Translate
mercoledì 24 luglio 2019
N. 189 SENTENZA 5 giugno - 18 luglio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio - Operativita' della norma incriminatrice estesa alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano figli nati fuori dal matrimonio. - Codice penale, art. 570-bis; decreto legislativo 1° marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103», artt. 2, comma 1, lettera c), e 7, comma 1, lettere b) e o). - (GU n.30 del 24-7-2019 )
N. 189 SENTENZA 5 giugno - 18 luglio 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Reati e pene - Violazione degli obblighi di assistenza familiare in
caso di separazione o di scioglimento del matrimonio - Operativita'
della norma incriminatrice estesa alla violazione degli obblighi di
natura economica che riguardano figli nati fuori dal matrimonio.
- Codice penale, art. 570-bis; decreto legislativo 1° marzo 2018, n.
21, recante «Disposizioni di attuazione del principio di delega
della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo
1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103», artt.
2, comma 1, lettera c), e 7, comma 1, lettere b) e o).
-
(GU n.30 del 24-7-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis del
codice penale, introdotto dall'art. 2, comma 1, lettera c), del
decreto legislativo 1° marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di
attuazione del principio di delega della riserva di codice nella
materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della
legge 23 giugno 2017, n. 103», nonche' degli artt. 2, comma 1,
lettera c), e 7, comma 1, lettere b) e o), dello stesso decreto
legislativo, promossi dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore,
dalla Corte di appello di Milano, dalla Corte di appello di Trento e
dal Tribunale ordinario di Civitavecchia, con ordinanze del 26
aprile, del 22 ottobre, del 21 settembre, dell'8 ottobre, del 12
ottobre, del 9 ottobre e del 25 settembre 2018, iscritte
rispettivamente ai numeri 109 e 191 del registro ordinanze 2018 e ai
numeri 4, 10, 24, 26 e 33 del registro ordinanze 2019 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 35, prima serie
speciale, dell'anno 2018 e numeri 3, 5, 6, 8, 9 e 10, prima serie
speciale, dell'anno 2019;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2019 il Giudice
relatore Francesco Vigano'.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 26 aprile 2018 (r. o. n. 109 del 2018), il
Tribunale ordinario di Nocera Inferiore ha sollevato questione di
legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, dell'art. 570-bis del codice penale, «nella parte in
cui esclude dall'ambito di operativita' della disciplina penale ivi
prevista i figli di genitori non coniugati».
1.1.- Il giudice a quo premette di essere chiamato a giudicare
della responsabilita' penale di A. B., imputato del reato di omessa
prestazione dei mezzi di assistenza ai figli previsto dall'art. 570,
secondo comma, numero 2, cod. pen., per non aver versato l'assegno
mensile stabilito in favore dei figli nati fuori dal matrimonio,
facendo mancare a questi i mezzi di sussistenza.
Osserva il rimettente che nel corso del giudizio era risultato
provato - da un lato - che l'imputato, in seguito alla interruzione
della convivenza, non aveva versato l'assegno mensile stabilito dal
tribunale per i minorenni nei confronti dei figli, ma - dall'altro -
che la ex convivente aveva sempre provveduto alle loro necessita',
dovendosi pertanto escludere lo stato di bisogno dei medesimi, che
costituisce implicito presupposto del delitto contestato
all'imputato.
Il giudice rimettente, all'esito dell'istruttoria dibattimentale,
aveva pertanto invitato le parti a concludere anche in relazione alla
possibile diversa qualificazione del fatto quale violazione degli
obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di
scioglimento del matrimonio, ai sensi dell'art. 570-bis cod. pen.,
applicabile ratione temporis ai fatti di causa, posti in essere a
partire dal maggio 2013 con condotta tuttora perdurante.
1.1.1.- Rileva il giudice a quo che tale fattispecie di reato e'
stata introdotta dall'art. 2, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 1° marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di attuazione
del principio di delega della riserva di codice nella materia penale
a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno
2017, n. 103». Peraltro, essa si limiterebbe a riprodurre le
previgenti disposizioni penali di cui all'art. 12-sexies della legge
1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del
matrimonio) e all'art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54
(Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento
condiviso dei figli), abrogate dall'art. 7, lettere b) e o), del
d.lgs. n. 21 del 2018, «con conseguente continuita' nel rapporto di
successione nel tempo tra le predette disposizioni normative,
trattandosi di un limitato diverso collocamento ordinamentale delle
stesse».
Tuttavia, il rimettente evidenzia come il nuovo art. 570-bis cod.
pen. non contenga alcun riferimento, neppure implicito, alla
disciplina dei rapporti dei figli con i genitori non coniugati.
Tale lacuna determina, ad avviso del giudice a quo,
l'incompatibilita' della disposizione con l'art. 3 Cost. «per
violazione del principio di uguaglianza e disparita' di trattamento
tra la tutela penale prevista per i figli di genitori coniugati
rispetto alla minore tutela apprestata in favore dei figli nati fuori
dal matrimonio».
Il rimettente sottolinea in proposito come, nel vigore della
fattispecie di reato di cui all'art. 3 della legge n. 54 del 2006,
una lettura sistematica e costituzionalmente orientata delle
disposizioni della legge consentisse di equiparare, anche dal punto
di vista penale, la tutela accordata in favore dei figli di genitori
non coniugati a quella dei figli nati in costanza di matrimonio (sono
citate le sentenze della Corte di cassazione, sesta sezione penale,
22 febbraio-30 marzo 2018, n. 14731 e 6 aprile-19 maggio 2017, n.
25267).
Detta estensione non sarebbe oggi piu' possibile, in ragione del
chiaro dato letterale della disposizione censurata. Una tale
situazione normativa sarebbe, ad avviso del rimettente, distonica
rispetto «alla totale equiparazione dello status di figlio avvenuta
in sede civile» per effetto del decreto legislativo 28 dicembre 2013,
n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di
filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n.
219), con conseguente «irragionevole ed ingiustificata diversita' di
trattamento nell'ambito dei rapporti tra genitori e figli nati in
costanza o al di fuori del matrimonio in palese contrasto con il
principio di eguaglianza formale e sostanziale, consacrato nell'art.
