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martedì 26 agosto 2014

Corte di Giustizia europea: Il lavoratore non perde il diritto alle ferie annuali retribuite non godute a causa di malattia Chiarimento dalla massima composizione collegiale della Corte di Lussemburgo sul diritto sancito dalla direttiva comunitaria sull'orario di lavoro. In caso di mancato godimento, in tal caso, spetta un indennizzo



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Il lavoratore non perde il diritto alle ferie annuali retribuite non godute a causa di malattia
Chiarimento dalla massima composizione collegiale della Corte di Lussemburgo sul diritto sancito dalla direttiva comunitaria sull'orario di lavoro. In caso di mancato godimento, in tal caso, spetta un indennizzo
(Corte di Giustizia europea,  Grande sezione, sentenza nelle cause riunite n. 350/06 e n. 520/06; pubblicata il 20 gennaio 2009)
 
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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
20 gennaio 2009 (*)
«Condizioni di lavoro – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Diritto alle ferie annuali retribuite – Congedo per malattia – Ferie annuali coincidenti con un congedo per malattia – Indennità sostitutiva di ferie annuali retribuite non godute alla fine del contratto a causa di malattia»
Nei procedimenti riuniti C‑350/06 e C‑520/06,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Landesarbeitsgericht Düsseldorf (Germania) (C‑350/06) e dalla House of Lords (Regno Unito) (C‑520/06), rispettivamente, con decisioni 2 agosto e 13 dicembre 2006, pervenute alla Corte il 21 agosto e il 20 dicembre 2006, nelle cause
Gerhard Schultz-Hoff (C‑350/06)
contro
Deutsche Rentenversicherung Bund,
e
Stringer e altri (C‑520/06)
contro
Her Majesty’s Revenue and Customs,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts e A. Ó Caoimh, presidenti di sezione, dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk, P. Kūris, E. Juhász, G. Arestis, E. Levits (relatore) e L. Bay Larsen, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 novembre 2007,
considerate le osservazioni presentate:
–        per il Deutsche Rentenversicherung Bund, dall’avv. J. Littig, Rechtsanwalt;
–        per la sig.ra Stringer e altri, dal sig. C. Jeans, QC, e dal sig. M. Ford, barrister, su incarico della sig.ra V. Phillips, solicitor;
–        per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti;
–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra Z. Bryanston-Cross, in qualità di agente, assistita dal sig. T. Ward, barrister;
–        per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente;
–        per il governo ceco, dal sig. T. Boček, in qualità di agente;
–        per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;
–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels, in qualità di agente;
–        per il governo polacco, dalla sig.ra E. Ośniecka-Tamecka, in qualità di agente;
–        per il governo sloveno, dalla sig.ra M. Remic, in qualità di agente;
–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. M. van Beek, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 gennaio 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 7 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9).
        Dette domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che oppongono, l’una, il sig. Schultz-Hoff al suo ex datore di lavoro, l’Ente federale tedesco per le pensioni (Deutsche Rentenversicherung Bund; in prosieguo: il «DRB»), e, l’altra, vari dipendenti, alcuni dei quali sono stati licenziati, al loro datore di lavoro o ex datore di lavoro, l’Amministrazione fiscale e doganale britannica (Her Majesty’s Revenue and Customs), in merito alle questioni se un lavoratore in congedo per malattia abbia il diritto di fruire di ferie annuali retribuite nel corso di tale congedo e se un lavoratore in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto abbia diritto – e, ove così fosse, in quale misura – ad un’indennità finanziaria sostitutiva per le ferie annuali retribuite non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
 Contesto normativo
        L’art. 1 della direttiva 2003/88 così dispone:
«Oggetto e campo di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.
2. La presente direttiva si applica:
a) ai periodi minimi di (…) ferie annuali (…)
(…)».
        L’art. 7 di tale direttiva è formulato come segue:
«Ferie annuali
1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.
2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».
        L’art. 17 della direttiva 2003/88 prevede che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima. L’art. 7 della direttiva non rientra tra le disposizioni alle quali è consentito derogare.
 Cause principali e questioni pregiudiziali
 Causa C‑520/06
        I ricorrenti nella causa principale si possono suddividere in due gruppi.
        Al primo gruppo appartiene un lavoratore che, assente dal lavoro da alcuni mesi in congedo per malattia di durata indeterminata, nel corso di detto congedo ha comunicato al proprio datore di voler fruire di alcuni giorni di ferie annuali retribuite nei due mesi successivi alla domanda.
        Al secondo gruppo appartengono taluni lavoratori che, prima del loro licenziamento, si trovavano in congedo per malattia di durata indeterminata. Non avendo fruito di ferie annuali retribuite durante il periodo di riferimento, l’unico periodo nel quale, secondo il diritto britannico, è possibile fruire di dette ferie, essi hanno richiesto un’indennità sostitutiva.
        I lavoratori appartenenti ai due suddetti gruppi hanno vinto la causa dinanzi all’Employment Tribunal (Tribunale del lavoro). I ricorsi in appello del datore di lavoro sono stati respinti dall’Employment Appeal Tribunal, che però ha autorizzato l’interposizione di appello dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), la quale ha accolto le richieste del datore di lavoro.
      I ricorrenti nella causa principale hanno proposto ricorso dinanzi alla House of Lords (Corte suprema), che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che un lavoratore in congedo per malattia di durata indeterminata abbia il diritto di i) chiedere ferie annuali retribuite per un periodo successivo e ii) fruire di ferie annuali retribuite, in entrambi i casi durante un periodo che sarebbe altrimenti incluso nel congedo per malattia.
2)      Qualora uno Stato membro abbia esercitato la facoltà di sostituire il periodo minimo di ferie annuali retribuite con un’indennità finanziaria in caso di fine del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 (…), se detto art. 7, n. 2, imponga determinati requisiti o criteri relativamente alla debenza e al calcolo di tale indennità finanziaria sostitutiva quando il lavoratore interessato è stato assente per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento in cui è terminato il rapporto di lavoro».
 Causa C‑350/06
      Il sig. Schultz-Hoff, ricorrente nella causa principale, era impiegato presso il DRB dal 1° aprile 1971. A partire dall’anno 1995 egli, riconosciuto disabile grave, ha alternato periodi di incapacità per malattia a periodi in cui era abile al lavoro. Nel 2004 è stato in condizione fisica di lavorare fino all’inizio del mese di settembre. In seguito è stato posto in congedo per malattia ininterrottamente fino al 30 settembre 2005, data alla quale è cessato il suo rapporto di lavoro.
