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lunedì 17 giugno 2024

Consiglio di Stato 2024- Con la sentenza oggetto del presente gravame, meglio individuata in epigrafe, il TAR Basilicata, in accoglimento delle doglianze avanzate da un candidato che non aveva superato le prove scritte, ha annullato l'intero concorso bandito dal Comune di XXXXX (XXXXX) per l'assunzione del Comandante della Polizia municipale con rapporto a tempo indeterminato e parziale al 50% (18 ore settimanali).

 

 

Cons. Stato Sez. V, Sent., (ud. 19/12/2023) 29-05-2024, n. 4824


 

Fatto - Diritto P.Q.M.

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Consiglio di Stato

 

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

 

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 5487 del 2023, proposto da D.G., rappresentato e difeso dall'avvocato Orazio Abbamonte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

contro

 

F.D.M., rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Del Monte, Antonio Zottarelli, Sergio Santoro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Comune di San XXXXX, rappresentato e difeso dall'avvocato Donatello Genovese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

nei confronti

 

P.L., A.L., non costituiti in giudizio;

 

per la riforma

 

della sentenza, redatta in forma semplificata, del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata n. 00222/2023, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

 

Visti gli atti di costituzione in giudizio di F.D.M. e del Comune di San XXXXX;

 

Visti tutti gli atti della causa;

 

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il Cons. Antonino Masaracchia e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

 

1. - Con la sentenza oggetto del presente gravame, meglio individuata in epigrafe, il TAR Basilicata, in accoglimento delle doglianze avanzate da un candidato che non aveva superato le prove scritte, ha annullato l'intero concorso bandito dal Comune di XXXXX (XXXXX) per l'assunzione del Comandante della Polizia municipale con rapporto a tempo indeterminato e parziale al 50% (18 ore settimanali).

 

Il TAR ha accolto tre dei numerosi motivi di gravame, assorbendo gli altri, giungendo così all'annullamento del concorso per le seguenti ragioni: incompetenza del Segretario comunale quanto alla nomina della commissione esaminatrice; incompatibilità di uno dei commissari per "grave inimicizia" con il ricorrente (candidato non ammesso alle prove orali), derivante da una pregressa vicenda caratterizzata da numerose denunce/querele; violazione delle regole del bando di concorso, quanto alla scelta dei membri della commissione esaminatrice. In particolare, in ordine a quest'ultimo profilo, la sentenza ha rilevato che, mentre il bando aveva previsto una scelta comparativa tra gli aspiranti membri basata sulla valutazione dei curricula, il Segretario comunale avrebbe ritenuto di procedere valorizzando un diverso criterio, quello "oggettivo" della "minor distanza" tra il luogo di residenza/ abitazione del prescelto e il Comune di San XXXXX.

 

Con l'atto di appello richiamato in epigrafe - proposto dal vincitore del concorso, rimasto soccombente in primo grado - è stata domandata la riforma della sentenza del TAR, previa sua sospensione cautelare. Le censure sono articolate su due motivi di impugnazione, con i quali, nella sostanza, vengono sottoposte a critica le motivazioni spese dal Giudice di prime cure a sostegno della ritenuta illegittimità delle operazioni concorsuali.

 

2. - Nel presente giudizio di appello si è costituito il Comune di San XXXXX, in persona del Sindaco pro tempore, chiedendo l'accoglimento dell'appello e proponendo, con deposito del 21 luglio 2023, appello incidentale volto, analogamente all'altro, alla riforma della sentenza del TAR.

 

Si è anche costituita la parte privata ricorrente in primo grado, chiedendo la conferma della sentenza del TAR, non senza sollevare, con memoria depositata il 22 agosto 2023, alcune eccezioni di inammissibilità dei due appelli, principale e incidentale. Mediante la medesima memoria, inoltre, la parte appellata ha anche riproposto, ai sensi dell'art. 101, comma 2, cod. proc. amm., i motivi del proprio ricorso di primo grado che il TAR, nell'ambito della statuizione di accoglimento, ha dichiarato assorbiti.

