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domenica 1 settembre 2013

LE PROPOSTE DEL COBAR AERONAVALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, UNA PIETRA MILIARE PER RECUPERARE L'ELEVATO SPIRITO DEMOCRATICO DELLA LEGGE DI PRINCIPIO SULLA DISCIPLINA MILITARE


Riceviamo da Ficiesse e pubblichiamo


Di seguito, un intervento di Cornelio su una recente e corposa delibera del CoBaR del Comando Operativo Aeronavale della Guardia di finanza che ha posto l’accento sui pericoli che possono derivare alla società civile da una mancata o inadeguata attuazione dell’articolo 52 della Costituzione che, come noto, prevede che l’ordinamento delle Forze armate “si informa” allo spirito democratico della Repubblica. Il titolo è della redazione del sito.


LE PROPOSTE DEL COBAR AERONAVALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, UNA PIETRA MILIARE PER RECUPERARE L'ELEVATO SPIRITO DEMOCRATICO DELLA LEGGE DI PRINCIPIO SULLA DISCIPLINA MILITARE - di Cornelio

Abbiamo appena appreso che il Cobar Aeronavale della Guardia di Finanza, organismo di rappresentanza di oltre mille finanzieri, ha approvato all’unanimità una delibera che ci auguriamo possa diventare una vera e propria pietra miliare nel processo di riformulazione del concetto di obbedienza del militare.

V
i si afferma che la legge di principio 382 del 1978, promulgata da Sandro Pertini all’indomani del suo insediamento a presidente della Repubblica, è stata svuotata di contenuto dai successivi regolamenti di attuazione. La legge di principio stabilì, infatti, che l’obbedienza militare dovesse essere “LEALE E CONSAPEVOLE”, assunto che rappresentò una vera svolta rispetto al passato, quando l’obbedienza era definita “CIECA E ASSOLUTA”.

T
uttavia la legge rimandava a un regolamento, da emanarsi entro i successivi sei mesi, che avrebbe dovuto accogliere il principio della consapevole partecipazione e disciplinarne i soli aspetti di dettaglio. Tale regolamento attuativo venne emanato otto anni più tardi con il DPR 545 del 1986, un anno dopo, quindi, della fine del mandato del presidente Pertini.
Nelle conclusioni, i rappresentanti militari fanno delle proposte precise per dare finalmente puntuale e fedele attuazione allo spirito e alla lettera della legge di principio sulla disciplina militare.
Riportiamo di seguito i passaggi che ci sembrano di maggior rilievo.

