Nuova pagina 1
(Sezione sesta, decisione n. 1887/09; depositata il 31 marzo) |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.1887/09Reg.Dec.
N. 6002 Reg.Ric.
ANNO 2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 6002/2004, proposto dal Ministero dell’Interno –
Questura di Roma, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e
difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato presso
gli Uffici della medesima in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
contro
per l’annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma,
Sezione I ter, n. 4830/2003 del 28-5-03, resa tra le parti;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 9 gennaio 2009, relatore il Consigliere Domenico Cafini, udito l’Avv. dello Stato Giuzzi;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Con
ricorso n.15425/2001 il sig. . - giunto allo scalo di
Fiumicino il 27.11.2001 dall’aeroporto di Chisinau (Moldavia), in
possesso di passaporto con visto Schengen valido per trenta giorni di
soggiorno e di 72 dollari USA - adiva il TAR del Lazio, impugnando il
provvedimento dell’Ufficio di polizia di frontiera aerea di Fiumicino di
“respingimento alla frontiera”, notificatogli il 29.11.2001, ed emesso
sul presupposto che il predetto era stato ritenuto sprovvisto di
sufficienti mezzi di sussistenza, in relazione al periodo del soggiorno
(motivo E), e di idonea documentazione attestante scopo e condizioni di
soggiorno (motivo F).
Il
ricorrente - premesso che era in possesso di regolare visto d’ingresso
per turismo valido fino al 10.1.2002 e che, dopo essere stato trattenuto
presso la frontiera di Fiumicino, era stato definitivamente respinto e
rimpatriato - deduceva l’illegittimità del menzionato provvedimento, da
una parte, (con riguardo motivo F suddetto), per violazione della legge
n.241/1990, per motivazione apparente, inesistenza delle ragioni addotte
dall’Autorità di polizia e per contraddittorietà tra provvedimento e
motivazione, e dall’altra, (con riguardo al motivo E suddetto) per
mancata concessione della possibilità di avvalersi dell’istituto
dell’integrazione delle somme di denaro previsto dall’art. 1, comma 3,
della direttiva ministeriale 1 marzo 2000 integrativa dell’art. 4, comma
1, del T.U. 286/1998 e per assenza di motivazione.
Nel giudizio si costituiva l’Amministrazione, depositando documenti.
2.
Con la sentenza in epigrafe specificata l’adito TAR accoglieva il
ricorso ritenendo che le affermazioni del ricorrente trovassero
sufficiente risconto negli atti depositati.
3.
Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello con il
quale l’Amministrazione dell’interno deduce i seguenti motivi di
diritto:
A)
violazione di legge, in particolare dell’art.3. L. n.241/1990;
motivazione apparente; non ricorribilità delle ragioni addotte
dall’Autorità di polizia; eccesso di potere; contraddittorietà tra
provvedimento e sua motivazione;
B)
violazione di legge; mancata possibilità concessa al ricorrente di
avvalersi dell’istituto dell’integrazione di somme di denaro previsto
dall’art.1, comma 3, D.M. del Ministero dell’interno del 1° marzo 2000, integrativo dell’art.4, comma 3, T.U. n.1998/286; assenza di motivazione.
Osserva,
in particolare, l’Amministrazione appellante, quanto al primo motivo,
che il possesso di un visto non poteva rappresentare di per sé elemento
sufficiente ai fini dell’ingresso dello straniero nel territorio
nazionale, essendo tenuta ad accertare anche l’Amministrazione stessa
che “le condizioni sussistenti al momento del rilascio del visto siano
ancora attuabili al momento dell’ingresso nello Stato”, secondo quanto
previsto dagli artt. 4, comma 3, e 8, comma 1, della legge n.40/1998 e
nella specie era stato accertato, appunto, che il sig. Ulinice si
sarebbe “recato ospite della presunta moglie già in stato di
clandestinità in Italia e destinataria di apposita intimazione a
lasciare il territorio italiano” sicchè la medesima non avrebbe potuto
ospitare il ricorrente.
Quanto
al secondo motivo, la parte appellante rileva, in concreto, che il sig.
Ulinice non aveva esibito una somma di denaro sufficiente per il
soggiorno dichiarato, sicché era stato legittimamente posto “in stato di
respingimento”.
Nelle
conclusioni il Ministero ricorrente chiede, quindi, l’annullamento
della gravata pronuncia “poiché illegittima”, con tutte le conseguenze
di legge.
L’originario ricorrente, odierno appellato, non si è costituito in giudizio.
