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mercoledì 24 luglio 2019

N. 178 SENTENZA 5 giugno - 16 luglio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Tutela dell'ambiente -- Disciplina delle emissioni odorigene legate alle attivita' antropiche - Applicabilita' alle installazioni assoggettate ad autorizzazione integrata ambientale - Applicabilita' ai progetti assoggettati a valutazione di impatto ambientale (VIA) e a verifica di assoggettabilita' a VIA - Rinvio a disposizioni sanzionatorie statali - Aggiornamento dell'allegato tecnico con deliberazione della Giunta regionale. - Legge della Regione Puglia 16 luglio 2018, n. 32 (Disciplina in materia di emissioni odorigene), artt. 1, comma 2, lettere a), b), c) e d), 3, 4, 5, 6, 7 e 9, e Allegato tecnico. - (GU n.30 del 24-7-2019 )



N. 178 SENTENZA 5 giugno - 16 luglio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Tutela dell'ambiente -- Disciplina delle emissioni  odorigene  legate
  alle  attivita'  antropiche  -  Applicabilita'  alle  installazioni
  assoggettate   ad    autorizzazione    integrata    ambientale    -
  Applicabilita' ai progetti assoggettati a  valutazione  di  impatto
  ambientale (VIA) e a verifica di assoggettabilita' a VIA - Rinvio a
  disposizioni sanzionatorie statali  -  Aggiornamento  dell'allegato
  tecnico con deliberazione della Giunta regionale.
- Legge della Regione Puglia 16 luglio 2018,  n.  32  (Disciplina  in
  materia di emissioni odorigene), artt. 1, comma 2, lettere a),  b),
  c) e d), 3, 4, 5, 6, 7 e 9, e Allegato tecnico.

(GU n.30 del 24-7-2019 )
 

                       LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI,
     
    ha pronunciato la seguente

                              SENTENZA

    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
2, lettere a), b), c) e d), 3, 4, 5, 6, 7  e  9,  nonche'  l'Allegato
tecnico della legge della  Regione  Puglia  16  luglio  2018,  n.  32
(Disciplina  in  materia  di  emissioni  odorigene),   promosso   dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 17-21
settembre 2018, depositato in cancelleria il  26  settembre  2018  ed
iscritto al  n.  66  del  registro  ricorsi  2018,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  44,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2018.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia;
    udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 2019 il Giudice relatore
Augusto Antonio Barbera;
    uditi l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Anna  Bucci  per  la  Regione
Puglia.

