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(Sezione sesta, sentenza n. 14466/09; depositata il 2 aprile) |
ABUSO DI UFFICIO
Cass. pen. Sez. VI, (ud. 05-03-2009) 02-04-2009, n. 14466
Cass. pen. Sez. VI, (ud. 05-03-2009) 02-04-2009, n. 14466
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
p. 1) la sentenza di condanna del Tribunale di Marsala.
Con sentenza 18 gennaio 2005 del Tribunale di Marsala S. A., ingegnere, è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all'art. 328 c.p.,
perchè, in qualità di funzionario responsabile del settore dei servizi
tecnici del Comune di Castelvetrano, in ordine alla formale richiesta di
C. G., destinataria di provvedimento di espropriazione, di avere
conoscenza dell'atto di cessione, al Comune di Castelvetrano, da parte
della Regione Siciliana, di aree destinate alla realizzazione di un
parcheggio, nonchè dei verbali di consistenza delle stesse, non compiva,
nei trenta giorni, l'atto del suo ufficio, ovvero non rispondeva per
esporre le ragioni del ritardo, a fronte di una specifica richiesta
inoltrata in data 13.04.2000, ed ulteriore sollecito e richiesta
(pervenuta al protocollo del suo ufficio in data 7.07.2000), nonchè
della nota prot. 17948 del 13.06.2000 con la quale veniva fissata la
competenza del suo ufficio, in merito all'istanza stessa. In (OMISSIS).
Il
primo giudice fondava il giudizio di penale responsabilità sulle
risultanze delle dichiarazioni rese dalla C. e dalla documentazione
acquisita, relativa alla vicenda della mancata retrocessane dell'area,
sita in (OMISSIS) (censita alle partt. (OMISSIS), già di proprietà della
donna), in precedenza espropriatale dalla Regione Siciliana per la
realizzazione di opere pubbliche e, successivamente, destinata dal
Comune di Castelvetrano, secondo le previsioni del nuovo P.R.G., alla
realizzazione di un parcheggio pubblico.
La
sentenza di 1^ grado ha desunto la dimostrazione dell'omissione da parte
dell'imputato, funzionario competente in quanto dirigente dei servizi
tecnici del Comune, dell'atto d'ufficio, consistente nella risposta alla
richiesta, avanzata dalla C. in data 3.07.2000, di rilascio di copia
dell'atto di cessione in comodato dell'area al Comune di Castelvetrano e
dei verbali di consistenza delle aree, utilizzate o meno, per la
realizzazione del parcheggio, richiesta da intendersi quale diffida ad
adempiere e costituzione in mora, stante l'infruttuosità della
precedente istanza del 13.04.2000. p. 2) le argomentazioni della
sentenza di condanna della Corte di appello di Palermo.
Su
appello dello S. la Corte di appello con sentenza ha confermato
integralmente la decisione del Tribunale, rigettando i punti di
criticità ed invalidità dedotti nell'atto di gravame predetto.
In particolare, sul punto dell'interesse della C..
La Corte distrettuale:
a)
ha ribadito l'interesse, giuridicamente qualificato, della C., ad avere
conoscenza dello stato di fatto e legale dell'area che avrebbe potuto
ritornare nella sua proprietà, ed, in ogni caso, delle modalità del suo
utilizzo, totale e parziale, da parte del Comune, nonchè del titolo che
assisteva la sua destinazione materiale;
b) ha
precisato che tali informazioni avrebbero consentito alla donna di
valutare l'opportunità di intraprendere nuove iniziative legali, per
ottenere il risarcimento dei danni, oppure accedere alla retrocessione,
oppure ancora di rinunciare, "re cognita", ad ogni azione;
c) ha stabilito la regolarità dell'iter procedimentale seguito dalla C. per accedere ai documenti richiesti.
