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mercoledì 24 luglio 2019

N. 189 SENTENZA 5 giugno - 18 luglio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio - Operativita' della norma incriminatrice estesa alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano figli nati fuori dal matrimonio. - Codice penale, art. 570-bis; decreto legislativo 1° marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103», artt. 2, comma 1, lettera c), e 7, comma 1, lettere b) e o). - (GU n.30 del 24-7-2019 )



N. 189 SENTENZA 5 giugno - 18 luglio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati e pene - Violazione degli obblighi di assistenza  familiare  in
  caso di separazione o di scioglimento del matrimonio - Operativita'
  della norma incriminatrice estesa alla violazione degli obblighi di
  natura economica che riguardano figli nati fuori dal matrimonio.
- Codice penale, art. 570-bis; decreto legislativo 1° marzo 2018,  n.
  21, recante «Disposizioni di attuazione  del  principio  di  delega
  della riserva di codice nella materia penale a norma  dell'articolo
  1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103», artt.
  2, comma 1, lettera c), e 7, comma 1, lettere b) e o).

(GU n.30 del 24-7-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis  del
codice penale, introdotto dall'art.  2,  comma  1,  lettera  c),  del
decreto legislativo 1° marzo 2018, n. 21,  recante  «Disposizioni  di
attuazione del principio di delega  della  riserva  di  codice  nella
materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera  q),  della
legge 23 giugno 2017, n.  103»,  nonche'  degli  artt.  2,  comma  1,
lettera c), e 7, comma 1, lettere  b)  e  o),  dello  stesso  decreto
legislativo, promossi dal Tribunale ordinario  di  Nocera  Inferiore,
dalla Corte di appello di Milano, dalla Corte di appello di Trento  e
dal Tribunale  ordinario  di  Civitavecchia,  con  ordinanze  del  26
aprile, del 22 ottobre, del 21  settembre,  dell'8  ottobre,  del  12
ottobre,  del  9  ottobre  e  del   25   settembre   2018,   iscritte
rispettivamente ai numeri 109 e 191 del registro ordinanze 2018 e  ai
numeri 4, 10, 24, 26 e 33 del registro ordinanze  2019  e  pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  numero  35,  prima  serie
speciale, dell'anno 2018 e numeri 3, 5, 6, 8, 9  e  10,  prima  serie
speciale, dell'anno 2019;
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    udito nella camera di consiglio del  5  giugno  2019  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ordinanza del 26 aprile 2018 (r. o. n. 109 del 2018),  il
Tribunale ordinario di Nocera Inferiore  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale,  in  riferimento   all'art.   3   della
Costituzione, dell'art. 570-bis del codice penale,  «nella  parte  in
cui esclude dall'ambito di operativita' della disciplina  penale  ivi
prevista i figli di genitori non coniugati».
    1.1.- Il giudice a quo premette di essere  chiamato  a  giudicare
della responsabilita' penale di A. B., imputato del reato  di  omessa
prestazione dei mezzi di assistenza ai figli previsto dall'art.  570,
secondo comma, numero 2, cod. pen., per non  aver  versato  l'assegno
mensile stabilito in favore dei  figli  nati  fuori  dal  matrimonio,
facendo mancare a questi i mezzi di sussistenza.
    Osserva il rimettente che nel corso del  giudizio  era  risultato
provato - da un lato - che l'imputato, in seguito  alla  interruzione
della convivenza, non aveva versato l'assegno mensile  stabilito  dal
tribunale per i minorenni nei confronti dei figli, ma - dall'altro  -
che la ex convivente aveva sempre provveduto  alle  loro  necessita',
dovendosi pertanto escludere lo stato di bisogno  dei  medesimi,  che
costituisce   implicito   presupposto    del    delitto    contestato
all'imputato.
    Il giudice rimettente, all'esito dell'istruttoria dibattimentale,
aveva pertanto invitato le parti a concludere anche in relazione alla
possibile diversa qualificazione del  fatto  quale  violazione  degli
obblighi  di  assistenza  familiare  in  caso  di  separazione  o  di
scioglimento del matrimonio, ai sensi dell'art.  570-bis  cod.  pen.,
applicabile ratione temporis ai fatti di causa,  posti  in  essere  a
partire dal maggio 2013 con condotta tuttora perdurante.
    1.1.1.- Rileva il giudice a quo che tale fattispecie di reato  e'
stata introdotta dall'art.  2,  comma  1,  lettera  c),  del  decreto
legislativo 1° marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di attuazione
del principio di delega della riserva di codice nella materia  penale
a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23  giugno
2017,  n.  103».  Peraltro,  essa  si  limiterebbe  a  riprodurre  le
previgenti disposizioni penali di cui all'art. 12-sexies della  legge
1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei  casi  di  scioglimento  del
matrimonio)  e  all'art.  3  della  legge  8  febbraio  2006,  n.  54
(Disposizioni in materia di separazione dei  genitori  e  affidamento
condiviso dei figli), abrogate dall'art. 7,  lettere  b)  e  o),  del
d.lgs. n. 21 del 2018, «con conseguente continuita' nel  rapporto  di
successione  nel  tempo  tra  le  predette  disposizioni   normative,
trattandosi di un limitato diverso collocamento  ordinamentale  delle
stesse».
    Tuttavia, il rimettente evidenzia come il nuovo art. 570-bis cod.
pen.  non  contenga  alcun  riferimento,  neppure   implicito,   alla
disciplina dei rapporti dei figli con i genitori non coniugati.
    Tale  lacuna  determina,   ad   avviso   del   giudice   a   quo,
l'incompatibilita'  della  disposizione  con  l'art.  3  Cost.   «per
violazione del principio di uguaglianza e disparita'  di  trattamento
tra la tutela penale prevista  per  i  figli  di  genitori  coniugati
rispetto alla minore tutela apprestata in favore dei figli nati fuori
dal matrimonio».
    Il rimettente sottolinea in  proposito  come,  nel  vigore  della
fattispecie di reato di cui all'art. 3 della legge n.  54  del  2006,
una  lettura  sistematica  e   costituzionalmente   orientata   delle
disposizioni della legge consentisse di equiparare, anche  dal  punto
di vista penale, la tutela accordata in favore dei figli di  genitori
non coniugati a quella dei figli nati in costanza di matrimonio (sono
citate le sentenze della Corte di cassazione, sesta  sezione  penale,
22 febbraio-30 marzo 2018, n. 14731 e 6  aprile-19  maggio  2017,  n.
25267).
    Detta estensione non sarebbe oggi piu' possibile, in ragione  del
chiaro  dato  letterale  della  disposizione  censurata.   Una   tale
situazione normativa sarebbe, ad  avviso  del  rimettente,  distonica
rispetto «alla totale equiparazione dello status di  figlio  avvenuta
in sede civile» per effetto del decreto legislativo 28 dicembre 2013,
n.  154  (Revisione  delle  disposizioni  vigenti   in   materia   di
filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012,  n.