      Con lettera del 13 maggio 2005 il sig. Schultz-Hoff ha chiesto al DRB che gli fossero concesse, a partire dal 1° giugno 2005, le ferie annuali retribuite per l’anno civile 2004, periodo di riferimento. Il 25 maggio 2005 la domanda è stata respinta con la motivazione che il servizio medico competente avrebbe dovuto previamente constatare che l’interessato fosse abile al lavoro. Nel settembre 2005 il DRB ha constatato l’inabilità al lavoro del sig. Schultz-Hoff e, nella sua qualità di ente per le pensioni, gli ha concesso la pensione a tempo indeterminato con effetto retroattivo dal 1° marzo 2005.
      Il sig. Schultz-Hoff ha adito l’Arbeitsgericht (Tribunale di primo grado per le cause di lavoro) Düsseldorf, chiedendo la monetizzazione delle ferie annuali retribuite non godute negli anni civili 2004 e 2005, periodi di riferimento.
      Il DRB fa valere che l’inabilità al lavoro dell’interessato dura tutt’oggi, dunque si è protratta oltre il periodo di riporto che l’art. 7, n. 3, della legge federale sulle ferie minime per i lavoratori dipendenti dell’8 gennaio 1963 (Bundesurlaubsgesetz), nella versione applicabile al caso di specie, accorda al lavoratore che per rilevanti ragioni legate alla gestione dell’impresa o alla sua stessa persona non abbia potuto fruire delle ferie annuali durante il periodo di riferimento. Di conseguenza, secondo la legge tedesca, il diritto del sig. Schultz-Hoff alle ferie annuali retribuite si sarebbe estinto e quest’ultimo non avrebbe titolo ad alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute.
      L’Arbeitsgericht Düsseldorf ha respinto il ricorso del sig. Schultz-Hoff, il quale ha interposto appello dinanzi al Landesarbeitsgericht Düsseldorf.
      Il giudice del rinvio espone che, secondo le disposizioni nazionali rilevanti nella fattispecie, come interpretate dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), il diritto del lavoratore ad un’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute si estingue alla fine dell’anno civile in questione e, al più tardi, alla fine di un periodo di riporto della durata di tre mesi, salvo deroga in favore del lavoratore fissata dal contratto collettivo. Qualora il lavoratore sia stato inabile al lavoro sino alla fine di tale periodo di riporto, le ferie annuali retribuite non godute non devono essere compensate, alla fine del rapporto di lavoro, mediante un’indennità finanziaria.
      Il Landesarbeitsgericht Düsseldorf, dubitando che la suddetta giurisprudenza del Bundesarbeitsgericht sia compatibile con l’art. 7 della direttiva 2003/88, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che il lavoratore deve in ogni caso godere di un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che le ferie non godute nel corso del periodo di riferimento a causa di malattia devono essere concesse in un momento successivo, oppure se disposizioni e/o prassi nazionali possano prevedere che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua qualora il lavoratore, nel periodo di riferimento, divenga inabile al lavoro per causa di malattia prima di fruire delle ferie e non recuperi la propria capacità lavorativa prima della conclusione del periodo di riferimento o del periodo di riporto determinato dalla legge, dal contratto collettivo o da quello individuale.
2)      Se l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto ad un’indennità finanziaria a titolo di compensazione per le ferie maturate e non godute (indennità finanziaria sostitutiva), oppure se disposizioni e/o prassi nazionali possano prevedere che il lavoratore non abbia diritto all’indennità finanziaria sostitutiva qualora risulti inabile al lavoro a causa di malattia sino alla fine del periodo di riferimento o del successivo periodo di riporto e/o benefici, dopo la conclusione del rapporto di lavoro, di una pensione a titolo di ridotta capacità lavorativa o di invalidità.
3)      In caso di soluzione affermativa della prima e della seconda questione:
Se l’art. 7 della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che il diritto alle ferie annuali o all’indennità finanziaria sostitutiva presuppone che il lavoratore abbia effettivamente lavorato nel periodo di riferimento, oppure se il diritto sorga anche in caso di assenza giustificata (per malattia) o di assenza ingiustificata nel corso dell’intero periodo di riferimento».
      Stante la loro connessione, confermata nel corso della fase orale del procedimento, occorre riunire le due cause principali ai fini della decisione.
 Sulle questioni pregiudiziali
      In via preliminare occorre osservare che i congedi per malattia oggetto delle cause principali non si sono protratti oltre i periodi di riferimento, in materia di ferie annuali retribuite, applicabili in ciascuna causa alla stregua delle norme del diritto nazionale.
 Sul diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante un periodo di congedo per malattia
      Con la prima questione deferita nella causa C‑520/06 il giudice del rinvio chiede essenzialmente se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che un lavoratore in congedo per malattia non abbia diritto di fruire nel corso di detto congedo di ferie annuali retribuite.
      Tutti i governi e la Commissione delle Comunità europee sostengono, nelle rispettive osservazioni, che la questione deve essere risolta in senso negativo.
      Secondo una costante giurisprudenza, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, pag. 18) (v. sentenze 26 giugno 2001, causa C‑173/99, BECTU, Racc. pag. I‑4881, punto 43; 18 marzo 2004, causa C‑342/01, Merino Gómez, Racc. pag. I‑2605, punto 29, nonché 16 marzo 2006, cause riunite C‑131/04 e C‑257/04, Robinson-Steele e a., Racc. pag. I‑2531, punto 48).
      Di norma, il lavoratore deve potere beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute, tant’è che l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 permette di sostituire il diritto alle ferie annuali retribuite con una compensazione finanziaria solo nel caso in cui sia cessato il rapporto di lavoro (v., in tal senso, le citate sentenze BECTU, punto 44, e Merino Gómez, punto 30).
      L’art. 7 della direttiva 2003/88, peraltro, non rientra tra le disposizioni alle quali quest’ultima consente di derogare.
      È pacifico che lo scopo del diritto alle ferie annuali retribuite è consentire al lavoratore di riposarsi e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione. Tale finalità è diversa da quella del diritto al congedo per malattia, accordato al lavoratore affinché possa ristabilirsi da una malattia.
      La Corte ha già dichiarato che un congedo garantito dal diritto comunitario non può pregiudicare il diritto di fruire di un altro congedo pure garantito dal diritto comunitario (v. sentenze Merino Gómez, cit., punti 32 e 33; 14 aprile 2005, causa C‑519/03, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑3067, punto 33, nonché 20 settembre 2007, causa C‑116/06, Kiiski, Racc. pag. I‑7643, punto 56). In particolare, nella citata sentenza Merino Gómez, essa ha dichiarato che l’art. 7, n. 1, della direttiva 93/104 deve essere interpretato nel senso che, in caso di coincidenza tra le date di un congedo per maternità di una lavoratrice e quelle delle ferie annuali fissate in via generale per tutto il personale da un contratto collettivo, i dettami della direttiva concernenti le ferie annuali retribuite non possono considerarsi rispettati.
