Cons. Stato Sez. VI, Sent., 23-01-2013, n. 390
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.(Lpd) per la Calabria - Sezione staccata di Reggio Calabria e recante il n. 1309/2000, il prof. (Lpd) riferiva di essere insegnante non di ruolo della scuola media di 1 grado con servizio espletato nella Provincia di Reggio Calabria e di aver partecipato alla sessione riservata di esami negli Istituti di Istruzione secondaria di 2 grado ed artistica - classe di concorso 035 (O.M. n.395 del 18 novembre 1989), superando le prove con votazione di 32/40 nella prova scritta e 35/40 nella prova orale, in tal modo conseguendo (ma solo con riserva) il titolo abilitante.
Riferisce, altresì, di aver proposto istanza di partecipazione al concorso a cattedra per soli titoli per l'accesso ai ruoli del personale docente della Scuola Secondaria per la classe A/035 Educazione Fisica negli Istituti di Istruzione secondaria di 2 grado (si tratta di una procedura indetta con decreto in data 22 aprile 1993).
Tuttavia con Decreto n. 2560/73 del 17 novembre 1993 la Sovrintendenza Scolastica per la Calabria disponeva l'esclusione dell'appellante da detto concorso per difetto del requisito di cui all'art.2 lett. b) del D.M. 22 aprile 1993 (il requisito in parola consisteva nel superamento 'a pieno titolo' delle prove di un precedente concorso per titoli ed esami o di precedenti esami anche ai soli fini abilitanti in relazione alla classe di concorso richiesta).
Pertanto, il mancato scioglimento della riserva formulata in occasione della sessione riservata di cui all'O.M. n. 395 del 1989 risultava preclusivo alla sua partecipazione al concorso a cattedra per soli titoli indetto nel 1993.
Il ricorrente proponeva quindi ricorso gerarchico avverso detto provvedimento di esclusione, senza ottenere alcuna risposta, finché non intervenivano la circolare n. 344 del 2 giugno 1997 ed il decreto n. 3003 del 14 luglio 1997 con i quali veniva disposto lo scioglimento in senso favorevole della riserva precedentemente formulata.
L'illegittimità del comportamento comunque tenuto dall'Amministrazione (la quale aveva impiegato circa sette anni - dal 2000 al 2007 - per sciogliere la riserva in relazione al conseguimento dell'abilitazione da parte dell'appellante) sarebbe stata all'origine dei danni subiti dal ricorrente, in quanto questi esercita la professione fin dal 1986 con incarico a tempo determinato nelle scuole medie di 1 grado e, pur avendo conseguito l'abilitazione all'insegnamento all'esito della sessione riservata indetta con O.M. n. 395 del 1989, non aveva potuto avvalersi dei benefìci conseguenti all'abilitazione fino alla data di scioglimento della riserva.
Conseguentemente, egli non aveva potuto iscriversi nella graduatoria degli abilitati per le scuole medie di 2 grado dal 1990 al 1997 e non aveva potuto immettersi in ruolo attraverso il principio del "doppio canale".
Inoltre, a causa del comportamento inerte dell'amministrazione scolastica non aveva ottenuto il titolo che gli avrebbe consentito di ottenere sei punti nella graduatoria degli abilitati per l'insegnamento nelle scuole medie di primo grado, tra l'altro subendo un pregiudizio economico in quanto gli incarichi a tempo determinato vengono retribuiti soltanto da ottobre a giugno.
Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale adìto ha respinto il ricorso.
In particolare, il T.A.(Lpd) ha ritenuto dirimente ai fini del decidere l'applicazione al caso in esame della c.d. pregiudiziale di annullamento.
Ed infatti, nell'ottica della teorica della pregiudiziale, osterebbe alla configurazione di un danno risarcibile il mancato annullamento del decreto n.2560/73 con il quale l'amministrazione aveva disposto la sua esclusione dal concorso a cattedra per soli titoli indetto nel corso del 1993, volto a consentire l'accesso ai ruoli del personale docente per la scuola secondaria per la classe di concorso A035 (Educazione fisica negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado).
La sentenza in epigrafe è stata impugnata in sede di appello dal prof. (Lpd) il quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi di doglianza.