 

In vista della discussione sulla domanda cautelare, l'amministrazione e la parte privata appellata hanno svolto ulteriori difese, con memorie di replica depositate - rispettivamente - il 24 e il 25 agosto 2023.

 

Alla camera di consiglio del 29 agosto 2023, chiamata per la discussione dell'incidente cautelare, la causa è stata rinviata al merito.

 

3. - Nell'approssimarsi della discussione sul merito, il Comune di San XXXXX e la parte privata appellata hanno svolto difese, anche nella forma delle repliche, con atti depositati il 16 e il 25 novembre 2023, ciascuno insistendo sulle già spiegate argomentazioni.

 

Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

4. - Vanno anzitutto trattate le eccezioni preliminari, sollevate dalla parte privata appellata.

 

4.1. - Quest'ultima, anzitutto, ha eccepito l'inammissibilità dei due appelli per mancanza di alcuna critica nei confronti di una delle plurime rationes decidendi poste a fondamento della decisione appellata. Il riferimento è al passaggio della sentenza del TAR che, a pag. 18, nell'affrontare le censure di incompetenza, rivolte contro la determinazione del segretario comunale di nomina della commissione esaminatrice, ha ritenuto fondata la dedotta violazione dell'art. 101, comma 1, del contratto collettivo degli Enti locali del 17 dicembre 2020, rilevando che la pur prevista sostituzione nelle incombenze relative alla complessiva gestione dell'ente, nella specie, sarebbe stata "incongruamente esercitata".

 

L'eccezione non è fondata.

 

Occorre invero rilevare che, alla luce dei motivi di appello spiegati dalle controparti, la menzionata ratio decidendi non è tale da sorreggere, da sola, il rilevato vizio di incompetenza del segretario comunale. I motivi di appello hanno infatti fatto valere ulteriori ragioni che, se fondate, condurrebbero comunque al rigetto dell'originario motivo di incompetenza: sono stati invocati, in proposito, sia il decreto del Sindaco n. 3, del 19 marzo 2018 (che aveva previsto, in caso di assenza o di impedimento del responsabile del servizio, e quindi anche per l'ipotesi delle ferie che viene in rilievo nel caso di specie, la sua sostituzione attraverso il segretario comunale), sia alcuni successivi atti adottati dal responsabile del servizio che - in tesi - avrebbero comportato una "ratifica implicita" delle nomine compiute dal segretario comunale. Anche a voler ritenere che l'incombenza espletata dal segretario fosse in violazione delle regole di competenza indicate dalla fonte collettiva, ne discende che la nomina dei membri della commissione sarebbe comunque salva qualora la relativa competenza del segretario comunale trovi titolo nel richiamato decreto del Sindaco ovvero sia stata "ratificata" successivamente dall'organo competente.

 

4.2. - Né può giovare alla parte privata appellata quanto essa (sempre nella memoria depositata il 28 agosto 2023) ulteriormente eccepisce - peraltro, limitatamente al rilievo avversario che fa valere, ai fini della disamina sul profilo di incompetenza, il decreto del Sindaco n. 3, del 19 marzo 2018 - in ordine alla "novità" dei fatti introdotti per la prima volta in appello a sostegno del primo motivo dell'appello incidentale, con asserita violazione dell'art. 104 cod. proc. amm.

 

Invero, deve ricordarsi che tali argomenti, e i relativi fatti e documenti a sostegno, costituiscono non un'eccezione in senso tecnico non rilevabile d'ufficio (la quale, come tale, deve rispettare il divieto dei nova in appello), ma una mera difesa che la parte, resistente e soccombente in primo grado, ben è legittimata a proporre in grado di appello. Come più volte rammentato da questa Sezione, "la preclusione o il divieto di nova in appello di cui all'art. 104, comma 1, cod. proc. amm., si applica all'appellante che nel giudizio di primo grado abbia assunto la posizione processuale del ricorrente; non già a chi in primo grado sia stato chiamato in giudizio come parte resistente (è il caso dell'odierno appellante) o come controinteressato (principio pacifico: ex multis Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2020, n. 8475)" (così, da ultimo, della Sezione, la sentenza n. 5042 del 2022).