      Tuttavia, diversamente dai diritti al congedo di maternità o al congedo parentale oggetto della giurisprudenza citata al punto precedente, allo stato attuale il diritto al congedo per malattia e le modalità del suo esercizio non sono disciplinati dal diritto comunitario. Inoltre, l’interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 93/104 nella causa oggetto della citata sentenza Merino Gómez era scaturita dalla necessità di assicurare, con riferimento ad altre direttive comunitarie considerate in quella causa, il rispetto dei diritti derivanti dal contratto di lavoro di una lavoratrice nell’ipotesi di un congedo per maternità.
      Per quanto riguarda il diritto alle ferie annuali retribuite, così come emerge dalla direttiva 2003/88 e dalla giurisprudenza della Corte, spetta agli Stati membri definire, nella loro normativa interna, le condizioni di esercizio e di attuazione di detto diritto, precisando le circostanze concrete in cui i lavoratori possono avvalersene; essi devono, però, astenersi dal condizionare la costituzione stessa di tale diritto, il quale scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza BECTU, cit., punto 53).
      In tali circostanze, pertanto, l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a disposizioni o a prassi nazionali secondo le quali un lavoratore in congedo per malattia non ha diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante un periodo incluso in un congedo per malattia, purché, tuttavia, detto lavoratore abbia la possibilità di esercitare nel corso di un altro periodo il diritto che la succitata direttiva gli attribuisce.
      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, infatti, se è vero che l’effetto positivo delle ferie annuali retribuite sulla sicurezza e sulla salute del lavoratore si esplica pienamente se le ferie vengono prese nell’anno all’uopo previsto, cioè l’anno in corso, tale periodo di riposo permane interessante sotto tale profilo anche qualora se ne fruisca in un momento successivo (sentenza 6 aprile 2006, causa C‑124/05, Federatie Nederlandse Vakbeweging, Racc. pag. I‑3423, punto 30).
      D’altro lato, la direttiva 2003/88 non osta neppure a disposizioni o a prassi nazionali le quali consentano a un lavoratore in congedo per malattia di fruire, durante tale periodo, di ferie annuali retribuite.
      Alla luce di quanto precede, alla prima questione deferita nella causa C‑520/06 occorre rispondere che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che un lavoratore in congedo per malattia non abbia diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante tale congedo.
 Sul diritto alle ferie annuali retribuite in caso di congedo per malattia protrattasi per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento, allorché l’inabilità al lavoro perdura alla scadenza di detto periodo e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale
      Con la prima questione e, in via subordinata, con la terza, nella parte in cui quest’ultima fa riferimento al diritto alle ferie e non all’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute, deferite nella causa C‑350/06, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro.
      Come osservato nel corso dell’udienza in particolare dal governo tedesco, che ha fatto riferimento al punto 53 della citata sentenza BECTU, dall’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 risulta che le modalità di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite nei diversi Stati membri sono disciplinate dalle legislazioni e/o dalle prassi nazionali. Il suddetto governo ne trae la conclusione che la questione del riporto delle ferie, quindi dell’individuazione del momento in cui un lavoratore impossibilitato a godere delle ferie annuali retribuite nel periodo di riferimento possa ancora beneficiare delle stesse, rientra nelle condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite ed è perciò disciplinata dalle legislazioni e/o dalle prassi nazionali.
      Se tale conclusione può essere accolta in linea di principio, essa è nondimeno subordinata a taluni limiti.
      Occorre dunque esaminare quali limiti a detto principio si impongano nelle circostanze specifiche della causa C‑350/06.
–       Congedo per malattia durante tutto il periodo di riferimento che perdura allo scadere di detto periodo e/o di un periodo di riporto
      In via preliminare occorre ricordare che la direttiva 2003/88 ha tenuto conto dei principi dell’Organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, come emerge dal suo sesto ‘considerando’.
      A tale proposito si deve rilevare che, ai sensi dell’art. 5, n. 4, della Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro 24 giugno 1970, n. 132, relativa ai congedi annuali pagati, come riveduta, «(…) le assenze dal lavoro per motivi indipendenti dalla volontà dell’interessato, ad esempio le assenze per malattia, (…) saranno calcolate nel periodo di servizio».
      Le disposizioni relative ai periodi minimi di riposo di cui al capo II della direttiva 2003/88 riguardano nella maggior parte dei casi «ogni lavoratore»; in particolare, riguarda ogni lavoratore l’art. 7, n. 1, relativamente al diritto alle ferie annuali retribuite (sentenza BECTU, cit., punto 46).
      Inoltre, per quanto concerne quest’ultimo diritto, la direttiva 2003/88 non pone alcuna distinzione tra i lavoratori assenti dal lavoro a titolo di congedo per malattia, sia esso di durata breve oppure indeterminata, durante il periodo di riferimento, e quelli che hanno effettivamente lavorato nel corso di tale periodo.
      Ne consegue che, per i lavoratori in congedo per malattia debitamente prescritto, il diritto alle ferie annuali retribuite, che scaturisce per ogni lavoratore dalla stessa direttiva 2003/88 (sentenza BECTU, cit., punti 52 e 53), non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento stabilito da detto Stato.
      Una disposizione nazionale che prevede un periodo di riporto per ferie annuali non godute alla fine del periodo di riferimento persegue, in linea di principio, il fine di concedere al lavoratore che è stato impossibilitato a godere le proprie ferie annuali un’ulteriore possibilità di fruirne. La determinazione di un siffatto periodo rientra nelle condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite e ricade, dunque, nell’ambito di competenza degli Stati membri.
      Ne discende che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente accordato dalla direttiva che comprenda finanche la perdita del diritto in questione allo scadere del periodo di riferimento o di un periodo di riporto, purché, però, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto che la direttiva gli conferisce.
      Orbene, occorre rilevare che un lavoratore il quale, come il ricorrente nella causa C‑350/06 relativamente all’anno 2005, si trovi in congedo per malattia per l’intera durata del periodo di riferimento e oltre il periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, non ha periodi di tempo in cui fruire delle ferie annuali retribuite.
      Ammettere che, nelle circostanze specifiche di inabilità al lavoro descritte al punto precedente, le disposizioni nazionali pertinenti, segnatamente quelle che fissano il periodo di riporto, possano prevedere l’estinzione del diritto del lavoratore alle ferie annuali retribuite, garantito dall’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, senza che il lavoratore abbia avuto la possibilità effettiva di esercitare tale diritto, significherebbe accettare che queste disposizioni violino il diritto sociale direttamente conferito dal detto art. 7 ad ogni lavoratore.