3 Cost.».
1.1.2.- In punto di rilevanza, il rimettente sottolinea in
sostanza come l'accoglimento della questione consentirebbe di
ritenere la responsabilita' penale dell'imputato per il delitto in
questione.
1.2. - Nel giudizio di legittimita' costituzionale e' intervenuto
il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni
predette siano dichiarate inammissibili, in quanto il giudice
rimettente non avrebbe esperito un tentativo di interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione censurata.
Il giudice a quo, infatti, non avrebbe attribuito il giusto
rilievo alla circostanza che l'art. 4, comma 2, della legge n. 54 del
2006, in forza della quale le disposizioni della predetta legge si
applicano anche ai procedimenti relativi a figli di genitori non
coniugati, e' ancora vigente.
La norma censurata, ove letta in combinato disposto con l'art. 4
della legge n. 54 del 2006, non precluderebbe dunque una
interpretazione costituzionalmente orientata, che consenta di
ritenere sanzionabile con le pene previste dall'art. 570-bis cod.
pen. anche la violazione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno
di mantenimento in favore dei figli nati fuori dal matrimonio.
2.- Con le ordinanze, di contenuto largamente sovrapponibile, del
22 ottobre 2018, 8 ottobre 2018 e 25 settembre 2018, rispettivamente
iscritte al n. 191 del r. o. 2018 e ai numeri 10 e 33 del r. o. 2019,
anche la Corte d'appello di Milano ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis cod. pen., nella parte
non prevede che la disciplina ivi prevista si applichi anche nei
confronti di colui che non adempia alle prestazioni di natura
economica stabilite in favore dei figli minorenni nati fuori dal
matrimonio. Le questioni sono prospettate in riferimento agli artt. 3
e 30 Cost., nonche' - limitatamente all'ordinanza iscritta al n. 191
del r. o. 2018 - agli artt. 76 e 25 Cost.
2.1.- I giudici rimettenti si trovano a giudicare della
responsabilita' penale di imputati del delitto di cui all'art. 3
della legge n. 54 del 2006, in relazione al mancato pagamento delle
somme stabilite dal tribunale per i minorenni a titolo di contributo
al mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio.
Essendo intervenuto, nelle more del processo, il d.lgs. n. 21 del
2018, che ha abrogato l'art. 3 della legge n. 54 del 2006
introducendo contestualmente l'art. 570-bis cod. pen., i giudici a
quibus si domandano se la mancata estensione della disciplina
prevista dalla nuova disposizione al fatto commesso a danno dei figli
minorenni nati fuori dal matrimonio sia compatibile con i parametri
costituzionali sopra indicati, non essendo peraltro praticabile - ad
avviso dei rimettenti - alcuna interpretazione costituzionalmente
orientata di tale disciplina.
2.1.1.- In particolare, la disciplina censurata determinerebbe -
in violazione dell'art. 3 Cost. - un'irragionevole disparita' di
trattamento con riferimento alla diversa tutela assicurata ai figli
nati all'interno e al di fuori del matrimonio, in contrasto con la
costante perequazione delle due posizioni da parte dell'ordinamento e
con l'obbligo, discendente dall'art. 30 Cost., di mantenere i figli,
anche se nati fuori dal matrimonio.
Nell'ordinanza iscritta al n. 191 del r. o. 2018 si argomenta,
altresi', che l'introduzione dell'art. 570-bis cod. pen. «abbia
integrato un eccesso di delega in violazione dell'art. 76 in
relazione all'art. 25 Cost.», dal momento che la legge 23 giugno
2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura
penale e all'ordinamento penitenziario) avrebbe richiesto la mera
ricollocazione nel codice penale di una serie di norme incriminatrici
previste in leggi speciali, senza pero' autorizzare il governo ad
abrogare fattispecie incriminatrici previste in precedenza dalla
legge.
2.1.2.- Evidente sarebbe d'altra parte, in tutti i giudizi a
quibus, la rilevanza delle questioni sollevate, il cui accoglimento
consentirebbe una pronuncia di responsabilita' penale degli imputati,
altrimenti preclusa.
2.2.- Anche in tali giudizi di legittimita' costituzionale e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo - con
riferimento alle ordinanze iscritte ai numeri 191 del r. o. 2018 e 10
del r. o. 2019 - che le questioni predette siano dichiarate
infondate, sulla base di un'interpretazione costituzionalmente
orientata delle disposizioni censurate che sarebbe gia' stata fornita
dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e che consentirebbe di
estendere la tutela penale ivi prevista anche ai figli nati fuori dal
matrimonio.
Con riferimento all'ordinanza iscritta al n. 33 del r. o. 2019,
il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato,
chiede invece che le questioni siano dichiarate inammissibili, non
avendo il giudice compiuto alcun tentativo di compiere
un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione
censurata.
3.- Con ordinanza del 9 ottobre 2018, iscritta al n. 26 del r. o.
2019, la Corte d'appello di Milano ha parimenti sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 30 Cost., questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 570-bis cod. pen., «nella parte in cui non
prevede che la disciplina in esso prevista si applichi anche nei
confronti di colui che non adempia alle prescrizioni di natura
economica stabilite in favore dei figli maggiorenni e senza colpa non
economicamente autosufficienti nati fuori dal matrimonio».
3.1. - Il giudice a quo evidenzia di dover giudicare della
responsabilita' penale di un imputato per il delitto di cui all'art.
3 della legge n. 54 del 2006, in relazione al mancato pagamento
dell'assegno mensile di mantenimento in favore del figlio maggiorenne
nato fuori dal matrimonio, ma senza colpa non economicamente
indipendente.
3.1.1.- A parere del rimettente, la mancata estensione a
quest'ultimo della tutela apprestata dal nuovo art. 570-bis cod. pen.
determinerebbe la violazione degli artt. 3 e 30 Cost., per le
medesime ragioni poste alla base delle ordinanze iscritte ai numeri
10 e 33 del r. o. 2019, sopra menzionate (punto 2.1.1.).
3.1.2.- La rilevanza delle questioni discenderebbe, anche in
questo caso, dalla considerazione che solo in caso di loro
accoglimento potrebbe essere riconosciuta la responsabilita' penale
dell'imputato.
