Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Lett.Circ. 10-7-2014 n. 12552
Sentenza Corte Cost. n. 153 del 21 maggio - 4 giugno 2014 illegittimità costituzionale dell'art. 18-bis, commi 3 e 4. del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 19 luglio 2004, n. 213 (modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, in materia di apparato sanzionatorio dell'orario di lavoro) - indicazioni operative.
Emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per l'attività ispettiva.
Lett.Circ. 10 luglio 2014, n. 12552 (1).
Sentenza Corte Cost. n. 153 del 21 maggio - 4 giugno 2014 illegittimità costituzionale dell'art. 18-bis, commi 3 e 4. del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 19 luglio 2004, n. 213 (modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, in materia di apparato sanzionatorio dell'orario di lavoro) - indicazioni operative.
(1) Emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione generale per l'attività ispettiva.
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In data 4 giugno 2014 è stata depositata la sentenza n. 153 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità, per contrasto all'art. 76 della Costituzione, dell'art. 18-bis, commi 3 e 4. del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 19 luglio 2004, n. 213, inerente le modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, in materia di apparato sanzionatorio della disciplina sull’orario di lavoro.
In particolare, la predetta sentenza ha ritenuto costituzionalmente illegittima la predetta disposizione nella misura in cui ha introdotto un regime sanzionatorio sensibilmente più severo rispetto a quello previgente, nonostante il Legislatore, nell'ambito della legge di delega, avesse richiesto "in ogni caso (...) sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni che siano omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi" (art. 2. comma 1 lett. c), L. n. 39 del 2002).
Nel giudizio la Corte ha infatti rilevato la sostanziale omogeneità dei precetti indicati dalla legislazione del 1923 e del 1934 e quelli indicati dal successivo D.Lgs. n. 66 del 2003, evidenziando tuttavia un sensibile aggravamento delle relative misure sanzionatorie introdotte dal D.Lgs. n. 213 del 2004.
A seguito di tale raffronto la Corte Costituzionale ha, pertanto, ritenuto illegittimo l'art. 18 bis, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 66 del 2003 (così come introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 19 luglio 2004, n. 213), che disciplinava il sistema sanzionatorio legato alla violazione degli:
- artt. 4, commi 2, 3 e 4 (durata massima dell'orario di lavoro);
- art. 7, comma 1 (riposo giornaliero);
- art. 9, comma 1 (riposo settimanale);
- art. 10, comma 1, (ferie annuali).
Alla luce dei principi enunciati nella sentenza in oggetto, si ravvisa pertanto la necessità di diramare nuove istruzioni al personale degli Uffici in indirizzo, al fine di dare esecuzione al decisum della Corte.
Innanzitutto va evidenziato che la sentenza in argomento circoscrive il vaglio di legittimità, in conformità al principio della domanda, esclusivamente alla disciplina dettata dall'art. 1, comma 1 lett. f), del D.Lgs. n. 213 del 2004, in vigore dal 1° settembre 2004 al 24 giugno 2008 (dal successivo 25 giugno, infatti. l'art. 18 bis è stato modificato dall'art. 41 del D.L. n. 112 del 2008, conv. dalla L. n. 133 del 2008). Pertanto, le indicazioni operative fornite con la presente circolare saranno limitate alle sanzioni riferite alle violazioni commesse in tale arco temporale, senza interessare le successive modifiche legislative intervenute sull'art. 18 bis del D.Lgs. n. 66 del 2003 (ad opera dell'art. 41 del D.L. n. 112 del 2008, dell'art, 7 della L. n. 183 del 2010, dell'art. 14, comma 1, lett. c), del D.L. n. 145 del 2013).
La perdita di efficacia della disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 213 del 2004 va poi ad incidere su tutte quelle situazioni giuridiche pregresse che siano ancora aperte o pendenti, mentre non investe le vicende "chiuse", in quanto regolate da sentenze definitive (passate in giudicato), da atti amministrativi definitivi, oppure nei casi di decorrenza del termine di prescrizione o dal verificarsi di decadenze.
Ciò premesso, gli Uffici in indirizzo dovranno provvedere a rideterminare gli importi scaturiti dalle predette violazioni secondo il regime sanzionatorio di cui all’art. 9 del r.D.L. n. 692 del 1923 e all’art. 27 della L. n. 370 del 1934 nei casi di:
- rapporti ex art. 17 della L. n. 689 del 1981, non ancora oggetto di ordinanza ingiunzione, relativi a verbali di contestazione e notificazione di illeciti amministrativi, contenenti le sanzioni di cui alla norma dichiarata incostituzionale;
- ordinanza ingiunzione emessa ma senza che sia spirato il termine per l'opposizione giudiziale;
- opposizione proposta quando il relativo giudizio sia ancora pendente, ovvero la sentenza non sia ancora passata in giudicato.
Nei casi in cui il procedimento sanzionatorio risulti invece definitivamente chiuso (verbali già pagati, ordinanze per cui sono spirati i termini di opposizione, ovvero in caso di contenziosi con sentenze passate in giudicato), non si avrà alcuna estensione degli effetti della sentenza in esame, con la conseguente intangibilità degli atti adottati; ciò in quanto, ai sensi dell'art. 136 Cost., "quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione" salvo, evidentemente, le situazioni non ancora definite nel merito.
Per delega
Il Segretario generale
Dott. Paolo Pennesi
Allegato
Sentenza Corte Cost. n. 153 del 21 maggio/4 giugno 2014
Sentenza Corte Cost. n. 153 del 21 maggio/4 giugno 2014 (2)
(2) Il testo della Sentenza Corte Cost. n. 153 del 21 maggio/4 giugno 2014, è riportato autonomamente.
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