219), con conseguente «irragionevole ed ingiustificata diversita'  di
trattamento nell'ambito dei rapporti tra genitori  e  figli  nati  in
costanza o al di fuori del matrimonio  in  palese  contrasto  con  il
principio di eguaglianza formale e sostanziale, consacrato  nell'art.
3 Cost.».
    1.1.2.- In  punto  di  rilevanza,  il  rimettente  sottolinea  in
sostanza  come  l'accoglimento  della  questione   consentirebbe   di
ritenere la responsabilita' penale dell'imputato per  il  delitto  in
questione.
    1.2. - Nel giudizio di legittimita' costituzionale e' intervenuto
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello  Stato,  chiedendo  che  le  questioni
predette  siano  dichiarate  inammissibili,  in  quanto  il   giudice
rimettente non  avrebbe  esperito  un  tentativo  di  interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione censurata.
    Il giudice a quo,  infatti,  non  avrebbe  attribuito  il  giusto
rilievo alla circostanza che l'art. 4, comma 2, della legge n. 54 del
2006, in forza della quale le disposizioni della  predetta  legge  si
applicano anche ai procedimenti relativi  a  figli  di  genitori  non
coniugati, e' ancora vigente.
    La norma censurata, ove letta in combinato disposto con l'art.  4
della  legge  n.  54  del  2006,   non   precluderebbe   dunque   una
interpretazione  costituzionalmente  orientata,   che   consenta   di
ritenere sanzionabile con le pene  previste  dall'art.  570-bis  cod.
pen. anche la violazione dell'obbligo di corresponsione  dell'assegno
di mantenimento in favore dei figli nati fuori dal matrimonio.
    2.- Con le ordinanze, di contenuto largamente sovrapponibile, del
22 ottobre 2018, 8 ottobre 2018 e 25 settembre 2018,  rispettivamente
iscritte al n. 191 del r. o. 2018 e ai numeri 10 e 33 del r. o. 2019,
anche  la  Corte  d'appello  di  Milano  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis cod. pen., nella  parte
non prevede che la disciplina ivi  prevista  si  applichi  anche  nei
confronti di  colui  che  non  adempia  alle  prestazioni  di  natura
economica stabilite in favore dei  figli  minorenni  nati  fuori  dal
matrimonio. Le questioni sono prospettate in riferimento agli artt. 3
e 30 Cost., nonche' - limitatamente all'ordinanza iscritta al n.  191
del r. o. 2018 - agli artt. 76 e 25 Cost.
    2.1.-  I  giudici  rimettenti  si  trovano  a   giudicare   della
responsabilita' penale di imputati del  delitto  di  cui  all'art.  3
della legge n. 54 del 2006, in relazione al mancato  pagamento  delle
somme stabilite dal tribunale per i minorenni a titolo di  contributo
al mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio.
    Essendo intervenuto, nelle more del processo, il d.lgs. n. 21 del
2018,  che  ha  abrogato  l'art.  3  della  legge  n.  54  del   2006
introducendo contestualmente l'art. 570-bis cod. pen.,  i  giudici  a
quibus  si  domandano  se  la  mancata  estensione  della  disciplina
prevista dalla nuova disposizione al fatto commesso a danno dei figli
minorenni nati fuori dal matrimonio sia compatibile con  i  parametri
costituzionali sopra indicati, non essendo peraltro praticabile -  ad
avviso dei rimettenti  -  alcuna  interpretazione  costituzionalmente
orientata di tale disciplina.
    2.1.1.- In particolare, la disciplina censurata determinerebbe  -
in violazione dell'art. 3  Cost.  -  un'irragionevole  disparita'  di
trattamento con riferimento alla diversa tutela assicurata  ai  figli
nati all'interno e al di fuori del matrimonio, in  contrasto  con  la
costante perequazione delle due posizioni da parte dell'ordinamento e
con l'obbligo, discendente dall'art. 30 Cost., di mantenere i  figli,
anche se nati fuori dal matrimonio.
    Nell'ordinanza iscritta al n. 191 del r. o.  2018  si  argomenta,
altresi', che  l'introduzione  dell'art.  570-bis  cod.  pen.  «abbia
integrato  un  eccesso  di  delega  in  violazione  dell'art.  76  in
relazione all'art. 25 Cost.», dal momento  che  la  legge  23  giugno
2017, n. 103 (Modifiche al codice  penale,  al  codice  di  procedura
penale e all'ordinamento penitenziario)  avrebbe  richiesto  la  mera
ricollocazione nel codice penale di una serie di norme incriminatrici
previste in leggi speciali, senza pero'  autorizzare  il  governo  ad
abrogare fattispecie  incriminatrici  previste  in  precedenza  dalla
legge.
    2.1.2.- Evidente sarebbe d'altra parte,  in  tutti  i  giudizi  a
quibus, la rilevanza delle questioni sollevate, il  cui  accoglimento
consentirebbe una pronuncia di responsabilita' penale degli imputati,
altrimenti preclusa.
    2.2.- Anche in tali giudizi  di  legittimita'  costituzionale  e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo   -   con
riferimento alle ordinanze iscritte ai numeri 191 del r. o. 2018 e 10
del  r.  o.  2019  -  che  le  questioni  predette  siano  dichiarate
infondate,  sulla  base  di   un'interpretazione   costituzionalmente
orientata delle disposizioni censurate che sarebbe gia' stata fornita
dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e che consentirebbe di
estendere la tutela penale ivi prevista anche ai figli nati fuori dal
matrimonio.
    Con riferimento all'ordinanza iscritta al n. 33 del r.  o.  2019,
il Presidente del Consiglio dei ministri, come  sopra  rappresentato,
chiede invece che le questioni siano  dichiarate  inammissibili,  non
avendo   il   giudice   compiuto   alcun   tentativo   di    compiere
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  della  disposizione
censurata.
    3.- Con ordinanza del 9 ottobre 2018, iscritta al n. 26 del r. o.
2019, la  Corte  d'appello  di  Milano  ha  parimenti  sollevato,  in
riferimento agli artt.  3  e  30  Cost.,  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 570-bis cod. pen., «nella parte in  cui  non
prevede che la disciplina in esso  prevista  si  applichi  anche  nei
confronti di colui  che  non  adempia  alle  prescrizioni  di  natura
economica stabilite in favore dei figli maggiorenni e senza colpa non
economicamente autosufficienti nati fuori dal matrimonio».
    3.1. - Il giudice  a  quo  evidenzia  di  dover  giudicare  della
responsabilita' penale di un imputato per il delitto di cui  all'art.
3 della legge n. 54 del  2006,  in  relazione  al  mancato  pagamento
dell'assegno mensile di mantenimento in favore del figlio maggiorenne
nato  fuori  dal  matrimonio,  ma  senza  colpa  non   economicamente
indipendente.
    3.1.1.-  A  parere  del  rimettente,  la  mancata  estensione   a
quest'ultimo della tutela apprestata dal nuovo art. 570-bis cod. pen.
determinerebbe la violazione  degli  artt.  3  e  30  Cost.,  per  le
medesime ragioni poste alla base delle ordinanze iscritte  ai  numeri
10 e 33 del r. o. 2019, sopra menzionate (punto 2.1.1.).
