REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 6188/06Reg.Dec.
N. 7988 Reg.Ric.
ANNO 2001
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 7988 del 2001, proposto dal signor ...OMISSIS...
...OMISSIS..., rappresentato e difeso dall’avvocato Alberto Panuccio,
presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, alla via
Sistina n. 121;
contro
il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, in persona del Ministro pro tempore,
rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i
cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria,
Sezione di Reggio Calabria, 15 febbraio 2001, n. 117, e per
l’accoglimento del ricorso di primo grado n. 173 del 1994;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione dell’Amministrazione appellata;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla pubblica udienza del 27 giugno 2006;
Uditi
l’avvocato Lorizio per l’appellante, su delega dell’avvocato Alberto
Panuccio, e l’avvocato dello Stato Galluzzo per il Ministero appellato;
Considerato in fatto e in diritto quanto segue:
1.
L’appellante, dipendente del Ministero delle poste e delle
telecomunicazioni, in data 19 aprile 1977 ha subito un infortunio sul
lavoro, con conseguenze invalidanti derivanti dalla frattura del piede
sinistro.
Il
successivo 19 dicembre 1977, egli ha chiesto il riconoscimento della
dipendenza da causa di servizio e la corresponsione dell’equo
indennizzo.
Col provvedimento n. 109630 del 22 novembre 1993, la Direzione centrale del personale del Ministero:
-
ha constatato che un precedente atto di data 15 maggio 1978 (“mai
comunicato all’interessato”) aveva riconosciuto la dipendenza
dell’infortunio da causa di servizio;
-
ha rilevato la spettanza del rimborso delle spese di cura e non degli
emolumenti accessori, corrisposti per il periodo di mancato svolgimento
dell’attività lavorativa a seguito dell’infortunio, rilevando l’obbligo
del dipendente di restituire i relativi importi;
-
ha rilevato la non spettanza dell’equo indennizzo, per l’assenza di una
domanda entro il termine di sei mesi dalla data di riconoscimento della
dipendenza da causa di servizio.
2.
Col ricorso di primo grado, proposto al TAR per la Calabria,
l’interessato ha impugnato l’atto di data 22 novembre 1993, deducendo
che l’Amministrazione:
a) non può disporre il recupero delle somme corrisposte per il periodo di aspettativa per infortunio;
b) deve corrispondere l’equo indennizzo, chiesto già con l’istanza del 19 dicembre 1977.
3. Con la sentenza gravata, il TAR ha respinto il ricorso, rilevando che:
-
per l’art. 68 del testo unico n. 3 del 1957, l’infermità temporanea
comporta soltanto la concessione dell’aspettativa, per la durata
dell’impedimento;
-
l’istanza del 19 dicembre 1993 è priva di rilievo per la parte in cui
ha chiesto la concessione dell’equo indennizzo, che può essere chiesto
solo dopo il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
4.
Con il gravame in esame, l’interessato ha chiesto che, in riforma della
sentenza del TAR, il ricorso di primo grado sia accolto.
Egli ha dedotto che:
-
l’art. 68, al settimo e all’ottavo comma, prevede la spettanza del
rimborso delle spese di cura e il diritto di percepire tutti gli
assegni, escluse le indennità per prestazioni di lavoro straordinario,
sicché l’Amministrazione non può recuperare le somme già corrisposte,
anche se ha rilevato la spettanza del rimborso delle spese di cura;
- l’istanza del 19 dicembre 1993 va considerata tempestiva, col conseguente obbligo dell’Amministrazione di provvedere.
5. Ritiene la Sezione che entrambe le censure dell’appellante siano fondate e vadano accolte.
5.1.
Quanto alla contestazione del potere del Ministero di disporre il
recupero delle somme corrisposte durante il periodo di aspettativa per
infermità, il richiamato art. 68 dispone che, “qualora l’infermità
che è motivo dell’aspettativa sia riconosciuta come dipendente da causa
di servizio, permane ... per tutto il periodo dell’aspettativa il
diritto dell’impiegato a tutti gli assegni, esclude le indennità per
prestazioni di lavoro straordinario” (settimo comma) e che “per l’infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio sono altresì a carico dell’amministrazione le spese di cura” (ottavo comma).
Risulta
dunque fondato il motivo che ha censurato il provvedimento del 22
novembre 1993, nella parte in cui ha rilevato i presupposti del
recupero, in violazione del settimo comma.
5.2.
Quanto all’istanza di concessione dell’equo indennizzo, il rilievo
della domanda del 19 dicembre 1977 – già disconosciuto dall’atto
impugnato - è stato escluso dalla sentenza impugnata perché essa è stata
formulata prima del formale riconoscimento della dipendenza
dell’infermità da causa di servizio.
Ritiene
invece la Sezione che l’art. 51 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 (per
il quale il dipendente ha l’onere di presentare la domanda di
concessione “entro sei mesi dal giorno in cui gli è comunicato il
decreto che riconosce la dipendenza della menomazione dell’integrità
fisica da causa di servizio”) vada interpretato nel senso che il
termine di decadenza di sei mesi determini il momento ultimo entro il
quale l’interessato può formulare la relativa domanda, senza però
rendere irrilevante la domanda che il dipendente formuli già prima
dell’atto di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di
servizio.
E’
del tutto logico, infatti, che il dipendente formuli anche la domanda
di concessione dell’equo indennizzo, quando gli risulti – per la gravità
dell’infortunio – che questi comporterà verosimilmente conseguenze
invalidanti.
L’atto
del 22 novembre 1993 risulta dunque illegittimo anche nella parte in
cui l’Amministrazione ha constatato la mancata presentazione della
domanda di concessione dell’equo indennizzo, già formulata in data 19
dicembre 1977 e mai esaminata.
6. Per le ragioni che precedono, l’appello risulta fondato e va accolto.
Per
l’effetto, in riforma della sentenza del TAR, il provvedimento del 22
novembre 1993 va annullato, per le due statuizioni impugnate in questa
sede.
La
condanna al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio può
seguire la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie
l’appello n. 7988 del 2001 e, in riforma della sentenza del TAR per la
Calabria, Sezione di Reggio calabria, n. 117 del 2001, accoglie il
ricorso di primo grado n. 173 del 1994 e annulla l’atto della Direzione
centrale del personale del Ministero delle poste e delle
telecomunicazioni di data 22 novembre 1991, n. 109630, nei sensi
precisati in motivazione.
Condanna
il Ministero appellato al pagamento di euro 2.500 (duemilacinquecento)
in favore dell’appellante, per spese ed onorari dei due gradi del
giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 27 giugno
2006, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con
l’intervento dei signori:
Claudio Varrone Presidente
Sabino Luce Consigliere
Luigi Maruotti Consigliere estensore
Luciano Barra Caracciolo Consigliere
...OMISSIS... Minicone Consigliere
Presidente
f.to Claudio Varrone
Consigliere Segretario
f.to Luigi Maruotti f.to Anna Maria Ricci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..................17/10/2006...................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
f.to Maria Rita Oliva
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria
N.R.G. 7988/2001
FF
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