In particolare, in modo erroneo il Tribunale avrebbe concluso nel senso della reiezione (rectius: della inammissibilità) della domanda risarcitoria spiegata dall'odierno appellante in considerazione della mancata rimozione del decreto in data 17 novembre 2003 con cui l'appellante era stato escluso dal concorso a cattedra per soli titoli a causa dell'abilitazione conseguita solo 'con riserva'.
Sotto tale aspetto, il Tribunale avrebbe omesso di tenere in considerazione l'esistenza di un orientamento giurisprudenziale contrario alla teorica della c.d. 'pregiudiziale di annullamento' e volto a riconoscere l'ammissibilità dell'azione in sede giudiziale per il ristoro del danno anche in assenza dell'annullamento degli atti cagionativi del pregiudizio.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca il quale ha concluso nel senso della reiezione del gravame.
All'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da un docente abilitato all'insegnamento nella classe di concorso A035 ('Educazione fisica negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado') avverso la sentenza del TAR della Calabria - Sezione staccata di Reggio Calabria con cui è stato respinto il ricorso da lui proposto al fine di ottenere il ristoro dei danni asseritamente patiti in conseguenza del comportamento omissivo e inerte dell'amministrazione, la quale aveva impiegato circa sette anni per sciogliere la riserva in relazione al riconoscimento a pieno titolo dell'abilitazione all'insegnamento.
2. Il ricorso è infondato.
2.1. Al riguardo il Collegio ritiene che la questione risarcitoria di cui al presente ricorso possa essere esaminata a prescindere dall'applicazione della teorica della c.d. 'pregiudiziale di annullamento' (la quale, come è noto, definiva le vicende dell'azione risarcitoria proposta in assenza di un annullamento attizio in termini di inammissibilità per carenza di un presupposto o condizione dell'azione).
Si ritiene, in particolare, che tale questione possa essere risolta riguardando la medesima questione sotto il crinale sostanziale relativo alla sussistenza o meno degli elementi propri di un danno risarcibile.
In particolare, il Collegio ritiene che, all'indomani dell'emanazione del codice del processo amministrativo, la definizione di controversie risarcitorie quali quella all'origine dei fatti di causa debba essere esaminata alla luce della previsione di cui al comma 3 dell'articolo 30 del 'codice', secondo cui "la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi e' proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si e' verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti".
La giurisprudenza di questo Consiglio ha osservato al riguardo che in materia di rapporti fra azione di annullamento e ristorabiità del danno, dagli articoli 30 e segg. c.p.a. emerge che il legislatore delegato non ha condiviso né la tesi della pregiudizialità amministrativa, né - al contrario - quella della totale autonomia dei due rimedi, impugnatorio e risarcitorio, optando - piuttosto - per una soluzione intermedia, la quale valuta l'omessa tempestiva proposizione del ricorso per l'annullamento del provvedimento lesivo non come fatto preclusivo dell'istanza risarcitoria, ma solo come condotta che, nell'ambito di una valutazione complessiva del comportamento delle parti in causa, può autorizzare il giudice ad escludere il risarcimento, o a ridurne l'importo, ove accerti che la tempestiva proposizione del ricorso per l'annullamento dell'atto lesivo avrebbe evitato o limitato i danni da quest'ultimo derivanti (in tal senso: Cons. Stato, V, 2 novembre 2011, n. 5837).
2.2. Ora, per quanto concerne la portata applicativa ratione temporis del primo periodo della disposizione dinanzi richiamata, la giurisprudenza ha condivisibilmente osservato che la previsione di un siffatto termine decadenziale non possa trovare applicazione in relazione a vicende giudiziarie già insorte prima dell'entrata in vigore del 'codice'.
A conclusioni diverse deve giungersi in relazione alla previsione - per così dire - di carattere 'sostanziale' di cui al primo periodo del richiamato comma 3.
Sotto tale aspetto è stato condivisibilmente affermato che la disposizione di cui al secondo periodo può essere estesa anche alle controversie instaurate prima dell'entrata in vigore del codice, in quanto codificativa di principi appartenenti ad un quadro normativo precedente perché enunciati dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione (in tal senso: Cons. Stato, V, 29 novembre 2011, n. 6296).
