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LAVORO (RAPPORTO)
Cass. civ. Sez. lavoro, 10-03-2009, n. 5710
Cass. civ. Sez. lavoro, 10-03-2009, n. 5710
Svolgimento del processo
Con
ricorso del 5 agosto 1999 G.L. ed altri dipendenti della FONDAZIONE
(OMISSIS) chiesero che il Tribunale di Bari riconoscesse loro il diritto
di percepire l'indennità di effettiva presenza al lavoro anche nei
giorni di riposo compensativi.
Il Tribunale accolse la domanda. Con sentenza del 14 giugno 2005 la Corte d'Appello di Bari respinse l'impugnazione.
Poichè
contiene tutti gli elementi sufficienti per giungere attraverso
semplici calcoli matematici alla condanna, il ricorso è valido.
Poichè
il riposo compensativo si riferisce ai giorni di assenza preordinata
dal lavoro effettuato, accordati a recupero delle maggiori prestazioni
rese a settimane alterne (per effetto della concentrazione del lavoro in
5 giornate lavorative e del superamento del limite di durata della
prestazione giornaliera), l'indennità deve essere riconosciuta anche
nelle giornate che, per definizione, costituiscono l'equivalente d'una
giornata lavorativa.
Per la cassazione di
questa sentenza la FONDAZIONE (OMISSIS) propone ricorso, articolato in
due motivi e coltivato con memoria; gli iniziali ricorrenti resistono
con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell'art. 414 cod. proc. civ.
nonchè difetto e contraddittorietà della motivazione, la ricorrente
sostiene che nei ricorsi introduttivi non erano stati allegati "i fatti
minimi necessari" anche per chiedere la condanna generica.
In
particolare, i ricorrenti avevano posto a fondamento della domanda il
fatto che l'attività lavorativa è articolata in tre turni; non avevano
tuttavia allegato lo svolgimento di mansioni articolate in un dato
orario contrattuale, nè che l'orario di lavoro si svolgeva su base
bisettimanale.
In tal modo, mancava qualsiasi
indicazione in merito a quali e quanti giorni di assenza dal servizio
devono essere considerati come riposi compensativi, nonchè l'indicazione
dei motivi per i quali i giorni di assenza sarebbero da quantificarsi
come riposi compensativi.
Avendo effetto
pregiudiziale, l'inammissibilità della domanda non può essere sanata
dalla costituzione del convenuto che eccepisca anche l'infondatezza
della domanda stessa.
La sentenza è errata e viola il disposto dell'art. 414 cod. proc. civ.
in quanto ha escluso la nullità del ricorso, sul presupposto che le
circostanze omesse (i turni lavorativi, le giornate di assenza) erano
state ammesse pacificamente dall'ente nel corso del giudizio.
2. Il motivo è infondato. come affermato da questa Corte, per la nullità del ricorso introduttivo ex art. 414 cod. proc. civ.,
non è sufficiente l'omessa indicazione in modo formale dell'oggetto
della domanda o degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su
cui la stessa si fonda, ma è necessario che sia omesso o del tutto
incerto il petitum, nel senso che non ne sia possibile l'individuazione
attraverso l'esame complessivo dell'atto (Cass. 18 giugno 2002 n. 8839).
Nel
caso in esame, il petitum era la condanna generica al pagamento di
quanto dovuto per l'indennità di turno, con riserva di agire con
separata domanda giudiziale per la condanna specifica al pagamento della
somma effettivamente dovuta.
Come affermato
dalla sentenza impugnata, il thema decidendi era costituito
dall'interpretazione dell'art. 44 C.C.N.L., ed in particolare del
significato del termine "riposo compensativo".
Ciò era stato indicato in modo chiaro ed completo, come il giudice di merito ha accertato.
Poichè
la questione dedotta in controversia era costituita da un problema
giuridico, gli elementi materiali (quali e quanti giorni lavorativi) e
contabili, attenendo alla determinazione del quantum, erano estranei al
fondamento ed all'oggetto della domanda.
3. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. e segg. nonchè vizio e contraddittorietà della motivazione, la ricorrente sostiene che:
3.a.
nella ricerca della comune volontà delle parti stipulanti un contratto
collettivo, criterio prioritario di ermeneutica è il senso letterale
delle pattuizioni: quando l'effettiva volontà è palese, un'ulteriore
interpretazione è inammissibile;
3.b. l'art.
