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giovedì 3 settembre 2015

Consiglio di Stato: Sul rilascio (o diniego) del porto d'armi ampia discrezionalità decisionale del Prefetto



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Sul rilascio (o diniego) del porto d'armi ampia discrezionalità decisionale del Prefetto
N. 00379/2010 REG.DEC.
N. 01346/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 1346 del 2005, proposto da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall'avv. -
contro
Prefettura della Provincia di Catanzaro e Ministero dell'interno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
 
per la riforma della sentenza del TAR CALABRIA - CATANZARO: SEZ. I n. 01978/2004, resa tra le parti, concernente DIVIETO DI DETENZIONE ARMI, MUNIZIONI ED ESPLOSIVI.


 
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria della Prefettura della Provincia di Catanzaro e del Ministero dell'interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2009, relatore il Consigliere Domenico Cafini, udito, per la parte appellata, l‘Avvocato dello Stato Collabolletta; nessuno comparso per l’appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 
FATTO
1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. della Calabria, sede di Catanzaro il sig. @@@@@@@ @@@@@@@ chiedeva l'annullamento, unitamente agli atti ad esso connessi, del provvedimento del Ministero dell’interno in data 12.05.2004, di reiezione del ricorso gerarchico avverso il decreto del Prefetto della Provincia di Catanzaro del 2.10.2003, con il quale era stato fatto divieto al ricorrente di detenere armi, munizioni e materiale esplodente.
A sostegno del gravame, l’istante deduceva censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, in particolare, per travisamento dei fatti, insufficienza di motivazione e difetto di istruttoria.
Nel giudizio si costituiva l’Amministrazione intimata che chiedeva la reiezione del ricorso per infondatezza.
2. Con la sentenza in epigrafe indicata, resa in forma semplificata, l’adito T.a.r. respingeva il gravame, attesa la sua manifesta infondatezza, posto che il ricorrente, condannato in primo grado per il reato di traffico internazionale di droga (cocaina), era stato poi assolto dalla Corte di giustizia del Cantone di Ginevra solo con il beneficio del dubbio e che il medesimo era comunque rimasto “implicato in un rilevante episodio criminoso, essendo emersi, da parte sua, contatti e relazioni con soggetti condannati per il reato predetto”; il che legittimava, conseguentemente, “l’opinione dell’autorità di P.S. secondo cui il ricorrente avrebbe potuto fare abuso delle armi che detiene”.
3. Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello, affidato a quattro motivi di diritto, con cui il sig. @@@@@@@, nel criticare le statuizioni rese in proposito dai primi giudici, ripropone nella sostanza i rilievi mossi nel gravame originario, osservando, in sintesi, che la menzionata sentenza del giudice straniero ha comunque valore di assoluzione; che, in ogni caso, non ricorrono nella specie le ipotesi per le quali è prevista la revoca dell’uso delle armi; che la gravata pronuncia ha sostituito con una propria valutazione la motivazione, palesemente carente, dell’autorità di P.S..
Questi, comunque, gli specifici motivi dedotti nel gravame:
a) circa il primo punto su cui si è basata la gravata pronuncia, attinente al fatto che il ricorrente è stato assolto per insufficienza di prove, si osserva che tale elemento non sarebbe “significativo”;
b) in relazione al secondo punto su cui si basa la sentenza impugnata, riguardante il fatto che il ricorrente sarebbe comunque rimasto implicato in un rilevante episodio criminoso, essendo emersi contatti e relazioni tra il medesimo e un soggetto poi condannato per spaccio internazionale di droga, si rileva che l’interessato è venuto a trovarsi implicato nella vicenda conclusasi con la detta condanna “senza sua colpa e sicuramente senza alcun dolo”;
c) non ricorrerebbe, nel caso in esame, alcuna delle due ipotesi, in cui, secondo la giurisprudenza, è ammessa la revoca del porto d’armi: la prima, obbligatoria, riferita all’ipotesi di chi abbia riportato condanna a pena detentiva superiore a tre anni per delitto non colposo e non vi sia stata riabilitazione (oltre alle altre ipotesi ex art.11 del Testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) di cui al R.D. 18.6.1931, n.773); la seconda, discrezionale, prevista dell’art.39 TULPS, che stabilisce la facoltà del Prefetto di vietare la detenzione delle armi alla persone ritenute capaci di abusarne; ipotesi quest’ultima che tuttavia che nello specifico atto impugnato in primo grado non appare assistita da motivazione;