La giurisprudenza di questo Consiglio ha, in particolare, risolto in senso affermativo il quesito relativo al se la disposizione di cui al comma 3 dell'articolo 30 del c.p.a. possa trovare applicazione in relazione a vicende sostanziali che - al pari di quella di cui in premessa - siano sorte in epoca anteriore rispetto alla sua entrata in vigore.
2.4. L'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (sentenza n. 3 del 23 marzo 2011) ha infatti affermato che la regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione e degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, oggi sancita dall'art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, è ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di una interpretazione evolutiva del capoverso dell'articolo 1227 c.c. Tale regola è applicabile pertanto anche alle azioni risarcitorie proposte prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, essendo espressione, sul piano teleologico, del più generale principio di correttezza nei rapporti bilaterali, mirando a prevenire comportamenti opportunistici che intendano trarre occasione di lucro da situazioni che hanno leso in modo marginale gli interessi dei destinatari tanto da non averli indotti ad attivarsi in modo adeguato onde prevenire o controllare l'evolversi degli eventi .
2.5. Ora, venendo agli aspetti - per così dire - 'sostanziali' della questione, occorre domandarsi se l'odierno appellante abbia in concreto azionato gli strumenti di tutela (anche in sede giurisdizionale) posti a sua disposizione dall'ordinamento e se l'eventuale esperimento di tali strumenti sarebbe stato in grado di elidere in tutto o in parte le conseguenze dannose dell'iniziale mancato riconoscimento 'a pieno titolo' dell'abilitazione all'insegnamento.
2.5.1. Il Collegio ritiene che al primo quesito debba essere fornita risposta in senso negativo mentre al secondo debba essere fornita risposta affermativa.
Risulta, infatti, agli atti che l'appellante (al quale era stato riconosciuto il titolo abilitante solo con riserva poiché gli insegnamenti da lui impartiti non erano ricompresi nella classe di abilitazione richiesta) era stato inizialmente escluso con Provv. 17 novembre 1993 dai concorsi a cattedra per soli titoli proprio a causa della carenza di un'abilitazione conseguita 'a pieno titolo'.
Risulta, altresì, che egli ebbe a proporre ricorso gerarchico avverso tale Provv. 24 novembre 1993, ma che - pure a seguito dell'infruttuoso decorso del termine di cui all'articolo 6 del D.P.(Lpd) 24 novembre 1971, n. 1199 - non propose in seguito alcuna impugnativa in sede giurisdizionale, risolvendosi solo a distanza di circa sette anni a proporre un ricorso risarcitorio.
Tuttavia, nel periodo in questione, la giurisprudenza amministrativa si era consolidata nel senso di riconoscere il diritto alla partecipazione alla sessione riservata di abilitazione anche per una classe di concorso non corrispondente all'insegnamento impartito (del resto, era stata proprio la consapevolezza del maturare di uno sfavorevole orientamento giurisprudenziale ad indurre l'Amministrazione scolastica ad adottare la circolare n. 344 del 1997).
Ne consegue che, laddove il prof. (Lpd) avesse agito in giudizio al fine di reclamare il proprio titolo all'incondizionato riconoscimento dell'abilitazione conseguita, avrebbe del tutto verosimilmente ottenuto il riconoscimento della propria pretesa.
Non a caso, è pacifico in atti che l'Amministrazione scolastica si sia risolta nel corso del 2007 a riconoscere tale titolo proprio in considerazione dell'ormai pacifico orientamento giurisprudenziale contrario alle tesi dell'amministrazione (in tal senso, la circolare 2 giugno 1997, n. 344).
Si osserva, quindi, che la scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica e non (comparativamente) complessa che avrebbe plausibilmente evitato, in tutto o in parte il danno, integra violazione dell'obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l'effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile (in tal senso: Ad. Plen, sent. 3 del 2011,cit.).
Detta omissione, apprezzata congiuntamente alla successiva proposizione di una domanda tesa al risarcimento di un danno che la tempestiva azione di annullamento avrebbe scongiurato, rende configurabile un comportamento complessivo di tipo opportunistico il quale viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del principio di auto-responsabilità cristallizzato dall'art. 1227, comma 2, c.c., implica la non risarcibilità del danno evitabile (ivi).
3. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in appello deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Nessun commento:
Posta un commento