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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 7108/06Reg.Dec.
N. 10204 Reg.Ric.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 10204/2005 proposto da ...OMISSIS....
...OMISSIS...., rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Torti,
Federico Bressan , ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’avv. Maria Alessandra Sandulli, in Roma, corso Vittorio Emanuele
II, n. 349;
contro
Ministero
dell’interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato, e per legge domiciliato presso
gli uffici di quest’ultima, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. – sezione autonoma di Bolzano, 7 settembre 2005, n. 323, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti tutti gli atti della causa;
relatore
alla pubblica udienza del 24 ottobre 2006 il consigliere Rosanna De
Nictolis e uditi l'avvocato M. A. Sandulli su delega dell’avv. Torti per
l’appellante, e l’avvocato dello Stato A. Bruni per l’amministrazione
appellata;
ritenuto e considerato quanto segue.
FATTO E DIRITTO
1. Con il ricorso di primo grado il sig. ...OMISSIS...., già assistente della polizia di Stato, ha impugnato:
-
il provvedimento 1 aprile 2004 del Capo della Polizia – Direttore
Generale della Pubblica Sicurezza, con il quale viene inflitta al
ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione a decorrere dal 6
novembre 2003, a seguito di condanna penale patteggiata;
-
la deliberazione 10 marzo 2004 del Consiglio provinciale di disciplina d
Bolzano, con la quale si è proposto “a maggioranza con tre voti su
cinque” che al ricorrente venisse inflitta la sanzione disciplinare
della destituzione;
- ogni altro atto connesso o consequenziale, antecedente o conseguente, potenzialmente lesivo degli interessi del ricorrente.
1.2. Con la sentenza in epigrafe il ricorso è stato respinto.
Con l’atto di appello vengono riproposte le censure di cui al ricorso
di primo grado, e articolate motivate censure avverso la sentenza.
2. Con il primo mezzo si lamenta la violazione degli artt. 14 e 20, d.P.R. n. 737/1981 e dell’art. 3, l. n. 241/1990.
Si osserva che la sanzione della destituzione sarebbe sproporzionata
rispetto ai fatti oggetto della sentenza di patteggiamento.
Lo stesso giudice penale avrebbe acclarato il modesto apporto del ricorrente alla vicenda penale.
Inoltre il ricorrente avrebbe patteggiato in sede penale per liberare
sé e la propria famiglia dal peso di un processo pendente, ma in realtà i
fatti patteggiati sarebbero insussistenti.
Non sarebbe provato il concorso in sequestro di persona e concussione;
non sarebbe provato l’abuso di ufficio in quanto le contravvenzioni
sarebbero tutte state legittimamente contestate; il peculato per uso del
telefono di ufficio sarebbe di modesta entità, per un importo di soli
28 euro, e oltretutto non per telefonate personali, bensì telefonate
nell’interesse dell’associazione calcistica costituita nell’ambito
dell’ufficio.
2.1. Le censure sono parzialmente fondate.
Ai sensi dell’articolo 653, comma 1 bis, c.p.p. nel testo novellato
dalla l. 27 marzo 2001, n. 97, la sentenza penale di condanna, anche se
resa a seguito di patteggiamento, ha efficacia di giudicato nel
procedimento disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del
fatto, alla sua illiceità penale e alla sua commissione da parte
dell’imputato.
Con la riforma del 2001, la sentenza di patteggiamento è stata
equiparata alla sentenza di condanna dibattimentale, quanto alla sua
efficacia nel procedimento disciplinare (tanto vale, secondo Corte cost.
25 luglio 2002, n. 394, quanto alle sentenze di patteggiamento
successive all’entrata in vigore della l. n. 97/2001).
Non è pertanto corretto l’assunto di parte appellante, secondo cui
l’amministrazione, in sede disciplinare, dovrebbe compiere un autonomo
accertamento sui fatti posti a base della sentenza di patteggiamento.