CORNELIO
 
ALCUNI PASSAGGI TRATTI DALLA DELIBERA 1/6/XI
DEL COBAR AERONAVALE DELLA GUARDIA DI FINANZA
Le infrazioni punibili con le sanzioni di Corpo si atteggiano come un contenitore all’interno del quale ci può rientrare di tutto. Stando così le cose, il militare è posto in una situazione di totale soggezione nei confronti dell’amministrazione, poiché non è in grado di conoscere preventivamente i comportamenti punibili con la sanzione della consegna. All'amministrazione militare, invece, è attribuita la più ampia discrezionalità nello stabilire in relazione a quali illeciti infliggere le sanzioni (…) si è appreso addirittura che “un comandante ha inteso sanzionare, dal punto di vista disciplinare, dei militari che si sono rivolti direttamente a uno studio legale, piuttosto che avanzare domanda in via gerarchica”.
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(…) nel caso si venga ripetutamente colti in flagranza di uniforme in disordine oppure di collo peloso (magari a causa di un livello di testosterone troppo alto), si rischia la risoluzione del rapporto di lavoro, oltre che pesanti conseguenze sulla carriera.
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Un ufficiale, docente in una scuola militare, è stato sanzionato con un giudizio peggiorativo apposto sulla scheda valutativa, addirittura, “per aver adottato, in sede d’insegnamento di materie giuridiche, linee interpretative che pur incardinate su elaborazioni giurisprudenziali, si sarebbero discostate dalle procedure invalse alla Difesa”. Quest’ultima motivazione pone ulteriori preoccupanti interrogativi: i giudizi annuali caratteristici rappresentano solo un mezzo di valutazione, oppure possono trasformarsi in uno strumento per esercitare discriminazioni, anche di carattere ideologico e politico?
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Le note premiali, come detto, esercitano un’influenza propulsiva sulla carriera dei beneficiari, poiché dai riconoscimenti derivano“punteggi” nelle graduatorie degli avanzamenti e dei trasferimenti. Usando un eufemismo mutuato dalla letteratura calcistica, tanto cara ai militari, si può dire che “l’encomio mette in fuorigioco i parigrado nella graduatoria dell’avanzamento ed entra a gamba tesa in quella dei trasferimenti”.
In fondo, tali motivazioni, una volta depurate da magniloquenza e ampollosità , si traducono nella concessione - a chi ha fatto solamente il proprio dovere - di un extra-punteggio necessario a scavalcare i parigrado nelle graduatorie degli avanzamenti e in quelle dei trasferimenti. Allora ci si chiede: le note premiali e i giudizi annuali caratteristici sono solo un strumento di valutazione? Oppure, in carenza di regole chiare, potrebbero trasformarsi in uno strumento di nepotistica cooptazione del personale?
Si ritiene che la concessione di un encomio a motivo della “solennità del passo”, leda il diritto soggettivo alla giusta retribuzione dei parigrado privi di difficoltà motorie agli arti inferiori, poiché questi si vedono scavalcati nella graduatoria per l'avanzamento al grado superiore.
Si potrebbe pensare che l’istituto delle note premiali sia stato coniato in modo da remunerare più la fedeltà che la competenza, più la mansuetudine che le capacità : ma fedeltà e mansuetudine sono garanzia di successo nella lotta all’evasione e nel contrasto al crimine organizzato?
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Questo organismo esprime profonda preoccupazione :
- per l’attuale grave crisi economica che morde la carne viva delle famiglie;
- per la voragine del debito pubblico che ormai ha sfondato quota 2.000 miliardi;
- per l’andamento dell’evasione fiscale pari a circa il 18% del PIL, ben 280 miliardi di imponibile annualmente sfuggono a tassazione (ben oltre 2.000 miliardi solo negli ultimi 10 anni – alcune categorie evadono addirittura l’80% del reddito totale prodotto);
- per le crescenti disuguaglianze sociali.
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() Con tali ricompense, totalmente svincolate dal principio di legalità si potrebbero, in teoria, esercitare delle pressioni nei confronti di coloro che per senso dell’onore e di giustizia, o magari solo per dignità , non intendono garantire al superiore un’obbedienza cieca e incondizionata. Tutto ciò avrebbe conseguenze su giustizia ed equità fiscale, stante la copresenza di “militarità ” e qualifica di polizia giudiziaria e tributaria.
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La combinazione sinergica delle norme sulla disciplina (sanzioni e note premiali) e l’assenza delle tutele terze, pone il militare in una soggezione tale, da provocare una mutazione genetica del concetto di obbedienza militare. L’obbedienza, che a mente del legislatore ordinario avrebbe dovuto essere leale e consapevole, di fatto è ancora CIECA e ASSOLUTA. Tale mutazione genetica potrebbe avere ripercussioni sul principio di attinenza al servizio degli ordini militari.
In buona sostanza, per scelta politica, si è voluto ottenere, attraverso i regolamenti, un prototipo di militare che, sebbene sia per legge pienamente imputabile, è limitatamente in grado di volere nel momento in cui riceve un ordine.