3.2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili, non avendo
il giudice a quo esperito alcun tentativo di sperimentare
un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione
censurata.
4. - Con ordinanza del 21 settembre 2018, iscritta al n. 4 del r.
o. 2019, la Corte di appello di Trento ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale «relativamente agli articoli 2 comma 1
lettera c), e 7 comma 1 lettere b) e o) del decreto legislativo 1°
marzo 2018 n. 21 nella parte in cui e' abrogata la previsione
incriminatrice della violazione degli obblighi di assistenza
familiare da parte del genitore non coniugato, per contrasto con gli
artt. 25 e 76 della Costituzione».
4.1.- La Corte rimettente espone di essere investita dell'appello
proposto da un imputato condannato per il delitto di cui all'art.
12-sexies della legge n. 898 del 1970, come richiamato dall'art. 3
della legge n. 54 del 2006, in relazione al mancato pagamento delle
somme dovute a figli nati fuori dal matrimonio.
4.1.1.- Il giudice a quo osserva come l'abrogazione - ad opera
dell'art. 7, comma 1, lettere b) e o), del d.lgs. n. 21 del 2018 -
degli artt. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 e 3 della legge n.
54 del 2006, e la loro contestuale sostituzione con l'art. 570-bis
cod. pen. - ad opera dell'art. 2, comma 1, lettera c), del medesimo
decreto legislativo - abbiano determinato la sopravvenuta penale
irrilevanza delle condotte di mancato versamento dell'assegno
stabilito dall'autorita' giudiziaria in favore dei figli nati fuori
dal matrimonio, in precedenza ritenute dalla giurisprudenza della
Cassazione riconducibili all'alveo applicativo dell'art. 3 della
legge n. 54 del 2006, in forza del richiamo contenuto nell'art. 4,
comma 2, della medesima legge.
Un tale effetto di abolitio criminis si porrebbe tuttavia in
contrasto con il criterio direttivo contenuto nell'art. 1, comma 82,
lettera q), della legge n. 103 del 2017, che si limitava a delegare
il Governo a trasferire nel codice penale una serie di disposizioni
previste da leggi speciali, senza pero' determinare alcuna
modificazione della rispettiva portata applicativa. Dal che, ad
avviso della Corte rimettente, l'illegittimita' costituzionale delle
disposizioni censurate del d.lgs. n. 21 del 2018, per contrasto con
gli artt. 25, secondo comma, e 76 Cost.
4.1.2.- Le questioni prospettate sarebbero d'altra parte
rilevanti nel giudizio a quo, posto che il loro accoglimento
determinerebbe la possibilita' di confermare la sentenza di condanna
gia' pronunciata a carico dell'imputato.
Esse sarebbero altresi' ammissibili ancorche' in malam partem,
sulla scorta dei principi gia' affermati da questa Corte nella
sentenza n. 5 del 2014.
4.2.- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate, alla luce
dell'interpretazione sopravvenuta fornita dalla Corte di cassazione,
la quale avrebbe gia' ritenuto la perdurante efficacia
dell'estensione ai procedimenti relativi ai figli di genitori non
coniugati della disciplina sanzionatoria di cui all'art. 3 della
legge n. 54 del 2006.
5. Infine, con ordinanza del 12 ottobre 2018, iscritta al n. 24
del r. o. 2019, il Tribunale ordinario di Civitavecchia ha sollevato
questioni di legittimita' costituzionale del solo art. 2, comma 1,
lettera c), del d.lgs. n. 21 del 2018, «nella parte in cui non
prevede che l'art. 570-bis cod. pen. si applichi anche al genitore
che violi gli obblighi di natura economica disposti nei procedimenti
relativi ai figli nati fuori dal matrimonio», in riferimento agli
artt. 76 e 25, secondo comma, Cost.
5.1.- Il giudice a quo espone di dover giudicare della
responsabilita' penale di un imputato per il delitto di cui all'art.
3 della legge n. 54 del 2006, in relazione al mancato versamento di
somme dovute a titolo di contributo al mantenimento della figlia
minore, nata fuori dal matrimonio.
5.1.1.- Anche il Tribunale ordinario di Civitavecchia osserva che
la disposizione censurata, trasferendo nel nuovo art. 570-bis cod.
pen. la fattispecie criminosa precedentemente prevista dall'art. 3
della legge n. 54 del 2006, avrebbe lasciato impunite le condotte di
mancato adempimento degli obblighi di natura economica stabiliti
dall'autorita' giudiziaria in favore dei figli nati fuori dal
matrimonio, in precedenza riconducibili alla disposizione abrogata
secondo la giurisprudenza prevalente e piu' recente della Corte di
cassazione.
Tale parziale abolitio criminis si porrebbe, tuttavia, in
contrasto con il criterio direttivo di cui all'art. 1, comma 85,
lettera q), della legge n. 103 del 2017, che - come chiarito dalla
relazione illustrativa del Governo allo schema di decreto legislativo
- delegava il Governo ad attuare un mero "riordino" della materia
penale in relazione alle fattispecie menzionate, «ferme restando le
scelte incriminatrici gia' operate dal Legislatore»; con conseguente
violazione degli artt. 76 e 25, secondo comma, Cost.
5.1.2.- Le questioni sarebbero rilevanti nel giudizio a quo, dal
momento che - in assenza di dichiarazione di illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata - la condotta contestata
all'imputato non ricadrebbe nell'ambito applicativo del nuovo art.
570-bis cod. pen., che pure si porrebbe in rapporto di piena
continuita' normativa con l'art. 3 della legge n. 54 del 2006, a suo
tempo contestato all'imputato medesimo.
Esse sarebbero, altresi', ammissibili nonostante i loro effetti
in malam partem, in applicazione - in particolare - dei principi
enunciati da questa Corte nella sentenza n. 5 del 2014.
5.2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e,
comunque, infondate.
L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce, in questo caso, tre
diversi motivi di inammissibilita'.
Anzitutto, l'interpretazione dell'art. 3 della legge n. 54 del
2006 posta a base della questione, secondo cui tale previgente
disposizione sarebbe stata applicabile al mancato adempimento degli
obblighi stabiliti dal giudice in favore del figlio nato fuori dal
matrimonio, non risulterebbe del tutto stabilizzata, stante la
presenza di indirizzi ancora contrastanti presso la giurisprudenza di
legittimita'.