Quanto alla competenza a provvedere dell'ing. S., la Corte ha argomentato rilevando:
1)
che la seconda delle istanze, quella del 3.07.2000, che formalmente
costituiva in mora il Comune destinatario, risulta essere stata
assegnata al settore diretto dall'imputato il 7.07.2000, come da timbro
di assegnazione pratica apposto sulla stessa e quindi con conseguente
obbligo di rendere una qualunque risposta;
2)
che soltanto l'imputato poteva rimettere copia di detti verbali e
soltanto lui era a completa conoscenza delle vicende, quanto meno
concrete, di fatto, riguardanti il terreno destinato a parcheggio
pubblico: da ciò la prova incontrovertibile nella nota del 3.02.1999
inviata all'Assessorato regionale LL.PP. a sua firma, con la quale egli
(in data antecedente la ricezione delle due richieste della C. del
13.4.2000 e del 3.07.2000), aveva relazionato in merito ai lavori
pubblici effettuati sull'area, la sua destinazione urbanistica,
l'approvazione del progetto di sistemazione definitiva dell'area a
parcheggio, le fonti di finanziamento, l'avvenuta concessione in
appalto, l'utilità pubblica dell'opera, la richiesta di trasferimento in
proprietà al Comune, quale alternativa alla prospettata attivazione
della procedura di esproprio;
3) che la nota 3
febbraio 1999 offre la dimostrazione documentale del possesso in capo
all'imputato di tutte le informazioni necessarie e sufficienti per
esaudire la legittima richiesta della C. e per trasmetterle la relativa
documentazione nella disponibilità del settore amministrativo da lui
diretto, considerato che nessuna delle altre ripartizioni aveva
successivamente curato la pratica relativa al terreno "de quo" e poteva
quindi intervenire per riscontrare la richiesta dell'istante;
4)
che la responsabilità dello S. non si basa sulla declinazione della
competenza da parte degli altri dirigenti, ma trova fondamento nella
documentazione agli atti nella sua disponibilità, nei suoi precedenti
comportamenti, oltre che nella ripartizione dei compiti interni
all'amministrazione di appartenenza;
5) che la
nota in atti dell'ing. T., che, come dirigente del neo istituito
settore opere pubbliche del medesimo Comune, si rivolgeva all'ing. S.
nella qualità di dirigente del settore servizi tecnici, dimostra
ulteriormente che l'imputato ha volontariamente omesso di dare anche un
benchè minimo cenno di risposta alla richiesta, con costituzione in mora
proveniente da C.G., nonostante egli fosse il detentore del fascicolo
relativo alle opere in corso di realizzazione, essendosi invece
limitato, a suo piacimento, e dopo comunque due mesi e dieci giorni,
ossia il 13 settembre 2000, a rimettere gli atti all'ing. T.. senza
nemmeno informarlo dell'esposto rimasto inevaso:
6)
che qualsiasi convincimento dello S., in ordine alla propria
incompetenza avrebbe richiesto una sua esternazione all'interessata e,
comunque, non lo avrebbe esentato da responsabilità penale, traducendosi
in un errore di diritto, riguardante la distribuzione delle competenze,
fissata da norma extrapenale integrativa di quella penale. p. 3) il
ricorso dell'ing. S. e la decisione di questa Corte.
Con
un unico motivo di impugnazione la difesa dell'imputato deduce vizio di
motivazione nonchè violazione di legge con riferimento agli artt. 521 e 522 c.p.p. e art. 328 c.p..
Secondo
il ricorrente vi sarebbe una illegittimità delle conclusioni raggiunte
rispetto alle premesse valutate ed una incongruenza dell'apparato
valutativo con riferimento:
a) all'affermato
interesse della ricorrente tenuto conto che l'area (pag. 8 motivi) si
trovava ancora nella disponibilità dell'Ente regionale: circostanza
questa che renderebbe "strumentale e non seria" la richiesta della C.;
b)
alle deduzioni di responsabilità della Corte distrettuale fondate sulla
esistenza di un procedimento espropriativo "mai intrapreso dall'Ente
comunale e quindi sviluppate in violazione delle regole di cui al
combinato disposto degli artt. 521 e 522 c.p.p. tenuto conto
che la richiesta aveva ad oggetto gli atti di un inesistente
procedimento espropriativo (pag. 9) e non la situazione fattuale
dell'area e la decisione di condanna è stata resa in relazione ad una
violazione diversa rispetto a quella contestata;
c)
alla asserita competenza dell'ing. S., argomentata in modo incongruo e
contraddicono (pag. 10 ricorso) tenuto conto che la richiesta aveva a
riferimento l'acquisizione di notizie relative alla situazione giuridica
e non fattuale dell'area;
d) alla circostanza
che il legale della richiedente aveva ottenuto dal Settore patrimonio
la notizia dell'inesistenza di procedimenti espropriativi nell'area de
quo;
e) al fatto che la contestazione non
riguardava l'omesso rilascio della documentazione inerente la situazione
fattuale dell'area.