      Se è vero, infatti, che la Corte ha affermato che gli Stati membri possono definire, nella loro normativa interna, le condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, essa ha nondimeno precisato che gli Stati membri non possono affatto condizionare la costituzione stessa di tale diritto, che scaturisce direttamente dalla direttiva 93/104 (v., in tal senso, sentenza BECTU, cit., punto 53).
      Nel solco della medesima giurisprudenza la Corte ha sottolineato che le modalità di esecuzione e di applicazione necessarie per attuare le prescrizioni della direttiva 93/104 possono differire quanto alle condizioni di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite, ma che tale direttiva non consente agli Stati membri di escludere la nascita stessa di un diritto espressamente conferito a tutti i lavoratori (sentenza BECTU, cit., punto 55).
      Se, alla luce della giurisprudenza citata ai punti precedenti, il diritto alle ferie annuali retribuite garantito al lavoratore dall’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non può essere messo in discussione da disposizioni nazionali che prevedano l’esclusione della costituzione o della nascita di tale diritto, allora non può ammettersi che avvenga diversamente in ordine alle disposizioni nazionali che prevedono l’estinzione di tale diritto nel caso di un lavoratore in congedo per malattia per l’intera durata del periodo di riferimento e/o oltre un periodo di riporto, come il sig. Schultz-Hoff, il quale non è stato in condizione di esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. Infatti, così come nella fattispecie oggetto della precitata sentenza BECTU la Corte ha affermato che gli Stati membri non potevano escludere la nascita del diritto alle ferie annuali retribuite, in una situazione come quella del sig. Schultz-Hoff gli Stati membri non possono prevedere l’estinzione di tale diritto.
      Risulta da quanto precede che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite.
–       Congedo per malattia durante una parte del periodo di riferimento che perdura allo scadere di detto periodo e/o di un periodo di riporto
      Tenendo conto delle considerazioni svolte ai punti 37-49 della presente sentenza, occorre adottare la medesima conclusione esposta al precedente punto 49 anche riguardo al diritto alle ferie annuali retribuite di un lavoratore che, come il sig. Schultz-Hoff nell’anno 2004, ha lavorato durante una parte del periodo di riferimento prima di essere collocato in congedo per malattia.
      In effetti, ogni lavoratore privato del beneficio di un periodo di ferie annuali retribuite a motivo di un congedo per malattia di durata indeterminata si trova nella situazione descritta al punto 44 della presente sentenza, dal momento che la sopravvenienza di un’inabilità al lavoro per causa di malattia è imprevedibile.
      Alla luce di quanto precede occorre risolvere la prima questione e la terza, nella parte in cui quest’ultima si riferisce al diritto alle ferie e non all’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute, deferite nella causa C‑350/06, che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite.
 Sul diritto, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ad un’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute durante il periodo di riferimento e/o durante un periodo di riporto a causa dell’inabilità al lavoro per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto
      Con la seconda questione e, in via subordinata, con la terza, nella parte in cui quest’ultima si riferisce all’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute, deferite nella causa C‑350/06, nonché con la seconda questione sollevata nella causa C‑520/06, i giudici del rinvio chiedono essenzialmente se l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che al momento della cessazione del rapporto di lavoro non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto. In caso di soluzione affermativa di tale questione, il giudice del rinvio nella causa C‑520/06 chiede di specificare secondo quali criteri debba essere calcolata detta indennità finanziaria.
      In proposito occorre anzitutto ricordare che, come emerge dalla stessa formulazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, disposizione alla quale tale direttiva non consente di derogare, tutti i lavoratori beneficiano di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Tale diritto alle ferie annuali retribuite, che deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario alla luce della giurisprudenza citata al punto 22 della presente sentenza, è quindi conferito ad ogni lavoratore, quale che sia il suo stato di salute.
      Come emerge dal punto 52 della presente sentenza, poi, il diritto alle ferie annuali retribuite non si estingue allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e non ha potuto esercitare in concreto questo diritto conferitogli dalla direttiva 2003/88.
      Nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro non è più possibile l’effettiva fruizione delle ferie annuali retribuite. Per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria, l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 riconosce al lavoratore il diritto ad un’indennità finanziaria.
      Nessuna disposizione della direttiva 2003/88 fissa espressamente le modalità di calcolo dell’indennità finanziaria sostitutiva del o dei periodi minimi di ferie annuali retribuite nel caso di cessazione del rapporto di lavoro.
      Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, l’espressione «ferie annuali retribuite» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 significa che, per la durata delle ferie annuali ai sensi di tale direttiva, la retribuzione deve essere mantenuta; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (v. sentenza Robinson-Steele e a., cit., punto 50).
      Allorché fissano l’indennità finanziaria spettante al lavoratore in forza dell’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88, gli Stati membri devono curare che le modalità di applicazione nazionali tengano conto dei limiti derivanti dalla stessa direttiva.
      Secondo la giurisprudenza della Corte, la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello all’ottenimento di un pagamento a tal titolo come due aspetti di un unico diritto. L’obbligo di monetizzare queste ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro (v. sentenza Robinson-Steele e a., cit., punto 58).
      Ne consegue che, nell’ipotesi in cui un lavoratore, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, non sia stato in condizione di esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite prima della cessazione del rapporto di lavoro, l’indennità finanziaria alla quale ha diritto deve essere calcolata in modo da porlo in una situazione analoga a quella in cui si sarebbe trovato se avesse esercitato tale diritto nel corso del rapporto di lavoro. Pertanto la retribuzione ordinaria del lavoratore, cioè quella che deve essere mantenuta durante il periodo di riposo corrispondente alle ferie annuali retribuite, è parimenti determinante ai fini del calcolo dell’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
      Alla luce di quanto precede occorre risolvere la seconda questione e la terza, nella parte in cui quest’ultima si riferisce all’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute, deferite nella causa C‑350/06, nonché alla seconda questione sollevata nella causa C‑520/06, che l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che sia stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. Ai fini del calcolo della suddetta indennità finanziaria è determinante la retribuzione ordinaria del lavoratore, la stessa che deve essere mantenuta durante il periodo di riposo corrispondente alle ferie annuali retribuite.
 Sulle spese
      Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1)      L’art. 7, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che un lavoratore in congedo per malattia non abbia diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante detto congedo.
2)      L’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite.
3)      L’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che sia stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. Ai fini del calcolo della suddetta indennità finanziaria è determinante la retribuzione ordinaria del lavoratore, la stessa che deve essere mantenuta durante il periodo di riposo corrispondente alle ferie annuali retribuite.