d) il T.a.r. avrebbe supplito, erroneamente, alla mancanza esistente nel provvedimento impugnato in ordine alla sua motivazione.
Nelle conclusioni, l’appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, sia annullato il provvedimento prefettizio oggetto del gravame originario, con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio.
Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase di giudizio, il Ministero dell’interno ha depositato un’articolata memoria, con la quale ha replicato puntualmente alle censure ex adverso dedotte, concludendo per la reiezione dell’appello.
4. Nella pubblica udienza del 1°.12.2009 la causa è stata, infine, spedita in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
2. Come emerge dagli atti di causa, il decreto prefettizio in data 2.10.2003, recante il divieto, nei confronti del ricorrente di detenere armi, munizioni e materiale esplodente, oggetto del gravame di primo grado, risulta basato essenzialmente sulla nota del Comando provinciale dei Carabinieri di Catanzaro in data 27.3.2003 concernente “proposta di decreto per diniego di detenzione di armi” con cui si dava notizia all’Ufficio Territoriale del Governo e alla Questura di Catanzaro (sulla base di apposita informativa della Stazione Carabinieri di Serrastretta) che l’odierno appellante era stato arrestato in Ginevra dalla polizia elvetica in quanto “trovato in possesso di circa 500 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina” e che allo stesso era stato respinto il ricorso gerarchico proposto avverso il decreto questorile datato 28.6.1996, con il quale era stata disposta nei suoi confronti la revoca della licenza di porto di fucile in suo possesso, dal che la rilevata non affidabilità del medesimo di non abusare delle armi, essendo evidente dalla documentazione relativa all’eseguito arresto che il sig. @@@@@@@ aveva avuto relazioni con un trafficante internazionale di droga, poi condannato, relazioni queste costituenti indubbiamente un elemento significativo ai fini del giudizio probabilistico con riguardo alla valutazione di non affidabilità di non abusare delle armi.
3. Ciò premesso in ordine alla ragioni che hanno dato luogo alla adozione del provvedimento impugnato in prime cure, il Collegio deve osservare, in linea generale, circa la questione oggetto di esame, che nell’ordinamento vigente non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e porto di armi, costituendo anzi tali situazioni delle eccezioni - ad apposito divieto previsto dall'art. 699, c.p., e dall'art. 4, comma 1, legge n. 110/1975 - circondate di particolari cautele e che, inoltre, l'Autorità di P.S. è titolare di un potere ampiamente discrezionale in ordine al rilascio o al diniego delle relative autorizzazioni, dovendo essa valutare le particolari condizioni soggettive che sorreggono la licenza di porto di armi per difesa personale, comparandole con le esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, al rispetto delle quali è essa stessa preposta; dal che la conseguenza che, in ordine alla valutazione di affidabilità del soggetto interessato circa la detenzione di armi, prevista dall'art. 39 del Testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), di cui al R.D. 18.6.1931, n.773., ovvero in ordine al giudizio prognostico circa la possibilità che egli ne abusi, il giudice amministrativo è titolare di un sindacato sul vizio di eccesso di potere limitato alla valutazione della congruità e della logicità della motivazione. (cfr., in tal senso, tra le più recenti, Cons. St, sez. VI, 18.12. 2007, n.6528)
Attesa l'eccezionalità della licenza del porto d'armi, il controllo dell'Autorità amministrativa deve essere, dunque, più penetrante rispetto a quello che la stessa Amministrazione deve in genere svolgere in relazione a provvedimenti permissivi di diverso tipo, volti talvolta a rimuovere ostacoli e situazioni giuridiche proprie dei soggetti istanti e di tale prospettazione una conferma si rinviene nelle restrizioni normative che hanno introdotto innovazioni rigorose nella disciplina sia del porto illegale di armi, sia dei requisiti soggettivi per il rilascio delle relative licenze.
E’ indubbio, pertanto, che il TULPS riconosca al Prefetto il detto potere di negare e di revocare la menzionata autorizzazione ogni qualvolta si possa ritenere che l'interessato sia potenzialmente capace di utilizzare le armi in modo poco prudente; essendo il diritto del cittadino alla propria incolumità certamente prevalente e prioritario rispetto a quello, del tutto eccezionale, di portare o trasportare armi, sì che questo potrà essere soddisfatto soltanto nell'ipotesi in cui, riscontrato il possesso degli altri requisiti prescritti dalla legge, non sussista alcun pericolo che il soggetto possa utilizzare in modo improprio le armi stesse. (cfr. n.6528/07 cit).