Il motivo nelle sue
plurime articolazioni è infondato ed il ricorso va rigettato con
condanna del ricorrente alle spese processuali.
Preliminarmente va dichiarata l'inammissibilità e comunque l'infondatezza della pretesa violazione ex artt. 521 e 522 c.p.p. formalmente dedotta in questa sede (doglianze sub b e sub e del paragrafo 3) e priva di concreta giustificazione.
In
termini va subito precisato che la regola di base, al fine di stabilire
la determinatezza dell'imputazione, è quella che impone di aver
riguardo alla contestazione sostanziale, la quale consente di escludere
le dette nullità ogniqualvolta il prevenuto, come nella specie, abbia
avuto modo di individuare agevolmente gli specifici fatti con
riferimento sui quali l'accusa è stata formulata e sviluppata.
Inoltre, ai fini della valutazione della corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen.
deve tenersi conto, non solo del fatto descritto in imputazione, ma
anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a conoscenza
dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione,
sicchè questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sull'intero
materiale probatorio posto a fondamento della decisione. (Cass. Penale
sez. 3^, 27/2/2008 Rv. 239866, Fontanesi Massime precedenti Conformi: N.
41663 del 2005 Rv. 232423 N. 10103 del 2007 Rv. 236099 N. 34789 del
2007 Rv. 237415 N. 45993 del 2007 Rv. 23932).
Se
quindi il "fatto" va definito come l'accadimento di ordine naturale,
dalle cui connotazioni e circostanze soggettive ed oggettive, di luogo e
di tempo, poste in correlazione fra loro, vengono tratti gli elementi
caratterizzanti la sua qualificazione giuridica, la violazione del
principio di correlazione si realizza e si manifesta solo attraverso
un'alterazione consistente ed una trasformazione radicale della
fattispecie concreta, nei suoi elementi essenziali, che non consenta di
rinvenire un nucleo comune, identificativo della condotta, con il
risultato di un rapporto di incompatibilità ed eterogeneità, tra il
fatto contestato e quello accertato, capace di creare un vero e proprio
stravolgimento dei termini dell'accusa, a fronte del quale si verifica
un pregiudizio, concreto e reale, dei diritti della difesa (Cass. Penale
sez. 2^, 45993/2007 Rv. 239320, imputato Cuccia).
Orbene,
nulla di tutto ciò si è verificato nell'odierna vicenda nella quale la
condotta della difesa è stata molto attenta alle dinamiche processuali,
ed ha approntato ogni possibile schema di contenimento dell'imputazione
ex art. 328 c.p., comma 2 nel suo più ampio e sostanziale sviluppo.
Tanto premesso, con riferimento all'ipotesi delittuosa di cui all'art. 328 c.p. va ricordato;
-
che l'azione tipica di tale delitto è integrata dal mancato compimento
di un atto dell'ufficio da parte del pubblico ufficiale o
dell'incaricato di pubblico servizio, ovvero dalla mancata esposizione
delle ragioni dei ritardo, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi
ha interesse, con la conseguenza che il reato, omissivo proprio e a
consumazione istantanea, si intende perfezionato con la scadenza del
predetto termine (Cass. Penale sez. 6^, 27044/2008 Rv. 240979 Masda);
-
che la facoltà di interpello del privato, cui corrisponde il dovere di
rispondere o di attivarsi, da parte del pubblico ufficiale o
dell'incaricato di un pubblico servizio, è riconosciuta esclusivamente
al soggetto che abbia interesse al compimento dell'atto;
-
che tale interesse non si identifica con quello generale al buon
andamento della P.A., che riguarda tutti i consociati, ma in quello che
fa capo a una situazione giuridica soggettiva su cui il provvedimento è
destinato direttamente a incidere (Cass. Penale sez. 6^, 21735/2008, Rv.