In secondo luogo, il giudice a quo si sarebbe sottratto al
doveroso tentativo di interpretazione conforme a Costituzione della
disposizione impugnata, non chiarendo in particolare perche' tale
interpretazione non sia praticabile.
Infine, il rimettente non avrebbe correttamente individuato la
disposizione censurata: lo scrutinio avrebbe, infatti, dovuto
estendersi all'art. 4 della legge n. 54 del 2006, ancor oggi in
vigore.
Alla luce di tali considerazioni, dovrebbe in conclusione
escludersi che la disposizione censurata abbia apportato modifiche
all'ambito applicativo delle incriminazioni previgenti, con
conseguente insussistenza dell'eccesso di delega lamentato dal
rimettente.
5.3.- In prossimita' dell'udienza, il Presidente del Consiglio
dei ministri ha depositato memoria, nella quale - dopo aver ribadito
le eccezioni e gli argomenti spiegati nell'atto d'intervento - ha
richiamato una sentenza di legittimita' nel frattempo sopravvenuta
(Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 24 ottobre-12
dicembre 2018, n. 55744), la quale ha confermato che il precedente
orientamento volto a estendere la portata dell'art. 3 della legge n.
54 del 2006 al mancato versamento dell'assegno in favore dei figli
nati fuori dal matrimonio non e' stato superato dalla novella
introdotta dall'art. 570-bis cod. pen., che si sarebbe limitato a
traslare la previsione della sanzione penale gia' stabilita dalla
disposizione previgente all'interno del codice penale; di talche'
l'unica interpretazione sistematicamente coerente e
costituzionalmente compatibile della novella e' quella della sua
applicazione anche alla violazione degli obblighi di natura economica
che riguardano i figli nati fuori dal matrimonio.
Il rimettente avrebbe tuttavia omesso di sperimentare una tale
interpretazione, con conseguente inammissibilita' delle questioni
prospettate.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza iscritta al n. 109 del r. o. 2018, il Tribunale
ordinario di Nocera Inferiore ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
dell'art. 570-bis del codice penale, «nella parte in cui esclude
dall'ambito di operativita' della disciplina penale ivi prevista i
figli di genitori non coniugati».
2.- Con le ordinanze, di contenuto largamente sovrapponibile,
rispettivamente iscritte al n. 191 del r. o. 2018 e ai numeri 10 e 33
del r. o. 2019, anche la Corte d'appello di Milano ha sollevato
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis cod. pen.,
nella parte in cui non prevede che la disciplina ivi prevista si
applichi anche nei confronti di colui che non adempia alle
prestazioni di natura economica stabilite in favore dei figli
minorenni nati fuori dal matrimonio. Tali questioni sono formulate in
riferimento agli artt. 3 e 30 Cost., nonche' - limitatamente
all'ordinanza iscritta al n. 191 del r. o. 2018 - agli artt. 76 e 25
Cost.
3.- Con ordinanza iscritta al n. 26 del r. o. 2019, la Corte
d'appello di Milano ha parimenti sollevato, in riferimento agli artt.
3 e 30 Cost., questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
570-bis cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la disciplina
in esso prevista si applichi anche nei confronti di colui che non
adempia alle prescrizioni di natura economica stabilite in favore dei
figli maggiorenni e senza colpa non economicamente autosufficienti
nati fuori dal matrimonio».
4.- Con ordinanza iscritta al n. 4 del r. o. 2019, la Corte di
appello di Trento ha poi sollevato, in riferimento agli artt. 25,
secondo comma, e 76 Cost., questioni di legittimita' costituzionale
«relativamente agli articoli 2 comma 1 lettera c) e 7 comma 1 lettere
b) e o) del decreto legislativo 1° marzo 2018 n. 21», recante
«Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di
codice nella materia penale a norma dell'art. 1, comma 85, lettera
q), della legge 23 giugno 2017, n. 103», «nella parte in cui e'
abrogata la previsione incriminatrice della violazione degli obblighi
di assistenza familiare da parte del genitore non coniugato».
5.- Con ordinanza iscritta al n. 24 del r. o. 2019, il Tribunale
ordinario di Civitavecchia ha infine sollevato, in riferimento agli
artt. 76 e 25, secondo comma, Cost., questioni di legittimita'
costituzionale del solo art. 2, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 21
del 2018, «nella parte in cui non prevede che l'art. 570-bis cod.
pen. si applichi anche al genitore che violi gli obblighi di natura
economica disposti nei procedimenti relativi ai figli nati fuori dal
matrimonio».
6.- Deve preliminarmente disporsi la riunione dei predetti
giudizi, che pongono questioni analoghe, e si fondano su argomenti in
larga misura comuni.
In effetti, tutte le ordinanze censurano nella sostanza il nuovo
art. 570-bis cod. pen., introdotto dall'art. 2, comma 1, lettera c),
del d.lgs. n. 21 del 2018, nella parte in cui - sostituendo l'art.
12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi
di scioglimento del matrimonio) e l'art. 3 della legge 8 febbraio
2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e
affidamento condiviso dei figli), contestualmente abrogati dall'art.
7, comma 1, lettere b) e o), del medesimo d.lgs. n. 21 del 2018 -
avrebbe determinato la parziale abolitio criminis dell'omesso
versamento dell'assegno periodico per il mantenimento, l'educazione e
l'istruzione dei figli (minorenni, ovvero maggiorenni ma ancora non
autosufficienti) nati fuori dal matrimonio; condotta che in
precedenza era ricompresa - secondo l'interpretazione fatta propria
dalla giurisprudenza prevalente della Corte di cassazione -
nell'alveo applicativo dell'abrogato art. 3 della legge n. 54 del
2006.
Tale parziale abolitio criminis avrebbe determinato, secondo i
giudici a quibus, il contrasto delle disposizioni censurate con una
pluralita' di parametri costituzionali, di volta in volta
identificati dalle singole ordinanze di rimessione negli artt. 3, 25,
secondo comma, 30 e 76 Cost.