Al contrario, l’amministrazione, non diversamente da quando si trova in
presenza di una sentenza di condanna dibattimentale, deve considerare
accertati e provati i fatti così come accertati dal giudice penale, e
deve compiere invece un autonomo accertamento solo in ordine alla loro
rilevanza disciplinare (non essendo ammesse sanzioni disciplinari che
derivino automaticamente da determinate condanne penali).
Pertanto, appare infondata la pretesa di parte appellante volta a
rimettere in discussione i fatti posti a base della sentenza di
patteggiamento, allo scopo di dimostrare la propria estraneità al
sequestro di persona e alla conseguente concussione, e alla
partecipazione a società che hanno perpetrato truffe.
Tali fatti sono acclarati in sede penale, e di essi l’amministrazione non poteva non tener conto.
Né allo stato risulta una revisione del processo penale.
Dalle risultanze documentali emerge che l’amministrazione, muovendo
dalla vicenda penale, ha compiuto una autonoma valutazione della loro
rilevanza disciplinare.
Infatti, non ha preso in considerazione il reato di abuso di ufficio,
evidentemente ritenendo che le contravvenzioni elevate dall’appellante,
nonostante ritenute abusive in sede penale, non avessero rilevanza
disciplinare.
L’amministrazione ha invece ritenuto che il peculato e la indebita
privazione della libertà personale nei confronti di un cittadino,
fossero fatti disciplinarmente rilevanti ai fini della destituzione, in
relazione all’art. 7, nn. 1, 2 e 3, d.P.R. n. 737/1981, sotto il profilo
della mancanza di senso dell’onore e della morale, del grave abuso di
autorità e di fiducia, del grave contrasto con i doveri assunti con il
giuramento.
Tale valutazione, sebbene ampiamente discrezionale, appare tuttavia
viziata da insufficiente motivazione e apprezzamento di tutte le
risultanze penali.
Infatti, con la sentenza di patteggiamento risulta accertato:
quanto
ai reati accertati in concorso (vale a dire l’abuso innominato, la
concussione e il sequestro di persona) che l’opera prestata dal
...OMISSIS.... ha <<avuto minima importanza nell’esecuzione del
reato medesimo, essendosi lo stesso limitato ad appoggiare e sostenere
il superiore gerarchico Giua>>;
quanto
al reato contestato al solo ...OMISSIS...., vale a dire il peculato in
relazione all’utenza telefonica dell’ufficio, il danno economico appare
minimo, trattandosi di 92 telefonate il cui costo non raggiunge i trenta
euro.
A fronte di tali risultanze penali, che anch’esse fanno stato nel
procedimento disciplinare, l’amministrazione avrebbe dovuto motivare in
ordine alla proporzionalità della sanzione, e compiere una valutazione
su quale fosse la sanzione disciplinare più adeguata in relazione al
minimo apporto del ...OMISSIS.... ai reati concorsuali e al minimo danno
economico arrecato all’amministrazione.
Di siffatta motivazione non vi è traccia nel provvedimento, che si
limita ad una stereotipa ripetizione della formula legale descrittiva
dei fatti che danno luogo a destituzione, senza spiegare perché i fatti
attribuiti al ...OMISSIS.... rientrerebbero nella fattispecie astratta.
3.
L’accoglimento della censura di difetto di motivazione, e il
conseguente annullamento del provvedimento, comporta l’assorbimento di
tutte le altre censure, di carattere formale, in ordine all’operato
della commissione disciplinare.
9. Per quanto esposto l’appello va accolto in parte, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
Appare equo compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta),
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in
parte e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 ottobre 2006 con la partecipazione di:
Giorgio Giovannini - Presidente
Klaus Dubis - Consigliere
Lanfranco Balucani - Consigliere
Rosanna De Nictolis - Cons. rel. ed est.
Aldo Scola - Consigliere
Presidente
f.to Giorgio Giovannini
Consigliere Segretario
f.to Rosanna De Nictolis f.to Vittorio Zoffoli
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..................05/12/2006...................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
f.to Maria Rita Oliva
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 10204/2005
FF
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