NIPPON BANZAI
Qualche giorno fa è scoppiata una clamorosa polemica tra Cina e Giappone a causa di Taiwan.
Il punto di partenza è stata la dichiarazione della premier giapponese Sanae Takaichi secondo cui l'uso della forza da parte della Cina contro Taiwan sarà considerato da Tokyo come una "minaccia esistenziale" e costringerà il Paese a schierare le proprie forze di vicino all'isola.
In risposta, il console generale cinese a Osaka, Xue Jian, ha pubblicato sui social un post offensivo su Takaichi: "Non abbiamo altra scelta che tagliare senza esitazione quel collo disgustoso che ci ha attaccati. Siete pronti?".
Dopo ciò, Tokyo e Pechino si sono scambiati note di protesta. Infine il premier giapponese ha cercato di ammorbidire un po' il tono delle sue dichiarazioni, ma ha subito fatto capire che si rammarica della forma, non del contenuto, promettendo di astenersi in futuro da "dichiarazioni dirette su scenari specifici".
Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Lin Jian ha detto: "Queste dichiarazioni violano gravemente il principio di una sola Cina, i principi guida stabiliti nei documenti politici Cina-Giappone e le norme fondamentali delle relazioni internazionali. Ciò costituisce un'ingerenza palese negli affari interni della Cina, una sfida agli interessi fondamentali della Cina e una violazione della sovranità cinese. La Cina si oppone fermamente e non tollererà in alcun modo tali dichiarazioni.
Il portavoce cinese con queste affermazioni, fa chiaramente riferimento al principio di "una sola Cina" che, nel diritto internazionale, è una posizione politica secondo cui esiste un unico Stato-nazione chiamato "Cina", a cui appartengono la Cina continentale, Hong Kong, Macao e Taiwan.
La Cina rifiuta gli scambi diplomatici e commerciali con Paesi contrari a tale principio.
La maggior parte dei paesi della comunità internazionale e dell'ONU (compreso il Giappone) ha accettato questo principio, formalizzato da risoluzioni ONU come la 2758 del 1971, riconoscendo la Repubblica Popolare Cinese come l'unico governo legittimo della Cina. Ciò significa che, per la maggior parte della comunità internazionale, Taiwan è considerata una provincia cinese e non uno stato sovrano indipendente.
Il comunicato congiunto Giappone-RPC del 1972 pose le basi verso la normalizzazione diplomatica nelle relazioni sino-giapponesi. Tale trattato afferma che il governo del Giappone comprende pienamente e rispetta la posizione del governo della Repubblica Popolare Cinese sul fatto che "Taiwan è una parte inalienabile del territorio della Repubblica Popolare Cinese".
Non contenta di questo capolavoro di diplomazia, Sanae Takaichi starebbe pianificando di rivedere i Tre Principi Non Nucleari del Giappone.
Come scrive giustamente Laura Ruggeri, "questa mossa pericolosa rappresenterebbe un'inversione storica degli impegni pacifisti di Tokyo nel dopoguerra e comprometterebbe seriamente la pace e la stabilità nell'Asia orientale. Essendo l'unica nazione ad aver subito una devastazione atomica, il Giappone ha mantenuto dal 1967 i principi di non possedere, non produrre e non permettere l'introduzione di armi nucleari".
Ora l'amministrazione di Takaichi cerca di indebolire la clausola della 'non introduzione', aprendo di fatto la strada alle navi da guerra statunitensi armate di armi nucleari.
Scrive Rampini sul Corriere della Sera: "La crisi che è scoppiata fra Cina e Giappone su Taiwan ha come sfondo una novità storica: la prospettiva di un riarmo nipponico. È diventato urgente per le stesse ragioni per cui si sta avviando il riarmo tedesco. Hanno in comune invece due problemi: un vicino prepotente e minaccioso; un'America che non potrà garantire in eterno la loro protezione. Xi Jinping sta risvegliando dal suo letargo geopolitico e dal suo disarmo pacifista il Sol Levante, così come Putin lo sta facendo con la Germania di Merz".
I due grandi sconfitti della Seconda Guerra Mondiale, marciano di nuovo a braccetto verso il disastro.
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