7.- Preliminare all'esame dell'ammissibilita' e della fondatezza
delle questioni e' la ricostruzione del quadro normativo e
giurisprudenziale sotteso alle medesime.
7.1.- Prima del 1987, l'adempimento degli obblighi di assistenza
nei confronti dei figli era presidiato penalmente dal solo art. 570
cod. pen., che in particolare prevedeva, al secondo comma, numero 2),
la pena della reclusione congiunta a quella della multa per chi «fa
mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di eta' minore, ovvero
inabili al lavoro», ovvero agli ascendenti o al coniuge non
legalmente separato «per sua colpa».
Tale previsione - originariamente circoscritta dalla
giurisprudenza alla sola posizione dei figli riconosciuti (tra le
altre, Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 2
maggio-20 ottobre 1973, n. 7178) - e' stata poi ritenuta operante
anche nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, in seguito
alla piena equiparazione della posizione giuridica di questi ultimi
rispetto a quella dei figli legittimi (si veda, di recente, Corte di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 12 novembre-10 dicembre
2014, n. 51215).
7.2.- A questa originaria previsione si aggiunse, ad opera della
legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di
scioglimento di matrimonio), quella di cui all'art. 12-sexies della
legge n. 898 del 1970, che stabiliva l'applicabilita' delle «pene
previste dall'art. 570 del codice penale» al coniuge che, a seguito
della cessazione degli effetti civili del matrimonio, si sottraesse
all'obbligo di corresponsione dell'assegno stabilito in sede
giudiziale in favore dell'altro coniuge o dei figli.
Tale disposizione fu introdotta principalmente per assicurare una
tutela penale nei confronti del coniuge beneficiario dell'assegno,
atteso che nei suoi confronti la cessazione degli effetti civili del
matrimonio comporta l'inapplicabilita' dell'art. 570, secondo comma,
numero 2), cod. pen.
Peraltro, il nuovo art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 fu
largamente applicato dalla giurisprudenza anche nell'ipotesi di
omesso versamento dell'assegno divorzile stabilito in favore dei
figli minori, eventualmente in concorso con il delitto di cui
all'art. 570, secondo comma, numero 2), cod. pen., quest'ultima
disposizione presupponendo - secondo la giurisprudenza - uno stato di
bisogno del beneficiario dell'assegno, non necessario invece a
integrare l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 12-sexies della legge
n. 898 del 1970 (in questo senso, tra le altre, Corte di cassazione,
sezione sesta penale, sentenza 14-23 ottobre 2014, n. 44086).
Il nuovo delitto fu, inoltre, considerato applicabile dalla
giurisprudenza anche all'ipotesi di mancato versamento dell'assegno
divorzile stabilito in favore dei figli maggiorenni non «inabili al
lavoro» - come richiesto dall'art. 570, secondo comma, numero 2),
cod. pen. - ma non ancora autosufficienti (tra le altre, Corte di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 13 giugno-6 agosto 2013,
n. 34080).
7.3.- L'art. 3 della legge n. 54 del 2006 stabili' quindi
l'applicabilita' dell'art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 per
il «caso di violazione degli obblighi di natura economica»
discendenti dalla sentenza di separazione tra i coniugi, equiparando
cosi' integralmente sul piano penale il mancato versamento
dell'assegno nei confronti del coniuge e dei figli, stabilito tanto
in sede di separazione quanto di divorzio.
Il successivo art. 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006 -
tutt'oggi in vigore - prevede che le disposizioni della legge
medesima si applichino «anche in caso di scioglimento, di cessazione
degli effetti civili o di nullita' del matrimonio, nonche' ai
procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati». Tale
ultimo inciso ha fatto sorgere il dubbio se il delitto previsto
dall'art. 3 si applichi anche all'ipotesi di mancato versamento
dell'assegno - o comunque di mancato adempimento delle prestazioni di
natura economica - stabilite dal tribunale a carico del genitore in
favore dei figli nati fuori dal matrimonio.
A fronte di un'isolata pronuncia della Corte di cassazione,
secondo la quale tale ultimo inciso dell'art. 4, comma 2, della legge
n. 54 del 2006 si riferirebbe esclusivamente alla disciplina
civilistica dei rapporti tra genitori non coniugati e figli (Corte di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 7 dicembre 2016-19 gennaio
2017, n. 2666), varie sentenze successive del giudice di legittimita'
hanno invece ritenuto che l'inciso in parola si riferisca a tutte le
disposizioni previste dalla legge citata, comprese quelle che
attengono al diritto penale, e in particolare anche al delitto di cui
all'art. 3 (ex multis: Corte di cassazione, sezione sesta penale,
sentenza 22 febbraio-30 marzo 2018, n. 14731; sentenza 31 gennaio-16
marzo 2018, n. 12393; sentenza 6 aprile-19 maggio 2017, n. 25267).
Tale esito ermeneutico e' stato in particolare argomentato in chiave
di interpretazione costituzionalmente conforme, posto che la
soluzione opposta avrebbe determinato - in violazione dell'art. 30,
primo e terzo comma, Cost. - una ingiustificabile disparita' di
trattamento tra figli legittimi e non, «accordando una piu' ampia e
severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a
quelli nati fuori dal matrimonio» (cosi', in particolare, Cass., n.
25267 del 2017).
7.4.- Su questo ormai consolidato assetto interpretativo sono
intervenute le disposizioni oggetto delle odierne censure.
L'art. 1, comma 85, lettera q), della legge n. 103 del 2017 aveva
delegato il Governo all'«attuazione, sia pure tendenziale, del
principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di
una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi
dell'effettivita' della funzione rieducativa della pena, presupposto
indispensabile perche' l'intero ordinamento penitenziario sia
pienamente conforme ai principi costituzionali, attraverso
l'inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose
previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto
oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, in particolare i
valori della persona umana, e tra questi il principio di uguaglianza,
di non discriminazione e di divieto assoluto di ogni forma di
sfruttamento a fini di profitto della persona medesima, e i beni
della salute, individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e
dell'ordine pubblico, della salubrita' e integrita' ambientale,
dell'integrita' del territorio, della correttezza e trasparenza del
sistema economico di mercato».