In ogni caso va rilevato che la facoltà di detenere armi corrisponde ad un interesse del privato ritenuto cedevole di fronte al ragionevole sospetto di abuso della facoltà medesima, il cui soddisfacimento recede al cospetto dell’esigenza di evitare rischi per l’incolumità pubblica e per la tranquilla convivenza della collettività, sicché la P.A. può legittimamente negare il porto d’armi anche qualora la pregressa condotta dell’interessato presenti soltanto segni di pericolosità o semplici indizi di inaffidabilità .
4. Tutto ciò osservato in via generale e passando ora all’esame delle censure dedotte nell’appello avverso la sentenza che ha ritenuto legittimo l’atto di diniego sopra menzionato, ritiene il Collegio che le censure stesse siano prive di fondamento, atteso che il provvedimento di divieto detenzione armi impugnato in prime cure – che, com’è noto, non ha natura sanzionatoria e prescinde dall’accertamento di specifiche responsabilità – risulta nella specie basato sui dovuti presupposti, previsti nella materia de qua, dal legislatore per tutelare la sicurezza pubblica e privata e non essendo necessario, per imporre il detto divieto che sussista un oggettivo accertato abuso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne sulla base di circostanze oggettive dal momento che le misure di polizia hanno carattere preventivo e perseguono finalità di prevenire la commissione dei reati e di fatti lesivi della P.S..
5. Più specificamente, in ordine ai rilievi mossi nell’odierno appello, deve osservarsi, in sintesi, che:
A) sia privo di pregio, innanzitutto, il rilievo sopra specificato al punto 3 a) che precede; e ciò in quanto la sentenza impugnata non ha respinto il ricorso, basandosi sulla circostanza che l’odierno appellante sia stato assolto per insufficienza di prove dalla Corte di giustizia del Cantone di Ginevra, bensì per avere ritenuto corretto l’operato dell’Amministrazione che ha fondato il suo giudizio di inaffidabilità sulla specifica condotta dell’interessato emersa dagli atti del giudizio; sicché non risponde a vero che l’impugnata sentenza si sia attenuta al fatto che il ricorrente sarebbe stato assolto per insufficienza di prove, elemento questo considerato non significativo, secondo quanto asserito appunto nel ricorso odierno;
B) sia privo di pregio, altresì, il secondo rilievo di cui al sopra menzionato punto 3 b), giacché dagli atti del giudizio emerge che è stato lo stesso ricorrente a evidenziare il rapporto di amicizia esistente con il sig. Antonio Davide (insieme al quale era stato arrestato) poi condannato in via definitiva per spaccio internazionale di droga (mentre l’odierno appellante, già condannato in primo grado per traffico internazionale di droga è stato assolto, in appello, dalla Corte di Giustizia di Ginevra con il beneficio del dubbio sulla sua colpevolezza, essendo presenti comunque taluni indizi a suo carico);
C) non possano essere positivamente valutati nemmeno i rilievi mossi ai punti 3 c) e d) della esposizione in fatto, dal momento che il provvedimento impugnato in prime cure risulta adeguatamente motivato in ordine alla non affidabilità del ricorrente con riguardo al buon uso delle armi; e ciò sulla base del richiamo delle citata nota del Comando dei Carabinieri della provincia di Catanzaro e del provvedimento suddetto del Questore di Catanzaro, con la conseguenza che la gravata pronuncia non può essere censurata nemmeno sotto di profili da ultimo indicati, non essendosi sostituito il T.a.r. adito all’Amministrazione procedente nel motivare gli atti impugnati in prime cure, secondo quanto erroneamente assunto dall’appellante.
6. Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello in esame, deve essere, in conclusione, respinto.
Sussistono, peraltro, in relazione alla particolarità della controversia, giusti motivi per disporre, tra le parti in causa, la integrale compensazione delle spese giudiziali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe specificato, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2009 con l'intervento dei Signori:


Giovanni Ruoppolo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Domenico Cafini, Consigliere, Estensore
Maurizio Meschino, Consigliere




   
   
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
   
   
   
   
   
Il Segretario

 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione

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