Firme

* Lingue processuali: il tedesco e l’inglese.
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SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
20 gennaio 2009 (*)
«Condizioni di lavoro – Organizzazione dell’orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Diritto alle ferie annuali retribuite – Congedo per malattia – Ferie annuali coincidenti con un congedo per malattia – Indennità sostitutiva di ferie annuali retribuite non godute alla fine del contratto a causa di malattia»
Nei procedimenti riuniti C‑350/06 e C‑520/06,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Landesarbeitsgericht Düsseldorf (Germania) (C‑350/06) e dalla House of Lords (Regno Unito) (C‑520/06), rispettivamente, con decisioni 2 agosto e 13 dicembre 2006, pervenute alla Corte il 21 agosto e il 20 dicembre 2006, nelle cause
Gerhard Schultz-Hoff (C‑350/06)
contro
Deutsche Rentenversicherung Bund,
e
Stringer e altri (C‑520/06)
contro
Her Majesty’s Revenue and Customs,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaerts e A. Ó Caoimh, presidenti di sezione, dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk, P. Kūris, E. Juhász, G. Arestis, E. Levits (relatore) e L. Bay Larsen, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig. J. Swedenborg, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 novembre 2007,
considerate le osservazioni presentate:
–        per il Deutsche Rentenversicherung Bund, dall’avv. J. Littig, Rechtsanwalt;
–        per la sig.ra Stringer e altri, dal sig. C. Jeans, QC, e dal sig. M. Ford, barrister, su incarico della sig.ra V. Phillips, solicitor;
–        per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e C. Blaschke, in qualità di agenti;
–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra Z. Bryanston-Cross, in qualità di agente, assistita dal sig. T. Ward, barrister;
–        per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente;
–        per il governo ceco, dal sig. T. Boček, in qualità di agente;
–        per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato;
–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels, in qualità di agente;
–        per il governo polacco, dalla sig.ra E. Ośniecka-Tamecka, in qualità di agente;
–        per il governo sloveno, dalla sig.ra M. Remic, in qualità di agente;
–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. M. van Beek, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 gennaio 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’art. 7 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9).
        Dette domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che oppongono, l’una, il sig. Schultz-Hoff al suo ex datore di lavoro, l’Ente federale tedesco per le pensioni (Deutsche Rentenversicherung Bund; in prosieguo: il «DRB»), e, l’altra, vari dipendenti, alcuni dei quali sono stati licenziati, al loro datore di lavoro o ex datore di lavoro, l’Amministrazione fiscale e doganale britannica (Her Majesty’s Revenue and Customs), in merito alle questioni se un lavoratore in congedo per malattia abbia il diritto di fruire di ferie annuali retribuite nel corso di tale congedo e se un lavoratore in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto abbia diritto – e, ove così fosse, in quale misura – ad un’indennità finanziaria sostitutiva per le ferie annuali retribuite non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
 Contesto normativo
        L’art. 1 della direttiva 2003/88 così dispone:
«Oggetto e campo di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.
2. La presente direttiva si applica:
a) ai periodi minimi di (…) ferie annuali (…)
(…)».
        L’art. 7 di tale direttiva è formulato come segue:
«Ferie annuali
1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.
2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».
        L’art. 17 della direttiva 2003/88 prevede che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima. L’art. 7 della direttiva non rientra tra le disposizioni alle quali è consentito derogare.
 Cause principali e questioni pregiudiziali
 Causa C‑520/06
        I ricorrenti nella causa principale si possono suddividere in due gruppi.
        Al primo gruppo appartiene un lavoratore che, assente dal lavoro da alcuni mesi in congedo per malattia di durata indeterminata, nel corso di detto congedo ha comunicato al proprio datore di voler fruire di alcuni giorni di ferie annuali retribuite nei due mesi successivi alla domanda.
        Al secondo gruppo appartengono taluni lavoratori che, prima del loro licenziamento, si trovavano in congedo per malattia di durata indeterminata. Non avendo fruito di ferie annuali retribuite durante il periodo di riferimento, l’unico periodo nel quale, secondo il diritto britannico, è possibile fruire di dette ferie, essi hanno richiesto un’indennità sostitutiva.
        I lavoratori appartenenti ai due suddetti gruppi hanno vinto la causa dinanzi all’Employment Tribunal (Tribunale del lavoro). I ricorsi in appello del datore di lavoro sono stati respinti dall’Employment Appeal Tribunal, che però ha autorizzato l’interposizione di appello dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), la quale ha accolto le richieste del datore di lavoro.
      I ricorrenti nella causa principale hanno proposto ricorso dinanzi alla House of Lords (Corte suprema), che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che un lavoratore in congedo per malattia di durata indeterminata abbia il diritto di i) chiedere ferie annuali retribuite per un periodo successivo e ii) fruire di ferie annuali retribuite, in entrambi i casi durante un periodo che sarebbe altrimenti incluso nel congedo per malattia.
2)      Qualora uno Stato membro abbia esercitato la facoltà di sostituire il periodo minimo di ferie annuali retribuite con un’indennità finanziaria in caso di fine del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 (…), se detto art. 7, n. 2, imponga determinati requisiti o criteri relativamente alla debenza e al calcolo di tale indennità finanziaria sostitutiva quando il lavoratore interessato è stato assente per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento in cui è terminato il rapporto di lavoro».
 Causa C‑350/06
      Il sig. Schultz-Hoff, ricorrente nella causa principale, era impiegato presso il DRB dal 1° aprile 1971. A partire dall’anno 1995 egli, riconosciuto disabile grave, ha alternato periodi di incapacità per malattia a periodi in cui era abile al lavoro. Nel 2004 è stato in condizione fisica di lavorare fino all’inizio del mese di settembre. In seguito è stato posto in congedo per malattia ininterrottamente fino al 30 settembre 2005, data alla quale è cessato il suo rapporto di lavoro.
      Con lettera del 13 maggio 2005 il sig. Schultz-Hoff ha chiesto al DRB che gli fossero concesse, a partire dal 1° giugno 2005, le ferie annuali retribuite per l’anno civile 2004, periodo di riferimento. Il 25 maggio 2005 la domanda è stata respinta con la motivazione che il servizio medico competente avrebbe dovuto previamente constatare che l’interessato fosse abile al lavoro. Nel settembre 2005 il DRB ha constatato l’inabilità al lavoro del sig. Schultz-Hoff e, nella sua qualità di ente per le pensioni, gli ha concesso la pensione a tempo indeterminato con effetto retroattivo dal 1° marzo 2005.