    3.1.2.- La rilevanza  delle  questioni  discenderebbe,  anche  in
questo  caso,  dalla  considerazione  che  solo  in  caso   di   loro
accoglimento potrebbe essere riconosciuta la  responsabilita'  penale
dell'imputato.
    3.2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili, non avendo
il  giudice  a  quo  esperito   alcun   tentativo   di   sperimentare
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  della  disposizione
censurata.
    4. - Con ordinanza del 21 settembre 2018, iscritta al n. 4 del r.
o. 2019, la Corte di appello di  Trento  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale «relativamente agli articoli  2  comma  1
lettera c), e 7 comma 1 lettere b) e o) del  decreto  legislativo  1°
marzo 2018 n. 21  nella  parte  in  cui  e'  abrogata  la  previsione
incriminatrice  della  violazione  degli   obblighi   di   assistenza
familiare da parte del genitore non coniugato, per contrasto con  gli
artt. 25 e 76 della Costituzione».
    4.1.- La Corte rimettente espone di essere investita dell'appello
proposto da un imputato condannato per il  delitto  di  cui  all'art.
12-sexies della legge n. 898 del 1970, come  richiamato  dall'art.  3
della legge n. 54 del 2006, in relazione al mancato  pagamento  delle
somme dovute a figli nati fuori dal matrimonio.
    4.1.1.- Il giudice a quo osserva come l'abrogazione  -  ad  opera
dell'art. 7, comma 1, lettere b) e o), del d.lgs. n. 21  del  2018  -
degli artt. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 e 3 della legge  n.
54 del 2006, e la loro contestuale sostituzione  con  l'art.  570-bis
cod. pen. - ad opera dell'art. 2, comma 1, lettera c),  del  medesimo
decreto legislativo -  abbiano  determinato  la  sopravvenuta  penale
irrilevanza  delle  condotte  di  mancato   versamento   dell'assegno
stabilito dall'autorita' giudiziaria in favore dei figli  nati  fuori
dal matrimonio, in precedenza  ritenute  dalla  giurisprudenza  della
Cassazione riconducibili  all'alveo  applicativo  dell'art.  3  della
legge n. 54 del 2006, in forza del richiamo  contenuto  nell'art.  4,
comma 2, della medesima legge.
    Un tale effetto di abolitio  criminis  si  porrebbe  tuttavia  in
contrasto con il criterio direttivo contenuto nell'art. 1, comma  82,
lettera q), della legge n. 103 del 2017, che si limitava  a  delegare
il Governo a trasferire nel codice penale una serie  di  disposizioni
previste  da  leggi  speciali,   senza   pero'   determinare   alcuna
modificazione della  rispettiva  portata  applicativa.  Dal  che,  ad
avviso della Corte rimettente, l'illegittimita' costituzionale  delle
disposizioni censurate del d.lgs. n. 21 del 2018, per  contrasto  con
gli artt. 25, secondo comma, e 76 Cost.
    4.1.2.-  Le  questioni  prospettate   sarebbero   d'altra   parte
rilevanti  nel  giudizio  a  quo,  posto  che  il  loro  accoglimento
determinerebbe la possibilita' di confermare la sentenza di  condanna
gia' pronunciata a carico dell'imputato.
    Esse sarebbero altresi' ammissibili ancorche'  in  malam  partem,
sulla scorta dei  principi  gia'  affermati  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 5 del 2014.
    4.2.- E' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che le questioni  siano  dichiarate  infondate,  alla  luce
dell'interpretazione sopravvenuta fornita dalla Corte di  cassazione,
la   quale   avrebbe   gia'   ritenuto   la   perdurante    efficacia
dell'estensione ai procedimenti relativi ai  figli  di  genitori  non
coniugati della disciplina sanzionatoria  di  cui  all'art.  3  della
legge n. 54 del 2006.
    5. Infine, con ordinanza del 12 ottobre 2018, iscritta al  n.  24
del r. o. 2019, il Tribunale ordinario di Civitavecchia ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale del solo art.  2,  comma  1,
lettera c), del d.lgs. n. 21  del  2018,  «nella  parte  in  cui  non
prevede che l'art. 570-bis cod. pen. si applichi  anche  al  genitore
che violi gli obblighi di natura economica disposti nei  procedimenti
relativi ai figli nati fuori dal  matrimonio»,  in  riferimento  agli
artt. 76 e 25, secondo comma, Cost.
    5.1.-  Il  giudice  a  quo  espone  di  dover   giudicare   della
responsabilita' penale di un imputato per il delitto di cui  all'art.
3 della legge n. 54 del 2006, in relazione al mancato  versamento  di
somme dovute a titolo di  contributo  al  mantenimento  della  figlia
minore, nata fuori dal matrimonio.
    5.1.1.- Anche il Tribunale ordinario di Civitavecchia osserva che
la disposizione censurata, trasferendo nel nuovo  art.  570-bis  cod.
pen. la fattispecie criminosa precedentemente  prevista  dall'art.  3
della legge n. 54 del 2006, avrebbe lasciato impunite le condotte  di
mancato adempimento degli  obblighi  di  natura  economica  stabiliti
dall'autorita'  giudiziaria  in  favore  dei  figli  nati  fuori  dal
matrimonio, in precedenza riconducibili  alla  disposizione  abrogata
secondo la giurisprudenza prevalente e piu' recente  della  Corte  di
cassazione.
    Tale  parziale  abolitio  criminis  si  porrebbe,  tuttavia,   in
contrasto con il criterio direttivo di  cui  all'art.  1,  comma  85,
lettera q), della legge n. 103 del 2017, che -  come  chiarito  dalla
relazione illustrativa del Governo allo schema di decreto legislativo
- delegava il Governo ad attuare un  mero  "riordino"  della  materia
penale in relazione alle fattispecie menzionate, «ferme  restando  le
scelte incriminatrici gia' operate dal Legislatore»; con  conseguente
violazione degli artt. 76 e 25, secondo comma, Cost.
    5.1.2.- Le questioni sarebbero rilevanti nel giudizio a quo,  dal
momento  che  -  in  assenza  di  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata - la condotta  contestata
all'imputato non ricadrebbe nell'ambito applicativo  del  nuovo  art.
570-bis cod.  pen.,  che  pure  si  porrebbe  in  rapporto  di  piena
continuita' normativa con l'art. 3 della legge n. 54 del 2006, a  suo
tempo contestato all'imputato medesimo.
    Esse sarebbero, altresi', ammissibili nonostante i  loro  effetti
in malam partem, in applicazione -  in  particolare  -  dei  principi
enunciati da questa Corte nella sentenza n. 5 del 2014.
    5.2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate  inammissibili  e,
comunque, infondate.
    L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce, in questo caso,  tre
diversi motivi di inammissibilita'.