La causa è stata, infine, assunta in decisione nella pubblica udienza del 9 gennaio 2009.
MOTIVI della DECISIONE
1.
Costituisce l’oggetto dell’odierno appello la sentenza in epigrafe
specificata che ha accolto il ricorso del sig. V., cittadino
moldavo, al quale era stato notificato il 29.11.2001 il provvedimento
di respingimento alla frontiera, motivato dal fatto che il medesimo era
risultato sprovvisto di sufficienti mezzi di sussistenza, in relazione
al periodo di soggiorno, nonché di idonea documentazione attestante
scopo e condizioni di soggiorno stesso.
Nell’accogliere
il proposto gravame il giudice di primo grado ha ritenuto, in sintesi,
che la controversia concerneva l’ipotesi disciplinata dall’art. 10,
primo comma, del D. Lgs n 286/1998, distinta da quella del respingimento
successivo all’avvenuto ingresso, effettuato sottraendosi ai controlli
di frontiera (atto questo di mera esecuzione di un provvedimento
adottato a causa della mancanza dei requisiti per il soggiorno); che
l’Amministrazione, la quale avrebbe dovuto motivare il proprio
provvedimento con argomenti traenti giustificazione dagli atti
dell’istruttoria, aveva adottato l’atto impugnato che era invece carente
sotto tali profili, dimostrando la documentazione depositata che la
ragione del soggiorno del ricorrente era chiara e che la rilevata
mancanza delle somme necessarie per la durata del soggiorno era
risultata insussistente.
2.
Tali statuizioni dei primi giudici sono ora contestate
dall’Amministrazione appellante attraverso censure che il Collegio
ritiene meritevoli di accoglimento.
Prima
di esaminare le censure stesse, il Collegio ritiene comunque di
osservare che il respingimento alla frontiera è atto conclusivo di una
fase della procedura relativa all’ingresso dello straniero nello spazio
Schengen ed è disciplinato, con l’’entrata in vigore del D.L
n..416/1989, convertito nella legge 28.2.1990 n. 39, da apposita
procedura che condizione l’ingresso degli stranieri, la cui osservanza è
allo stato essenziale ai fini della legittimità dell’ingresso stesso;
che la controversia in esame attiene, nella sostanza, all’ipotesi
prevista dall’art. 10, comma 1, del D.Lgs 286/1998, distinta da quella
del respingimento successivo all’avvenuto ingresso, effettuato
sottraendosi ai controlli di frontiera (il quale è atto di mera
esecuzione di un provvedimento adottato a causa della mancanza dei
requisiti per il soggiorno) e che produce nella sostanza due ordini di
effetti: il primo (di natura diretta e immediata) che ha carattere
istantaneo e consiste nell'impossibilità di entrare nel territorio
nazionale nel momento in cui viene deciso il respingimento, l’altro (di
natura mediata e riflessa) che consiste nell'impossibilità di entrare
nel territorio nazionale fino a quando i presupposti del respingimento
non vengano meno e l'ingresso venga legalmente consentito); che le
Autorità di polizia dello Stato di destinazione dello straniero, anche
in presenza dei regolare visto di ingresso, possono comunque respingere
l’interessato in mancanza anche di uno solo dei presupposti previsti per
l’ingresso stesso, tra cui, in particolare, la mancanza del possesso
della documentazione idonea a giustificare lo scopo del viaggio, le
condizioni di soggiorno e il possesso di mezzi finanziari adeguati con
riferimento alla natura e alla durata del soggiorno stesso, oltre alla
mancanza di segnalazioni ai fini della non ammissione e alla mancanza di
pericolosità (v art.5 Accordo Schengen).
2.1.
Ciò premesso, il Collegio, passando all’esame del primo motivo
dell’appello, come sopra descritto, ritiene, che in effetti nel caso,
come rilevato dall’Amministrazione appellante, non è stata adeguatamente
dimostrato da parte dell’interessato “il possesso di idonea
documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del
soggiorno”, come richiesto, appunto, dall’art.4, comma 3, del T.U.
n.286/1998.
Il
possesso da parte dell’interessato del semplice visto di ingresso per
entrare in Italia non poteva costituire, infatti, elemento sufficiente
per consentire il suo ingresso nel territorio nazionale, dovendo
accertare prima l’Autorità di polizia competente che le condizioni
sussistenti al momento del rilascio del visto fossero ancora attuali al
momento dell’ingresso nello Stato italiano, secondo quanto stabilito
dagli art. 4,comma
3, della legge della legge 6.3.1998, n.40, concernente la “disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, onde
evitare il provvedimento della polizia di frontiera previsto nei
confronti degli stranieri “che si presentano ai valichi di frontiera
senza avere i requisiti richiesti dalla citata legge per l’ingresso nel
territorio dello Stato (art.8, comma 1, legge cit.).