 

5. - Nel merito, i due appelli - principale e incidentale - sono fondati.

 

5.1. - La prima ragione di illegittimità rinvenuta dal TAR, riguardante il profilo dell'incompetenza del segretario comunale nella nomina dei componenti della commissione esaminatrice, non resiste alle precise deduzioni delle parti appellanti.

 

In proposito, Comune fa notare che, ai fini degli atti di nomina così posti in essere, il segretario comunale aveva piena facoltà di sostituirsi al dirigente responsabile; quest'ultimo, infatti, si trovava in ferie nel giorno in cui la commissione è stata formata e, quindi, la sostituzione poteva adottarsi alla stregua di quanto aveva stabilito il decreto del Sindaco n. 3, del 19 marzo 2018 (la cui produzione nell'odierno giudizio può essere ammessa, in quanto documento indispensabile alla decisione, ai sensi dell'art. 104, comma 2, cod. proc. amm., per di più a sostegno di argomento difensivo non precluso alla parte). Tale decreto, infatti, con formulazione generale, applicabile anche al caso delle ferie del responsabile, stabiliva che, "in caso di assenza o di impedimento del Responsabile del Settore, fatta salva la possibilità di diversi provvedimenti, la relativa sostituzione avviene attraverso il SEGRETARIO COMUNALE Pro- Tempore". Deve dunque ritenersi che il segretario comunale, nel caso di specie, si trovava a svolgere una funzione esplicitamente conferitagli dal Sindaco, ai sensi dell'art. 97, comma 4, lettera d), del D.Lgs. n. 267 del 2000, a norma del quale il segretario comunale "esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia".

 

Anche a voler prescindere da ciò, comunque, deve rilevarsi che il vizio di incompetenza non può che ritenersi sanato, nel caso di specie, per effetto dei successivi atti posti in essere dall'organo che si assume competente (ossia, il responsabile del servizio), il quale ha dapprima provveduto a sostituire un membro dimissionario della commissione, senza nulla modificare quanto agli altri (ciò, con determina n. 28, del 7 febbraio 2023), e ha poi approvato tutti gli atti e i verbali della commissione stessa (ciò, con determina n. 44, del 1 marzo 2023). Come correttamente ritenuto dalle parti appellanti, questi atti comportano una sostanziale ratifica dell'operato della commissione, come composta dai membri nominati dal segretario comunale, e quindi anche una implicita conferma della nomina di questi ultimi.

 

Va invero preferita - come da ultimo statuito da questa Sezione in tema di ratifica dell'operato dell'organo incompetente - "una prospettiva sostanziale e non meramente formale", che valorizza l'operato del dirigente "dominus della procedura concorsuale" le cui determinazioni confermano l'operato altrui superando l'originario vizio di incompetenza, dovendosi affermare l'ammissibilità del provvedimento implicito "qualora l'Amministrazione, pur non adottando formalmente la propria determinazione, ne determini univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un contegno conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del corrispondente provvedimento formale non adottato: le quante volte, cioè, emerga senza equivoco un collegamento biunivoco tra l'atto adottato o la condotta tenuta e la determinazione che da questi si pretende di ricavare, onde quest'ultima sia l'unica conseguenza possibile della presupposta manifestazione di volontà" (così, da ultimo, della Sezione, la sentenza n. 3817 del 2023, che richiama, sempre di questa Sezione, la sentenza n. 589 del 2019).

 

5.2. - Fondate sono, altresì, le censure riguardanti la seconda ragione di illegittimità individuata dal TAR, afferente alla rimarcata "situazione di incompatibilità" di uno dei membri della commissione, per asserita sua "grave inimicizia" con il candidato ricorrente in primo grado.

