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martedì 6 agosto 2024

IL DESERTO DEI PERSIANI

🔴🔴🔴 IL DESERTO DEI PERSIANI
Sono giorni che la stampa statunitense annuncia l'attacco iraniano ("entro sabato", "entro 48h massimo", "lunedì"...).
Dal canto suo, Israele annuncia di star valutando se lanciare un attacco preventivo "qualora vi fosse certezza dell'intenzione iraniana di colpire".
Iran il quale, peraltro, ha detto chiaramente che risponderà - facendo oltretutto riferimento al diritto internazionale.

La questione, persino banale nella sua ovvietà, è che se vuoi attaccare qualcuno, sul serio, non è che fai gli annunci pubblici.
E infatti è proprio qui il punto.
Il 14 aprile, quando arrivò la risposta iraniana all'attacco contro il consolato di Damasco, questa fu un piccolo capolavoro, una perfetta combinazione tra diplomazia e strike militare.
Come prima cosa, Teheran preavvertì gli Stati Uniti dell'attacco, dando così il tempo perché le difese congiunte (USA, UK, Israele, Giordania) si attivassero. Ha poi lanciato una raffica di droni, che per arrivare dall'Iran ad Israele impiegavano un paio d'ore. E solo da ultimo, lanciò alcuni missili sui bersagli veri (due aeroporti militari), colpendo entrambe.
In quella occasione, il preavviso ed il lancio di vettori molto lenti, servivano a dare una chance alle difese nemiche di intercettare il grosso dei vettori (de-escalate), ma anche a valutare le difese (dislocazione, tempi e modalità di reazione...). Mentre i missili a bersaglio erano, ad un tempo, la risposta vera ed il messaggio a Tel Aviv.

Pensare che il modello si ripeta, magari in una scala più ampia, è a mio avviso un errore.
Innanzitutto, perché con tutta evidenza il precedente messaggio è arrivato, ma Israele fa comunque orecchie da mercante. Chiaramente, Tel Aviv è così impelagata nella sua mission di escalation, da rendere insufficiente un semplice messaggio. Ne consegue che Teheran ha ben chiaro che stavolta ci vuole qualcosa di più. Non semplicemente una amplificazione del messaggio del 14 aprile. Quello che deve essere consegnato al governo israeliano deve essere inequivocabile, e deve fare male davvero.
Sia Teheran che Tel Aviv sanno che ormai la guerra è inevitabile, ma anche che difficilmente potrà essere scatenata da Israele prima del 2025, con l'insediamento a Washington della nuova presidenza.
Pertanto, l'attacco deve stavolta avere una valenza duplice: verso Israele, affinché capisca materialmente a cosa va incontro, e verso gli Stati Uniti, affinché a loro volta si rendano conto di cosa significherebbe farsi coinvolgere in una guerra regionale in Medio Oriente.
Teheran, oltretutto, conta sul fatto che a novembre, mentre negli USA si vota per la presidenza, Iran e Russia sigleranno un patto di stretta collaborazione a 360°.

Di conseguenza, questo attacco avverrà probabilmente in un momento imprevisto, e con modalità quanto più possibile simili a quelle di un conflitto vero.
Intanto, gli iraniani continuano a cuocere a fuoco lento il nemico, che si consuma nell'attesa.

🟥🟥🟥 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐢𝐦𝐢 𝐬𝐮 𝐓𝐞𝐥𝐞𝐠𝐫𝐚𝐦!

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