      Il sig. Schultz-Hoff ha adito l’Arbeitsgericht (Tribunale di primo grado per le cause di lavoro) Düsseldorf, chiedendo la monetizzazione delle ferie annuali retribuite non godute negli anni civili 2004 e 2005, periodi di riferimento.
      Il DRB fa valere che l’inabilità al lavoro dell’interessato dura tutt’oggi, dunque si è protratta oltre il periodo di riporto che l’art. 7, n. 3, della legge federale sulle ferie minime per i lavoratori dipendenti dell’8 gennaio 1963 (Bundesurlaubsgesetz), nella versione applicabile al caso di specie, accorda al lavoratore che per rilevanti ragioni legate alla gestione dell’impresa o alla sua stessa persona non abbia potuto fruire delle ferie annuali durante il periodo di riferimento. Di conseguenza, secondo la legge tedesca, il diritto del sig. Schultz-Hoff alle ferie annuali retribuite si sarebbe estinto e quest’ultimo non avrebbe titolo ad alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute.
      L’Arbeitsgericht Düsseldorf ha respinto il ricorso del sig. Schultz-Hoff, il quale ha interposto appello dinanzi al Landesarbeitsgericht Düsseldorf.
      Il giudice del rinvio espone che, secondo le disposizioni nazionali rilevanti nella fattispecie, come interpretate dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), il diritto del lavoratore ad un’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute si estingue alla fine dell’anno civile in questione e, al più tardi, alla fine di un periodo di riporto della durata di tre mesi, salvo deroga in favore del lavoratore fissata dal contratto collettivo. Qualora il lavoratore sia stato inabile al lavoro sino alla fine di tale periodo di riporto, le ferie annuali retribuite non godute non devono essere compensate, alla fine del rapporto di lavoro, mediante un’indennità finanziaria.
      Il Landesarbeitsgericht Düsseldorf, dubitando che la suddetta giurisprudenza del Bundesarbeitsgericht sia compatibile con l’art. 7 della direttiva 2003/88, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che il lavoratore deve in ogni caso godere di un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane e che le ferie non godute nel corso del periodo di riferimento a causa di malattia devono essere concesse in un momento successivo, oppure se disposizioni e/o prassi nazionali possano prevedere che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua qualora il lavoratore, nel periodo di riferimento, divenga inabile al lavoro per causa di malattia prima di fruire delle ferie e non recuperi la propria capacità lavorativa prima della conclusione del periodo di riferimento o del periodo di riporto determinato dalla legge, dal contratto collettivo o da quello individuale.
2)      Se l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore ha comunque diritto ad un’indennità finanziaria a titolo di compensazione per le ferie maturate e non godute (indennità finanziaria sostitutiva), oppure se disposizioni e/o prassi nazionali possano prevedere che il lavoratore non abbia diritto all’indennità finanziaria sostitutiva qualora risulti inabile al lavoro a causa di malattia sino alla fine del periodo di riferimento o del successivo periodo di riporto e/o benefici, dopo la conclusione del rapporto di lavoro, di una pensione a titolo di ridotta capacità lavorativa o di invalidità.
3)      In caso di soluzione affermativa della prima e della seconda questione:
Se l’art. 7 della direttiva 2003/88 (…) debba essere interpretato nel senso che il diritto alle ferie annuali o all’indennità finanziaria sostitutiva presuppone che il lavoratore abbia effettivamente lavorato nel periodo di riferimento, oppure se il diritto sorga anche in caso di assenza giustificata (per malattia) o di assenza ingiustificata nel corso dell’intero periodo di riferimento».
      Stante la loro connessione, confermata nel corso della fase orale del procedimento, occorre riunire le due cause principali ai fini della decisione.
 Sulle questioni pregiudiziali
      In via preliminare occorre osservare che i congedi per malattia oggetto delle cause principali non si sono protratti oltre i periodi di riferimento, in materia di ferie annuali retribuite, applicabili in ciascuna causa alla stregua delle norme del diritto nazionale.
 Sul diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante un periodo di congedo per malattia
      Con la prima questione deferita nella causa C‑520/06 il giudice del rinvio chiede essenzialmente se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che un lavoratore in congedo per malattia non abbia diritto di fruire nel corso di detto congedo di ferie annuali retribuite.
      Tutti i governi e la Commissione delle Comunità europee sostengono, nelle rispettive osservazioni, che la questione deve essere risolta in senso negativo.
      Secondo una costante giurisprudenza, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva del Consiglio 23 novembre 1993, 93/104/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 307, pag. 18) (v. sentenze 26 giugno 2001, causa C‑173/99, BECTU, Racc. pag. I‑4881, punto 43; 18 marzo 2004, causa C‑342/01, Merino Gómez, Racc. pag. I‑2605, punto 29, nonché 16 marzo 2006, cause riunite C‑131/04 e C‑257/04, Robinson-Steele e a., Racc. pag. I‑2531, punto 48).
      Di norma, il lavoratore deve potere beneficiare di un riposo effettivo, per assicurare una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute, tant’è che l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 permette di sostituire il diritto alle ferie annuali retribuite con una compensazione finanziaria solo nel caso in cui sia cessato il rapporto di lavoro (v., in tal senso, le citate sentenze BECTU, punto 44, e Merino Gómez, punto 30).
      L’art. 7 della direttiva 2003/88, peraltro, non rientra tra le disposizioni alle quali quest’ultima consente di derogare.
      È pacifico che lo scopo del diritto alle ferie annuali retribuite è consentire al lavoratore di riposarsi e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione. Tale finalità è diversa da quella del diritto al congedo per malattia, accordato al lavoratore affinché possa ristabilirsi da una malattia.
      La Corte ha già dichiarato che un congedo garantito dal diritto comunitario non può pregiudicare il diritto di fruire di un altro congedo pure garantito dal diritto comunitario (v. sentenze Merino Gómez, cit., punti 32 e 33; 14 aprile 2005, causa C‑519/03, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑3067, punto 33, nonché 20 settembre 2007, causa C‑116/06, Kiiski, Racc. pag. I‑7643, punto 56). In particolare, nella citata sentenza Merino Gómez, essa ha dichiarato che l’art. 7, n. 1, della direttiva 93/104 deve essere interpretato nel senso che, in caso di coincidenza tra le date di un congedo per maternità di una lavoratrice e quelle delle ferie annuali fissate in via generale per tutto il personale da un contratto collettivo, i dettami della direttiva concernenti le ferie annuali retribuite non possono considerarsi rispettati.