Ora
nel caso di cui trattasi è stato accertato, appunto, che il sig.
.si sarebbe “recato ospite della presunta moglie già in stato di
clandestinità in Italia e destinataria di apposita intimazione a
lasciare il territorio italiano”, sicché in concreto egli non poteva
fruire in Italia dell’alloggio a cui il predetto aveva fatto
riferimento.
Non
poteva pertanto concludere il TAR, che, sotto tale profilo, il
ricorrente aveva presentato documentazione idonea giustificare le
condizioni di soggiorno, non potendo la (presunta) consorte alloggiarlo
per quanto innanzi detto.
Il
motivo di appello in esame deve essere dunque condiviso, non avendo
dimostrato il sig. . “di essere in possesso di idonea
documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del
soggiorno”, come richiesto dall’art.4, comma 3, della legge 6.3.1998,
n.40.
2.2. Anche il secondo mezzo di gravame, come sopra precisato, deve essere positivamente valutato.
Infatti
- quanto alla dedotta assenza delle somme necessarie per la durata del
soggiorno (motivo E del provvedimento impugnato), ritenuta dal TAR
insussistente - deve diversamente ritenere il Collegio che la
disponibilità di 500 dollari USA da parte del sig. Ulinice, lasciata dal
medesimo “nei bagagli non ancora consegnatigli”, come dichiarato dal
suo legale con nota in data 28.11.2001, non è stata invece accertata
dalle competenti autorità doganali in sede di perquisizione nei
confronti dello straniero in questione e del suo bagaglio (v. apposito
timbro della dogana di Roma II che attesta il controllo, con esito
negativo, effettuato alle ore 16, 20 del 28.11.2001).
Né allo scopo di dimostrare la sufficienza del possesso
di somme necessarie per il soggiorno può ritenersi utile l’ulteriore
nota dello stesso legale, pervenuta il 29.11.2001, che chiedeva
“l’integrazione della somma di denaro ( dollari 75 attualmente in
possesso del sig. U- ed idonea a raggiungere la soglia necessaria
per permettere la permanenza in Italia”, non rientrando tale estremo
tentativo, peraltro espresso in modo eventuale, tra gli atti previsti
come possibili in favore dell’interessato per avvalersi dell’istituto
dell’integrazione delle somme di denaro previsto dall’art. 1, comma 3,
della direttiva ministeriale 1.3.2000, integrativa dell’art. 4, comma 1,
del T.U. 286/1998.
Pertanto,
non può ritenersi che il provvedimento adottato dall’Amministrazione,
impugnato in primo grado, sia inficiato dai vizi dedotti
dall’interessato e ritenuti fondati dal TAR e che dunque l’originario
ricorrente, odierno appellato, sia stato correttamente respinto nella
predetta data del 29.11.2001 – previa apposizione di un timbro di
ingresso dell’autorità di frontiera sulsuo
passaporto barrato a croce, secondo le vigenti disposizioni - con il
primo volo utile per l’aeroporto da cui era provenuto, in quanto
sprovvisto di sufficienti mezzi di sussistenza in relazione al periodo
di soggiorno dichiarato e per mancanza di idonea documentazione
attestante scopo e condizione del soggiorno.
3.
Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso in appello
deve essere quindi accolto, e, per l’effetto, la sentenza impugnata deve
essere annullata.
Le
spese di giustizia, per entrambi i gradi di giudizio sussistendo
adeguate ragioni giustificative, devono peraltro essere compensate.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta,
definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe
specificato, così dispone:
-
accoglie il ricorso in appello e, per l’effetto, in riforma della
sentenza impugnata, respinge l’originario ricorso proposto innanzi al
TAR;
- compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, il 9 gennaio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede
giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento
dei Signori:
Giuseppe Barbagallo Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Domenico Cafini Consigliere, Est.
Michele Corradino Consigliere
Presidente
GIUSEPPE BARBAGALLO
Consigliere Segretario
DOMENICO CAFINI ANDREA SABATINI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/03/2009
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
MARIA RITA OLIVA
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 6002/2004
CA
Nessun commento:
Posta un commento