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martedì 28 gennaio 2014

Cassazione: richiesta di risarcimento a seguito di una caduta da cavallo








RESPONSABILITA' CIVILE
Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-07-2010, n. 17216
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 6 maggio 1997 C. C. conveniva avanti al Pretore di Rimini la società "(Lpd)" s.r.l, perchè fosse condannata a risarcirgli i danni subiti nella misura di L. 5.399.800 a seguito di una caduta da cavallo in data (OMISSIS) nel corso di una lezione di equitazione presso il circolo ippico Il (Lpd) a (OMISSIS), a cui l'attore era iscritto. Esponeva l'attore che, durante tale lezione, effettuata sotto la sorveglianza e la direzione di una istruttrice, il cavallo assegnato si era imbizzarrito improvvisamente, senza che fosse intervenuto alcun fattore estrinseco e, scalciando, con le zampe posteriori, abbassando bruscamente il collo, lo aveva fatto cadere a terra, cagionandogli lesioni personali.

Si costituiva la convenuta contestando la fondatezza della pretesa attrice di cui chiedeva il rigetto per mancanza di qualsiasi colpa.

Con sentenza in data 24 maggio 2000 il Tribunale di Rimini, in funzione di giudice unico, rigettava la domanda proposta dal C. e dichiarava, interamente compensate, tra le parti, le spese di lite.

Con sentenza pubblicata in data 27 settembre 2005 la Corte d'Appello di Bologna, rigettava l'appello e confermava la sentenza impugnata, condannando l'appellante alle spese.

Propone ricorso per cassazione C.C. con tre motivi.

Resiste con controricorso la "(Lpd)" s.r.l..

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione

Con il primo motivo si denuncia la nullità' della sentenza impugnata per violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. in relazione all'art. 2050 c.c., non avendo la Corte d'Appello rilevato l'assenza della prova liberatoria che gravava sul gestore del maneggio.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. degli artt. 2050, 2052 c.c. in relazione alla valutazione dell'onere della prova.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2050 c.c. nonchè la nullità della sentenza e il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla mancata pronunzia di condanna del gestore del maneggio presso il quale avvenne il fatto.

Tutti e tre i motivi vanno trattati congiuntamente, in quanto tra loro connessi.

Osserva la Corte che tanto in primo che in secondo grado, l'attività svolta presso il maneggio era da qualificare come "pericolosa" ai sensi dell'art. 2050 c.c., conformememte a quanto ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, che ha precisato che tale disciplina è da applicare quando si verta in tema di danni conseguenti a esercitazioni di un principiante o di allievi giovanissimi (il C., all'epoca ventiseienne, era un principiante, frequentava il maneggio da circa due mesi e aveva preso una decina di lezioni) quindi non in grado di governare le imprevedibili reazioni dell'animale (in tal senso: Cass. 19 giugno 2008 n. 16637; Cass. 9 marzo 2010 n. 5664). Sul punto, la valutazione dei giudici del merito appare adeguata e corretta e si sottrae ad ogni censura sul piano del presente giudizio di legittimità.

E' quindi applicabile la presunzione prevista dalla norma di cui all'art. 2050 c.c., che prevede l'obbligo per il gestore della attività pericolosa di risarcire il danno a meno che non provi di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno. La valutazione della Corte territoriale, secondo la quale "esiste un margine di rischio, ineliminabile, che chi frequenta un maneggio, accetta preventivamente", non può trovare spazio nella disciplina in esame, dovendosi unicamente verificare se il titolare della atttività pericolosa abbia in concreto fornito la prova liberatoria prevista dall'ultima parte dell'art. 2050 c.c..

La sentenza impugnata deve essere quindi cassata sul punto, perchè il giudice del rinvio effettui la verifica di cui sopra.

Le spese del presente giudizio di cassazione saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello di Bologna in diversa composizione.

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