20 C.C.N.L. riconosce il diritto al riposo compensativo soltanto nel
caso in cui il lavoratore sia costretto a rinunciare ad un giorno di
riposo ordinario;
3.c. il giudicante "ha dato
per scontato, senza indicare gli elementi ed i criteri utilizzati, che
la funzione dell'indennità di turno presupponga che debbano essere
qualificate come di riposo compensativo le giornate di riposo dal
servizio, arbitrariamente equiparate dallo stesso giudice di secondo
grado a giornate lavorative";
3.d.
l'articolazione secondo criteri di flessibilità è demandata dal CCNL
alla contrattazione decentrata: materia disciplinata da tale
contrattazione è anche la qualificazione delle giornate di riposo
compensativo;
3.e. "attraverso l'articolazione
dell'orario di lavoro su base bisettimanale, i giorni di assenza dal
lavoro derivanti dalla diversa distribuzione dell'orario lavorativo sono
stati espressamente qualificati in sede di contrattazione aziendale
come giorni di riposo (equiparabili quindi alla giornata del sabato) e
non come giorni equivalenti a giornate lavorative; il quinto giorno di
assenza dal lavoro, derivante dall'articolazione in regime di
flessibilità dell'orario lavorativo non è qualificabile come riposo
compensativo, non trattandosi di riposo goduto a seguito della
prestazione di ore straordinarie";
3.f. per tali giorni di assenza non è pertanto dovuta l'indennità di turno di cui all'art. 4 C.C.N.L.;
3.g. il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 1
(applicabile anche nel periodo antecedente all'ingresso del predetto
Decreto, trattandosi di norme attuative di due direttive europee emanate
rispettivamente negli anni 1993 e 2000) definisce come "orario di
lavoro" qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a
disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o
funzioni, e "periodo di riposo" qualsiasi periodo che non rientra
nell'orario di lavoro: non è pertanto possibile equiparare fittiziamente
a giornate lavorative giorni invece di riposo;
3.h.
anche secondo l'art. 3 del predetto Decreto, sono da qualificarsi come
giorni di riposo compensativo le giornate non lavorate a fronte del
ricorso a prestazioni di carattere straordinario; e la contrattazione
collettiva non può porsi in contrasto con la disciplina giuridica degli
istituti legali;
3.h. "in caso di espletamento
del normale orario lavorativo in regime di flessibilità, non facendosi
ricorso al lavoro straordinario, i lavoratori non usufruiscono invece di
giorni di riposo compensativo":
l'indennità di turno non è dovuta.
4.
Anche il secondo motivo del ricorso è infondato. Questa Corte, in tema
di rapporto di lavoro del personale ferroviario, ha affermato quanto
segue:
"In consonanza con il precetto generale inderogabile dell'art. 2109 c.c. e segg. e art. 36 Cost.
(che impone di considerare festivo un solo giorno della settimana anche
allorquando l'orario di lavoro sia distribuito su 5 giorni) le
disposizioni speciali di cui alla L. n. 591 del 1969, al D.P.R. 9 novembre 1971, n. 1372, alla L. 16 settembre 1977, n. 1188 ed al D.P.R. 23 giugno 1982, n. 374 (recante sostituzione del capo 2^ del D.P.R. n. 1372 del 1971)
evidenziano che ai lavoratori turnisti dev'essere attribuito un solo
giorno di riposo settimanale e che da esso si devono distinguere i
gironi di riposo compensativi, accordati a recupero delle maggiori
prestazioni da essi settimanalmente rese per effetto, da un lato della
concentrazione in 5 giornate dell'orario settimanale (di 36 ore) e
dall'altro del superamento del limite di durata della prestazione
giornaliera (in dipendenza dell'organizzazione del servizio in turni di
lavoro di 8 ore per un totale di 40 ore la settimana), di modo che i
giorni suddetti non possono considerarsi festivi od assimilarsi al
giorno di riposo settimanale" (Cass. 14 giugno 2002 n. 8605; la
decisione trova risonanza in Cass. 12 luglio 2002 n. 10184, ed in Cass.
18 novembre 2002 n. 16234).
Questa
affermazione, avendo fondamento in un più generale principio, coinvolge
anche rapporti di lavoro diversi da quelli del personale ferroviario.
E
resta pertanto applicabile anche nei rapporti di lavoro disciplinati
dal Contratto collettivo nazionale di lavoro vigente per il Comparto
della Sanità pubblica.
Le argomentazioni addotte dalla ricorrente non appaiono idonee a negare l'indicato principio.
5. Il ricorso deve essere respinto. E la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La
Corte respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 24,00 oltre ad Euro
2.000,00 per onorario, ed oltre alle spese generali e ad IVA e CPA come
per legge.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2009
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