In attuazione di tale criterio di delega, l'art. 2, comma 1,
lettera c), del d.lgs. n. 21 del 2018 ha previsto l'inserimento nel
codice penale di un nuovo art. 570-bis, rubricato «Violazione degli
obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di
scioglimento del matrimonio», che testualmente recita: «[l]e pene
previste dall'articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae
all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in
caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di
nullita' del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica
in materia di separazione dei coniugi o di affidamento condiviso dei
figli».
Correlativamente, l'art. 7, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 21
del 2018 ha previsto l'abrogazione dell'art. 12-sexies della legge n.
898 del 1970, mentre la successiva lettera o) del medesimo art. 7,
comma 1, ha abrogato l'art. 3 della legge n. 54 del 2006.
Nell'intendimento del legislatore delegato, la nuova disposizione
e' volta - all'evidenza - semplicemente a trasferire all'interno del
codice penale, in attuazione del principio della cosiddetta «riserva
di codice», le due figure criminose previgenti disciplinate dagli
artt. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 e 3 della legge n. 54 del
2006, fuse nell'unica fattispecie di cui al nuovo art. 570-bis cod.
pen., che si pone pertanto in rapporto di continuita' normativa con
quelle previgenti abrogate (Corte di cassazione, sezione feriale,
sentenza 2-3 agosto 2018, n. 37766; ma anche sezione sesta penale,
sentenza 24 ottobre-12 dicembre 2018, n. 55744 e sezione sesta
penale, sentenza 17 ottobre-13 dicembre 2018, n. 56080).
7.5.- Il nuovo art. 570-bis cod. pen., peraltro, indica
espressamente come soggetto attivo del reato il solo «coniuge». Cio'
ha indotto i giudici rimettenti a concludere che l'introduzione della
nuova norma abbia determinato, in realta', una parziale abolitio
criminis con riferimento alla condotta del genitore nei confronti dei
figli nati fuori dal matrimonio: condotta che la giurisprudenza
dominante considerava abbracciata dalla fattispecie criminosa di cui
all'art. 3 della legge n. 54 del 2006, grazie alla clausola di
estensione di cui all'art. 4, comma 2, della medesima legge, ma che
oggi non potrebbe piu' essere considerata compresa nella formulazione
letterale del nuovo art. 570-bis cod. pen.
Di qui le questioni di legittimita' costituzionale della nuova
disposizione, nonche' della disposizione del d.lgs. n. 21 del 2018
che l'ha introdotta e di quelle che hanno abrogato le precedenti
incriminazioni, in relazione ai parametri poc'anzi menzionati.
8.- Le questioni relative all'art. 7, comma 1, lettera b), del
d.lgs. n. 21 del 2018, sollevate dalla sola Corte d'appello di
Trento, sono inammissibili per difetto di rilevanza nel giudizio a
quo.
Tale disposizione ha infatti abrogato l'art. 12-sexies della
legge n. 898 del 1970, che e' semplicemente richiamato quoad poenam
dall'art. 3 della legge n. 54 del 2006, l'unico che veniva in
considerazione nel processo a quo, e che e' stato abrogato dalla
distinta disposizione - correttamente censurata dal giudice
rimettente - di cui all'art. 7, comma 1, lettera o), del d.lgs. n. 21
del 2018.
9.- Sono invece ammissibili le censure rivolte, in riferimento
agli artt. 76 e 25, secondo comma, Cost., sia al nuovo art. 570-bis
cod. pen.; sia all'art. 2, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 21 del
2018, che ha introdotto il predetto art. 570-bis nel codice penale;
sia - infine - all'art. 7, comma 1, lettera o), del d.lgs. n. 21 del
2018, che ha contestualmente abrogato l'art. 3 della legge n. 54 del
2006.
9.1- Non e', infatti, fondata l'eccezione - sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato in quattro giudizi incidentali -
secondo cui i giudici a quibus non avrebbero sperimentato la
possibilita' di un'interpretazione secundum constitutionem delle
disposizioni censurate.
I rimettenti chiariscono, in effetti, perche' a loro avviso non
sia possibile estendere la portata del nuovo art. 570-bis cod. pen.
all'omesso adempimento degli obblighi di natura economica nei
confronti dei figli nati fuori dal matrimonio, a una tale soluzione
ostando - nella prospettiva delle ordinanze di rimessione -
l'indicazione del solo «coniuge» come soggetto attivo del reato.
Secondo l'ormai costante orientamento di questa Corte,
l'effettivo esperimento del tentativo di una interpretazione
costituzionalmente orientata - ancorche' risolto dal giudice a quo
con esito negativo per l'ostacolo ravvisato nella lettera della
disposizione denunciata - consente di superare il vaglio di
ammissibilita' della questione incidentale sollevata. La correttezza
o meno dell'esegesi presupposta dal rimettente - e, piu' in
particolare, la superabilita' o non superabilita' degli ostacoli
addotti a un'interpretazione costituzionalmente orientata della
disposizione impugnata - attiene invece al merito, e cioe' alla
successiva verifica di fondatezza della questione stessa (sentenze n.
262 e n. 221 del 2015; piu' di recente, ex multis, sentenze n. 135
del 2018, n. 255 e n. 53 del 2017).
9.2.- Non e' fondata neppure l'eccezione, formulata
dall'Avvocatura generale dello Stato con riferimento alla questione
sollevata dal Tribunale ordinario di Civitavecchia, secondo cui il
rimettente avrebbe posto a base della questione l'interpretazione
dell'abrogato art. 3 della legge n. 54 del 2006 operata da una
giurisprudenza non univoca, erroneamente considerata alla stregua di
diritto vivente da parte dello stesso giudice a quo.
In realta', come si e' gia' avuto modo di rilevare (supra, punto
7.3.), una sola pronuncia della sesta sezione penale della Corte di
cassazione aveva escluso che l'abrogato art. 3 della legge n. 54 del
2006 si riferisse anche alle pronunce del giudice concernenti gli
obblighi di natura patrimoniale nei confronti dei figli nati fuori
dal matrimonio. Tutte le pronunce successive della medesima sezione
erano invece giunte alla conclusione opposta, muovendo dalla clausola
estensiva di cui all'art. 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006;
conclusione, quest'ultima, che - pur in difetto di una decisione
delle sezioni unite, evidentemente considerata non necessaria stante
l'avvenuto superamento del contrasto all'interno della sesta sezione,
competente tabellarmente per materia - ben poteva considerarsi
espressiva del diritto vivente sul punto.
