di cui si discute, al Comune, per
assegnarli all'impresa appaltatrice, che così risponderebbe direttamente
in caso d'inadempimento: infatti, il contratto d'appalto per la
manutenzione delle strade di parte del territorio comunale costituisce
soltanto lo strumento tecnico - giuridico per la realizzazione in
concreto del compito istituzionale, proprio dell'ente territoriale, di
provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade di sua
proprietà ai sensi dell'art. 14 C.d.S. vigente, per cui deve ritenersi
che l'esistenza di tale contratto di appalto non vale affatto ad
escludere la responsabilità del Comune committente nei confronti degli
utenti delle singole strade ai sensi dell'art. 2051 c.c..
2. Il secondo motivo, con cui viene dedotta la violazione dell'art. 2043 c.c. e dell'art. 115 c.p.c.
nonchè illogica, apodittica ed omessa motivazione circa un punto
decisivo, per non avere la Corte di merito spiegato adeguatamente le
ragioni per cui era stata esclusa la sussistenza di un'insidia o
trabocchetto, resta assorbito in conseguenza dell'accoglimento del primo
motivo.
B) Ricorso n. 1573/05 e ricorso n. 1701/05.
Sia
il ricorso incidentale condizionato, con cui il Comune di Roma,
nell'ipotesi di accoglimento del ricorso principale, ripropone la
questione dell'obbligo dell'Impresa (OMISSIS) a manlevarlo, stante la
sua responsabilità nella produzione dell'evento dannoso, che quello
incidentale, sempre condizionato all'accoglimento del ricorso
principale, con cui l'Impresa predetta deduce l'insussistenza del
diritto del Comune di Roma ad essere garantito e manlevato, con la
condanna di chi di dovere alla rifusione in suo favore delle spese di
tutti i gradi di giudizio, restano assorbiti a seguito dell'accoglimento
del primo motivo del ricorso principale.
C)
In conclusione, viene accolto il primo motivo del ricorso principale,
assorbito il secondo motivo, ed assorbiti altresì i ricorsi incidentali
condizionati, e conseguentemente la sentenza impugnata va cassata in
relazione, con rinvio della causa dinanzi alla Corte di Appello di Roma
in diversa composizione che, oltre che uniformarsi al principio di
diritto enunciato al punto 1. della presente sentenza, provvederà anche
in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Riunisce
i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito
il secondo motivo, ed assorbiti altresì i ricorsi incidentali proposti
dal Comune di Roma e dall'Impresa (OMISSIS), cassa in relazione la
sentenza impugnata e rinvia la causa dinanzi alla Corte d'Appello di
Roma in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese
del presente giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2009
Nessun commento:
Posta un commento