                          Ritenuto in fatto

    1.- Con ricorso depositato il 26 settembre 2018 (reg. ric. n.  66
del 2018), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  gli  artt.
1, comma 2, lettere a), b), c) e d), 3, 4,  5,  6,  7  e  9,  nonche'
l'Allegato tecnico della legge della Regione Puglia 16  luglio  2018,
n. 32 (Disciplina in materia di emissioni odorigene).
    2.- In particolare, il ricorrente ha impugnato l'art. 1, comma 2,
lettere a) e b),  e  le  altre  citate  disposizioni  regionali,  per
violazione degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  in
relazione agli artt. 7, commi 4-bis, 4-ter, 5 e 7; 29-ter; 29-sexies,
comma 3; 29-septies; 267, comma 3; 271, comma 3 e 272-bis del decreto
legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  recante  «Norme  in  materia
ambientale» (da ora in poi anche: cod. ambiente).
    2.1.- Ancora, il ricorrente ha impugnato lo stesso art. 1,  comma
2, lettere c) e d), nonche' le altre citate  disposizioni  regionali,
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  in
relazione agli artt. 7-bis, comma 8; 19; 22 e 23 cod. ambiente.
    2.2.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  altresi'
impugnato il solo art. 3, comma 5, della legge reg. Puglia n. 32  del
2018 per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l),  Cost.,
in relazione all'art. 279 cod. ambiente.
    2.3.- Infine, l'art. 6 della medesima legge  regionale  e'  stato
impugnato dal ricorrente anche per violazione  dell'art.  117,  sesto
comma, Cost., in relazione  agli  artt.  7  e  7-bis  cod.  ambiente,
nonche' dell'art. 123 Cost., in relazione all'art. 44, commi 1  e  2,
della legge della Regione Puglia 12 maggio 2004, n. 7 (Statuto  della
Regione Puglia).
    3.- Il ricorrente premette che la legge reg.  Puglia  n.  32  del
2018, in tutto composta da nove articoli, e' volta a disciplinare  le
emissioni odorigene  legate  alle  attivita'  antropiche,  mirando  a
ridurne l'impatto olfattivo. Cio', in forza  di  una  competenza  che
troverebbe fondamento nel tenore  dell'art.  272-bis  cod.  ambiente,
relativo alle misure dirette a  prevenire  e  limitare  le  emissioni
odorigene derivanti dalle attivita' rese dagli stabilimenti presi  in
considerazione dal Titolo I della Parte V del medesimo d.lgs. n.  152
del 2006, soggetti  all'autorizzazione  di  cui  all'art.  269  dello
stesso cod. ambiente.
    4.- Cio' premesso, evidenzia il ricorrente che con gli  artt.  1,
comma 2, lettere a) e b), 3, 4, 5, 6, 7 e 9 e con l'Allegato  tecnico
della legge regionale  impugnata  sono  state  introdotte  specifiche
disposizioni volte a integrare la disciplina prevista dal  d.lgs.  n.
152 del 2006 in tema di autorizzazione integrata ambientale (AIA), di
competenza sia statale, sia regionale;  disciplina  che,  secondo  la
costante giurisprudenza di questa  Corte,  rientra  nella  competenza
legislativa esclusiva dello Stato in tema di «tutela dell'ambiente» e
«dell'ecosistema», ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost.
    In particolare - rimarca il ricorrente - gli  artt.  3,  4  e  5,
destinati a trovare applicazione anche alle installazioni soggette ad
AIA statale e regionale, definiscono la procedura per la  valutazione
dell'accettabilita'  degli  impatti  olfattivi,   mentre   l'Allegato
tecnico ne stabilisce e dettaglia  i  metodi  di  monitoraggio  e  di
determinazione, nonche' i criteri di valutazione sul territorio.
    4.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri sottolinea che  la
Regione resistente non potrebbe  rivendicare  la  propria  competenza
agganciandola  al  citato  art.  272-bis  cod.   ambiente,   la   cui
applicabilita' sarebbe infatti esclusa dal precedente art. 267, comma
3, in forza del quale, per  le  installazioni  soggette  ad  AIA,  la
disciplina di riferimento e' quella offerta dal Titolo III-bis  della
Parte  II  del  medesimo  d.lgs.  n.  152   del   2006,   cosi'   che
l'autorizzazione  afferente  le  emissioni  destinate   ad   incidere
sull'inquinamento atmosferico (art. 269 cod. ambiente) deve ritenersi
sostituita dall'AIA.
    4.2.- Per altro verso, evidenzia  il  ricorrente  che,  ai  sensi
dell'art. 271, comma 3, cod. ambiente, e' riconosciuta  alle  Regioni
la  facolta'  di  adottare  con  legge  «appositi  valori  limite  di
emissione e prescrizioni, anche inerenti le condizioni di costruzione
o di esercizio e i combustibili utilizzati», ma solo per le attivita'
scarsamente rilevanti  di  cui  all'art.  272,  comma  1  (ovvero  le
attivita'  per  le  quali  non  e'  previsto  il  rilascio   di   una
autorizzazione alle emissioni).
    Per contro, per le attivita' soggette  ad  autorizzazione,  quali
quelle considerate dalla disciplina  normativa  regionale  impugnata,
l'introduzione di valori limite non potrebbe essere realizzata  dalle
Regioni se non attraverso piani e programmi:  l'art.  271,  comma  4,
cod. ambiente prevede infatti  che:  «[i]  piani  e  i  programmi  di
qualita' dell'aria previsti dal decreto legislativo 13  agosto  2010,
n. 155 possono  stabilire  appositi  valori  limite  di  emissione  e
prescrizioni piu' restrittivi di quelli contenuti negli  Allegati  I,
II e III e V alla parte quinta del presente decreto,  anche  inerenti
le condizioni  di  costruzione  o  di  esercizio,  purche'  cio'  sia
necessario al  perseguimento  ed  al  rispetto  dei  valori  e  degli
obiettivi di qualita' dell'aria».
    4.3.- Avuto riguardo, poi, al quadro normativo dettato dal Titolo
III-bis della Parte II cod. ambiente in materia di AIA, il ricorrente
rimarca che gli artt. 1, comma 2, lettere a) e b), 3, 4, 5, 6, 7 e 9,
nonche' l'Allegato tecnico della legge reg. Puglia  n.  32  del  2018
impugnata devono ritenersi in contrasto:
    a) con l'art. 29-ter cod. ambiente, in quanto la legge  regionale
prevede all'art. 3, per la presentazione  delle  istanze  di  AIA  di
competenza statale, l'obbligo di produrre ulteriore documentazione  e
informazioni rispetto a quanto previsto dalla normativa statale;
    b) con il successivo art. 29-septies cod.  ambiente,  perche'  la
legge  regionale  impugnata  impugnata  non  si  configura  come  uno
«strumento di programmazione o di  pianificazione»  e  non  considera
«tutte le  sorgenti  emissive  coinvolte»,  in  quanto  le  emissioni
odorigene sono  riconducibili  anche  ad  altri  fonti  emissive  non
considerate dalle disposizioni regionali censurate (quali traffico  e
riscaldamento civile), e non  individua  chiaramente  quali  sono  le
norme di  qualita'  ambientale  per  cui  e'  necessario  attuare  le
prescrizioni in materia di emissioni odorigene;
    c) sotto quest'ultimo versante e  sempre  muovendo  dal  disposto
dell'art. 29-septies, con l'art. 3  Cost.  per  irragionevolezza:  il
parametro limite previsto  dalla  disciplina  regionale,  di  cui  si
impone il rispetto, rappresenterebbe infatti un valore complessivo al
quale  possono  concorrere  una  pluralita'  di  sorgenti  anche  non
riferite agli impianti autorizzati;
    d) ancora con il citato art. 29-septies, essendo previsto che  le
prescrizioni  da  dettare  per  i  singoli  impianti   in   sede   di
autorizzazione  non  siano  richieste  dalla  Regione  in   sede   di
conferenza di servizi, bensi' inserite d'ufficio  nell'autorizzazione
integrata ambientale;
    f) con l'articolo 29-sexies, comma 3, cod. ambiente, perche'  non
introducono l'obbligo di rispettare «valori limite di emissione»  nel
territorio, ma impongono soltanto l'adozione di specifiche misure  di
monitoraggio, costruttive e di gestione;
    g) con gli artt. 7, commi 4, 4-bis e 5  e  7  cod.  ambiente,  in
quanto gli artt. 1, comma 2, lettere a) e b), 3, comma 4, 5, comma l,
lettera  c),  e  9  della  legge  regionale  impugnata   disciplinano
procedure  e  attivita'  che  spettano  allo  Stato  in  materia   di
autorizzazione   integrata   ambientale,   poiche'   relative    alle
installazioni  di  cui  all'Allegato   XII,   eccedendo   il   potere
legislativo  riconosciuto  alle  Regioni  dall'art.   7,   comma   7,
dell'indicato codice.
    5.-   Il   ricorrente    denunzia,    ancora,    l'illegittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 2, lettere c) e d), 3, 4, 5, 6, 7
e 9, nonche' dell'Allegato tecnico della legge reg. Puglia n. 32  del
2018, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.
in riferimento agli artt. 7-bis, comma 8, 19, 22 e 23 cod. ambiente.
    Ad  avviso  del  ricorrente,  tramite  le   citate   disposizioni
regionali vengono introdotti, in una materia di esclusiva  competenza
legislativa  statale,  ulteriori   contenuti,   diversi   da   quelli
prescritti dalle evocate norme statali, ai fini  della  presentazione
delle istanze per la valutazione di impatto ambientale (VIA), nonche'
per la verifica di assoggettabilita' a VIA.
    5.1.- In particolare, i contenuti richiesti dall'art. 3, commi  1
e 2, della legge regionale impugnata, ai  fini  del  controllo  delle
emissioni delle sostanze odorigene, non sono previsti dall'art. 19  e
dall'Allegato  IV-bis  cod.  ambiente  per  lo   studio   preliminare
ambientale redatto dal proponente; ne', ancora, coincidono con quelli
sanciti dal successivo art. 22 e dall'Allegato VII alla Parte II, del
medesimo codice, avuto riguardo allo  studio  di  impatto  ambientale
predisposto sempre dal proponente.
    5.2.- Osserva il ricorrente che le citate disposizioni  regionali
prevedono che  il  «gestore  ovvero  il  proponente,  all'atto  della
presentazione  dell'istanza  all'autorita'  competente,  provvede  ad
allegare  la  documentazione  relativa  alla   individuazione   delle
sorgenti  odorigene  significative,  alla   caratterizzazione   delle
sorgenti odorigene significative,  comprensiva  della  determinazione
della concentrazione di odore  e  della  portata  di  odore  e  della
determinazione della concentrazione delle singole sostanze,  odoranti
o traccianti anche non odoranti, e alla stima dell'impatto  olfattivo
delle emissioni, redatta secondo le indicazioni di  cui  all'allegato
annesso alle presenti disposizioni» (art. 3,  comma  1);  dispongono,
inoltre, che l'«assenza di sorgenti  odorigene  significative  dovra'
essere  certificata  dal  gestore  ovvero  dal  proponente   mediante
dichiarazione resa nelle forme di legge» (art. 3, comma 2). Le citate
disposizioni regionali esulano, pertanto, dalla competenza normativa,
da esercitare con leggi o regolamenti riconosciuta  alle  Regioni  ed
alle Province autonome dall'art. 7-bis, comma 8,  cod.  ambiente,  in
relazione alla organizzazione e alle  modalita'  di  esercizio  delle
funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche'
in riferimento all'eventuale  conferimento  di  tali  funzioni  o  di
compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali.
    Rimarca, infatti, l'Avvocatura  generale  che  tale  disposizione
limita espressamente siffatta potesta' normativa ad ambiti  piuttosto
circoscritti, potendo le Regioni e  le  Province  autonome  stabilire
regole  autonome  e  ulteriori  rispetto   alla   normativa   statale
esclusivamente  per  la  semplificazione  dei  procedimenti,  per  le
modalita' della consultazione del pubblico  e  di  tutti  i  soggetti
pubblici  potenzialmente  interessati,  per  il   coordinamento   dei
provvedimenti  e  delle  autorizzazioni  di  competenza  regionale  e
locale,  nonche'  per  la   destinazione   dei   proventi   derivanti
dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
    Di qui l'illegittimita'  della  norma  regionale  impugnata,  non
riconducibile ad alcuna delle  finalita'  in  vista  delle  quali  il
legislatore statale ha  riconosciuto  un  margine  di  intervento  ai
legislatori regionali.
    6.-   Il   ricorrente    denunzia,    ancora,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 5, della legge reg.  Puglia  n.  32
del 2018, per violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),
Cost., in relazione all'art. 279 cod. ambiente.
    6.1.- Secondo quanto previsto dalla  disposizione  censurata,  la
«violazione da parte del gestore delle prescrizioni impartite  e  dei
valori  limite  fissati  nei  provvedimenti,  anche  in  esito   alle
attivita' di cui al comma 2, determina l'applicabilita'  del  sistema
sanzionatorio gia' previsto dalle norme di settore».
    Il ricorrente - dopo  aver  premesso  che  la  previsione  appare
sommariamente formulata, in quanto il comma 2 richiamato non  prevede
attivita' in senso stretto, se non «dichiarative» -  ritiene  che  il
riferimento al «sistema sanzionatorio gia' previsto  dalle  norme  di
settore», contenuto nella norma censurata  debba  intendersi  siccome
rivolto alla disciplina statale di settore e dunque all'art. 279 cod.
ambiente,  che  contiene  la  disciplina  delle  sanzioni  penali   e
amministrative  per  le  violazioni  nel  campo  delle  emissioni  in
atmosfera.
    Ad avviso del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  la  norma
censurata    delinea,    dunque,     surrettiziamente     fattispecie
incriminatrici penali nuove, consistenti nella «violazione  da  parte
del gestore delle prescrizioni impartite e dei valori limite  fissati
nei provvedimenti», da punire appunto con le  sanzioni  previste  dal
citato art. 279 cod. ambiente. In  tal  modo,  la  previsione  va  ad
incidere  sull'«ordinamento  penale»,  ovverosia   su   una   materia
riservata in via esclusiva al legislatore statale ai sensi  dell'art.
117, secondo comma, lettera l), Cost.
    7.-  Infine,  il   ricorrente   adduce   anche   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 6 della legge reg. Puglia n. 32 del 2018 per
violazione sia dell'art. 123 Cost., in riferimento all'art. 44, commi
1 e 2, dello statuto reg. Puglia, sia  dell'art.  117,  sesto  comma,
Cost., in relazione agli artt. 7 e 7-bis cod. ambiente.
    7.1.- Il censurato art. 6 prevede, al  comma  1,  che  la  Giunta
regionale «con  propria  deliberazione  provved[a]  all'aggiornamento
dell'allegato annesso  alle  presenti  disposizioni».  Il  successivo
comma 2 dispone che la Giunta regionale «definisc[a] nel rispetto dei
principi di adeguatezza e proporzionalita', disposizioni  volte  alla
minimizzazione dell'impatto olfattivo per  particolari  categorie  di
attivita'».
    7.2.- Ad avviso del ricorrente, la norma reca, all'evidenza,  una
ipotesi di delegificazione  realizzata  in  contrasto  con  i  citati
parametri costituzionali e interposti.
    7.2.1.- Si sottolinea, in  primo  luogo,  che  le  norme  di  uno
statuto  regionale  ordinario   sono   adottate   all'esito   di   un
procedimento rinforzato  e,  dunque,  condizionano  la  validita'  di
quelle  prodotte  da  una  legge  regionale,  le  quali  non  possono
discostarsene, pena la violazione dell'art. 123 Cost. In particolare,
l'art. 44, comma 1,  secondo  periodo,  dello  statuto  reg.  Puglia,
prevede che la «legge regionale indica le norme da delegificare  e  i
principi che la Giunta regionale deve osservare  nei  regolamenti  di
delegificazione. Le materie oggetto di legislazione  concorrente  non
possono essere delegificate».
    La disposizione censurata si  discosterebbe  dalle  sopra  citate
previsioni statutarie perche': a) affida la modifica dell'allegato  a
una deliberazione di Giunta, laddove lo statuto esige un regolamento,
peraltro  da  approvare  nel  rispetto  di  specifiche   prescrizioni
procedurali (art. 44, comma 2, dello statuto reg. Puglia); b) risulta
del tutto carente sotto il profilo della indicazione dei principi che
dovrebbero guidare la Giunta nell'attivita' di  delegificazione,  non
potendosi al riguardo considerare sufficiente la generica  disciplina
posta dal sopra richiamato articolo 6,  comma  2,  della  legge  reg.
Puglia n. 32 del 2018; c) utilizza lo strumento della delegificazione
in violazione del divieto statutario per le materie  di  legislazione
concorrente, che, ancora piu' radicalmente, deve  ritenersi  precluso
per quelle di legislazione esclusiva statale, nelle quali le  Regioni
operano nello spazio lasciato dallo stesso legislatore statale.
    7.3.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  ancora,  la  fattispecie  di
delegificazione  introdotta  dalla  normativa  regionale   in   esame
contrasta altresi' con l'art. 117, sesto comma, Cost. per le seguenti
considerazioni.
    7.3.1.- Muovendo dal dato certo in forza del quale la  disciplina
contenuta nell'allegato di cui si  discute  ricade  certamente  nella
materia   esclusiva   statale   della    tutela    dell'ambiente    e
dell'ecosistema ex art. 117, comma secondo,  lettera  s),  Cost.,  il
ricorrente evidenzia altresi' che, in  forza  dell'evocato  parametro
costituzionale, nelle materie di legislazione statale  esclusiva,  le
Regioni possono esercitare potesta' regolamentare solo sulla base  di
una delega dello Stato.
    Con  riguardo  alla  disciplina  relativa  all'AIA,  tale  delega
scaturisce dall'art. 7, comma 7, cod.  ambiente,  che,  tuttavia,  si
riferisce esclusivamente all'autorizzazione integrata  ambientale  di
competenza  regionale.  Ne  deriva  che  la  disposizione   regionale
censurata viola l'art. 117, sesto comma, Cost., nella misura  in  cui
e' diretta a delegificare previsioni destinate  ad  applicarsi  anche
all'autorizzazione integrata ambientale di spettanza statale.
    In riferimento, poi,  alla  VIA,  l'art.  7-bis,  comma  8,  cod.
ambiente  riconosce  uno  spazio  d'intervento  alle   leggi   e   ai
regolamenti regionali esclusivamente in riferimento alle procedure di
loro competenza e per  profili  strettamente  delimitati,  dai  quali
esorbita la disciplina contenuta nell'allegato alla  legge  regionale
in esame.
    Ne deriva che l'art. 6, comma l, della legge reg. Puglia n. 32 de
2018 viola l'art. 117, sesto comma, Cost., nella  misura  in  cui  e'
diretto  a  delegificare  previsioni   espressamente   destinate   ad
applicarsi sia ai procedimenti di VIA di  spettanza  statale,  sia  a
quelli competenza regionale.
    8.- Con atto depositato il 29 ottobre 2018 si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Puglia, concludendo  per  la  inammissibilita'  o
comunque per la infondatezza delle censure.
    8.1.- La resistente in primo luogo ha rivendicato  il  potere  di
disciplinare la materia  delle  emissioni  odorigene  in  ragione  di
quanto  previsto  dall'art.  272-bis  cod.   ambiente,   evidenziando
altresi' che la potesta' di legiferare sul tema,  riconosciuta  dalla
citata norma statale, non risulta subordinata al preventivo esercizio
del potere di coordinamento, solo facoltativo ed eventuale,  previsto
dal comma 2 dello stesso art. 272-bis.
    Ad avviso della resistente, anche a voler ricondurre  la  materia
considerata  dalle  disposizioni  censurate  all'ambito  inerente  la
tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  non  puo'   al   contempo
disconoscersi che la  stessa  coinvolge  anche  aspetti  e  interessi
correlati  a  materie  ascritte  alla  competenza  concorrente  delle
Regioni, quali quelle del governo del territorio e della tutela della
salute, di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.
    A fronte di tale intersecarsi di  competenze,  la  resistente  ha
richiamato il costante orientamento di  questa  Corte  in  forza  del
quale le disposizioni regionali, emanate per il  coinvolgimento,  nel
bene  ambiente,  di  componenti  e  aspetti   concernenti   interessi
giuridicamente tutelati di cui sono portatrici anche le Regioni,  non
violano  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  laddove
rispettino gli standard di tutela minima garantiti  dalla  disciplina
statale, finendo piuttosto per meglio realizzare il valore ambientale
e innalzare i relativi livelli di tutela.
    Cio' premesso, la difesa della resistente rimarca che l'obiettivo
del legislatore regionale e' stato quello di  pervenire  ad  un  piu'
elevato livello di tutela della salubrita' dell'aria e dell'ambiente,
dettando  regole  che  consentano  di  inserire,  all'interno   delle
autorizzazioni ambientali, anche prescrizioni  volte  a  prevenire  e
ridurre gli effetti  delle  molestie  olfattive.  In  questa  cornice
l'art. 3, comma  4,  lettera  c),  della  legge  regionale  impugnata
dispone  che  l'autorita'  competente,  nell'ambito  dell'istruttoria
amministrativa prevista dalla normativa vigente, individua  i  valori
limite di emissione da rispettare,  finalizzati  a  contenere,  entro
valori  di  accettabilita',  l'impatto   olfattivo   prodotto   dalle
emissioni olfattive. Tali valori,  descritti  dall'Allegato  tecnico,
permetteranno   all'amministrazione   competente   di    prescrivere,
all'interno dell'autorizzazione, valori limite di emissione  espressi
come concentrazione di odore o portata di odore o  in  concentrazione
di singoli  odoranti  o  di  sostanze  traccianti  non  odoranti,  da
aggiungere ai presidi ed ai sistemi di trattamento individuati  dalle
best available technologies (BAT).
    8.2.- Rispetto alle  singole  censure,  la  resistente  eccepisce
anzitutto  l'inammissibilita',  per  la  genericita'   del   relativo
argomentare, delle prime  due  questioni,  indifferentemente  rivolte
agli artt. 1, comma 2, lettere a), b), c) e d), 3, 4, 5, 6,  7  e  9,
nonche' all'Allegato tecnico della legge reg. Puglia n. 32 del 2018.
    Non risulterebbero specificati i termini entro i quali le singole
disposizioni censurate abbiano  violato  i  parametri  costituzionali
evocati; genericita' resa ancor piu'  evidente  dalla  evocazione  di
molteplici parametri interposti, senza adeguatamente  argomentare  le
ragioni della loro ritenuta violazione.
    8.3.- Nel merito delle questioni, la difesa della Regione  Puglia
ne prospetta l'infondatezza perche'  le  ritiene  legate  a  una  non
corretta  interpretazione  delle  norme  impugnate,  nonche'  ad  una
erronea ricostruzione degli ambiti di competenza legislativa ascritti
allo Stato e alle Regioni nella materia in oggetto.
    8.4.- Quanto alle questioni prospettate per violazione  del  cod.
ambiente afferenti alla disciplina dettata in tema di AIA, la  difesa
della resistente ha negato l'addotto contrasto  tra  le  disposizioni
censurate e gli artt. 7, commi 4, 4-bis, 4-ter, 5 e 7,  29-septies  e
267, comma 3, cod. ambiente. La competenza legislativa della  Regione
Puglia troverebbe fondamento, in relazione alle emissioni  odorigene,
nel tenore dell'art. 272-bis del medesimo codice, che  si  estende  a
tutti gli stabilimenti e a tutte le attivita' che producono emissioni
in atmosfera e  che  legittima  le  Regioni  ad  introdurre  precetti
sostanziali quanto alla disciplina specifica tesa  a  delimitare  gli
impatti olfattivi conseguenziali  alle  attivita'  antropiche,  senza
dunque intaccare gli ambiti procedimentali definiti  dalla  normativa
statale, ma solo integrandone il portato con precipuo  riguardo  alle
ulteriori incombenze imposte dallo  specifico  profilo  appositamente
regolato, coerentemente con quanto  previsto  dall'Allegato  XI  alla
Parte II del citato d.lgs. n. 152 del 2006.
    Per le  medesime  ragioni,  la  resistente  ha  anche  contestato
l'affermata violazione dell'art. 271, comma  3,  cod.  ambiente,  non
senza rimarcare che tale ultima disposizione comunque  legittima,  in
termini  generali,  normative  regionali,  realizzate  anche  tramite
interventi  legislativi,  volte  a  determinare  valori  limite  alle
emissioni in atmosfera e prescrizioni con  l'unico  limite  afferente
all'obbligo  di  tener  conto  di  piani  e  programmi  di   qualita'
dell'aria, ove esistenti. Inoltre, ha escluso che le norme  censurate
siano in conflitto con l'art.  29-ter  cod.  ambiente,  imponendo  al
proponente  integrazioni   documentali   in   ambiti   procedimentali
riservati  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato,  quali   quelli
afferenti alle installazioni, agli impianti  soggetti  ad  AIA  e  ai
provvedimenti ambientali di competenza statale, perche' anche  questi
ultimi devono attenersi  alle  indicazioni  prescrittive  sostanziali
contenute nelle disposizioni legislative regionali  di  settore,  che
legittimamente completano il quadro normativo di riferimento.
    In  relazione  alla   addotta   violazione   del   principio   di
ragionevolezza ex art. 3 Cost., evocato in correlazione  al  disposto
del gia' citato art. 29-septies cod. ambiente, sul presupposto  della
mancata individuazione nella disciplina regionale impugnata di  tutte
le possibili sorgenti emissive coinvolte nella  determinazione  delle
relative   prescrizioni,   se   ne    evidenzia    per    un    verso
l'indeterminatezza,  e  dunque  l'inammissibilita'  (perche'  non  si
precisa a quale parametro limite si riferisce la  censura  ne'  quale
sia la disposizione, tra  quelle  censurate,  che  arreca  il  vulnus
addotto); per altro verso  l'infondatezza,  in  considerazione  degli
obiettivi e dei conseguenti contenuti precettivi  delle  disposizioni
regionali censurate, destinate a regolare le emissioni  odorigene  in
relazione  alla  provenienza  da  una   sorgente   produttiva   e   a
determinare, in relazione a siffatta sorgente,  i  valori  limite  di
volta in volta da rispettare, senza pretese di  esaustivita',  quanto
alle  possibili  fonti  di  emissioni   olfattive   nell'ambiente   e
nell'atmosfera.
    8.5.- In relazione  alle  questioni  prospettate  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., per assunto contrasto
degli artt. 1, comma 2, lettere c) e d), 3, 4, 5, 6, 7 e  9,  nonche'
delle  previsioni  contenute  nell'Allegato   tecnico   della   legge
regionale impugnata con gli artt. 7-bis, comma 8, 19, 22  e  23  cod.
ambiente in tema di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA,  la
difesa della resistente ha  evidenziato  che  lo  studio  preliminare
ambientale  (richiamato  dall'art.  19),  descritto   nei   contenuti
dall'Allegato IV-bis alla Parte II del citato codice, per  evitare  o
prevenire impatti ambientali significativi e  negativi,  deve  tenere
conto  delle  pertinenti  valutazioni  degli  effetti   sull'ambiente
compiute in base alle normative  di  riferimento,  anche  di  matrice
regionale.
    In coerenza, anche lo  studio  di  impatto  ambientale,  previsto
dall'art. 22 cod. ambiente e descritto dall'Allegato VII  alla  Parte
II del medesimo codice, nel definire  le  connotazioni  del  progetto
anche in relazione alle emissioni previste e ai possibili profili  di
impatto ambientale ad esse  correlate,  ad  avviso  della  resistente
dovra' tenere conto  delle  discipline  regionali  di  settore  anche
quando il titolo ambientale e' di competenza statale.
    Ne' rileverebbe, secondo  la  resistente,  il  richiamo  all'art.
7-bis, comma 8, cod. ambiente, il quale, in tema di VIA e verifica di
assoggettabilita' a VIA, detta i criteri ai quali devono ispirarsi le
Regioni nel definire gli ambiti  organizzativi  e  procedimentali  di
loro spettanza.  Ad  avviso  della  resistente,  le  norme  censurate
contengono prescrizioni di natura sostanziale  cui  devono  attenersi
gli stabilimenti nell'ottica volta ad evitare,  prevenire  e  ridurre
l'impatto olfattivo  correlato  alle  emissioni  odorigene  derivanti
dalle attivita' antropiche.
    Le  relative  disposizioni  -  sottolinea  la  resistente  -  non
costituiscono un aggravio procedimentale;  rappresentano,  sul  piano
delle incombenze istruttorie imposte  dalle  esigenze  di  provvedere
alla compiuta valutazione delle emissioni  odorigene  correlate  alle
singole installazioni, il  corollario  logico  imprescindibile  delle
verifiche finalizzate ad eliminare o ridurre  gli  impatti  olfattivi
nell'ottica del comune obiettivo della tutela ambientale,  realizzato
dalla normativa regionale impugnata.
    8.6.- La difesa della Regione ha sostenuto  anche  l'infondatezza
della questione avente ad oggetto l'art. 3, comma 5, della legge reg.
Puglia n. 32 del 2018,  prospettata  con  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera l),  Cost.  in  relazione  all'art.  279  cod.
ambiente. Ad avviso della resistente, la possibilita'  che  la  norma
regionale impugnata renda applicabili le sanzioni,  amministrative  e
penali, previste dalla citata normativa statale, ai casi  in  cui  si
riscontri   una   violazione   delle   prescrizioni   contenute   nei
provvedimenti amministrativi in attuazione della  disciplina  dettata
dalla Regione in tema di emissioni odorigene, non darebbe corpo  alla
creazione di una nuova fattispecie criminosa ma realizza,  piuttosto,
la riconducibilita' di un caso concreto  all'astratta  previsione  di
legge.
    8.7.- Secondo la resistente, infine, non coglie nel segno nemmeno
l'ultima delle censure prospettate nel ricorso, riferita  all'art.  6
della legge regionale impugnata.
    Le  disposizioni  impugnate  non  darebbero   luogo   ad   alcuna
delegificazione, in quanto prevedono  esclusivamente  l'aggiornamento
di  un  contenuto   meramente   tecnico,   quale   quello   descritto
nell'allegato, cosi' da riportare  l'atto  in  questione  all'interno
delle competenze espressamente proprie della Giunta regionale.
    In ogni caso, non rileverebbe il mancato riferimento  alla  forma
regolamentare, perche'  si  prevede  comunque  la  forma  tipica  dei
provvedimenti normativi e generali propria delle deliberazioni  della
Giunta, senza peraltro escludere aprioristicamente l'acquisizione del
parere  della  commissione  consiliare  competente  in  materia,  non
incompatibile con tali determinazioni.
    Infine, la Regione evidenzia che la censura risulta  contraddetta
dalla stessa normativa statale dettata in materia di emissioni, anche
odorigene, nell'atmosfera, in  forza  delle  quali  risulta  in  piu'
occasioni   legittimata   la    normazione    regionale    attraverso
provvedimenti e atti generali.
    9.- La difesa della resistente ha depositato, in data  13  maggio
2019, una memoria con la quale ha ribadito le difese svolte nell'atto
di costituzione.
    10.- In data 14 maggio 2019, l'Avvocatura Generale dello Stato ha
depositato memoria, con la quale, nel  confermare  le  argomentazioni
sottese alle questioni prospettate con il ricorso, ha replicato  alle
difese della Regione resistente.

                       Considerato in diritto

    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
depositato il 26 settembre 2018  (reg.  ric.  n.  66  del  2018),  ha
impugnato gli artt. 1, comma 2, lettere a), b), c) e d), 3, 4, 5,  6,
7 e 9, nonche' l'intero Allegato tecnico della  legge  della  Regione
Puglia 16 luglio 2018, n. 32  (Disciplina  in  materia  di  emissioni
odorigene).
    2.- Le disposizioni della legge regionale impugnata sono volte  a
evitare, prevenire e  ridurre  l'impatto  olfattivo  derivante  dalle
emissioni in atmosfera legate  alle  attivita'  antropiche  (art.  1,
comma 1). Esse sostituiscono la disciplina previgente nel  territorio
di riferimento, contenuta nella legge della Regione Puglia 22 gennaio
1999, n. 7  (Disciplina  delle  emissioni  odorifere  delle  aziende.
Emissioni derivanti da sansifici.  Emissioni  nelle  aree  a  elevato
rischio di crisi ambientale), ora abrogata (art. 8).
    3.- Giova premettere che la disciplina dettata dalla  legge  reg.
Puglia n. 32 del 2018, in caso  di  presenza  di  sorgenti  odorigene
significative, e' destinata a trovare applicazione, in  primo  luogo,
in relazione alle installazioni e agli stabilimenti (art. 1, comma 2,
lettera  f),  sottoposti,  in   tema   di   emissioni   atmosferiche,
all'autorizzazione prevista dall'art. 269 del decreto  legislativo  3
aprile 2006 n. 152, recante «Norme in materia ambientale» (da ora  in
avanti: cod. ambiente).
    La  disciplina  regionale,  per  quel  che   qui   immediatamente
interessa,  risulta  altresi'  estesa  alle  installazioni  (e   alle
relative modifiche sostanziali) soggette ad autorizzazione  integrata
ambientale (AIA),  sia  di  competenza  statale,  sia  di  pertinenza
regionale, in ragione  di  quanto  previsto  dall'art.  1,  comma  2,
lettere  a)  e  b);  ancora,  ai  progetti  soggetti  a  verifica  di
assoggettabilita' a valutazione di impatto ambientale o a valutazione
di impatto ambientale (VIA), alle relative  modifiche  sostanziali  o
alle estensioni dei progetti  in  questione,  anche  in  questo  caso
indipendentemente dalla competenza regionale o statale a  rendere  il
relativo titolo (art. 1, comma 2, lettere c e d).
    4.- Il riferimento all'art. 1, comma 2, lettere a), b), c) e  d),
della legge reg. Puglia n. 32 del 2018 assume un significato decisivo
nella corretta delimitazione dell'oggetto del ricorso che  interessa.
Consente,  infatti,  di  suddividere  le  censure   prospettate   dal
ricorrente in tre diversi gruppi.
    4.1.- In particolare, i primi due  gruppi  hanno  ad  oggetto  la
struttura portante della legge regionale in esame: in entrambi i casi
il Presidente del Consiglio dei ministri contesta, infatti, gli artt.
3, 4, 5, 6, 7 e 9 della legge regionale impugnata,  nonche'  l'intero
Allegato tecnico ad essa.
    Entrambi i gruppi di censure, inoltre,  risultano  ancorati  alla
addotta violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),  della
Costituzione perche' in asserito contrasto  con  alcune  disposizioni
del  cod.  ambiente;  disposizioni,  queste  ultime,  tuttavia,   non
coincidenti.
    Con riguardo ai parametri interposti, infatti, muta la visuale di
riferimento dei relativi motivi di impugnazione.
    4.1.1.- Nel primo gruppo di censure,  le  disposizioni  impugnate
sono contestate dal ricorrente perche' se ne prevede l'applicabilita'
anche  alle  installazioni  soggette  ad  AIA,  comprese  quelle   di
competenza statale: in questo senso appare decisiva l'inclusione, tra
le disposizioni  oggetto  di  impugnazione,  anche  delle  previsioni
contenute nelle lettere a) e b) del comma 2 dell'art. 1  della  legge
reg. Puglia n. 32 del 2018, che prevedono siffatta estensione. Ed  in
coerenza, a sostegno dell'addotta violazione dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., viene prospettato il contrasto delle  norme
regionali  impugnate  con  alcune  disposizioni  del  cod.   ambiente
relative, per l'appunto, alla disciplina dell'AIA.
    Giova altresi' rimarcare che in questo specifico contesto risulta
allocata, nel corpo del ricorso,  altra  specifica  censura,  rivolta
alle  medesime  disposizioni  ma  ancorata   all'addotta   violazione
dell'art. 3 Cost., per irragionevolezza della relativa disciplina.
    4.1.2.- Nel secondo gruppo di censure, le stesse norme  regionali
(artt. 3, 4, 5,  6,  7  e  9,  nonche'  dell'Allegato  tecnico)  sono
censurate perche' ne e' prevista l'applicabilita' anche  ai  progetti
soggetti a VIA e a verifica di assoggettabilita'  a  VIA,  come  reso
evidente dall'immediato riferimento (anche) alle lettere c) e d)  del
medesimo comma 2 dell'art. 1, nonche' ai parametri interposti  a  tal
fine evocati, sempre interni  al  cod.  ambiente,  ma  immediatamente
afferenti, per l'appunto, alla disciplina riguardante la VIA.
    4.1.3.- Il terzo gruppo di censure riguarda singole  disposizioni
della legge reg. Puglia n. 32 del 2018, non necessariamente collegate
alla normativa statale dettata in materia di AIA e di VIA.
    In particolare, seguendo l'ordine di prospettazione del  ricorso,
viene contestato il solo comma  5  dell'art.  3,  che  il  ricorrente
ritiene in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
    Si censura, infine, l'art. 6  della  legge  regionale  impugnata,
prospettandone l'illegittimita' costituzionale  in  riferimento  agli
artt. 123 e 117, sesto comma, Cost.
    5.- Sia la descrizione  delle  censure  che  lo  scrutinio  delle
singole questioni da rendere alla luce delle difese della  resistente
impongono  una  preliminare  descrizione  del  quadro  normativo   di
riferimento all'interno del quale le disposizioni regionali impugnate
sono destinate ad operare.
    5.1.-  Sotto  questo  profilo  non  puo'  non  sottolinearsi,  in
premessa, che la legislazione statale, mentre disciplina  in  termini
organici  il  tema  dell'incidenza  inquinante  delle  emissioni   in
atmosfera (in particolare, Titolo I della  Parte  V  cod.  ambiente),
ancora oggi (malgrado cio' che si dira' di qui a poco in ordine  alla
innovazione apportata dall'introduzione dell'art.  272-bis  nel  cod.
ambiente) non prende in considerazione, con previsioni di sistema, il
tema degli impatti olfattivi determinati dalle emissioni derivanti da
attivita' antropiche.
    5.2.- Siffatta carenza sistemica non ha  tuttavia  impedito  alla
prassi amministrativa di dare comunque rilievo all'impatto ambientale
da ascrivere  alle  emissioni  odorigene  derivanti  dalle  attivita'
produttive, muovendo dall'ampia nozione di  inquinamento  atmosferico
contenuta nell'art. 268 cod. ambiente.
    Non  raramente,  infatti,  le  amministrazioni  competenti  hanno
inserito, all'interno delle autorizzazioni ex art. 269 cod. ambiente,
anche  in  occasione  dei  titoli  abilitativi  legati  a  iniziative
produttive maggiormente impattanti sotto  questo  profilo,  oneri  di
monitoraggio e prescrizioni limitative volte a prevenire o ridurre il
portato  delle  possibili  emissioni  maleodoranti.  Scelte,   queste
ultime,  in  linea  di  principio  asseverate  dalla   giurisprudenza
amministrativa malgrado  l'assenza  di  una  disciplina  organica  di
riferimento, rinvenibile anche nella normativa di matrice unionale.
    5.3.- Tale carenza normativa, per altro  verso,  ha  permesso  un
margine d'azione, nel settore in esame, alle Regioni, le  quali,  per
lo piu' tramite regolamenti o altri atti amministrativi generali  (in
genere  assunti  nella  forma  delle  delibere  di   Giunta),   hanno
provveduto a disciplinare la materia, dettando linee  guida  riferite
ai valori di emissione, metodi  di  monitoraggio,  nonche'  ulteriori
incombenti a completamento della  documentazione  di  supporto  delle
relative istanze, destinati ad integrare l'azione  amministrativa  di
riferimento.
    Sotto questo profilo, va in particolare rimarcato che la  Regione
Puglia e' stata tra le prime ad attivarsi in tal  senso,  scegliendo,
peraltro, di disciplinare la materia con legge (la gia' citata  legge
reg. Puglia n. 7 del 1999, nel tempo piu'  volte  modificata  e  oggi
sostituita dalle disposizioni impugnate).
    5.4.- Come anticipato, il silenzio della normativa nazionale  sul
tema in esame e' stato interrotto con l'introduzione, all'interno del
Titolo I della Parte V cod. ambiente,  dell'art.  272-bis,  ad  opera
dell'art. 1, comma 1, lettera f), n. 8, del  decreto  legislativo  15
novembre 2017, n.  183,  recante  «Attuazione  della  direttiva  (UE)
2015/2193 del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del  25  novembre
2015, relativa alla limitazione  delle  emissioni  nell'atmosfera  di
taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi,  nonche'
per il riordino del quadro normativo degli stabilimenti che producono
emissioni nell'atmosfera, ai sensi dell'articolo 17  della  legge  12
agosto 2016, n. 170».
    5.4.1.- Con  l'obiettivo,  reso  esplicito  dai  relativi  lavori
preparatori, di razionalizzare «una serie  di  poteri  gia'  previsti
dalle rispettive leggi regionali», il menzionato art. 272-bis dispone
che la «normativa regionale o  le  autorizzazioni  possono  prevedere
misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni  odorigene
degli stabilimenti di cui al presente titolo». Prevede,  ancora,  che
tali misure, tra l'altro, possono «[...] includere  [...]  a)  valori
limite  di  emissione  [...];  b)   prescrizioni   impiantistiche   e
gestionali e criteri  localizzativi  per  impianti  e  per  attivita'
aventi un potenziale impatto odorigeno [...]; c)  procedure  volte  a
definire,  nell'ambito  del   procedimento   autorizzativo,   criteri
localizzativi in  funzione  della  presenza  di  ricettori  sensibili
nell'intorno dello stabilimento;  d)  criteri  e  procedure  volti  a
definire, nell'ambito del procedimento autorizzativo, portate massime
o concentrazioni massime di emissione odorigena [...]; e)  specifiche
portate massime  o  concentrazioni  massime  di  emissione  odorigena
espresse in unita' odorimetriche (ouE/m3 o ouE/s)  per  le  fonti  di
emissioni odorigene dello stabilimento».
    L'art. 272-bis, comma 2, dispone, inoltre, che il «Coordinamento»
previsto dall'art. 20 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n.  155
(Attuazione  della  direttiva  2008/50/CE  relativa   alla   qualita'
dell'aria ambiente  e  per  un'aria  piu'  pulita  in  Europa)  possa
elaborare indirizzi in relazione alle misure  previste  dal  medesimo
articolo.  Si  prevede,  altresi',  che  attraverso   «l'integrazione
dell'allegato  I  alla  Parte  Quinta,  con  le  modalita'   previste
dall'articolo 281, comma 6», possano  essere  previsti,  anche  sulla
base dei lavori del Coordinamento, valori limite e  prescrizioni  per
la prevenzione e  la  limitazione  delle  emissioni  odorigene  degli
stabilimenti di cui  al  Titolo  I  della  Parte  II  cod.  ambiente,
«inclusa la definizione di metodi di monitoraggio e di determinazione
degli impatti».
    5.4.2.- All'evidenza,  dunque,  il  legislatore  statale  non  ha
inteso introdurre una disciplina organica e complessiva  dei  profili
inquinanti correlati alle emissioni odorigene, lasciando alle Regioni
il compito di  regolamentare  il  settore,  ma  si  e'  riservato  la
possibilita', con le modalita' previste dal comma 2 del  citato  art.
272-bis,  di  introdurre  valori  limite  e   prescrizioni   generali
destinate  a  valere  per  l'intero  territorio  nazionale  in   modo
uniforme.
    5.5.- La normativa regionale impugnata si  inserisce  all'interno
della cornice normativa descritta in precedenza, oggi meglio definita
dal tenore dell'art. 272-bis del cod. ambiente.
    5.5.1.- Per quanto emerge dai rispettivi lavori  preparatori,  la
disciplina regionale censurata dal ricorrente muove dall'esigenza  di
modificare il previgente dato normativo, offerto dalla  citata  legge
n. 7 del 1999, aggiornandone il  campo  di  applicazione,  garantendo
uniformita' alle attivita' di monitoraggio, definendo  in  modo  piu'
puntuale  le  attivita'  ascritte  all'Agenzia   regionale   per   la
prevenzione e la protezione  dell'ambiente  (ARPA)  Puglia  e  infine
modificando  l'Allegato  tecnico  cui  gia'  nel  corpo  della  legge
previgente era  assegnato  il  compito  di  contenere  le  specifiche
attraverso le quali  pervenire  alla  determinazione  dei  valori  di
accettabilita' dell'impatto olfattivo da prescrivere all'interno  dei
relativi titoli abilitativi.
    5.5.2.- Come anticipato, l'art. 1,  comma  1,  della  legge  reg.
Puglia n. 32  del  2018  contiene  le  indicazioni  finalistiche  del
relativo intervento, mentre il comma  2  dello  stesso  articolo,  in
linea peraltro con quanto previsto dalla previgente disciplina  (art.
1-bis della legge regionale n. 7  del  1999),  estende  il  campo  di
applicabilita' delle disposizioni in esame anche oltre i  limiti  del
Titolo I  della  Parte  V  cod.  ambiente:  oltre  agli  stabilimenti
soggetti  all'autorizzazione  di  cui  all'art.  269  cod.   ambiente
(richiamato dalla lettera f del  comma  2  dell'art.  1  della  legge
regionale impugnata) viene fatto riferimento espresso,  tra  l'altro,
alle installazioni (e alle modifiche alle installazioni) soggette  ad
AIA, e ai progetti sottoposti a VIA e a verifica di assoggettabilita'
a VIA (lettere a, b, c e d).
    L'elenco delle definizioni  e'  contenuto  nell'art.  2,  rimasto
estraneo alle censure del ricorrente, al pari dell'art. 8 (che,  come
gia' evidenziato, dispone l'abrogazione della previgente legge  n.  7