    Anzitutto, l'interpretazione dell'art. 3 della legge  n.  54  del
2006 posta a  base  della  questione,  secondo  cui  tale  previgente
disposizione sarebbe stata applicabile al mancato  adempimento  degli
obblighi stabiliti dal giudice in favore del figlio  nato  fuori  dal
matrimonio,  non  risulterebbe  del  tutto  stabilizzata,  stante  la
presenza di indirizzi ancora contrastanti presso la giurisprudenza di
legittimita'.
    In secondo luogo, il  giudice  a  quo  si  sarebbe  sottratto  al
doveroso tentativo di interpretazione conforme a  Costituzione  della
disposizione impugnata, non chiarendo  in  particolare  perche'  tale
interpretazione non sia praticabile.
    Infine, il rimettente non avrebbe  correttamente  individuato  la
disposizione  censurata:  lo  scrutinio  avrebbe,   infatti,   dovuto
estendersi all'art. 4 della legge n.  54  del  2006,  ancor  oggi  in
vigore.
    Alla  luce  di  tali  considerazioni,  dovrebbe  in   conclusione
escludersi che la disposizione censurata  abbia  apportato  modifiche
all'ambito   applicativo   delle   incriminazioni   previgenti,   con
conseguente  insussistenza  dell'eccesso  di  delega  lamentato   dal
rimettente.
    5.3.- In prossimita' dell'udienza, il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha depositato memoria, nella quale - dopo aver  ribadito
le eccezioni e gli argomenti spiegati  nell'atto  d'intervento  -  ha
richiamato una sentenza di legittimita'  nel  frattempo  sopravvenuta
(Corte di cassazione, sezione sesta penale,  sentenza  24  ottobre-12
dicembre 2018, n. 55744), la quale ha confermato  che  il  precedente
orientamento volto a estendere la portata dell'art. 3 della legge  n.
54 del 2006 al mancato versamento dell'assegno in  favore  dei  figli
nati fuori  dal  matrimonio  non  e'  stato  superato  dalla  novella
introdotta dall'art. 570-bis cod. pen., che  si  sarebbe  limitato  a
traslare la previsione della sanzione  penale  gia'  stabilita  dalla
disposizione previgente all'interno del  codice  penale;  di  talche'
l'unica     interpretazione     sistematicamente      coerente      e
costituzionalmente compatibile della  novella  e'  quella  della  sua
applicazione anche alla violazione degli obblighi di natura economica
che riguardano i figli nati fuori dal matrimonio.
    Il rimettente avrebbe tuttavia omesso di  sperimentare  una  tale
interpretazione, con  conseguente  inammissibilita'  delle  questioni
prospettate.

                       Considerato in diritto

    1.- Con ordinanza iscritta al n. 109 del r. o. 2018, il Tribunale
ordinario di Nocera Inferiore ha sollevato questione di  legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  all'art.  3   della   Costituzione,
dell'art. 570-bis del codice penale,  «nella  parte  in  cui  esclude
dall'ambito di operativita' della disciplina penale  ivi  prevista  i
figli di genitori non coniugati».
    2.- Con le ordinanze,  di  contenuto  largamente  sovrapponibile,
rispettivamente iscritte al n. 191 del r. o. 2018 e ai numeri 10 e 33
del r. o. 2019, anche la  Corte  d'appello  di  Milano  ha  sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis cod. pen.,
nella parte in cui non prevede che  la  disciplina  ivi  prevista  si
applichi  anche  nei  confronti  di  colui  che  non   adempia   alle
prestazioni  di  natura  economica  stabilite  in  favore  dei  figli
minorenni nati fuori dal matrimonio. Tali questioni sono formulate in
riferimento  agli  artt.  3  e  30  Cost.,  nonche'  -  limitatamente
all'ordinanza iscritta al n. 191 del r. o. 2018 - agli artt. 76 e  25
Cost.
    3.- Con ordinanza iscritta al n. 26 del  r.  o.  2019,  la  Corte
d'appello di Milano ha parimenti sollevato, in riferimento agli artt.
3 e 30 Cost.,  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
570-bis cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la  disciplina
in esso prevista si applichi anche nei confronti  di  colui  che  non
adempia alle prescrizioni di natura economica stabilite in favore dei
figli maggiorenni e senza colpa  non  economicamente  autosufficienti
nati fuori dal matrimonio».
    4.- Con ordinanza iscritta al n. 4 del r. o. 2019,  la  Corte  di
appello di Trento ha poi sollevato, in  riferimento  agli  artt.  25,
secondo comma, e 76 Cost., questioni di  legittimita'  costituzionale
«relativamente agli articoli 2 comma 1 lettera c) e 7 comma 1 lettere
b) e o) del  decreto  legislativo  1°  marzo  2018  n.  21»,  recante
«Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva  di
codice nella materia penale a norma dell'art. 1,  comma  85,  lettera
q), della legge 23 giugno 2017, n.  103»,  «nella  parte  in  cui  e'
abrogata la previsione incriminatrice della violazione degli obblighi
di assistenza familiare da parte del genitore non coniugato».
    5.- Con ordinanza iscritta al n. 24 del r. o. 2019, il  Tribunale
ordinario di Civitavecchia ha infine sollevato, in  riferimento  agli
artt. 76 e  25,  secondo  comma,  Cost.,  questioni  di  legittimita'
costituzionale del solo art. 2, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 21
del 2018, «nella parte in cui non prevede  che  l'art.  570-bis  cod.
pen. si applichi anche al genitore che violi gli obblighi  di  natura
economica disposti nei procedimenti relativi ai figli nati fuori  dal
matrimonio».
    6.-  Deve  preliminarmente  disporsi  la  riunione  dei  predetti
giudizi, che pongono questioni analoghe, e si fondano su argomenti in
larga misura comuni.
    In effetti, tutte le ordinanze censurano nella sostanza il  nuovo
art. 570-bis cod. pen., introdotto dall'art. 2, comma 1, lettera  c),
del d.lgs. n. 21 del 2018, nella parte in cui  -  sostituendo  l'art.
12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina  dei  casi
di scioglimento del matrimonio) e l'art. 3  della  legge  8  febbraio
2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione  dei  genitori  e
affidamento condiviso dei figli), contestualmente abrogati  dall'art.
7, comma 1, lettere b) e o), del medesimo d.lgs. n.  21  del  2018  -
avrebbe  determinato  la  parziale  abolitio   criminis   dell'omesso
versamento dell'assegno periodico per il mantenimento, l'educazione e
l'istruzione dei figli (minorenni, ovvero maggiorenni ma  ancora  non
autosufficienti)  nati  fuori  dal  matrimonio;   condotta   che   in
precedenza era ricompresa - secondo l'interpretazione  fatta  propria
dalla  giurisprudenza  prevalente  della  Corte   di   cassazione   -
nell'alveo applicativo dell'abrogato art. 3 della  legge  n.  54  del
2006.
    Tale parziale abolitio criminis avrebbe  determinato,  secondo  i
giudici a quibus, il contrasto delle disposizioni censurate  con  una
pluralita'  di  parametri   costituzionali,   di   volta   in   volta
identificati dalle singole ordinanze di rimessione negli artt. 3, 25,
secondo comma, 30 e 76 Cost.