9.3.- Neppure e' fondata l'ulteriore eccezione, parimenti svolta
dall'Avvocatura generale dello Stato con riferimento alla questione
sollevata dal Tribunale ordinario di Civitavecchia, relativa a una
supposta aberratio ictus da parte del giudice a quo, che erroneamente
non avrebbe esteso le proprie censure all'art. 4, comma 2, della
legge n. 54 del 2006, applicabile nel giudizio a quo.
Infatti, il rimettente non avrebbe avuto alcuna ragione di
censurare tale disposizione, che - nel vigore dell'art. 3 della legge
n. 54 del 2006 - consentiva di estenderne la portata alla violazione
degli obblighi di natura economica nei confronti dei figli nati fuori
dal matrimonio: possibilita' che il rimettente reputa ora preclusa
dall'avvenuta abrogazione del menzionato art. 3.
9.4.- Pur in assenza di eccezioni sul punto da parte
dell'Avvocatura generale dello Stato, deve essere infine esaminata ex
officio l'ammissibilita' di tutte le questioni prospettate sotto il
diverso profilo dell'effetto estensivo della punibilita' - e pertanto
in malam partem - del loro eventuale accoglimento, in relazione al
principio della riserva di legge in materia penale sancito dall'art.
25, secondo comma, Cost.
Come giustamente sottolineato da alcune delle ordinanze di
rimessione, le questioni devono certamente ritenersi ammissibili
nella parte in cui censurano la violazione del criterio direttivo di
cui all'art. 1, comma 85, lettera q), della legge n. 103 del 2017.
Questa Corte ha gia' escluso, nella sentenza n. 5 del 2014, che
il principio della riserva di legge in materia penale possa
precludere il sindacato di legittimita' costituzionale in ordine alla
dedotta violazione dell'art. 76 Cost. Infatti, e' proprio il
principio di legalita' di cui all'art. 25, secondo comma, Cost. a
rimettere «al legislatore, nella figura appunto del
soggetto-Parlamento, la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle
sanzioni da applicare», di talche' tale principio «e' violato qualora
quella scelta sia invece effettuata dal Governo in assenza o fuori
dai limiti di una valida delega legislativa. [...] L'abrogazione
della fattispecie criminosa mediante un decreto legislativo, adottato
in carenza o in eccesso di delega, si porrebbe [dunque] in contrasto
con l'art. 25, secondo comma, Cost., che demanda in via esclusiva al
Parlamento, in quanto rappresentativo dell'intera collettivita'
nazionale, la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni
loro applicabili, precludendo al Governo scelte di politica criminale
autonome o contrastanti con quelle del legislatore delegante. Se si
escludesse il sindacato costituzionale sugli atti legislativi
adottati dal Governo anche nel caso di violazione dell'art. 76 Cost.,
si consentirebbe allo stesso di incidere, modificandole, sulle
valutazioni del Parlamento relative al trattamento penale di alcuni
fatti».
Tali principi debbono essere riconfermati in relazione alle
questioni di legittimita' costituzionale ora all'esame, che censurano
- espressamente o implicitamente - una disposizione abrogativa
contenuta in un decreto legislativo, e la contestuale introduzione di
una nuova disposizione incriminatrice, la cui area applicativa si
assume non estendersi - in asserito contrasto con il criterio di
delega - a tutte le ipotesi gia' coperte dalla previgente
incriminazione; con conseguente illegittimo effetto modificativo,
nella prospettazione dei rimettenti, delle scelte di penalizzazione
compiute dal Parlamento.
10.- Nel merito, le questioni relative all'art. 570-bis cod. pen.
nonche' agli artt. 2, comma 2, lettera c), e 7, comma 1, lettera o),
del d.lgs. n. 21 del 2018, sollevate in riferimento agli artt. 25,
secondo comma, e 76 Cost. non sono tuttavia fondate, nei termini che
seguono.
10.1.- Le questioni risulterebbero, invero, fondate ove si
accogliesse la premessa interpretativa da cui muovono tutti i
rimettenti, relativa all'allegata impossibilita' di estendere
l'incriminazione di cui al nuovo art. 570-bis cod. pen. all'ipotesi
dell'inosservanza degli obblighi di natura economica nei confronti
dei figli nati fuori dal matrimonio, in precedenza ricompresa -
secondo il diritto vivente ormai consolidatosi (supra, punti 7.3. e
9.2.) - nell'abrogata incriminazione di cui all'art. 3 della legge n.
54 del 2006.
Il criterio di delega di cui all'art. 1, comma 85, lettera q),
della legge n. 103 del 2017 che vincolava il legislatore delegato
(supra, punto 7.4.) era infatti funzionale all'attuazione, sia pure
parziale, del cosiddetto principio della «riserva di codice», e cioe'
alla riconduzione nell'alveo del codice penale di incriminazioni in
precedenza disperse in varie leggi speciali; principio a sua volta
inteso a garantire «una migliore conoscenza dei precetti e delle
sanzioni e quindi dell'effettivita' della funzione rieducativa della
pena, presupposto indispensabile perche' l'intero ordinamento
penitenziario sia pienamente conforme ai principi costituzionali» (si
veda la relazione governativa allo schema di decreto legislativo
recante «Disposizioni di attuazione del principio di delega della
riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma
85, lettera q, della legge 23 giugno 2017, n. 103»). Nella medesima
relazione governativa si precisava peraltro che - conformemente al
chiaro intendimento del legislatore delegante, risultante dallo
stesso criterio di delega in parola - il Governo aveva proceduto a
una mera operazione di «riordino» della materia penale, «ferme
restando le scelte incriminatrici gia' operate dal legislatore»,
senza alcuna variazione - dunque - dell'area applicativa delle
incriminazioni gia' esistenti nelle varie leggi speciali interessate
dall'intervento di riordino, e il cui contenuto si era inteso
semplicemente trasferire nelle corrispondenti nuove disposizioni del
codice penale.