del 1999).
    5.5.3.- Il  cuore  della  normativa  in  questione  e'  collocato
nell'art. 3.
    Laddove si sia in presenza di sorgenti odorigene significative  -
tali dovendosi ritenere quelle che ai sensi  dell'art.  2,  comma  1,
lettera g), della legge  reg.  Puglia  n.  32  del  2018,  hanno  una
«portata di odore» o «una concentrazione di odore» maggiore o  uguale
ai  valori  soglia  determinati  mediante   olfattometria   dinamica,
«applicando la norma UNI EN 13725:2004» (di cui all'Allegato tecnico,
punto 3, capoverso 2) - il citato art. 3, comma 1, impone al  gestore
o al proponente l'onere di  allegare,  all'atto  della  presentazione
dell'istanza all'autorita'  competente  «la  documentazione  relativa
alla individuazione  delle  sorgenti  odorigene  significative,  alla
caratterizzazione delle sorgenti odorigene significative, comprensiva
della determinazione della concentrazione di odore e della portata di
odore e  della  determinazione  della  concentrazione  delle  singole
sostanze, odoranti o traccianti anche  non  odoranti,  e  alla  stima
dell'impatto  olfattivo   delle   emissioni,   redatta   secondo   le
indicazioni di cui all'allegato annesso alle presenti disposizioni».
    5.5.4.- Secondo quanto previsto dal comma 4 del medesimo art.  3,
nell'ambito  della  relativa  istruttoria  prevista  dalla  normativa
vigente, l'autorita'  competente,  anche,  avvalendosi  del  supporto
tecnico di ARPA  Puglia,  e'  tenuta  a  valutare  la  documentazione
presentata; a verificare, anche sulla base  delle  migliori  tecniche
disponibili, l'adeguatezza degli accorgimenti  tecnici  e  gestionali
proposti dal gestore al  fine  di  garantire  il  contenimento  delle
emissioni  odorigene,  tenendo  conto   delle   caratteristiche   del
territorio e della presenza di  potenziali  recettori  sensibili;  ad
individuare i valori limite di emissione che devono essere rispettati
al fine di contenere  entro  i  valori  di  accettabilita'  l'impatto
olfattivo  prodotto  dalle  emissioni  odorigene;  a   formulare   le
eventuali prescrizioni tecniche e gestionali, definendone la relativa
tempistica, per il contenimento  delle  emissioni  odorigene  sia  in
condizioni di normale attivita' sia in condizioni diverse dal normale
esercizio; a definire le misure e le  modalita'  e  le  frequenze  di
monitoraggio delle emissioni odorigene.
    5.5.5.- Il comma 5 del citato  art.  3  estende  alla  violazione
delle prescrizioni  impartite  e  dei  valori  limite  contenuti  nei
provvedimenti, resi in applicazione delle  relative  disposizioni  di
legge, il sistema sanzionatorio previsto dalle norme di settore.
    I successivi artt. 4 e 5 definiscono i compiti ascritti sul  tema
ad ARPA Puglia  con  riferimento  all'attivita'  di  controllo  delle
prescrizioni   contenute   nei   relativi   titoli   abilitativi   e,
rispettivamente, in ordine alle modalita' attraverso le  quali  vanno
gestite le segnalazioni di disturbo olfattivo; l'art. 7 disciplina il
regime  transitorio,  mentre  l'art.  9  attiene   agli   adempimenti
consequenziali in capo alle amministrazioni interessate.
    5.5.6.- Costituisce parte integrante  della  legge  regionale  in
esame un Allegato tecnico, all'interno del  quale  si  rinvengono  le
indicazioni tecniche funzionali alla determinazione  delle  emissioni
odorigene, alla stima  previsionale  dell'impatto  olfattivo  e  alla
determinazione dell'impatto olfattivo o  dell'esposizione  olfattiva.
Tra queste, assumono un rilievo fondamentale le previsioni  afferenti
ai  valori  di  accettabilita'  dell'impatto  olfattivo,  fissati  in
funzione  delle  classi  di  sensibilita'  dei  ricettori,  punto  di
riferimento dei valori limite e delle prescrizioni da  riportare  nel
provvedimento abilitativo (punti 19 e 20 dell'Allegato).
    5.5.7.- Infine, l'art. 6 della legge regionale impugnata  prevede
le modalita' attraverso le quali e' demandata alla  Giunta  regionale
la possibilita' di aggiornare il citato Allegato tecnico.
    6.- Tanto premesso,  puo'  ora  procedersi  alla  disamina  delle
singole questioni prospettate dal  ricorso,  prendendo  le  mosse  da
quelle  concernenti  l'asserita  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. per contrasto con la disciplina dettata  dal
cod. ambiente in tema di AIA.
    6.1.- Il ricorrente evidenzia che gli artt. 3, 4 e 5 della  legge
reg.  Puglia  n.  32  del  2018  definiscono  la  procedura  per   la
valutazione  dell'accettabilita'  degli  impatti   olfattivi   mentre
l'Allegato tecnico stabilisce e dettaglia i metodi di monitoraggio  e
di determinazione degli impatti, nonche'  i  criteri  di  valutazione
degli stessi sul territorio. Cio' sul presupposto di  una  competenza
legislativa che troverebbe riferimento nel citato art.  272-bis  cod.
ambiente.
    6.1.1.- Cio' posto, ad avviso del ricorrente la  possibilita'  di
estendere l'applicabilita' del citato art. 272-bis cod. ambiente alle
installazioni  soggette  ad  AIA,  espressamente  considerate   dalla
normativa regionale censurata in ragione di quanto dettato  dall'art.
1, comma 2, lettere a) e b),  sarebbe  tuttavia  esclusa  dal  tenore
dell'art. 267, comma 3, cod. ambiente; disposizione, quest'ultima, in
forza della quale, per  le  dette  installazioni,  la  disciplina  di
riferimento e' quella offerta dal Titolo III-bis della Parte  II  del
medesimo codice.
    6.1.2.- Osserva, ancora, il ricorrente  che  ai  sensi  dell'art.
271, comma 3, cod. ambiente e' riconosciuta alle Regioni la  facolta'
di  adottare  con  legge  «appositi  valori  limite  di  emissione  e
prescrizioni, anche  inerenti  le  condizioni  di  costruzione  o  di
esercizio e i combustibili utilizzati»,  ma  solo  per  le  attivita'
scarsamente rilevanti di cui al comma 1 dell'art.  272  dello  stesso
cod. ambiente, ovvero le attivita' per le quali non  e'  previsto  il
rilascio di una  autorizzazione  alle  emissioni.  Per  le  attivita'
soggette ad autorizzazione, invece, e' necessario  che  cio'  avvenga
attraverso i piani e i programmi previsti dal d.lgs. n. 155 del 2010:
il comma 4 del medesimo art. 271 cod. ambiente prevede, infatti,  che
«[i] piani e i programmi di qualita' dell'aria previsti  dal  decreto
legislativo 31 agosto 2010, n. 155 possono stabilire appositi  valori
limite  di  emissione  e  prescrizioni  piu'  restrittivi  di  quelli
contenuti negli Allegati I, II e  III  e  V  alla  parte  quinta  del
presente decreto, anche inerenti le condizioni di  costruzione  o  di
esercizio,  purche'  cio'  sia  necessario  al  perseguimento  ed  al
rispetto dei valori e degli obiettivi di qualita' dell'aria».
    6.1.3.- Le disposizioni impugnate sarebbero in contrasto, ancora,
con gli artt. 7, commi 4, 4-bis, 5  e  7  cod.  ambiente,  in  quanto
disciplinano procedure e attivita' che spettano allo Stato in materia
di AIA, poiche' relative agli impianti di cui all'Allegato  XII  alla
Parte II, eccedendo il potere legislativo riconosciuto  alle  Regioni
dal comma 7 dell'art. 7 del citato codice.
    6.1.4.- Avuto riguardo, poi,  al  quadro  normativo  dettato  dal
Titolo III-bis della Parte II cod. ambiente in  materia  di  AIA,  il
ricorrente evidenzia che le  citate  disposizioni  della  legge  reg.
Puglia n. 32 del 2018 devono ritenersi in contrasto:  a)  con  l'art.
29-ter cod. ambiente, in quanto la legge regionale  prevede  all'art.
3, per la presentazione delle istanze di AIA di  competenza  statale,
l'obbligo   di   produrre,   nell'ambito   dell'istanza,    ulteriore
documentazione  e  informazioni  rispetto  a  quanto  previsto  dalla
normativa statale; b) con il successivo art. 29-septies,  perche'  la
legge regionale non solo non si  configura  come  uno  «strumento  di
programmazione o  di  pianificazione»,  ma  non  considera,  inoltre,
«tutte le  sorgenti  emissive  coinvolte»,  in  quanto  le  emissioni
odorigene sono  riconducibili  anche  ad  altri  fonti  emissive  non
considerate  dalle  disposizioni  qui  censurate  (quali  traffico  e
riscaldamento civile), non individua chiaramente quali sono le  norme
di qualita' ambientale per cui e' necessario attuare le  prescrizioni
in materia di  emissioni  odorigene,  ne',  infine,  prevede  che  le
prescrizioni  da  dettare  per  i  singoli  impianti   in   sede   di
autorizzazione siano richieste dalla Regione in sede di conferenza di
servizi,  ma  piuttosto  dispone  che  le  stesse  vengano   inserite
d'ufficio nell'autorizzazione integrata  ambientale;  c)  con  l'art.
29-sexies, comma 3, cod. ambiente, perche' non introducono  l'obbligo
di  rispettare  «valori  limite  di  emissione»  nel  territorio,  ma
impongono  l'adozione   di   specifiche   misure   di   monitoraggio,
costruttive e di gestione.
    6.1.5.- Il ricorrente, all'interno del gruppo di censure  rivolte
all'insieme di norme che costituiscono la  struttura  portante  della
legge regionale impugnata (artt. 3,  4,  5,  6,  7,  9  e  l'Allegato
tecnico),  viste,   tuttavia,   sempre   nell'ottica   dell'affermato
contrasto con la disciplina  statale  prevista  in  materia  di  AIA,
adduce, altresi', l'irragionevolezza della  disciplina  impugnata  ai
sensi dell'art.  3  Cost.,  letto  in  stretta  correlazione  con  il
disposto di cui al gia' evocato art. 29-septies cod. ambiente.
    6.2.- La difesa della Regione resistente, con riguardo a siffatto
gruppo   di   questioni,   in   via   pregiudiziale    ha    eccepito
l'inammissibilita' in parte  qua  del  ricorso,  per  la  genericita'
dell'assunto che le sostiene.
    6.2.1.- L'eccezione e' infondata.
    Lo snodo decisivo dell'impugnazione rivolta al  primo  gruppo  di
norme  contestate  con  il  ricorso  va  rinvenuto   nella   disposta
estensione della disciplina prevista dalla legge reg.  Puglia  n.  32
del 2018 alle installazioni soggette ad AIA.
    In questo senso, assume valenza fondamentale l'impugnazione delle
disposizioni contenute nell'art. 1, comma 2, lettere  a)  e  b),  che
tale estensione prevedono; di contro, l'ulteriore insieme delle norme
regionali attinte dall'impugnazione, che rappresentano il cuore della
disciplina regionale contestata con il  ricorso,  risultano  evocate,
quantomeno in prima battuta, sostanzialmente per ribadire la  ragione
di contrasto posta fondamentalmente a  sostegno  delle  questioni  in
esame.
    In  altre   parole,   non   se   ne   denunzia   l'illegittimita'
costituzionale in se', ma solo in  vista  della  disposta  estensione
alle installazioni soggette ad AIA.
    6.2.2.- Cosi' letto, il  ricorso  non  soffre  della  genericita'
eccepita dalla difesa della resistente.
    Le norme impugnate (art. 1, comma 2, lettere a e b), della  legge
regionale  in   esame),   essenziali   nell'ottica   perseguita   dal
ricorrente, risultano, infatti, puntualmente indicate  e  altrettanto
compiutamente scrutinate sul piano argomentativo quanto alle  ragioni
di addotta  illegittimita'  costituzionale  (la  conflittualita'  con
l'art. 267, comma 3, cod. ambiente), avuto riguardo, in  particolare,
alla lamentata lesione dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost.
    6.2.3.- Ne' rileva che il contenuto dell'art. 1, comma 1, lettere
a) e b), di fatto reiteri, anche in  parte  qua,  quello  in  origine
previsto dall'art. 1-bis della legge  reg.  Puglia  n.  7  del  1999,
introdotto nell'impianto della citata legge  regionale  in  forza  di
quanto previsto dall'art. 2,  comma  1,  della  legge  della  Regione
Puglia 16 aprile 2015, n.  23  (Modifiche  alla  legge  regionale  22
gennaio 1999, n. 7, come modificata e integrata dalla legge regionale
14 giugno 2007, n. 17) ed ora abrogato dall'art. 8 della  legge  reg.
Puglia n. 32 del 2018.
    Secondo il costante orientamento di questa  Corte,  infatti,  non
osta   all'ammissibilita'    della    questione    di    legittimita'
costituzionale  in  via  principale  l'integrale  coincidenza   della
disposizione impugnata con il testo di altra anteriore non impugnata,
atteso che l'istituto dell'acquiescenza non e' applicabile ai giudizi
in via principale e che la  norma  impugnata  ha  comunque  l'effetto
di reiterare la lesione da cui deriva l'interesse a  ricorrere  dello
Stato (ex plurimis, sentenze n. 60 e n. 41 del 2017).
    6.3.-  Nel  merito,  e'  fondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettere a)  e  b),  della  legge
reg. Puglia n. 32 del 2018, per  violazione  dell'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., con riguardo  all'addotto  contrasto  delle
dette disposizioni regionali con l'art. 267, comma 3, cod. ambiente.
    6.3.1.- Come gia' evidenziato, la normativa regionale  contestata
dal ricorrente  e'  espressamente  estesa  anche  alle  installazioni
soggette  ad  AIA,  sia  di  competenza  statale  sia  di  pertinenza
regionale, secondo la ripartizione prevista dall'art. 7, commi  4-bis
e 4-ter, cod. ambiente.
    L'art. 1, comma 2, lettere a) e b),  nel  concorrere  a  definire
l'ambito  di  applicazione  della  legge  regionale  sottoposta  allo
scrutinio di questa Corte, fa, infatti, indifferente riferimento agli
Allegati VIII (che individua le installazioni soggette ad AIA) e  XII
(che tra quelle  descritte  all'interno  del  citato  Allegato  VIII,
seleziona le installazioni di competenza statale) alla Parte II  cod.
ambiente.
    La relativa disciplina, dunque, finisce per sovrapporsi a  quella
dettata dal cod. ambiente, in  un  ambito  certamente  ascritto  alla
materia  della  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  pertanto,
riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ex  art.
117, secondo comma, lettera s),  Cost.  Riserva,  questa,  che  nella
materia  in  esame  diviene   ancora   piu'   rigorosa   laddove   le
installazioni interessate siano assoggettate  ad  AIA  di  competenza
statale (sentenza n. 141 del 2014),  rispetto  alle  quali  non  sono
operativi gli spazi di azione riconosciuti alle Regioni dallo  stesso
cod. ambiente, delimitati nei termini definiti dall'art. 7, comma  7,
del citato codice.
    6.3.2.- La  difesa  della  Regione  resistente,  nel  contrastare
l'addotto difetto  di  competenza,  per  un  verso  evoca  il  tenore
dell'art. 272-bis cod. ambiente, per altro  verso  evidenzia  che  le
norme impugnate si legano comunque a titoli di competenza legislativa
regionale concorrente (quali il governo del territorio  e  la  tutela
della salute) ai sensi dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.  tali  da
legittimare interventi normativi che siano in  grado  di  elevare  il
livello di tutela ambientale garantito dalla  disciplina  statale  di
riferimento.
    6.3.3.- Va tuttavia rimarcato che l'art.  272-bis  risulta  posto
all'interno del  Titolo  I  della  Parte  V  cod.  ambiente,  facendo
peraltro esplicito riferimento (comma 1), nel perimetrare il relativo
ambito di applicazione, agli stabilimenti soggetti  al  detto  Titolo
(art. 267, comma 1). Stabilimenti, questi,  rispetto  ai  quali,  per
espressa indicazione del comma 3 dell'art. 267 cod.  ambiente,  resta
estranea la disciplina dettata dal Titolo I: laddove  ricompresi  tra
le installazioni soggette ad  AIA,  tali  stabilimenti  sono  infatti
soggetti unicamente alla disciplina prevista dal Titolo III-bis della
Parte II del medesimo codice.
    L'autorizzazione ex art. 269 cod.  ambiente,  al  cui  ambito  va
ricondotta quella regolamentata dalla normativa regionale  impugnata,
risulta assorbita in quella unitariamente  resa  ai  sensi  dell'art.
29-sexies dello stesso codice; titolo il quale,  a  sua  volta,  come
previsto dal comma 3 dell'articolo citato  da  ultimo,  dovra'  anche
includere i valori  limite  di  emissione  fissati  per  le  sostanze
inquinanti rilasciate nell'atmosfera.
    Se dunque, come non sembra in discussione,  l'art.  272-bis  cod.
ambiente  permette  al   legislatore   regionale   di   incrementare,
nell'ambito delle sue competenze, lo standard di  tutela  ambientale,
per altro verso l'art. 1, comma 2, lettere a) e b), della legge  reg.
Puglia n. 32  del  2018,  estendendone  l'applicabilita'  anche  alle
installazioni soggette ad AIA, si  pone  in  immediato  e  insanabile
contrasto con la scelta del legislatore statale,  espressa  dall'art.
267, comma 3, del medesimo codice, in forza della quale la disciplina
dettata  in  materia  di  riduzione  delle  emissioni  in   atmosfera
(all'interno della  quale  risulta  ricondotta  quella  afferente  le
emissioni odorigene prevista dal  citato  art.  272  -bis)  non  deve
trovare applicazione per le installazione soggette ad AIA, sottoposte
unicamente alle previsioni contenute nel Titolo III-bis  della  Parte
II cod. ambiente.
    Tale deviazione dallo specifico  perimetro  d'azione  consentito,
con l'art. 272-bis cod. ambiente, alla competenza normativa regionale
concreta l'addotta violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), Cost.
    6.3.4.-  Ne'  vale  evidenziare,  in  senso  contrario,  che   la
disciplina  regionale  impugnata  trova  fondamento  in   titoli   di
competenza legislativa concorrente e che la lesione  prospettata  nel
ricorso deve escludersi perche' la legge regionale  in  contestazione
realizza gli standard di tutela garantiti dalla normativa statale  di
riferimento.
    Vero e' che, secondo la costante giurisprudenza di questa  Corte,
l'ambiente viene «"a funzionare come un limite alla disciplina che le
Regioni e le Province autonome  dettano  in  altre  materie  di  loro
competenza", salva la facolta' di queste ultime di adottare norme  di
tutela  ambientale  piu'  elevata»  pur  sempre  «nell'esercizio   di
competenze, previste dalla Costituzione, che  concorrano  con  quella
dell'ambiente» (sentenze n. 198 e n. 66 del 2018, n.  199  del  2014;
nello stesso senso, inoltre, sentenze n. 246 e n. 145 del 2013, n. 67
del 2010, n. 104 del 2008 e n. 378 del 2007); tuttavia la valutazione
intorno alla «previsione di standard ambientali piu' elevati non puo'
essere realizzata nei  termini  di  un  mero  automatismo  o  di  una
semplice sommatoria - quasi che fosse possibile frazionare la  tutela
ambientale dagli altri interessi costituzionalmente  rilevanti  -  ma
deve essere valutata alla luce  della  ratio  sottesa  all'intervento
normativo e dell'assetto di interessi che lo  Stato  ha  ritenuto  di
delineare nell'esercizio della sua competenza  esclusiva».  (sentenza
n. 147 del 2019)
    In relazione al campo di azione garantito alle Regioni in materia
di «emissioni odorigene»,  il  dato  normativo  di  riferimento,  che
definisce anche i confini di legittimita' del relativo intervento, e'
offerto dall'art. 272-bis cod.  ambiente:  lo  spazio  di  intervento
consentito alle Regioni, in coerenza, va  ristretto  all'interno  del
perimetro  di  operativita'  tracciato  dalla  norma   statale,   con
conseguente applicazione delle relative regole di  esclusione,  prima
tra tutte quella tracciata  dall'art.  267,  comma  3,  del  medesimo
codice.
    Se dunque la competenza esclusiva prevista dall'art. 117, secondo
comma, lettera s), Cost.  non  esclude  aprioristicamente  interventi
regionali,  anche  legislativi,  destinati  ad  integrare   il   dato
normativo nazionale, soprattutto quando assentiti da quest'ultimo, e'
tuttavia  necessario  che  cio'   avvenga   in   termini   di   piena
compatibilita'  con  l'assetto  normativo  individuato  dalla   legge
statale, non potendo tali interventi alterarne il punto di equilibrio
conseguito ai fini di tutela ambientale (sentenza n.147 del 2019).
    6.4.- La fondatezza della questione  prospettata  in  riferimento
all'art. 1, comma 2, lettere a) e b), e l'ablazione che ne  consegue,
assorbono la  disamina  degli  ulteriori  profili  di  illegittimita'
costituzionale addotti dalla  ricorrente  con  riferimento  al  primo
gruppo di questioni, compreso anche quello relativo all'art. 3 Cost.
    7.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  denunzia,  ancora,
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2, lettere c)  e
d), 3, 4, 5, 6, 7 e 9, nonche' dell'Allegato tecnico della legge reg.
Puglia n. 32 del 2018, per violazione dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost., in relazione agli artt. 7-bis, comma 8, 19,  22  e
23 cod. ambiente.
    7.1.- Ad avviso del ricorrente, tramite  le  citate  disposizioni
vengono  introdotte,  in  una   materia   di   esclusiva   competenza
legislativa statale, ulteriori contenuti ai fini della  presentazione
delle istanze per la VIA nonche' per la verifica di assoggettabilita'
a VIA, diversi da quelli prescritti dalle citate norme statali.
    In particolare, secondo  il  ricorrente,  i  contenuti  richiesti
dall'art. 3, commi 1 e 2, della legge regionale  impugnata,  ai  fini
del controllo delle emissioni  delle  sostanze  odorigene,  non  sono
previsti dall'art. 19 cod. ambiente e dall'Allegato IV-bis alla Parte
II del medesimo codice per lo studio preliminare  ambientale  redatto
dal proponente;  ne',  ancora,  coincidono  con  quelli  sanciti  dal
successivo art. 22, in uno all'Allegato VII alla Parte II  del  detto
codice, avuto riguardo allo studio di impatto ambientale  predisposto
sempre dal proponente.
    In questa ottica le citate disposizioni  regionali  esonderebbero
dagli argini della competenza normativa, riconosciuta alle Regioni ed
alle Province autonome,  nei  limiti  di  quanto  previsto  dall'art.
7-bis, comma 8, cod. ambiente. Di qui, sempre secondo  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, l'illegittimita'  della  norma  regionale
impugnata, che non sarebbe riconducibile ad alcuna delle finalita' in
vista delle quali il legislatore statale ha riconosciuto  un  margine
di intervento alle Regioni nella materia qui considerata.
    7.2.- La difesa della resistente, anche con  riferimento  a  tale
gruppo di censure, ha eccepito l'inammissibilita' delle questioni per
la genericita' delle argomentazioni addotte.
    7.2.1.- L'eccezione non e' fondata.
    Infatti, nel ricorso viene  dato  puntuale  risalto  all'art.  1,
comma 2, lettere c)  e  d),  della  legge  regionale  impugnata  (che
dettano l'estensione della relativa disciplina regionale ai  progetti
soggetti a verifica di assoggettabilita' a VAS e a  VAS),  cui  viene
giustapposto, con altrettanto adeguata argomentazione, il riferimento
ai commi 1 e 2 dell'art. 3 della  stessa  legge  (che  descrivono  il
contenuto degli oneri di documentazione e allegazione posti a  carico
del proponente e dispongono altresi'  l'onere  di  autocertificazione
gravante su quest'ultimo  in  caso  di  insussistenza  di  sorgenti).
Disposizioni queste cui viene contrapposto in primo luogo  il  limite
fissato dall'art. 7-bis, comma 8, cod. ambiente, quanto agli spazi di
intervento normativo riconosciuti alle Regioni  in  materia  di  VIA,
nonche' altre norme del medesimo codice dedicate a  questo  tema,  al
fine di sottolineare  al  meglio  le  ragioni  di  conflitto  con  la
disciplina sostanziale poste  a  fondamento  dell'addotta  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost..
    In questa ottica, finisce per non assumere  rilievo  il  silenzio
serbato dal  ricorso  quanto  alle  altre  disposizioni  della  legge
regionale in esame, diverse da quelle contenute nel  citato  art.  3,
che pure risultano fatte oggetto, quantomeno  sul  piano  della  mera
indicazione nominale, delle censure esposte in riferimento al  gruppo
di questioni in oggetto. E  cio'  sia  perche'  l'accoglimento  della
questione riferita all'art. 1, comma 2,  lettere  c)  e  d),  avrebbe
comunque un valore assorbente, al pari di quanto gia' evidenziato  in
relazione alle medesime disposizioni scrutinate sotto il versante del
rispetto delle disposizioni statali  in  tema  di  AIA,  sia  perche'
l'ablazione dell'art. 3, commi 1 e 2, porterebbe a travolgere in  via
consequenziale  anche  le  altre  disposizioni  impugnate,   per   la
omogeneita' che ne lega i rispettivi contenuti, tale da deprivare  di
rilievo l'assenza di argomentazione sul punto.
    7.3.- Nel merito,  le  censure  prospettate  dal  ricorrente  non
colgono nel segno.
    7.3.1.- Questa Corte ha recentemente affermato che  la  normativa
in tema di VIA  rappresenta,  «anche  in  attuazione  degli  obblighi
comunitari,  un  livello  di  protezione  uniforme  che   si   impone
sull'intero territorio nazionale,  pur  nella  concorrenza  di  altre
materie di competenza regionale» (sentenze n. 93 del 2019  e  n.  198
del 2018). La Corte ha  altresi'  precisato  che  l'art.  7-bis  cod.
ambiente,  evocato  dal  ricorrente,  costituisce  uno  degli   snodi
fondamentali della  riforma  apportata  dal  decreto  legislativo  16
giugno 2017,  n.  104  (Attuazione  della  direttiva  2014/52/UE  del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che  modifica
la direttiva  2011/92/UE,  concernente  la  valutazione  dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli
articoli  1  e  14  della  legge  9  luglio  2015,  n.   114);   tale
disposizione, infatti, rientra tra quelle «che - in attuazione  degli
obiettivi    [...]    di    "semplificazione,    armonizzazione     e
razionalizzazione  delle  procedure   di   valutazione   di   impatto
ambientale" e di "rafforzamento della  qualita'  della  procedura  di
valutazione di  impatto  ambientale"  -  determinano  un  tendenziale
allineamento dei diversi schemi e modelli procedimentali,  assegnando
allo Stato l'apprezzamento dell'impatto  sulla  tutela  dell'ambiente
dei progetti  reputati  piu'  significativi  e,  cosi',  evitando  la
polverizzazione   e    differenziazione    delle    competenze    che
caratterizzava il previgente sistema». L'unitarieta' e  l'allocazione
in capo allo Stato delle procedure relative  a  progetti  di  maggior
impatto  ambientale  ha  risposto,  pertanto,  «ad  una  esigenza  di
razionalizzazione e standardizzazione funzionale all'incremento della
qualita' della  risposta  ai  diversi  interessi  coinvolti,  con  il
correlato obiettivo di realizzare un elevato  livello  di  protezione
del bene ambientale» (sentenze n. 93 del 2019 e n. 198 del 2018).
    Il legislatore statale ha dunque riservato a se  stesso,  in  via
esclusiva, la disciplina dei  procedimenti  di  verifica  ambientale,
definendo le modalita' attraverso le quali fissare un equilibrio  fra
gli interessi e i diversi  valori  coinvolti.  In  particolare,  come
detto,  la  disciplina  della  VIA  e'  mossa  dalla  necessita'   di
affiancare  alla  tutela   ambientale   anche   la   semplificazione,
razionalizzazione e velocizzazione  dei  procedimenti:  esigenze  che
sarebbero  frustrate  da  interventi  regionali  che,  incidendo  sul
relativo procedimento, finiscano  per  appesantirne  il  portato,  in
aperta contraddizione con le scelte del legislatore statale.
    In questa cornice non e' casuale, a  tale  riguardo,  che  l'art.
7-bis, comma  8,  cod.  ambiente,  pur  riconoscendo  uno  spazio  di
intervento alle Regioni e Province autonome, ne definisca tuttavia il