 

In proposito le parti appellanti hanno riferito che le denunce/querele, dalle quali simile situazione di "inimicizia" è stata fatta discendere, hanno avuto unilaterale provenienza (sono state presentate, cioè, unicamente dal candidato, mentre non ne risulterebbero sporte ad opera del commissario di concorso) e sono oltretutto significativamente risalenti nel tempo. Si tratta, hanno aggiunto gli appellanti, di episodi risalenti a più di dieci anni prima del concorso, quando furono presentate alcune denunce, da parte dell'odierno appellato, per le attività svolte dal suo antagonista come commissario di (altra) selezione concorsuale e come comandante della Polizia municipale; essi hanno anche riferito che tutte le suddette rinunce sono state poi archiviate. La loro controparte, in replica, si è limitata ad affermare il fatto contrario positivo - ossia, che le denunce sarebbero state "reciproche" - ma ha omesso di provarlo, non avendo menzionato alcun particolare episodio a sostegno delle proprie affermazioni ed essendosi, piuttosto, limitata a richiamare una congerie di documenti che sono stati depositati in questo giudizio di appello. Tali documenti non possono essere ammessi nel presente grado, per disposto dell'art. 104, comma 2, cod. proc. amm., in quanto - considerata la loro mole, e considerato altresì che la parte non ha provveduto a dettagliarne il deposito indicando quali, tra di essi, fossero davvero rilevanti ai fini di introdurre elementi di prova di quanto affermato - non possono ritenersi indispensabili ai fini della decisione.

 

Deve, pertanto, riconoscersi credito a quanto affermato dalle parti appellanti, il che - peraltro - trova anche conferme nella sentenza di primo grado, la quale, nella disamina del motivo poi accolto, ha elencato una serie di denunce, tutte risalenti a più di dieci anni prima lo svolgimento del concorso e tutte presentate dall'odierna parte appellata. Questi dati di fatto rendono oggettivamente inconsistente il profilo di illegittimità lamentato in primo grado, anche a prescindere dalle circostanze ambientali di contorno valorizzate dal TAR (l'esiguo numero dei partecipanti al concorso e le piccole dimensioni del Comune di San XXXXX); in definitiva, deve concludersi che non si hanno elementi sufficienti per poter sostenere che il commissario di concorso serbasse, personalmente, un atteggiamento di inimicizia nei confronti del candidato ricorrente in primo grado.

 

5.3. - Fondate sono anche le censure che hanno sottoposto a critica l'ultima delle ragioni individuate dal TAR ai fini dell'annullamento degli atti in primo grado.

 

Non emerge, invero, alcun profilo di violazione delle regole, fissate del bando di concorso, per la scelta dei commissari. Dalla Det. n. 7, del 6 dicembre 2022, risulta, infatti, che il segretario comunale ha conferito rilievo al criterio della minor distanza di provenienza solo in quanto, tra tutti gli aspiranti, emergeva la "parità di requisiti": il che presuppone l'esistenza di una valutazione comparativa tra i vari aspiranti che deve presumersi eseguita, in mancanza di evidenze diverse, secondo le indicazioni del bando.

 

6. - La fondatezza delle censure di appello comporta il vaglio degli ulteriori motivi del ricorso di primo grado, rimasti assorbiti dalla decisione del TAR e in questa sede riproposti con la memoria della parte appellata depositata il 22 agosto 2023.

 

6.1. - Il primo dei motivi riproposti attiene ad una presunta illogicità e incongruità del punteggio attribuito alle prove scritte del ricorrente in primo grado. In particolare, si sostiene che tali prove sarebbero esaustive, pertinenti e pienamente rispondenti ai quesiti che erano stati proposti ai candidati, tanto da risultare inspiegabile l'attribuzione, da parte della commissione, di un punteggio largamente insufficiente. Inoltre, si lamenta una disparità di trattamento, a danno dell'esponente, rispetto ai punteggi attribuiti agli altri candidati (tra i quali, anche l'odierno appellante, vincitore del concorso), facendosi notare alcune "criticità" negli elaborati di questi ultimi che ulteriormente dimostrerebbero l'illegittimità dell'operato della commissione.

 

Il motivo - che, nonostante quanto sostenuto in replica dall'amministrazione appellata, non risulta essere stato trattato dal TAR - non può essere condiviso.