      Tuttavia, diversamente dai diritti al congedo di maternità o al congedo parentale oggetto della giurisprudenza citata al punto precedente, allo stato attuale il diritto al congedo per malattia e le modalità del suo esercizio non sono disciplinati dal diritto comunitario. Inoltre, l’interpretazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 93/104 nella causa oggetto della citata sentenza Merino Gómez era scaturita dalla necessità di assicurare, con riferimento ad altre direttive comunitarie considerate in quella causa, il rispetto dei diritti derivanti dal contratto di lavoro di una lavoratrice nell’ipotesi di un congedo per maternità.
      Per quanto riguarda il diritto alle ferie annuali retribuite, così come emerge dalla direttiva 2003/88 e dalla giurisprudenza della Corte, spetta agli Stati membri definire, nella loro normativa interna, le condizioni di esercizio e di attuazione di detto diritto, precisando le circostanze concrete in cui i lavoratori possono avvalersene; essi devono, però, astenersi dal condizionare la costituzione stessa di tale diritto, il quale scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza BECTU, cit., punto 53).
      In tali circostanze, pertanto, l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a disposizioni o a prassi nazionali secondo le quali un lavoratore in congedo per malattia non ha diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante un periodo incluso in un congedo per malattia, purché, tuttavia, detto lavoratore abbia la possibilità di esercitare nel corso di un altro periodo il diritto che la succitata direttiva gli attribuisce.
      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, infatti, se è vero che l’effetto positivo delle ferie annuali retribuite sulla sicurezza e sulla salute del lavoratore si esplica pienamente se le ferie vengono prese nell’anno all’uopo previsto, cioè l’anno in corso, tale periodo di riposo permane interessante sotto tale profilo anche qualora se ne fruisca in un momento successivo (sentenza 6 aprile 2006, causa C‑124/05, Federatie Nederlandse Vakbeweging, Racc. pag. I‑3423, punto 30).
      D’altro lato, la direttiva 2003/88 non osta neppure a disposizioni o a prassi nazionali le quali consentano a un lavoratore in congedo per malattia di fruire, durante tale periodo, di ferie annuali retribuite.
      Alla luce di quanto precede, alla prima questione deferita nella causa C‑520/06 occorre rispondere che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che un lavoratore in congedo per malattia non abbia diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante tale congedo.
 Sul diritto alle ferie annuali retribuite in caso di congedo per malattia protrattasi per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento, allorché l’inabilità al lavoro perdura alla scadenza di detto periodo e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale
      Con la prima questione e, in via subordinata, con la terza, nella parte in cui quest’ultima fa riferimento al diritto alle ferie e non all’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute, deferite nella causa C‑350/06, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro.
      Come osservato nel corso dell’udienza in particolare dal governo tedesco, che ha fatto riferimento al punto 53 della citata sentenza BECTU, dall’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 risulta che le modalità di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite nei diversi Stati membri sono disciplinate dalle legislazioni e/o dalle prassi nazionali. Il suddetto governo ne trae la conclusione che la questione del riporto delle ferie, quindi dell’individuazione del momento in cui un lavoratore impossibilitato a godere delle ferie annuali retribuite nel periodo di riferimento possa ancora beneficiare delle stesse, rientra nelle condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite ed è perciò disciplinata dalle legislazioni e/o dalle prassi nazionali.
      Se tale conclusione può essere accolta in linea di principio, essa è nondimeno subordinata a taluni limiti.
      Occorre dunque esaminare quali limiti a detto principio si impongano nelle circostanze specifiche della causa C‑350/06.
–       Congedo per malattia durante tutto il periodo di riferimento che perdura allo scadere di detto periodo e/o di un periodo di riporto
      In via preliminare occorre ricordare che la direttiva 2003/88 ha tenuto conto dei principi dell’Organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, come emerge dal suo sesto ‘considerando’.
      A tale proposito si deve rilevare che, ai sensi dell’art. 5, n. 4, della Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro 24 giugno 1970, n. 132, relativa ai congedi annuali pagati, come riveduta, «(…) le assenze dal lavoro per motivi indipendenti dalla volontà dell’interessato, ad esempio le assenze per malattia, (…) saranno calcolate nel periodo di servizio».
      Le disposizioni relative ai periodi minimi di riposo di cui al capo II della direttiva 2003/88 riguardano nella maggior parte dei casi «ogni lavoratore»; in particolare, riguarda ogni lavoratore l’art. 7, n. 1, relativamente al diritto alle ferie annuali retribuite (sentenza BECTU, cit., punto 46).
      Inoltre, per quanto concerne quest’ultimo diritto, la direttiva 2003/88 non pone alcuna distinzione tra i lavoratori assenti dal lavoro a titolo di congedo per malattia, sia esso di durata breve oppure indeterminata, durante il periodo di riferimento, e quelli che hanno effettivamente lavorato nel corso di tale periodo.
      Ne consegue che, per i lavoratori in congedo per malattia debitamente prescritto, il diritto alle ferie annuali retribuite, che scaturisce per ogni lavoratore dalla stessa direttiva 2003/88 (sentenza BECTU, cit., punti 52 e 53), non può essere subordinato da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato durante il periodo di riferimento stabilito da detto Stato.
      Una disposizione nazionale che prevede un periodo di riporto per ferie annuali non godute alla fine del periodo di riferimento persegue, in linea di principio, il fine di concedere al lavoratore che è stato impossibilitato a godere le proprie ferie annuali un’ulteriore possibilità di fruirne. La determinazione di un siffatto periodo rientra nelle condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite e ricade, dunque, nell’ambito di competenza degli Stati membri.
      Ne discende che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, ad una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente accordato dalla direttiva che comprenda finanche la perdita del diritto in questione allo scadere del periodo di riferimento o di un periodo di riporto, purché, però, il lavoratore che ha perso il diritto alle ferie annuali abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare questo diritto che la direttiva gli conferisce.
      Orbene, occorre rilevare che un lavoratore il quale, come il ricorrente nella causa C‑350/06 relativamente all’anno 2005, si trovi in congedo per malattia per l’intera durata del periodo di riferimento e oltre il periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, non ha periodi di tempo in cui fruire delle ferie annuali retribuite.
      Ammettere che, nelle circostanze specifiche di inabilità al lavoro descritte al punto precedente, le disposizioni nazionali pertinenti, segnatamente quelle che fissano il periodo di riporto, possano prevedere l’estinzione del diritto del lavoratore alle ferie annuali retribuite, garantito dall’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, senza che il lavoratore abbia avuto la possibilità effettiva di esercitare tale diritto, significherebbe accettare che queste disposizioni violino il diritto sociale direttamente conferito dal detto art. 7 ad ogni lavoratore.
      Se è vero, infatti, che la Corte ha affermato che gli Stati membri possono definire, nella loro normativa interna, le condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, essa ha nondimeno precisato che gli Stati membri non possono affatto condizionare la costituzione stessa di tale diritto, che scaturisce direttamente dalla direttiva 93/104 (v., in tal senso, sentenza BECTU, cit., punto 53).