perimetro d'azione in ambiti specifici e puntualmente precisati.  Gli
enti regionali, infatti, possono disciplinare, «con proprie  leggi  o
regolamenti  l'organizzazione  e  le  modalita'  di  esercizio  delle
funzioni amministrative  ad  esse  attribuite  in  materia  di  VIA»,
stabilendo «regole particolari ed ulteriori» solo e soltanto «per  la
semplificazione   dei   procedimenti,   per   le   modalita'    della
consultazione  del  pubblico  e  di   tutti   i   soggetti   pubblici
potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti  e
delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la
destinazione [...] dei  proventi  derivanti  dall'applicazione  delle
sanzioni amministrative pecuniarie» (sentenza n. 198 del 2018).
    Fuori da questi ambiti, sarebbe  dunque  preclusa  alle  Regioni,
quale che sia la competenza  che  le  adducano,  la  possibilita'  di
incidere  sul  dettato  normativo  che  attiene  ai  procedimenti  di
verifica ambientale cosi' come definito dal legislatore nazionale.
    7.3.2.- Cio' precisato, ad avviso del ricorrente, le disposizioni
contenute nell'art. 3, comma 1, della legge reg.  Puglia  n.  32  del
2018,  imponendo  al  proponente  di  allegare  all'istanza   rivolta
all'autorita'   competente   la    documentazione    relativa    alla
individuazione e  alla  caratterizzazione  delle  sorgenti  odorigene
coinvolte nel  progetto  in  uno  alla  stima  del  relativo  impatto
ambientale, influirebbero, alterandone il portato, sulle procedure di
verifica di assoggettabilita' a VIA (art. 19 cod. ambiente) o di  VIA
(artt. 21 e 22 cod. ambiente).
    Imporrebbero,  infatti,  un  ulteriore  aggravio   sia   per   il
proponente  che  per  l'amministrazione,   chiamata   verificare   il
contenuto di tali atti integrativi. Analogo giudizio e' espresso  con
riferimento all'autocertificazione, che  il  proponente/gestore  deve
rendere in caso di insussistenza di sorgenti odorigene significative.
    7.3.3.- Siffatto assunto non e' condivisibile.
    Le norme censurate, infatti, non  incidono  sulla  struttura  del
procedimento  di  verifica;  non  mettono  in  gioco  il  riparto  di
competenze tra Stato  e  Regioni;  non  alterano  l'iter  procedurale
congegnato   dalla   legge   nazionale;   non    influiscono    sulla
individuazione dei progetti soggetti a verifica di  assoggettabilita'
a VIA o assoggettati a VIA.  In  altre  parole,  non  incidono  sulla
disciplina della VIA  sul  versante  del  relativo  procedimento.  Ne
implementano, piuttosto, i contenuti sostanziali con indicazioni  che
il legislatore nazionale, in forza di quanto  espressamente  previsto
dall'art. 272-bis cod. ambiente, ha specificatamente consentito  alla
competenza normativa regionale.
    Da qui l'inconferenza del riferimento all'art.  7-bis,  comma  8,
cod. ambiente.
    7.3.4.- Del  resto,  proprio  le  norme  interposte  evocate  dal
ricorrente a sostegno della  ritenuta  illegittimita'  costituzionale
contengono un richiamo aperto agli oneri che gravano  sul  proponente
quanto al  tema  dell'impatto  ambientale  correlato  alle  possibili
emissioni inquinanti legate al progetto da verificare. Richiamo  che,
quanto al contenuto sostanziale dei conseguenti adempimenti, non puo'
che dipendere dal dato normativo di riferimento, in parte qua  legato
alla natura delle emissioni da considerare al fine.
    In  particolare,  quanto  allo  studio   preliminare   ambientale
predisposto dal proponente ex art. 19 cod.  ambiente,  in  forza  del
quale l'autorita' competente procedera' alla verifica  degli  impatti
ambientali del progetto  ed  il  cui  contenuto  risulta  determinato
dall'Allegato IV-bis alla Parte II, del medesimo codice, la normativa
statale prevede espressamente (art. 3 del citato  Allegato)  l'onere,
per  il  proponente,  di  provvedere  alla  descrizione  di  tutti  i
probabili effetti rilevanti del progetto sull'ambiente, e tra  questi
anche quelli inerenti alle emissioni, oggi da aggiornare in relazione
ai parametri afferenti quella di matrice odorigena.
    Ancora, in tema di VIA, lo studio di impatto ambientale  previsto
dall'art. 22 cod. ambiente, da allegare alla relativa istanza ex art.
23, comma 1, lettera b), dello  stesso  codice,  deve  contenere,  ai
sensi del comma  3  dell'art.  22,  tra  le  altre  informazioni,  la
descrizione  dei  probabili  effetti   significativi   del   progetto
sull'ambiente (lettera b), quella inerente alle misure  previste  per
evitare, prevenire o ridurre e, possibilmente, compensare i probabili
impatti ambientali significativi e negativi (lettera c),  nonche'  il
progetto  di   monitoraggio   dei   potenziali   impatti   ambientali
significativi   e   negativi   derivanti   dalla   realizzazione    e
dall'esercizio del progetto (lettera e). Cio' in  linea,  del  resto,
con  i   contenuti   del   detto   studio,   ulteriormente   definiti
dall'Allegato VII alla Parte II cod. ambiente, in forza del quale  il
proponente  deve  provvedere,  tra  l'altro,  alla  descrizione   dei
probabili impatti ambientali rilevanti del progetto proposto, dovuti,
in particolare all'emissione di inquinanti (punto 5, lettera c); alla
descrizione dei metodi di previsione  utilizzati  per  individuare  e
valutare gli impatti ambientali significativi del progetto (punto 6);
alla  descrizione  delle  misure  previste  per  evitare,  prevenire,
ridurre  o,  se  possibile,   compensare   gli   impatti   ambientali
significativi e negativi identificati del progetto e, ove pertinenti,
delle eventuali disposizioni di monitoraggio (punto 7).
    7.3.5.- All'evidenza, dunque, si tratta  di  incombenze  rispetto
alle quali si sovrappone il disposto delle norme regionali censurate,
ma solo sul  piano  del  contenuto  delle  relative  informazioni  da
offrire all'autorita' competente in ordine  alla  documentazione  che
permetta  l'individuazione  e  la  caratterizzazione  delle  sorgenti
odorigene  significative  nonche'  alla  stima   dell'impatto   delle
relative emissioni.
    Il  tutto  senza  incidere  sulle  connotazioni  dei   rispettivi
procedimenti, a differenza  di  quanto  sostenuto  dalla  difesa  del
ricorrente, in parte qua smentita dal tenore letterale  dell'art.  3,
comma 4,  della  legge  regionale  censurata;  disposizione,  questa,
attraverso la quale  vengono  fatte  salve  le  previsioni  normative
vigenti inerenti  l'istruttoria  tecnico  amministrativa  alla  quale
dovranno accedere le informazioni afferenti il tema delle  potenziali
emissioni odorigene.
    Di qui la non fondatezza delle questioni in oggetto.
    8.- Il ricorrente ha anche impugnato l'art.  3,  comma  5,  della
legge reg. Puglia n. 32  del  2018,  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), in riferimento all'art. 279 cod. ambiente.
    8.1.- La disposizione censurata prevede  che  la  «violazione  da
parte del gestore delle prescrizioni impartite e  dei  valori  limite
fissati nel provvedimento, anche in esito alle attivita'  di  cui  al
comma 2, determina l'applicabilita' del  sistema  sanzionatorio  gia'
previsto dalle norme di settore».
    Il ricorrente - dopo  aver  premesso  che  la  previsione  appare
sommariamente formulata, in quanto il comma 2 richiamato non  prevede
attivita' in senso stretto, se non «dichiarative» -  ritiene  che  la
disposizione impugnata, nel riferirsi al «sistema sanzionatorio  gia'
previsto dalle  norme  di  settore»  abbia  inteso  richiamarsi  alla
disciplina statale e dunque all'art. 279 cod. ambiente, che definisce
le sanzioni penali e amministrative previste per  le  violazioni  nel
campo delle emissioni in atmosfera.
    In ragione di tanto, ad avviso del ricorrente, la norma censurata
delinea   surrettiziamente    fattispecie    incriminatrici    nuove,
consistenti nella «violazione da parte del gestore delle prescrizioni
impartite e dei valori limite fissati nel provvedimento», da  punire,
per l'appunto, con le sanzioni previste  dal  citato  art.  279  cod.
ambiente.
    La  previsione  andrebbe  dunque  ad  incidere  sull'«ordinamento
penale», materia riservata in via esclusiva al legislatore statale ai
sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
    8.2.- Per quanto il riferimento all'art. 279  cod.  ambiente  non
sia particolarmente dettagliato,  il  ricorso  consente  comunque  di
pervenire ad una puntuale ricostruzione del tenore della censura.
    Non emergono, dunque, ragioni ostative alla disamina  nel  merito
della questione; e, del resto, la stessa eccezione sollevata in parte
qua  dalla  difesa  della  Regione  non  e'  stata  in   alcun   modo
argomentata.
    8.3.- Nel  merito,  la  questione  non  e'  fondata  nei  termini
precisati di seguito.
    8.3.1.- Seguendo il medesimo  circuito  interpretativo  tracciato
dal ricorso,  occorre  muovere  dalla  considerazione  di  fondo  che
informa la prospettazione del ricorrente, in  forza  della  quale  le
emissioni  odorigene  si  inquadrano  all'interno  dei  fenomeni   di
inquinamento atmosferico di cui alla Parte V cod. ambiente, come  del
resto oggi confermato dalla specifica collocazione dell'art. 272-bis.
    Di qui la correlazione alla disciplina sanzionatoria prevista  da
tale cornice normativa,  identificata  dal  ricorrente  nel  disposto
dell'art. 279 cod. ambiente.
    8.3.2.- Tale  articolo,  composto  da  piu'  commi,  descrive  un
complesso quadro sanzionatorio:  prende  in  considerazione  condotte
diverse  e   prevede   sia   illeciti   amministrativi,   sia   reati
contravvenzionali.
    Il ricorso, come anticipato, reca  un  riferimento  all'art.  279
cod.  ambiente  non  altrimenti   dettagliato:   a   tale   apparente
indeterminatezza puo' tuttavia ovviarsi, per un  verso,  considerando
il tenore  della  censura,  prospettata  in  ragione  della  ritenuta
violazione della lettera l) del secondo comma  dell'art.  117  Cost.;
per altro verso, dando rilievo al contenuto  della  norma  censurata,
che pone un esplicito riferimento  alle  sole  condotte  legate  alle
violazioni «delle prescrizioni impartite e dei valori limite  fissati
nei provvedimenti».
    8.3.3.-  Cio'  impone,  in  linea  con  la   prospettazione   del
Presidente del Consiglio dei ministri, di restringere  il  campo  del
richiamo operato dalla norma censurata alla sola fattispecie prevista
dal comma  2  dell'evocato  art.  279  cod.  ambiente.  Disposizione,
questa, che, per l'appunto, punisce con l'arresto fino ad un  anno  o
con  l'ammenda  fino  a  10.000  euro  chi,  nell'esercizio  di   uno
stabilimento,  «viola  i  valori  limite   di   emissione   stabiliti
dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte  quinta
del presente decreto, dai piani e dai programmi o dalla normativa  di
cui all'articolo 271».
    8.3.4.- Sempre muovendo dal parametro costituzionale evocato,  il
campo  di  indagine  (afferente  al  richiamo  che  la   disposizione
censurata opera alla detta norma  statale)  si  riduce  ulteriormente
alle sole condotte che si sostanziano  nella  violazione  dei  valori
limite previsti nelle  autorizzazioni.  L'art.  279,  comma  2,  cod.
ambiente, attualmente, non sanziona  piu'  penalmente  la  violazione
delle prescrizioni impartite dal titolo  abilitativo  reso  ai  sensi
dell'art. 269 dello stesso codice: in forza delle modifiche apportate
dall'art. 1, comma 1, lettera o), numeri 2) e 3), del d.lgs.  n.  183
del 2017, infatti, la violazione delle  citate  prescrizioni  non  e'
piu' sanzionata penalmente, ma da' luogo all'illecito  amministrativo
previsto dal nuovo comma 2-bis dello stesso art. 279.
    La  norma   censurata,   dunque,   vista   in   una   prospettiva
esclusivamente   penale,   quale   quella   imposta   dal   parametro
costituzionale evocato, assegna un rilievo essenziale  alla  presenza
di un atto amministrativo che abbia recepito le relative  indicazioni
quanto ai valori limite previsti dalla stessa  disciplina  regionale.
Cio'  a  differenza  della  disposizione  statale  cui  si   richiama
implicitamente, secondo l'impostazione  sottesa  al  ricorso.  L'art.
279,  comma  2,  cod.  ambiente  contiene,  infatti,  un  piu'  ampio
riferimento anche alla violazione dei valori limite emergenti  «dagli
Allegati I, II, III o V alla parte quinta del presente  decreto,  dai
piani e dai programmi o dalla  normativa  di  cui  all'articolo  271»
cosi' da dare rilievo anche a condotte che sembrano  prescindere  dal
contenuto o meglio dalla presenza stessa di  un  atto  amministrativo
abilitativo.
    8.3.5.- Cosi' ricostruiti sia il perimetro della censura sia,  in
via interpretativa, il tenore  della  disposizione  censurata,  letta
attraverso il richiamo alla norma statale evocata  a  supporto  della
questione, la doglianza del ricorrente deve ritenersi infondata.
    L'impugnazione  del  ricorrente,  infatti,  risulta  rivolta  nei
confronti di una norma regionale che,  cosi'  interpretata,  richiama
una disposizione statale nella parte in cui questa  prevede  sanzioni
penali per la violazione  di  dati  prescrittivi  (i  valori  limite)
definiti    da    uno    specifico    provvedimento    amministrativo
(l'autorizzazione riconducibile all'art. 269 cod. ambiente).
    Secondo la giurisprudenza della Corte «la legislazione  regionale
- pur non potendo  costituire  fonte  diretta  e  autonoma  di  norme
penali, ne' nel senso di  introdurre  nuove  incriminazioni,  ne'  in
quello  di  rendere   lecita   un'attivita'   penalmente   sanzionata