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Dalla “Relazione sullo stato della disciplina militare” si legge che “il più alto numero di suicidi per il 2011 nelle F.A. si è registrato tra il personale militare di Truppa”. Inoltre emerge che nel 2011 solamente all’interno dell’Arma si sono suicidati ben 15 carabinieri. L’anno precedente il gesto estremo è stato compiuto da ben 22 Carabinieri. (Relazione trasmessa dal ministero della Difesa al Parlamento l’11 dicembre 2012, pag. 17). Considerato l’organico di quell’anno, il dato equivale a una percentuale pari a circa 20 ogni 100.000 cittadini-militari. In quello stesso anno, la percentuale dei suicidi in ambito civile in Italia era di circa 5 ogni 100.000 cittadini (fonte: dati ISTAT). A far riflettere e a destare preoccupazione non è solo l’alta percentuale di suicidi - quattro volte superiore al dato nazionale - quanto, piuttosto, il fatto che il da to nazionale ricomprende anche i soggetti affetti da malattie psichiche congenite, che non avrebbero mai potuto superare gli assai rigidi e selettivi test psicoattitudinali con cui si selezionano gli appartenenti ai Corpi militari.
A tal proposito, fanno riflettere le dichiarazioni del Co.Ba.R Carabinieri Calabria, secondo cui “(…) si vuole sempre far credere che i motivi che inducono a tali gesti vengono attribuiti o riguardano problemi di carattere personale, forse per evitare che vengano cercati dove realmente si nascondono.”
Nel recente passato, in certe caserme, il suicidio è stato preceduto da un omicidio. Ricordiamo ad esempio il caso in provincia di Rovigo, a Porto Viro, dove un Appuntato dei CC, prima di togliersi la vita, ha sparato al proprio comandante; ancora, di poco più lontano nel tempo, nel casertano, a Mignano Monte, dove il comandante e il suo vice sono morti in analoghe circostanze: quattro morti in divisa nel giro di pochi mesi nel solo 2012. Di fronte a tali drammi, appare quantomeno incauto, a tacer d’altro, ritenere che la colpa sia sempre delle mogli.
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Tra le maglie di una disciplina militare svincolata dal principio di legalità , ben si potrebbero insinuare dei pericolosi comportamenti discriminatori nei confronti dei sottoposti per motivi ideologici o politici.
Torna in mente l’eloquente risposta fornita dal Ministro della difesa di turno alla richiesta di specificare i limiti alla libertà di espressione dei militari: « … i militari debbono accertarsi del pensiero dei superiori, chiedendo l’autorizzazione ad esprimere il proprio …» (cfr. interrogazione n. 4/01824).
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Questo organismo ritiene che i rimedi offerti dal legislatore, solo sulla carta, per contrastare eventuali vessazioni e ordini criminosi, siano inadeguati e scarsamente attuabili. L’inadeguatezza di tali rimedi potrebbe compromettere o quantomeno influenzare il libero articolarsi della dialettica democratica, attraverso cui si stabiliscono i fini dello Stato. E per di più, ci si chiede se, per assurdo, l’ordine promanasse dall’autorità politica di governo, l’ordinamento militare avrebbe gli anticorpi per contrastarne l’esecuzione? Questo organismo ritiene che quegli anticorpi -previsti da norme di rango superiore - siano stati sterilizzati da norme di rango regolamentare, che ne hanno anestetizzati gli effetti. Si consideri che i 350 mila militari, tra cui i 180 mila poliziotti ad ordinamento militare detengono il controllo dell’ordine pubblico, oltre ai poteri di P.G. e P.T, su delega e/o d&rs quo;iniziativa. Essi, nell’ambito degli enormi poteri investigativi, possono accedere a dati sensibili e gestiscono strumenti d’indagine sofisticati; hanno il potere di imprimere direzione e verso alle indagini che consentono di individuare le piste che portano alla verità dei fatti, allo scopo di ridurre al minimo lo scarto tra verità storiche e verità processuali. In particolare, una siffatta obbedienza della polizia giudiziaria, potrebbe, in teoria, condizionare il funzionamento della giustizia, attraverso la procedura; e lo stesso tipo di obbedienza della polizia tributaria potrebbe incidere, in teoria, sull’equità fiscale e contributiva. La polizia giudiziaria militarmente organizzata è come una “stella polare” per l’autorità giudiziaria, con la sua luce è capace di imprimere direzione e verso alle indagini; l’ordinamento non può permettere che quella luce sia offuscata dall’obbedienza cieca al superiore, piuttosto che atti ngere dalla legge. La direzione amministrativa dello strumento militare - il cosiddetto impiego e gestione del personale -prima che fossero istituiti gli Stati Maggiori era accentrata nelle strutture ministeriali ed era una prerogativa dell’autorità politica, la quale realizzava efficacemente i suoi scopi attraverso lo strumento della disciplina militare. Ancora oggi, in occasione delle nomine delle più alte cariche istituzionali in campo militare, si derogano le rigide procedure di assunzione dell’incarico di comando in relazione al grado rivestito e, a parità di grado, all’anzianità posseduta, privilegiando i criteri discrezionali attribuiti alle autorità decidenti. Le nomine avvengono su scelta politica.
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Questo organismo, infine, esprime piena e totale solidarietà ai familiari delle vittime della strage di Ustica, che hanno appreso una parte della verità sulla morte dei loro congiunti solo dopo 33 anni, e ai familiari delle vittime di tutte le altre stragi impunite, su cui ancora deve essere fatta piena luce. Si interroga perplesso sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, realizzata, si ipotizza, tramite uomini appartenenti ad istituzioni ad ordinamento militare ….»
LINK ALLA DELIBERA

http://www.ficiesse.it/public/1967_deliberacobar.pdf
VEDI ANCHE
http://www.ficiesse.it/home-page/7062/il-cobar-gdf-aeronavale_-con-una-puntuale-ed-argomentata-delibera_-ricorda-la-fondamentale-richiesta-dei-finanzieri-per-i-diritti-sindacali-ai-cittadini-militari


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