    7.- Preliminare all'esame dell'ammissibilita' e della  fondatezza
delle  questioni  e'  la  ricostruzione  del   quadro   normativo   e
giurisprudenziale sotteso alle medesime.
    7.1.- Prima del 1987, l'adempimento degli obblighi di  assistenza
nei confronti dei figli era presidiato penalmente dal solo  art.  570
cod. pen., che in particolare prevedeva, al secondo comma, numero 2),
la pena della reclusione congiunta a quella della multa per  chi  «fa
mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di eta' minore,  ovvero
inabili  al  lavoro»,  ovvero  agli  ascendenti  o  al  coniuge   non
legalmente separato «per sua colpa».
    Tale   previsione   -    originariamente    circoscritta    dalla
giurisprudenza alla sola posizione dei  figli  riconosciuti  (tra  le
altre,  Corte  di  cassazione,  sezione  sesta  penale,  sentenza   2
maggio-20 ottobre 1973, n. 7178) - e'  stata  poi  ritenuta  operante
anche nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio,  in  seguito
alla piena equiparazione della posizione giuridica di  questi  ultimi
rispetto a quella dei figli legittimi (si veda, di recente, Corte  di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza  12  novembre-10  dicembre
2014, n. 51215).
    7.2.- A questa originaria previsione si aggiunse, ad opera  della
legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei  casi  di
scioglimento di matrimonio), quella di cui all'art.  12-sexies  della
legge n. 898 del 1970, che  stabiliva  l'applicabilita'  delle  «pene
previste dall'art. 570 del codice penale» al coniuge che,  a  seguito
della cessazione degli effetti civili del matrimonio,  si  sottraesse
all'obbligo  di  corresponsione  dell'assegno   stabilito   in   sede
giudiziale in favore dell'altro coniuge o dei figli.
    Tale disposizione fu introdotta principalmente per assicurare una
tutela penale nei confronti del  coniuge  beneficiario  dell'assegno,
atteso che nei suoi confronti la cessazione degli effetti civili  del
matrimonio comporta l'inapplicabilita' dell'art. 570, secondo  comma,
numero 2), cod. pen.
    Peraltro, il nuovo art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970  fu
largamente  applicato  dalla  giurisprudenza  anche  nell'ipotesi  di
omesso versamento dell'assegno  divorzile  stabilito  in  favore  dei
figli minori,  eventualmente  in  concorso  con  il  delitto  di  cui
all'art. 570, secondo  comma,  numero  2),  cod.  pen.,  quest'ultima
disposizione presupponendo - secondo la giurisprudenza - uno stato di
bisogno  del  beneficiario  dell'assegno,  non  necessario  invece  a
integrare l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 12-sexies della  legge
n. 898 del 1970 (in questo senso, tra le altre, Corte di  cassazione,
sezione sesta penale, sentenza 14-23 ottobre 2014, n. 44086).
    Il nuovo  delitto  fu,  inoltre,  considerato  applicabile  dalla
giurisprudenza anche all'ipotesi di mancato  versamento  dell'assegno
divorzile stabilito in favore dei figli maggiorenni non  «inabili  al
lavoro» - come richiesto dall'art. 570,  secondo  comma,  numero  2),
cod. pen. - ma non ancora autosufficienti (tra  le  altre,  Corte  di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 13 giugno-6  agosto  2013,
n. 34080).
    7.3.- L'art. 3  della  legge  n.  54  del  2006  stabili'  quindi
l'applicabilita' dell'art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970  per
il  «caso  di  violazione  degli  obblighi   di   natura   economica»
discendenti dalla sentenza di separazione tra i coniugi,  equiparando
cosi'  integralmente  sul  piano   penale   il   mancato   versamento
dell'assegno nei confronti del coniuge e dei figli,  stabilito  tanto
in sede di separazione quanto di divorzio.
    Il successivo art. 4, comma 2, della  legge  n.  54  del  2006  -
tutt'oggi in  vigore  -  prevede  che  le  disposizioni  della  legge
medesima si applichino «anche in caso di scioglimento, di  cessazione
degli effetti  civili  o  di  nullita'  del  matrimonio,  nonche'  ai
procedimenti relativi ai  figli  di  genitori  non  coniugati».  Tale
ultimo inciso ha fatto sorgere  il  dubbio  se  il  delitto  previsto
dall'art. 3 si  applichi  anche  all'ipotesi  di  mancato  versamento
dell'assegno - o comunque di mancato adempimento delle prestazioni di
natura economica - stabilite dal tribunale a carico del  genitore  in
favore dei figli nati fuori dal matrimonio.
    A fronte di  un'isolata  pronuncia  della  Corte  di  cassazione,
secondo la quale tale ultimo inciso dell'art. 4, comma 2, della legge
n.  54  del  2006  si  riferirebbe  esclusivamente  alla   disciplina
civilistica dei rapporti tra genitori non coniugati e figli (Corte di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 7 dicembre 2016-19 gennaio
2017, n. 2666), varie sentenze successive del giudice di legittimita'
hanno invece ritenuto che l'inciso in parola si riferisca a tutte  le
disposizioni  previste  dalla  legge  citata,  comprese  quelle   che
attengono al diritto penale, e in particolare anche al delitto di cui
all'art. 3 (ex multis: Corte di  cassazione,  sezione  sesta  penale,
sentenza 22 febbraio-30 marzo 2018, n. 14731; sentenza 31  gennaio-16
marzo 2018, n. 12393; sentenza 6 aprile-19 maggio  2017,  n.  25267).
Tale esito ermeneutico e' stato in particolare argomentato in  chiave
di  interpretazione  costituzionalmente  conforme,   posto   che   la
soluzione opposta avrebbe determinato - in violazione  dell'art.  30,
primo e terzo comma,  Cost.  -  una  ingiustificabile  disparita'  di
trattamento tra figli legittimi e non, «accordando una piu'  ampia  e
severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati  rispetto  a
quelli nati fuori dal matrimonio» (cosi', in particolare,  Cass.,  n.
25267 del 2017).
    7.4.- Su questo ormai  consolidato  assetto  interpretativo  sono
intervenute le disposizioni oggetto delle odierne censure.
    L'art. 1, comma 85, lettera q), della legge n. 103 del 2017 aveva
delegato  il  Governo  all'«attuazione,  sia  pure  tendenziale,  del
principio della riserva di codice nella materia penale,  al  fine  di
una migliore conoscenza  dei  precetti  e  delle  sanzioni  e  quindi
dell'effettivita' della funzione rieducativa della pena,  presupposto
indispensabile  perche'  l'intero   ordinamento   penitenziario   sia
pienamente   conforme   ai   principi   costituzionali,    attraverso
l'inserimento nel codice penale di  tutte  le  fattispecie  criminose
previste da disposizioni di legge in vigore  che  abbiano  a  diretto
oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, in particolare  i
valori della persona umana, e tra questi il principio di uguaglianza,
di non discriminazione  e  di  divieto  assoluto  di  ogni  forma  di
sfruttamento a fini di profitto della  persona  medesima,  e  i  beni
della salute, individuale e collettiva, della  sicurezza  pubblica  e
dell'ordine  pubblico,  della  salubrita'  e  integrita'  ambientale,
dell'integrita' del territorio, della correttezza e  trasparenza  del
sistema economico di mercato».
