Se la Lituania fosse un paese serio e non la Ruritania de "Il
prigioniero di Zenda", e soprattutto se avesse un'aviazione militare in
grado di dare seguito ai deliri, che allego in foto, della propria
Ministra della difesa Dovilė Šakalienė (la Lituania, come gli altri due
etnostati amici suoi, non ha un'aviazione militare e la sua difesa aerea
è affidata al nostro buon cuore), un paese serio come la Russia (vi
piaccia o no, è un paese serio), soprattutto dotato di un'aviazione
militare, avrebbe già cacciato l'ambasciatore ruritano, pardon lituano, a
calci in culo e sarebbe passata alle vie di fatto, magari al grido di
"Americà, facce Tarzan". Ma appunto, essendo la Lituania il set di un
cappa e spada di fine '800, a Mosca se ne fregano, direi per fortuna, e
ridono molto.
La parte interessante del delirio di onnipotenza della
poveretta alla guida del dicastero della difesa ruritano non è però la
fantasia di vendetta sull'orco russo, ma l'idea che "la Turchia ha dato
un esempio dieci anni fa" del fatto che se abbatti un aereo russo non ci
sono conseguenze, anzi i NAFO ne faranno un cardine della loro
mitologia.
La poveretta si riferisce all'incidente del 24
novembre 2015, quando un Sukhoi Su-24 (che è un'aereo da attacco al
suolo) è stato abbattuto da un F-16 turco per una presunta violazione
dello spazio aero mentre era impegnato in una operazione di
bombardamento in Siria. Fin qui poco male, l'equipaggio si era lanciato
con successo, ma una volta a terra (in Siria, tra l'altro, vicino al
villaggio di Yamadi nel Latakia, il che getta un po' di dubbi sulla
versione turca degli eventi, ovvero che l'aereo russo fosse in Turchia)
il pilota è stato ucciso dai ribelli siriani, un gruppo misto di
turkmeni e Al-Nusra (parenti dei galantuomini al potere adesso, se non
proprio gli stessi), che hanno ucciso anche un marine russo della
squadra di recupero. La leggenda vuole che non vi sia stata nessuna
conseguenza. In realtà ce ne sono state, e molte. Il giorno dopo
l'incidente Medvedev, all'epoca primo ministro, cancellò tutti i
programmi di cooperazione economica con la Turchia, incluso il gasdotto
Turkish Stream; le importazioni di prodotti alimentari turchi vennero
bloccate, così come i permessi di lavoro dei turchi in Russia, i
pacchetti-vacanza in Turchia e i voli charter dei tour operator russi,
mentre i controlli di sicurezza sulle compagnie aeree turche negli scali
russi furono aumentati talmente tanto da rendere loro sostanzialmente
impossibile lavorarci. La campagna di bombardamento contro i turkmeni
nel Latakia riprese con entusiasmo, ogni avvertimento turco a non
operare vicino al confine venne ignorato completamente e i turchi si
guardarono bene dall'intervenire di nuovo; un convoglio di "aiuti"
proveniente dalla Turchia e diretto ai loro proxy in Siria venne
bombardato e distrutto, il Ministero della Difesa russo interruppe ogni
contatto con il suo omologo turco e la Turchia ed Erdogan personalmente
vennero accusati ufficialmente di essere paesi sponsor del terrorismo e
di ricavare profitto dal petrolio siriano contrabbandato dai ribelli che
sostenevano.
La situazione si fece sempre più tesa e anche in
Turchia in parecchi cominciarono a chiedere al governo una
ricomposizione, finché nel giugno 2016 Erdogan mandò una lettera a Putin
nella quale espresse "il suo più profondo rammarico" per l'accaduto.
Ciliegina sulla torta, i due piloti responsabili dell'abbattimento
furono arrestati perché, a detta sua, erano sospettati di appartenere al
movimento gülenista e di avere dunque agito per danneggiare la Turchia e
il suo governo (link 1). Non un grandissimo esempio, insomma.
Link 1: https://www.hurriyetdailynews.com/turkish-pilots-who-downed-russian-jet-detained-erdogan-101899
Francesco Dall'Aglio
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