239934, Vitellaro).
In adesione di tali
regole, bene e correttamente i giudici di merito hanno in concreto
ravvisato l'interesse della C. all'accesso agli atti del Comune,
concernenti la procedura di mancata retrocessione dell'area sita in
(OMISSIS), già di proprietà della donna, in precedenza espropriatale
dalla Regione Siciliana per la realizzazione di opere pubbliche e,
successivamente, destinata dal Comune di Castelvetrano secondo le
previsioni del nuovo P.RG. alla realizzazione di un parcheggio pubblico.
Ed
altrettanto correttamente tale interesse è stato precisato dalla Corte
distrettuale nella disponibilità delle informazioni che avrebbero
consentito alla richiedente-interpellante di valutare l'opportunità di
intraprendere nuove iniziative legali, per ottenere il risarcimento dei
danni, oppure accedere alla retrocessione, oppure anche di rinunciare
definitivamente, però "re cognita", ad ogni azione.
Da
ciò la derivata ineccepibile asserzione che il provvedimento richiesto,
per le informazioni tecniche e giuridiche che comportava, era destinato
direttamente ad incidere su di una precisa situazione giuridica
soggettiva, facente capo alla persona richiedente ex art. 328 c.p.,
comma 2. Si è quindi ben lontani dalla "non serietà e strumentalità
della richiesta" nei termini sostenuti in fatto dal ricorrente
(doglianza punto sub a p. 3) e impropriamente proposti al vaglio del
giudice di legittimità.
Quanto al tenore della
richiesta della C., che - secondo il ricorrente - avrebbe fatto
riferimento, non alla situazione fattuale dell'area, ma ad un
inesistente procedimento amministrativo (doglianza punto sub b e sub e
del paragrafo 3), vi è sul punto una logica motivazione dei giudici di
merito, qui osservandosi che, quand'anche ciò rispondesse al vero, a
maggior ragione resta ingiustificato il silenzio omissivo del pubblico
ufficiale, perchè, nell'economia del delitto di cui all'art. 328 c.p.,
comma 2, una volta individuato l'interesse qualificato alla conoscenza
da parte del richiedente, anche la risposta negativa dell'Ufficio adito,
in termini di indisponibilità, oppure di parziale disponibilità della
documentazione richiesta, fa parte del contenuto dell'atto dovuto al
cittadino, il quale, sull'informazione negativa, può organizzare,
appunto "re cognita", la sua strategia di tutela, oppure rinunciare in
modo definitivo ad ogni diversa sua pretesa.
Inoltre
va precisato che, in tale quadro omissivo, è irrilevante che il legale
della richiedente, "aliunde" e per altra via, abbia ottenuto la notizia
della inesistenza di procedimenti espropriativi nell'area di interesse
della C., posto che la norma, pur posta a tutela del privato, è
strutturata in modo da impedire sacche di indebita inerzia nel
compimento di atti dovuti, ed anche nella spiegazione ed esposizione (da
parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio) al
richiedente delle ragioni dei ritardo verificatosi.
In
conclusione si versa nella specie, all'evidenza, in un quadro
argomentativo (cfr. supra: p. 1 e p. 2 punti da 1 a 6) nel quale i
giudici di merito, di primo e secondo grado, nella loro motivazione,
hanno fornito l'esigibile giustificazione razionale delle conclusioni
assunte, nel rispetto delle regole che nel nostro sistema disciplinano
la valutazione della prova, con conseguente rigetto delle doglianze sul
punto.
Il ricorso risulta pertanto infondato e la parte proponente va condannata ex art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 marzo 2009.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2009
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