    In attuazione di tale criterio di  delega,  l'art.  2,  comma  1,
lettera c), del d.lgs. n. 21 del 2018 ha previsto  l'inserimento  nel
codice penale di un nuovo art. 570-bis, rubricato  «Violazione  degli
obblighi  di  assistenza  familiare  in  caso  di  separazione  o  di
scioglimento del matrimonio», che  testualmente  recita:  «[l]e  pene
previste dall'articolo 570 si applicano al  coniuge  che  si  sottrae
all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto  in
caso di  scioglimento,  di  cessazione  degli  effetti  civili  o  di
nullita' del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica
in materia di separazione dei coniugi o di affidamento condiviso  dei
figli».
    Correlativamente, l'art. 7, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 21
del 2018 ha previsto l'abrogazione dell'art. 12-sexies della legge n.
898 del 1970, mentre la successiva lettera o) del  medesimo  art.  7,
comma 1, ha abrogato l'art. 3 della legge n. 54 del 2006.
    Nell'intendimento del legislatore delegato, la nuova disposizione
e' volta - all'evidenza - semplicemente a trasferire all'interno  del
codice penale, in attuazione del principio della cosiddetta  «riserva
di codice», le due figure  criminose  previgenti  disciplinate  dagli
artt. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 e 3 della legge n. 54 del
2006, fuse nell'unica fattispecie di cui al nuovo art.  570-bis  cod.
pen., che si pone pertanto in rapporto di continuita'  normativa  con
quelle previgenti abrogate (Corte  di  cassazione,  sezione  feriale,
sentenza 2-3 agosto 2018, n. 37766; ma anche  sezione  sesta  penale,
sentenza 24 ottobre-12  dicembre  2018,  n.  55744  e  sezione  sesta
penale, sentenza 17 ottobre-13 dicembre 2018, n. 56080).
    7.5.-  Il  nuovo  art.  570-bis  cod.  pen.,   peraltro,   indica
espressamente come soggetto attivo del reato il solo «coniuge».  Cio'
ha indotto i giudici rimettenti a concludere che l'introduzione della
nuova norma abbia determinato,  in  realta',  una  parziale  abolitio
criminis con riferimento alla condotta del genitore nei confronti dei
figli nati fuori  dal  matrimonio:  condotta  che  la  giurisprudenza
dominante considerava abbracciata dalla fattispecie criminosa di  cui
all'art. 3 della legge n.  54  del  2006,  grazie  alla  clausola  di
estensione di cui all'art. 4, comma 2, della medesima legge,  ma  che
oggi non potrebbe piu' essere considerata compresa nella formulazione
letterale del nuovo art. 570-bis cod. pen.
    Di qui le questioni di legittimita'  costituzionale  della  nuova
disposizione, nonche' della disposizione del d.lgs. n.  21  del  2018
che l'ha introdotta e di quelle  che  hanno  abrogato  le  precedenti
incriminazioni, in relazione ai parametri poc'anzi menzionati.
    8.- Le questioni relative all'art. 7, comma 1,  lettera  b),  del
d.lgs. n. 21 del  2018,  sollevate  dalla  sola  Corte  d'appello  di
Trento, sono inammissibili per difetto di rilevanza  nel  giudizio  a
quo.
    Tale disposizione ha  infatti  abrogato  l'art.  12-sexies  della
legge n. 898 del 1970, che e' semplicemente richiamato  quoad  poenam
dall'art. 3 della legge  n.  54  del  2006,  l'unico  che  veniva  in
considerazione nel processo a quo, e  che  e'  stato  abrogato  dalla
distinta  disposizione  -   correttamente   censurata   dal   giudice
rimettente - di cui all'art. 7, comma 1, lettera o), del d.lgs. n. 21
del 2018.
    9.- Sono invece ammissibili le censure  rivolte,  in  riferimento
agli artt. 76 e 25, secondo comma, Cost., sia al nuovo  art.  570-bis
cod. pen.; sia all'art. 2, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 21  del
2018, che ha introdotto il predetto art. 570-bis nel  codice  penale;
sia - infine - all'art. 7, comma 1, lettera o), del d.lgs. n. 21  del
2018, che ha contestualmente abrogato l'art. 3 della legge n. 54  del
2006.
    9.1-  Non  e',   infatti,   fondata   l'eccezione   -   sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato in quattro giudizi incidentali -
secondo  cui  i  giudici  a  quibus  non  avrebbero  sperimentato  la
possibilita'  di  un'interpretazione  secundum  constitutionem  delle
disposizioni censurate.
    I rimettenti chiariscono, in effetti, perche' a loro  avviso  non
sia possibile estendere la portata del nuovo art. 570-bis  cod.  pen.
all'omesso  adempimento  degli  obblighi  di  natura  economica   nei
confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, a una  tale  soluzione
ostando  -  nella  prospettiva  delle  ordinanze  di   rimessione   -
l'indicazione del solo «coniuge» come soggetto attivo del reato.
    Secondo  l'ormai   costante   orientamento   di   questa   Corte,
l'effettivo  esperimento  del  tentativo   di   una   interpretazione
costituzionalmente orientata - ancorche' risolto dal  giudice  a  quo
con esito negativo  per  l'ostacolo  ravvisato  nella  lettera  della
disposizione  denunciata  -  consente  di  superare  il   vaglio   di
ammissibilita' della questione incidentale sollevata. La  correttezza
o  meno  dell'esegesi  presupposta  dal  rimettente  -  e,  piu'   in
particolare, la superabilita'  o  non  superabilita'  degli  ostacoli
addotti  a  un'interpretazione  costituzionalmente  orientata   della
disposizione impugnata - attiene  invece  al  merito,  e  cioe'  alla
successiva verifica di fondatezza della questione stessa (sentenze n.
262 e n. 221 del 2015; piu' di recente, ex multis,  sentenze  n.  135
del 2018, n. 255 e n. 53 del 2017).
    9.2.-   Non   e'   fondata   neppure    l'eccezione,    formulata
dall'Avvocatura generale dello Stato con riferimento  alla  questione
sollevata dal Tribunale ordinario di Civitavecchia,  secondo  cui  il
rimettente avrebbe posto a  base  della  questione  l'interpretazione
dell'abrogato art. 3 della legge  n.  54  del  2006  operata  da  una
giurisprudenza non univoca, erroneamente considerata alla stregua  di
diritto vivente da parte dello stesso giudice a quo.