dall'ordinamento nazionale (a  quest'ultimo  riguardo,  ex  plurimis,
sentenze n. 185 del 2004, n. 504, n. 213 e n. 14 del  1991)  -  puo',
tuttavia, "concorrere a precisare, secundum legem, i  presupposti  di
applicazione di norme penali statali"; [...]  cio',  particolarmente,
quando  la  legge  statale   "subordini   effetti   incriminatori   o
decriminalizzanti ad atti amministrativi (o  legislativi)  regionali"
(il riferimento e', in particolare, alle cosiddette norme  penali  in
bianco: sentenze n. 63 del 2012 e  n.  487  del  1989)»  (da  ultimo,
sentenza n. 46 del 2014).
    Se dunque «resta preclusa al legislatore regionale una  specifica
ed autonoma determinazione delle fattispecie cui  sono  collegate  le
pene previste dalla legislazione statale (sentenza n. 387  del  2008;
cfr. pure le sentenze n. 210 del 1972 e n. 104 del 1957)», per  altro
verso questa Corte ha  ritenuto  legittime  norme  regionali  che  si
limitano «ad operare  un  mero  rinvio  a  norme  penali  di  matrice
statale» (sentenza n. 295 del 2009).
    Da qui l'infondatezza della censura rivolta alla norma oggetto di
scrutinio, interpretata in termini coerenti al contenuto del ricorso.
    9.-   Il   ricorrente   ha   infine   addotto    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 6 della legge reg. Puglia n. 32 del 2018 per
violazione dell'art. 123 Cost., in relazione all'art. 44, commi  1  e
2, della legge della Regione Puglia 12 maggio  2004,  n.  7  (Statuto
della Regione Puglia), nonche' dell'art. 117, sesto comma,  Cost.  in
relazione agli artt. 7, comma 7, e 7-bis, comma 8, cod. ambiente.
    9.1.- La disposizione censurata prevede, al comma  1,  che  «[l]a
Giunta regionale con propria deliberazione provvede all'aggiornamento
dell'allegato annesso  alle  presenti  disposizioni».  Il  successivo
comma 2 dispone che la Giunta regionale «definisce nel  rispetto  dei
principi di adeguatezza e proporzionalita', disposizioni  volte  alla
minimizzazione dell'impatto olfattivo per  particolari  categorie  di
attivita'».
    9.2.- Ad avviso del  ricorrente,  la  norma  regionale  impugnata
reca, all'evidenza, una ipotesi  di  delegificazione  che,  tuttavia,
contrasta, sotto molteplici  profili,  con  la  disciplina  contenuta
nello  statuto  reg.  Puglia;  sotto  altri   profili,   con   alcune
disposizioni del cod. ambiente in tema di AIA e di VIA.
    9.2.1.- Sotto  il  primo  versante,  il  ricorrente,  dopo  avere
premesso  che  le  norme  degli  statuti  regionali  condizionano  la
validita' delle norme prodotte da una legge della  medesima  Regione,
le quali non possono discostarsene, pena la violazione dell'art.  123
Cost., evidenzia che, in base all'art. 44, comma 1, secondo  periodo,
dello statuto reg. Puglia, la «legge regionale  indica  le  norme  da
delegificare e i principi che la Giunta regionale deve osservare  nei
regolamenti di delegificazione. Le materie  oggetto  di  legislazione
concorrente non possono essere delegificate».
    La disposizione censurata si  discosta,  secondo  il  ricorrente,
dalle sopra  citate  previsioni  statutarie  perche':  a)  affida  la
modifica dell'Allegato alla legge reg. Puglia n. 32 del  2018  a  una
deliberazione di Giunta, laddove lo  statuto  esige  un  regolamento,
peraltro  da  approvare  nel  rispetto  di  specifiche   prescrizioni
procedurali (art. 44, comma 2, dello statuto reg. Puglia); b) risulta
del tutto carente sotto il profilo della indicazione dei principi che
dovrebbero guidare la Giunta nell'attivita' di  delegificazione,  non
potendosi al riguardo considerare sufficiente la generica  disciplina
posta dal sopra richiamato art. 6, comma 2, della legge  reg.  Puglia
n. 32 del 2018; c) utilizza lo  strumento  della  delegificazione  in
violazione del divieto statutario  per  le  materie  di  legislazione
concorrente, strumento che, ancora piu' radicalmente, deve  ritenersi
precluso per quelle di legislazione esclusiva statale, nelle quali le
Regioni  operano  nello  spazio  lasciato  dallo  stesso  legislatore
statale.
    9.2.2.-  Sotto  altro  profilo,  ad  avviso  del  ricorrente   la
fattispecie di delegificazione introdotta dalla  normativa  regionale
in esame contrasta altresi' con l'art. 117, sesto comma, Cost.  nella
misura in cui e'  diretta  a  delegificare  previsioni  espressamente
destinate ad applicarsi ai procedimenti di AIA e  VIA  di  competenza
sia statale, sia regionale.
    Muovendo  dal  dato  certo  in  forza  del  quale  la  disciplina
contenuta nell'Allegato di cui si  discute  ricade  certamente  nella
materia   esclusiva   statale   della    tutela    dell'ambiente    e
dell'ecosistema ex art. 117, comma secondo, lettera s),  Cost.,  deve
altresi'  evidenziarsi,  secondo  il  ricorrente,   che,   in   forza
dell'evocato parametro costituzionale, nelle materie di  legislazione
statale   esclusiva   le   Regioni   possono   esercitare    potesta'
regolamentare solo sulla base di una delega dello Stato.
    Con  riguardo  alla  disciplina  relativa  all'AIA,  tale  delega
scaturisce dall'art. 7, comma 7,  cod.  ambiente  che,  tuttavia,  si
riferisce  esclusivamente  ai  titoli   di   competenza   legislativa
regionale. In riferimento, poi, alla VIA, l'art. 7-bis, comma 8, cod.
ambiente  riconosce  uno  spazio  d'intervento  alle   leggi   e   ai
regolamenti regionali esclusivamente in riferimento alle procedure di
propria competenza e per profili strettamente delimitati.
    Di qui le ragioni di illegittimita' costituzionale prospettate.
    9.3.- La Regione ritiene infondate le censure rivolte all'art.  6
della legge regionale in esame.
    Ad avviso della resistente, con particolare riguardo alle censure
prospettate  in  riferimento  all'art.  123  Cost.,  la  disposizione
impugnata non  darebbe  luogo  ad  alcuna  delegificazione;  prevede,
piuttosto, l'aggiornamento di un contenuto meramente  tecnico,  quale
quello  descritto  nell'Allegato,  cosi'  da  riportare   l'atto   in
questione all'interno delle competenze  espressamente  proprie  della
Giunta Regionale.
    Non rileva, inoltre, il mancato riferimento  all'adozione  di  un
regolamento,  perche'  si  prevede  comunque  la  forma  tipica   dei
provvedimenti normativi generali propria  delle  deliberazioni  della
Giunta, senza peraltro escludere aprioristicamente l'acquisizione del
parere  della  commissione  consiliare  competente  in  materia,  non
incompatibile con i primi.
    9.4.- La questione prospettata in riferimento all'art. 123  Cost.
merita l'accoglimento.
    9.4.1.- In primo  luogo  va  smentita  la  tesi  difensiva  della
Regione resistente in forza della quale nel caso non ci si troverebbe
innanzi a una delegificazione.
    La Regione  Puglia,  inglobando  l'Allegato  tecnico  all'interno
della disciplina legislativa ora posta allo scrutinio della Corte, ha
dato forza di legge alle relative disposizioni.  Cio',  peraltro,  in
linea con il dato  normativo  previgente,  giacche'  anche  la  legge
regionale n. 7 del 1999, che gia' regolava la materia delle emissioni
odorigene  nel  territorio  pugliese,  annetteva,  quale  parte   del
relativo provvedimento legislativo, l'Allegato tecnico contenente  le
disposizioni attraverso le  quali  pervenire,  in  particolare,  alla
definizione  dei  valori  soglia  destinati  ad  informare   l'azione
amministrativa in materia.
    Vero e' che la stessa legge, all'art. 1, comma 2, demandava  alla
Giunta regionale la possibilita' di modificare i contenuti del  detto
Allegato, senza che  lo  Stato  avesse  mai  sollevato  contestazione
alcuna. Ma tale circostanza, come gia' evidenziato,  e'  notoriamente
ininfluente  sull'attuale  possibilita'  dello  Stato  di  agire  per
rilevare, ora,  i  vizi  della  nuova  disposizione  legislativa  che
reitera violazioni  gia'  presenti  in  fonti  legislative  regionali
previgenti e mai impugnate.
    Certa  dunque  la  forza  di  legge  ascritta  all'Allegato,   la
previsione in forza della quale se ne  consente  l'aggiornamento  non
puo' avere altro significato che quello dell'attribuzione alla Giunta
regionale della potesta'  di  innovare  il  dato  legislativo,  dando
sostanza  alla  funzione  tipicamente   propria   dei   fenomeni   di
delegificazione.
    9.4.2.- Cio' posto, va rimarcato che lo statuto reg. Puglia,  nel
definire i tratti della potesta' regolamentare della Giunta regionale
(art. 44, commi 1, primo  periodo,  e  2),  ha  altresi'  dettato  il
procedimento da seguire in caso di delegificazione, disponendo a  tal
fine che la stessa debba essere  prevista  da  una  legge,  la  quale
individui le norme da delegificare  e  contenga  i  principi  che  la
Giunta regionale deve osservare nei  regolamenti  di  delegificazione
(art. 44, comma 1, secondo periodo); e cio' sulla falsariga di quanto
previsto dall'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400  (Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri), cosi' da evitare che tale  ultima  attivita'
venga effettuata in bianco, lasciando di fatto l'intera disciplina di
riferimento integralmente nelle mani della fonte secondaria.
    9.4.3.-  Lo  statuto  impone  dunque,  per  una   delegificazione
conforme al suo dettato, la  forma  del  regolamento,  sottoposto  al
parere preventivo delle commissioni consiliari permanenti  competenti
per materia (implicitamente  favorevole  se  non  reso  entro  trenta
giorni),  cosi'  permettendo,  per   un   verso   il   coinvolgimento
dell'organo rappresentativo nell'attivita'  di  delegificazione,  per
altro verso, in ragione di quanto previsto dall'art. 53 dello  stesso
statuto, di sottoporre l'atto di delegificazione  alla  pubblicazione
nel Bollettino Ufficiale della Regione, prevista per le leggi e per i
regolamenti e non per gli atti privi della forma regolamentare.
    9.4.4.-  Cio'  precisato,  le  disposizioni  censurate  contenute
nell'impugnato art. 6 si pongono in contrasto con lo  statuto,  dando
corpo all'addotta violazione dell'art. 123 Cost.
    Le disposizioni censurate,  infatti,  demandano  alla  Giunta  il
compito di aggiornare l'Allegato tecnico, rendendo  dunque  possibili
modifiche allo stesso senza precisare le forme  che  dovra'  assumere
l'attivita'  di  delegificazione  e  dunque  legittimando   strumenti
diversi da quello regolamentare.
    Difettano,  inoltre,  della   imprescindibile   indicazione   dei
principi di massima chiamati a delimitare l'operato della Giunta  nel
procedere alla delegificazione, dovendosi escludere  che  gli  stessi
possano   ricavarsi   dalle   indicazioni   offerte   dal   comma   2
dell'impugnato art. 6: disposizione, questa, il cui contenuto,  tanto
criptico quanto generico, non consente di superare la  doglianza  del
ricorrente in parte qua.
    E'  appena  il  caso  di  ricordare  che,  secondo  il   costante
orientamento   di   questa   Corte,   tracciato    con    continuita'
precedentemente e successivamente alla riforma  del  Titolo  V  della
Parte  seconda  Cost.,  lo   statuto,   nell'ordinamento   regionale,
costituisce  fonte  sovraordinata  rispetto  alla  legge   regionale.
Quest'ultima, dunque, se si pone in contrasto con la fonte statutaria
interposta, viola l'art. 123 Cost. (sentenze n. 119 del 2006; n.  993
del 1988 e n. 48 del 1983).
    Di qui l'illegittimita' costituzionale dell'art.  6  della  legge
reg. Puglia n. 32 del 2018 per violazione dell'art. 123 Cost.
    9.5.-  La  fondatezza  della  questione  sotto  questo   profilo,
portando a una integrale ablazione della norma in questione,  assorbe
lo scrutinio sia  dell'ulteriore  censura  prospettata  dal  Governo,
sempre in riferimento alla ritenuta violazione  dell'art.  123  Cost.
(in  relazione  all'implicito  limite   statutario   della   potesta'
regolamentare regionale riferito alle materie di competenza esclusiva
dello Stato), sia della questione prospettata in  relazione  all'art.
117, sesto comma, Cost.
     

                          per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE

    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,
lettere a) e b), della legge della Regione Puglia 16 luglio 2018,  n.
32 (Disciplina in materia di emissioni odorigene);
    2) dichiara l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  6  della
legge reg. Puglia n. 32 del 2018;
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 2, lettere c) e d), 3, 4, 5, 6, 7
e 9 e dell'Allegato tecnico della legge reg. Puglia n. 32  del  2018,
promosse dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  riferimento
all'art. 117, secondo comma, lettera  s),  della  Costituzione  e  in
relazione agli artt.  7-bis,  comma  8,  19,  22  e  23  del  decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),  con
il ricorso indicato in epigrafe;
    4) dichiara non fondata, nei termini di cui  in  motivazione,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 5,  della
legge reg. Puglia  n.  32  del  2018,  promosse  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), Cost. e in relazione all'art. 279 del d.lgs. n.  152  del
2006, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2019.

                                F.to:
                    Giorgio LATTANZI, Presidente
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore
                     Roberto MILANA, Cancelliere

    Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2019.

                   Il Direttore della Cancelleria
                        F.to: Roberto MILANA

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