 

Deve infatti ricordarsi, sulla base del tradizionale e fermo orientamento della giurisprudenza amministrativa, che va riconosciuta, di norma, amplia discrezionalità alla commissione esaminatrice nell'attribuzione dei punteggi: e ciò, sia nella fase a monte che consiste nell'individuazione dei criteri secondo le indicazioni provenienti dal bando, sia nella fase a valle di effettiva attribuzione dei punteggi ai singoli candidati. L'esercizio di tale discrezionalità, come è noto, è sottratta al puntuale sindacato di legittimità del giudice amministrativo, riguardando piuttosto il merito dell'azione amministrativa, salvo che siano apprezzabili macroscopici vizi di eccesso di potere per irragionevolezza, manifesta iniquità e palese arbitrarietà (tra le tante, cfr. Cons. Stato, questa sez. V, sentenza n. 9531 del 2023; sez. II, sentenza n. 10684 del 2023; sez. IV, sentenza n. 2754 del 2016). Inoltre, la predeterminazione di criteri di massima, da parte della stessa commissione, funge da adeguato parametro di riscontro, mettendo il candidato nella possibilità di comprendere le valutazioni riferite alla propria prova, pur se tradotte nell'assegnazione di un voto numerico il quale, in mancanza di una contraria disposizione, esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione di concorso, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni (cfr., di recente, ex aliis, Cons. Stato, sez. VII, sentenza n. 1291 del 2024).

 

Nel caso di specie è pacifico che la commissione avesse prestabilito i criteri di giudizio e che, conseguentemente, il voto numerico attribuito agli elaborati consentisse la ricostruzione dell'iter logico-motivazionale. Non emergono, peraltro, aspetti di macroscopica illogicità e/o iniquità nelle valutazioni compiute dalla commissione, neanche in prospettiva di comparazione tra i vari candidati: le contestazioni, in proposito mosse dal ricorrente, non fanno emergere palesi errori di fatto o travisamenti tali da fondare le censure di ingiustizia manifesta.

 

6.2. - Quanto al secondo dei motivi riproposti - attinente alla mancata apposizione, sui fogli degli elaborati scritti, del timbro dell'ente e della firma di almeno un componente della commissione - il Collegio non può esimersi da una diagnosi di inammissibilità, in accoglimento della corrispondente eccezione sollevata dal Comune.

 

La sentenza del TAR, sia pure nella parte in fatto, ha invero trattato e deciso tale censura: a pag. 14 si legge che la dedotta circostanza "risulta smentita dagli elaborati della prova scritta del ricorrente e degli altri 4 candidati ammessi alla prova orale, depositati in giudizio, tutti recanti il timbro e la firma di una dei componenti della Commissione giudicatrice". Ciò avrebbe richiesto di introdurre la censura in esame con specifico motivo di appello, e non attraverso la riproposizione ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm.

 

L'inammissibilità, peraltro, travolge anche la parte del motivo in esame in cui si accenna ad un'ulteriore carenza formale che sarebbe stata commessa nel procedimento, quella cioè della mancata indicazione "del numero dei fogli complessivamente consegnati ai candidati o a ciascun candidato e, finanche, di quelli residuati alla fine della prova scritta": si tratta, infatti, di un profilo di censura solo genericamente accennato, senza il riscontro di alcun parametro di legittimità, e meramente ancillare all'altro, del quale segue la sorte.

 

7. - Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e vanno dunque poste a carico dell'originario ricorrente in primo grado, secondo la liquidazione di cui al dispositivo della presente sentenza.

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, definitivamente pronunciando,

 

Accoglie l'appello principale e l'appello incidentale e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

 

Condanna il ricorrente in primo grado alla refusione delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in euro 3.000,00 (tremila/00) in favore di ciascuna delle due controparti, odierne appellanti principale e incidentale, per un totale di euro 6.000,00 (seimila/00).

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

 

Diego Sabatino, Presidente

 

Stefano Fantini, Consigliere

 

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

 

Giorgio Manca, Consigliere

 

Antonino Masaracchia, Consigliere, Estensore


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