    In realta', come si e' gia' avuto modo di rilevare (supra,  punto
7.3.), una sola pronuncia della sesta sezione penale della  Corte  di
cassazione aveva escluso che l'abrogato art. 3 della legge n. 54  del
2006 si riferisse anche alle pronunce  del  giudice  concernenti  gli
obblighi di natura patrimoniale nei confronti dei  figli  nati  fuori
dal matrimonio. Tutte le pronunce successive della  medesima  sezione
erano invece giunte alla conclusione opposta, muovendo dalla clausola
estensiva di cui all'art. 4, comma 2, della legge  n.  54  del  2006;
conclusione, quest'ultima, che - pur  in  difetto  di  una  decisione
delle sezioni unite, evidentemente considerata non necessaria  stante
l'avvenuto superamento del contrasto all'interno della sesta sezione,
competente  tabellarmente  per  materia  -  ben  poteva  considerarsi
espressiva del diritto vivente sul punto.
    9.3.- Neppure e' fondata l'ulteriore eccezione, parimenti  svolta
dall'Avvocatura generale dello Stato con riferimento  alla  questione
sollevata dal Tribunale ordinario di Civitavecchia,  relativa  a  una
supposta aberratio ictus da parte del giudice a quo, che erroneamente
non avrebbe esteso le proprie censure  all'art.  4,  comma  2,  della
legge n. 54 del 2006, applicabile nel giudizio a quo.
    Infatti, il  rimettente  non  avrebbe  avuto  alcuna  ragione  di
censurare tale disposizione, che - nel vigore dell'art. 3 della legge
n. 54 del 2006 - consentiva di estenderne la portata alla  violazione
degli obblighi di natura economica nei confronti dei figli nati fuori
dal matrimonio: possibilita' che il rimettente  reputa  ora  preclusa
dall'avvenuta abrogazione del menzionato art. 3.
    9.4.-  Pur  in  assenza  di  eccezioni   sul   punto   da   parte
dell'Avvocatura generale dello Stato, deve essere infine esaminata ex
officio l'ammissibilita' di tutte le questioni prospettate  sotto  il
diverso profilo dell'effetto estensivo della punibilita' - e pertanto
in malam partem - del loro eventuale accoglimento,  in  relazione  al
principio della riserva di legge in materia penale sancito  dall'art.
25, secondo comma, Cost.
    Come  giustamente  sottolineato  da  alcune  delle  ordinanze  di
rimessione, le  questioni  devono  certamente  ritenersi  ammissibili
nella parte in cui censurano la violazione del criterio direttivo  di
cui all'art. 1, comma 85, lettera q), della legge n. 103 del 2017.
    Questa Corte ha gia' escluso, nella sentenza n. 5 del  2014,  che
il  principio  della  riserva  di  legge  in  materia  penale   possa
precludere il sindacato di legittimita' costituzionale in ordine alla
dedotta  violazione  dell'art.  76  Cost.  Infatti,  e'  proprio   il
principio di legalita' di cui all'art. 25,  secondo  comma,  Cost.  a
rimettere    «al    legislatore,    nella    figura    appunto    del
soggetto-Parlamento, la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle
sanzioni da applicare», di talche' tale principio «e' violato qualora
quella scelta sia invece effettuata dal Governo in  assenza  o  fuori
dai limiti di una  valida  delega  legislativa.  [...]  L'abrogazione
della fattispecie criminosa mediante un decreto legislativo, adottato
in carenza o in eccesso di delega, si porrebbe [dunque] in  contrasto
con l'art. 25, secondo comma, Cost., che demanda in via esclusiva  al
Parlamento,  in  quanto  rappresentativo  dell'intera   collettivita'
nazionale, la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle  sanzioni
loro applicabili, precludendo al Governo scelte di politica criminale
autonome o contrastanti con quelle del legislatore delegante.  Se  si
escludesse  il  sindacato  costituzionale  sugli   atti   legislativi
adottati dal Governo anche nel caso di violazione dell'art. 76 Cost.,
si  consentirebbe  allo  stesso  di  incidere,  modificandole,  sulle
valutazioni del Parlamento relative al trattamento penale  di  alcuni
fatti».
    Tali principi  debbono  essere  riconfermati  in  relazione  alle
questioni di legittimita' costituzionale ora all'esame, che censurano
-  espressamente  o  implicitamente  -  una  disposizione  abrogativa
contenuta in un decreto legislativo, e la contestuale introduzione di
una nuova disposizione incriminatrice, la  cui  area  applicativa  si
assume non estendersi - in asserito  contrasto  con  il  criterio  di
delega  -  a  tutte  le  ipotesi  gia'   coperte   dalla   previgente
incriminazione; con  conseguente  illegittimo  effetto  modificativo,
nella prospettazione dei rimettenti, delle scelte  di  penalizzazione
compiute dal Parlamento.
    10.- Nel merito, le questioni relative all'art. 570-bis cod. pen.
nonche' agli artt. 2, comma 2, lettera c), e 7, comma 1, lettera  o),
del d.lgs. n. 21 del 2018, sollevate in riferimento  agli  artt.  25,
secondo comma, e 76 Cost. non sono tuttavia fondate, nei termini  che
seguono.
    10.1.-  Le  questioni  risulterebbero,  invero,  fondate  ove  si
accogliesse  la  premessa  interpretativa  da  cui  muovono  tutti  i
rimettenti,  relativa  all'allegata   impossibilita'   di   estendere
l'incriminazione di cui al nuovo art. 570-bis cod.  pen.  all'ipotesi
dell'inosservanza degli obblighi di natura  economica  nei  confronti
dei figli nati fuori  dal  matrimonio,  in  precedenza  ricompresa  -
secondo il diritto vivente ormai consolidatosi (supra, punti  7.3.  e
9.2.) - nell'abrogata incriminazione di cui all'art. 3 della legge n.
54 del 2006.
    Il criterio di delega di cui all'art. 1, comma  85,  lettera  q),
della legge n. 103 del 2017 che  vincolava  il  legislatore  delegato
(supra, punto 7.4.) era infatti funzionale all'attuazione,  sia  pure
parziale, del cosiddetto principio della «riserva di codice», e cioe'
alla riconduzione nell'alveo del codice penale di  incriminazioni  in
precedenza disperse in varie leggi speciali; principio  a  sua  volta
inteso a garantire «una migliore  conoscenza  dei  precetti  e  delle
sanzioni e quindi dell'effettivita' della funzione rieducativa  della
pena,  presupposto  indispensabile   perche'   l'intero   ordinamento
penitenziario sia pienamente conforme ai principi costituzionali» (si
veda la relazione governativa  allo  schema  di  decreto  legislativo
recante «Disposizioni di attuazione del  principio  di  delega  della
riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma
85, lettera q, della legge 23 giugno 2017, n. 103»).  Nella  medesima
relazione governativa si precisava peraltro che  -  conformemente  al
chiaro  intendimento  del  legislatore  delegante,  risultante  dallo
stesso criterio di delega in parola - il Governo  aveva  proceduto  a
una mera  operazione  di  «riordino»  della  materia  penale,  «ferme
restando le scelte  incriminatrici  gia'  operate  dal  legislatore»,
senza alcuna  variazione  -  dunque  -  dell'area  applicativa  delle
incriminazioni gia' esistenti nelle varie leggi speciali  interessate
dall'intervento di  riordino,  e  il  cui  contenuto  si  era  inteso
semplicemente trasferire nelle corrispondenti nuove disposizioni  del
codice penale.