      Nel solco della medesima giurisprudenza la Corte ha sottolineato che le modalità di esecuzione e di applicazione necessarie per attuare le prescrizioni della direttiva 93/104 possono differire quanto alle condizioni di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite, ma che tale direttiva non consente agli Stati membri di escludere la nascita stessa di un diritto espressamente conferito a tutti i lavoratori (sentenza BECTU, cit., punto 55).
      Se, alla luce della giurisprudenza citata ai punti precedenti, il diritto alle ferie annuali retribuite garantito al lavoratore dall’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 non può essere messo in discussione da disposizioni nazionali che prevedano l’esclusione della costituzione o della nascita di tale diritto, allora non può ammettersi che avvenga diversamente in ordine alle disposizioni nazionali che prevedono l’estinzione di tale diritto nel caso di un lavoratore in congedo per malattia per l’intera durata del periodo di riferimento e/o oltre un periodo di riporto, come il sig. Schultz-Hoff, il quale non è stato in condizione di esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. Infatti, così come nella fattispecie oggetto della precitata sentenza BECTU la Corte ha affermato che gli Stati membri non potevano escludere la nascita del diritto alle ferie annuali retribuite, in una situazione come quella del sig. Schultz-Hoff gli Stati membri non possono prevedere l’estinzione di tale diritto.
      Risulta da quanto precede che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite.
–       Congedo per malattia durante una parte del periodo di riferimento che perdura allo scadere di detto periodo e/o di un periodo di riporto
      Tenendo conto delle considerazioni svolte ai punti 37-49 della presente sentenza, occorre adottare la medesima conclusione esposta al precedente punto 49 anche riguardo al diritto alle ferie annuali retribuite di un lavoratore che, come il sig. Schultz-Hoff nell’anno 2004, ha lavorato durante una parte del periodo di riferimento prima di essere collocato in congedo per malattia.
      In effetti, ogni lavoratore privato del beneficio di un periodo di ferie annuali retribuite a motivo di un congedo per malattia di durata indeterminata si trova nella situazione descritta al punto 44 della presente sentenza, dal momento che la sopravvenienza di un’inabilità al lavoro per causa di malattia è imprevedibile.
      Alla luce di quanto precede occorre risolvere la prima questione e la terza, nella parte in cui quest’ultima si riferisce al diritto alle ferie e non all’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute, deferite nella causa C‑350/06, che l’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite.
 Sul diritto, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ad un’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute durante il periodo di riferimento e/o durante un periodo di riporto a causa dell’inabilità al lavoro per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto
      Con la seconda questione e, in via subordinata, con la terza, nella parte in cui quest’ultima si riferisce all’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute, deferite nella causa C‑350/06, nonché con la seconda questione sollevata nella causa C‑520/06, i giudici del rinvio chiedono essenzialmente se l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che al momento della cessazione del rapporto di lavoro non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto. In caso di soluzione affermativa di tale questione, il giudice del rinvio nella causa C‑520/06 chiede di specificare secondo quali criteri debba essere calcolata detta indennità finanziaria.
      In proposito occorre anzitutto ricordare che, come emerge dalla stessa formulazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88, disposizione alla quale tale direttiva non consente di derogare, tutti i lavoratori beneficiano di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Tale diritto alle ferie annuali retribuite, che deve essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario alla luce della giurisprudenza citata al punto 22 della presente sentenza, è quindi conferito ad ogni lavoratore, quale che sia il suo stato di salute.
      Come emerge dal punto 52 della presente sentenza, poi, il diritto alle ferie annuali retribuite non si estingue allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e non ha potuto esercitare in concreto questo diritto conferitogli dalla direttiva 2003/88.
      Nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro non è più possibile l’effettiva fruizione delle ferie annuali retribuite. Per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, neppure in forma pecuniaria, l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 riconosce al lavoratore il diritto ad un’indennità finanziaria.
      Nessuna disposizione della direttiva 2003/88 fissa espressamente le modalità di calcolo dell’indennità finanziaria sostitutiva del o dei periodi minimi di ferie annuali retribuite nel caso di cessazione del rapporto di lavoro.
      Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, l’espressione «ferie annuali retribuite» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 significa che, per la durata delle ferie annuali ai sensi di tale direttiva, la retribuzione deve essere mantenuta; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (v. sentenza Robinson-Steele e a., cit., punto 50).
      Allorché fissano l’indennità finanziaria spettante al lavoratore in forza dell’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88, gli Stati membri devono curare che le modalità di applicazione nazionali tengano conto dei limiti derivanti dalla stessa direttiva.
      Secondo la giurisprudenza della Corte, la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello all’ottenimento di un pagamento a tal titolo come due aspetti di un unico diritto. L’obbligo di monetizzare queste ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro (v. sentenza Robinson-Steele e a., cit., punto 58).
      Ne consegue che, nell’ipotesi in cui un lavoratore, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, non sia stato in condizione di esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite prima della cessazione del rapporto di lavoro, l’indennità finanziaria alla quale ha diritto deve essere calcolata in modo da porlo in una situazione analoga a quella in cui si sarebbe trovato se avesse esercitato tale diritto nel corso del rapporto di lavoro. Pertanto la retribuzione ordinaria del lavoratore, cioè quella che deve essere mantenuta durante il periodo di riposo corrispondente alle ferie annuali retribuite, è parimenti determinante ai fini del calcolo dell’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
      Alla luce di quanto precede occorre risolvere la seconda questione e la terza, nella parte in cui quest’ultima si riferisce all’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute, deferite nella causa C‑350/06, nonché alla seconda questione sollevata nella causa C‑520/06, che l’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che sia stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. Ai fini del calcolo della suddetta indennità finanziaria è determinante la retribuzione ordinaria del lavoratore, la stessa che deve essere mantenuta durante il periodo di riposo corrispondente alle ferie annuali retribuite.
 Sulle spese
      Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1)      L’art. 7, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che non osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che un lavoratore in congedo per malattia non abbia diritto di fruire di ferie annuali retribuite durante detto congedo.
2)      L’art. 7, n. 1, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro è perdurata fino al termine del rapporto di lavoro, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite.
3)      L’art. 7, n. 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedano che, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che sia stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite. Ai fini del calcolo della suddetta indennità finanziaria è determinante la retribuzione ordinaria del lavoratore, la stessa che deve essere mantenuta durante il periodo di riposo corrispondente alle ferie annuali retribuite.
Firme

* Lingue processuali: il tedesco e l’inglese.

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