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sabato 27 aprile 2013

Cassazione: Infortuni in itinere: sì all'indennizzo solo se il lavoratore è obbligato all'uso del mezzo proprio


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Infortuni in itinere: sì all'indennizzo solo se il lavoratore è obbligato all'uso del mezzo proprio
Non è rilevante che sulla distanza casa-ufficio l'uso del trasporto pubblico imponga un tempo di percorrenza superiore a quaranta minuti

Corte di cassazione civile
sentenza 995/07 del 17/01/2007

Cassazione sentenza 995 del 17 gennaio 2007

Se il lavoratore usa la propria auto per recarsi al lavoro, in caso di infortunio in itinere, non avrà nessun risarcimento

I giudici sella Suprema Corte sono stati interpellati ancora una volta sulla spinosa questione del c.d, infortunio in itinere , stabilendo, nella sentenza 995 del 17 gennaio 2007, che nella ipotesi di infortunio, se il lavoratore si è recato al proprio posto di lavoro con l'ausilio del mezzo privato, in quanto con i mezzi pubblici avrebbe fatto ritardo, non deve essere risarcito.

L'infortunio c.d. in itinere è quell'infortunio nel quale incorre il prestatore di lavoro nel percorso che conduce:

•  dalla dimora abituale al luogo di lavoro e viceversa, sia prima che dopo l'orario di lavoro, sia durante la pausa per il consumo del pasto di metà giornata;

•  dal luogo abituale di lavoro ai luoghi di ristoro per il pranzo e di pernottamento, diversi dalla dimora abituale e viceversa;

•  da un luogo di lavoro ad un altro di lavoro, nei casi in cui il lavoratore presta servizio alle dipendenze di più datori.

Le eventuali interruzioni e deviazioni del normale percorso non rientrano nella copertura assicurativa ad eccezione di tali casi:

•  interruzioni/deviazioni effettuate in attuazione di una direttiva del datore di lavoro;

•  interruzioni/deviazioni “necessitate” ossia dovute a causa di forza maggiore (es. guasto meccanico) o per esigenze essenziali ed improrogabili, oppure nell'adempimento di obblighi penalmente rilevanti;

•  le brevi soste che non alterano le condizioni di rischio.

L'iter dell'infortunio in itinere

Nell'ordinamento previdenziale e sotto il profilo legislativo, l'infortunio in itinere ha una storia abbastanza controversa, oggetto, tra l'altro, di contenzioso con l'INAIL, in quanto non facilmente riconosciuto.

Il T.U. D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, fonte normativa dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, non disciplinava espressamente tale infortunio, ovvero l'infortunio occorso al prestatore di lavoro durante il viaggio per recarsi al lavoro o sulla via del ritorno a casa.

Gli elementi che configurano l'infortunio, in base a quanto stabilito dall'art. 2 di tale T.U., sono tre, ovvero, deve trattarsi di causa violenta, deve sussistere l'occasione di lavoro e deve, altresì, determinarsi una inabilità, temporanea o permanente, al lavoro.

L'infortunio in itinere ha costituito oggetto di una specifica tutela solo con l'emanazione del decreto legislativo n. 38 del 23 febbraio 2000, il quale intervenendo sulla materia, ha fornito nell'articolo 12 una più ampia visione della nozione di tale infortunio, andando ad integrare gli articoli 2 e 210 del D.P.R. 1124/1965, introducendo, altresì, i criteri per l'indennizzo fino a quel momento affidati alla sola ed esclusiva interpretazione della giurisprudenza di Cassazione.

Le ragioni di un vuoto normativo così vasto possono essere ricercate sia nelle difficoltà di carattere finanziario, sia in un equilibrio tra gli argomenti che potevano essere addotti in favore e contro l'adozione di un sistema di tutela dei lavoratori contro il rischio dell'iter in collegamento con l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Tale decreto legislativo 38/00 andava a stabilire che fossero compresi nella assicurazione tutti quegli infortuni subiti dagli assicurati nel normale percorso casa-lavoro e ritorno, nel tragitto tra due luoghi di lavoro solo in caso di doppio rapporto di lavoro o tra luogo di lavoro e quello di consumazione del pasto quando non è presente un sevizio di mensa in azienda.

E' consentito, inoltre, anche l'utilizzo del proprio mezzo da parte del prestatore di lavoro, sempre se tale uso sia necessitato con esclusione del caso in cui il conducente sia sprovvisto di patente o abbia fatto abuso di alcool o di psicofarmaci.

Elementi per individuare, nello specifico, l'infortunio in itinere sono:

•  le finalità lavorative;

•  la normalità del tragitto;

•  la percorrenza in orari confacenti con quelli lavorativi.

Conclusioni



I giudici di legittimità, con la sentenza oggetto del commento, sono intervenuti in un argomento molto dibattuto nell'ambito giuslavoristico e in quello, più ampio della risarcibilità dei danni, tenendo una linea molto dura sulla questione infortunio in itinere , stabilendo, che non è risarcibile il danno subito dal lavoratore, in seguito ad infortunio, qualora lo stesso abbia preso la propria auto per recarsi al lavoro, perchè con i mezzi pubblici avrebbe impiegato troppo tempo.

Le esigenze familiari e personali del lavoratore, pertanto, non possono giustificare l'uso del mezzo proprio, in quanto secondo la cassazione il c.d. infortunio in itinere può essere risarcibile solamente nella ipotesi in cui l'azienda, ovvero il posto di lavoro, non sia raggiungibile se non con la propria autovettura, perché tale posto non risulta collegato da alcuna linea pubblica.

I principi sui quali i giudici di legittimità si sono basati per prendere la loro decisione sono stati essenzialmente due, ovvero, l'individuazione della legittimità o meno dell'uso del mezzo proprio per recarsi al posto di lavoro e l'esistenza della necessità, causa l'assenza di soluzioni alternative, dell'uso stesso del mezzo stesso.



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