    Il Governo non avrebbe d'altra parte  potuto,  senza  violare  le
indicazioni vincolanti della legge delega, procedere a una  modifica,
in  senso  restrittivo  o  estensivo,  dell'area  applicativa   delle
disposizioni trasferite all'interno del codice  penale;  ne'  avrebbe
potuto,  in  particolare,  determinare  -  in  esito   all'intrapreso
riordino normativo - una parziale abolitio criminis con riferimento a
una classe di fatti in  precedenza  qualificabili  come  reato,  come
quella lamentata da tutte le odierne ordinanze di rimessione.
    10.2.- La  recente  giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione,
sopravvenuta alle ordinanze di rimessione, ha tuttavia  ritenuto  che
tale supposta abolitio criminis non si sia, in realta', verificata.
    La Corte di cassazione ha, infatti,  sottolineato  la  perdurante
vigenza - anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 21 del 2018  -
dell'art. 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006. Il rinvio che  tale
disposizione («Le disposizioni  della  presente  legge  si  applicano
anche [...]  ai  procedimenti  relativi  ai  figli  di  genitori  non
coniugati») operava, secondo la giurisprudenza anteriore al d.lgs. n.
21 del 2018, all'art. 3 della legge n. 54  del  2006,  dovrebbe  oggi
intendersi come  riferito  al  nuovo  art.  570-bis  cod.  pen.,  che
abbraccerebbe cosi' - oltre al fatto compiuto dal «coniuge»  -  anche
quello compiuto dal genitore nei confronti del figlio nato fuori  dal
matrimonio (Cass., n. 56080 del 2018; nello stesso senso,  Cass.,  n.
55744 del 2018 e Corte di cassazione, sezione sesta penale,  sentenza
5 dicembre 2018-25 febbraio 2019, n. 8297).
    Una tale soluzione non solo sarebbe l'unica armonizzabile con  il
sistema normativo, univocamente orientato  alla  piena  equiparazione
tra la posizione dei figli legittimi e nati fuori dal matrimonio;  ma
troverebbe altresi' conforto nell'art. 8 dello stesso  d.lgs.  n.  21
del 2018, a tenore del quale «[d]alla data di entrata in  vigore  del
presente decreto, i richiami alle disposizioni abrogate dall'articolo
7,  ovunque  presenti,  si  intendono  riferiti  alle  corrispondenti
disposizioni del codice penale come indicato dalla tabella A allegata
al presente decreto». Dal momento  che  tale  Tabella  stabilisce  la
correlazione  dell'art.  570-bis  cod.  pen.  ai  delitti  di  omessa
corresponsione dell'assegno divorzile (art. 12-sexies della legge  n.
898 del 1970) e di omesso versamento del mantenimento  dei  figli  in
caso di separazione o di scioglimento del matrimonio  (art.  3  della
legge n. 54  del  2006),  il  richiamo  a  quest'ultima  disposizione
implicitamente operato dall'art. 4, comma 2, della legge  n.  54  del
2006  -  da  interpretarsi  quale  rinvio  "dinamico"  al   contenuto
dell'intera legge n. 54 del 2006  -  dovrebbe  oggi  intendersi  come
riferito, per l'appunto, all'art. 570-bis cod.  pen.,  nel  quale  e'
stato integralmente trasfuso il contenuto del previgente art. 3.
    10.3.- A giudizio di questa Corte, tale interpretazione  -  ormai
stabilmente adottata dalla giurisprudenza  di  legittimita'  -  trova
fondamento nella legge, e in particolare nel  combinato  disposto  di
due norme (l'art. 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006 e  l'art.  8
del d.lgs. n. 21 del 2018) che a  loro  volta  si  integrano  con  la
disposizione  incriminatrice  di  cui  all'art.  570-bis  cod.  pen.,
determinando l'estensione del relativo ambito applicativo.
    Essa  consente  dunque  di  superare,   senza   alcuna   indebita
estensione  analogica  della  norma  incriminatrice,   i   dubbi   di
costituzionalita'    prospettati,    incentrati    sulla     supposta
depenalizzazione delle  condotte  di  violazione  degli  obblighi  di
natura economica nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio.
    11.- Non puo', peraltro, questa Corte esimersi dal rimarcare come
la necessita', per il  destinatario  del  precetto  di  cui  all'art.
570-bis cod.  pen.,  di  ricostruirne  il  contenuto  alla  luce  del
combinato disposto di due ulteriori disposizioni situate al di  fuori
del   codice   penale   -   attraverso   un'operazione    ermeneutica
ineccepibile, ma certo non di solare evidenza, come dimostrano le ben
sette  ordinanze  di  rimessione  che  avevano  ritenuto  impossibile
pervenire de lege lata al risultato cui e' infine giunta la Corte  di
cassazione - risulti in definitiva  distonica  rispetto  allo  scopo,
dichiarato dal legislatore delegante, di garantire ai consociati «una
migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni» attraverso la  sia
pur parziale attuazione del principio di «riserva di codice».
    Tale   considerazione   dovrebbe   auspicabilmente   indurre   il
legislatore a intervenire direttamente sul  testo  dell'art.  570-bis
cod. pen., per esplicitarne l'applicabilita' - gia' oggi riconosciuta
dal diritto vivente - anche alla condotta omissiva del  genitore  che
non adempia i propri obblighi economici nei confronti dei figli  nati
fuori dal matrimonio, in omaggio all'obiettivo -  rilevante  ex  art.
25, secondo comma, Cost. - di una piu' immediata riconoscibilita' del
precetto penale da parte dei suoi destinatari.
    12.- L'interpretazione fornita dalla Corte di cassazione, di  cui
si e' appena dato conto,  comporta  il  superamento  delle  ulteriori
ragioni   di   illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
censurate, prospettate dai rimettenti in riferimento agli artt.  3  e
30 Cost. e incentrate  sulla  disparita'  di  trattamento  tra  figli
legittimi e nati fuori dal  matrimonio  determinata  dal  nuovo  art.
570-bis cod. pen.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    riuniti i giudizi,
    1)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  7,  comma  1,  lettera  b),  del   decreto
legislativo 1° marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di attuazione
del principio di delega della riserva di codice nella materia  penale
a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23  giugno
2017,  n.  103»,  sollevate  dalla  Corte  d'appello  di  Trento,  in
riferimento agli artt. 25 e 76 della  Costituzione,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe;
    2) dichiara non fondate, nei sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis del codice
penale, degli artt. 2, comma 1, lettera c), e 7, comma 1, lettera o),
del d.lgs. n. 21 del  2018,  sollevate  dal  Tribunale  ordinario  di
Nocera Inferiore, dalla Corte di appello di Milano,  dalla  Corte  di
appello di Trento e dal  Tribunale  ordinario  di  Civitavecchia,  in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 30 e 76  Cost.,  con  le
ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                    Francesco VIGANO', Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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