Il Governo non avrebbe d'altra parte potuto, senza violare le
indicazioni vincolanti della legge delega, procedere a una modifica,
in senso restrittivo o estensivo, dell'area applicativa delle
disposizioni trasferite all'interno del codice penale; ne' avrebbe
potuto, in particolare, determinare - in esito all'intrapreso
riordino normativo - una parziale abolitio criminis con riferimento a
una classe di fatti in precedenza qualificabili come reato, come
quella lamentata da tutte le odierne ordinanze di rimessione.
10.2.- La recente giurisprudenza della Corte di cassazione,
sopravvenuta alle ordinanze di rimessione, ha tuttavia ritenuto che
tale supposta abolitio criminis non si sia, in realta', verificata.
La Corte di cassazione ha, infatti, sottolineato la perdurante
vigenza - anche dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 21 del 2018 -
dell'art. 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006. Il rinvio che tale
disposizione («Le disposizioni della presente legge si applicano
anche [...] ai procedimenti relativi ai figli di genitori non
coniugati») operava, secondo la giurisprudenza anteriore al d.lgs. n.
21 del 2018, all'art. 3 della legge n. 54 del 2006, dovrebbe oggi
intendersi come riferito al nuovo art. 570-bis cod. pen., che
abbraccerebbe cosi' - oltre al fatto compiuto dal «coniuge» - anche
quello compiuto dal genitore nei confronti del figlio nato fuori dal
matrimonio (Cass., n. 56080 del 2018; nello stesso senso, Cass., n.
55744 del 2018 e Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza
5 dicembre 2018-25 febbraio 2019, n. 8297).
Una tale soluzione non solo sarebbe l'unica armonizzabile con il
sistema normativo, univocamente orientato alla piena equiparazione
tra la posizione dei figli legittimi e nati fuori dal matrimonio; ma
troverebbe altresi' conforto nell'art. 8 dello stesso d.lgs. n. 21
del 2018, a tenore del quale «[d]alla data di entrata in vigore del
presente decreto, i richiami alle disposizioni abrogate dall'articolo
7, ovunque presenti, si intendono riferiti alle corrispondenti
disposizioni del codice penale come indicato dalla tabella A allegata
al presente decreto». Dal momento che tale Tabella stabilisce la
correlazione dell'art. 570-bis cod. pen. ai delitti di omessa
corresponsione dell'assegno divorzile (art. 12-sexies della legge n.
898 del 1970) e di omesso versamento del mantenimento dei figli in
caso di separazione o di scioglimento del matrimonio (art. 3 della
legge n. 54 del 2006), il richiamo a quest'ultima disposizione
implicitamente operato dall'art. 4, comma 2, della legge n. 54 del
2006 - da interpretarsi quale rinvio "dinamico" al contenuto
dell'intera legge n. 54 del 2006 - dovrebbe oggi intendersi come
riferito, per l'appunto, all'art. 570-bis cod. pen., nel quale e'
stato integralmente trasfuso il contenuto del previgente art. 3.
10.3.- A giudizio di questa Corte, tale interpretazione - ormai
stabilmente adottata dalla giurisprudenza di legittimita' - trova
fondamento nella legge, e in particolare nel combinato disposto di
due norme (l'art. 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006 e l'art. 8
del d.lgs. n. 21 del 2018) che a loro volta si integrano con la
disposizione incriminatrice di cui all'art. 570-bis cod. pen.,
determinando l'estensione del relativo ambito applicativo.
Essa consente dunque di superare, senza alcuna indebita
estensione analogica della norma incriminatrice, i dubbi di
costituzionalita' prospettati, incentrati sulla supposta
depenalizzazione delle condotte di violazione degli obblighi di
natura economica nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio.
11.- Non puo', peraltro, questa Corte esimersi dal rimarcare come
la necessita', per il destinatario del precetto di cui all'art.
570-bis cod. pen., di ricostruirne il contenuto alla luce del
combinato disposto di due ulteriori disposizioni situate al di fuori
del codice penale - attraverso un'operazione ermeneutica
ineccepibile, ma certo non di solare evidenza, come dimostrano le ben
sette ordinanze di rimessione che avevano ritenuto impossibile
pervenire de lege lata al risultato cui e' infine giunta la Corte di
cassazione - risulti in definitiva distonica rispetto allo scopo,
dichiarato dal legislatore delegante, di garantire ai consociati «una
migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni» attraverso la sia
pur parziale attuazione del principio di «riserva di codice».
Tale considerazione dovrebbe auspicabilmente indurre il
legislatore a intervenire direttamente sul testo dell'art. 570-bis
cod. pen., per esplicitarne l'applicabilita' - gia' oggi riconosciuta
dal diritto vivente - anche alla condotta omissiva del genitore che
non adempia i propri obblighi economici nei confronti dei figli nati
fuori dal matrimonio, in omaggio all'obiettivo - rilevante ex art.
25, secondo comma, Cost. - di una piu' immediata riconoscibilita' del
precetto penale da parte dei suoi destinatari.
12.- L'interpretazione fornita dalla Corte di cassazione, di cui
si e' appena dato conto, comporta il superamento delle ulteriori
ragioni di illegittimita' costituzionale delle disposizioni
censurate, prospettate dai rimettenti in riferimento agli artt. 3 e
30 Cost. e incentrate sulla disparita' di trattamento tra figli
legittimi e nati fuori dal matrimonio determinata dal nuovo art.
570-bis cod. pen.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 7, comma 1, lettera b), del decreto
legislativo 1° marzo 2018, n. 21, recante «Disposizioni di attuazione
del principio di delega della riserva di codice nella materia penale
a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno
2017, n. 103», sollevate dalla Corte d'appello di Trento, in
riferimento agli artt. 25 e 76 della Costituzione, con l'ordinanza
indicata in epigrafe;
2) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis del codice
penale, degli artt. 2, comma 1, lettera c), e 7, comma 1, lettera o),
del d.lgs. n. 21 del 2018, sollevate dal Tribunale ordinario di
Nocera Inferiore, dalla Corte di appello di Milano, dalla Corte di
appello di Trento e dal Tribunale ordinario di Civitavecchia, in
riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 30 e 76 Cost., con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Francesco VIGANO', Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento