IMPIEGO PUBBLICO - RESPONSABILITA' CIVILE
Cons. Stato Sez. III, Sent., 31-05-2011, n. 3267
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. La sig.ra ####################, agente della Polizia di Stato, ricorreva
dinanzi al Tar Calabria, sede di Reggio Calabria, per ottenere il risarcimento
del danno patito per illegittimo ritardo nell'immissione in ruolo, avvenuta a
distanza di quasi nove anni dalla conclusione del corso frequentato presso la
Scuola di Polizia a seguito di selezione pubblica, in virtù di più sentenze
passate in cosa giudicata che avevano annullato precedenti dinieghi di
ammissione.
In particolare la ricorrente, a seguito di selezione psicofisicoattitudinale
avvenuta presso la Scuola Tecnica di Polizia di Roma, veniva giudicata "non
idonea" al servizio di polizia per "accertato difetto dei requisiti attitudinali
di cui all'art. 4 D.P.R. 23.12.1983 n. 904, avendo evidenziato carenze nel
livello evolutivo, nel controllo emotivo e nell'adattabilità".
La ricorrente presentava ricorso (n. 2450/98) presso il Tar Sicilia, Palermo,
che con ordinanza n. 2140/98, sospendeva l'efficacia del provvedimento
dell'Amministrazione anche in considerazione degli accertamenti cui la Sig.ra C.
era stata sottoposta presso l'Ospedale Militare di Messina conclusisi con
giudizio favorevole.
In data 20.04.1999 la ricorrente veniva quindi ammessa alla frequentazione del
148° corso di formazione Allievi Agenti della Polizia di Stato presso la Scuola
Allievi di Spoleto che si concludeva con il superamento degli esami finali a
seguito dei quali però la Sig.ra C., anziché essere incorporata nei ruoli della
Polizia di Stato, veniva rinviata presso il luogo di residenza.
La ricorrente proponeva nuovo gravame giurisdizionale presso il Tar Lazio, che
si concludeva con sentenza non appellata n. 701/2000 del 09.12.1999 di
accoglimento.
L'Amministrazione, a seguito della notifica della predetta sentenza, intimava
alla ricorrente di presentarsi presso la Scuola tecnica di Polizia di Roma "per
essere sottoposta a nuovo accertamento, della durata presumibile di giorni due,
tendente a verificare il possesso dei requisiti attitudinali di cui all'art.4
del D.P.R. 23.12.1983 n. 904".
A seguito di colloquio finale veniva nuovamente formulato un giudizio di non
idoneità per asserito difetto dei requisiti attitudinali che reiterava le
valutazioni che pure erano già state oggetto di censura da parte del Giudice
Amministrativo.
L'odierna ricorrente ricorreva di nuovo al Tar del Lazio che, con ordinanza (non
appellata) n.8263/2000 del 28.09.2000, "stante la fondatezza ad un primo esame,
delle censure di eccesso di potere per contraddittorietà in relazione all'esito
favorevole del corso di formazione", riteneva di accogliere l'istanza cautelare
proposta.
La signora C. veniva quindi ammessa a sostenere il previsto periodo di prova
della durata di sei mesi presso la Questura di Reggio Calabria ma, al termine,
nonostante l'esito del medesimo di cui al parere favorevole espresso dal
Questore di Reggio Calabria che aveva giudicato il rendimento complessivo
"ottimo", con provvedimento n. 333D/64420 veniva dichiarata,
dall'Amministrazione, cessata dal servizio.
La ricorrente iniziava un nuovo giudizio che si concludeva, dopo l'iniziale
rigetto in primo grado, con la sentenza del Consiglio di Stato VI, n. 6182/2007
con la quale venivano annullati i provvedimenti impugnati.
Solo a seguito di tale pronuncia, la ricorrente otteneva l'ammissione in
servizio che avveniva in virtù del decreto nr. 333/D/0171926 del 27.6.2008,
notificato il 13.12.2008, che disponeva la decorrenza giuridica della ammissione
a far data "dal 20 ottobre 1999 (giorno successivo alla conclusione del 148°
corso)" e quella economica a far data dal "17.03.2008 (data dalla quale ha
assunto di fatto servizio)".
La ricorrente chiedeva quindi al Tar Calabria, Sede di Reggio Calabria,
l'annullamento del decreto di cui sopra nella parte in cui non faceva retroagire
la data di decorrenza economica alla medesima data della decorrenza giuridica e,
a titolo di risarcimento danni, la somma di euro 111.438,00 (o la minor somma
equitativamente ritenuta dal giudice) per retribuzioni mancate e la somma di
euro 30.000 (o la minor somma equitativamente ritenuta dal giudice), per
mancato versamento delle ritenute e degli oneri previdenziali.
Il Tar accoglieva in parte il ricorso con sentenza n. 515 del 2010 ritenendo che
le tesi difensive della amministrazione non fossero condivisibili richiamando al
riguardo la sentenza del Consiglio di Stato n. 347/2009, contenente
argomentazioni utili e sovrapponibili a quelle sostenute nel ricorso ad
eccezione del solo capo inerente la prescrizione del credito.
2. Ha presentato appello avverso la suddetta sentenza il Ministero dell'Interno
eccependo in primis la prescrizione del credito azionato.
Secondo il Ministero l'appellante avrebbe dovuto impugnare nei termini
decadenziali l'atto di esclusione che di fatto ha prodotto l'asserito danno alla
ricorrente e non il decreto di nomina.
In secondo luogo il Ministero ha lamentato che la sentenza appellata non
avrebbe indicato alcuna circostanza dalla quale desumere la colpa della
amministrazione. Al riguardo dovrebbe tenersi conto che i giudizi di
accertamento dei requisiti psicofisici del personale della polizia di Stato sono
caratterizzati da un alto indice di soggettività e specificità al punto che
devono ritenersi irrilevanti tutti gli ulteriori accertamenti eseguiti presso
altri organi ausiliari ed irripetibile l'esame tecnico eseguito che, nel caso
della signora C., riguardava il livello evolutivo, il controllo emotivo e la
adattabilità al servizio della medesima.
Si è costituita l'appellata chiedendo con dovizia di argomentazioni la conferma
della sentenza del primo giudice.
Alla pubblica udienza del 6.5.2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per
la decisione
3. L'appello non merita accoglimento.
Il primo profilo da esaminare attiene alla prescrizione del credito
risarcitorio. Sostiene il Ministero appellante che, impostata dal primo giudice
la questione sotto il profilo della riconoscibilità e della reale consapevolezza
della esistenza e della gravità del danno subito, il primo atto riconoscibile da
parte della signora C. risultava essere quello di esclusione dalla procedura
concorsuale che di fatto aveva prodotto l'asserito danno e non il decreto
impugnato che ha disposto la decorrenza degli effetti giuridici da data diversa
da quella in cui ha fissato la decorrenza economica.
L'errore in cui è incorso il primo giudice risiederebbe nel fatto che il decreto
impugnato dovrebbe configurarsi come evento lesivo solo ai fini della richiesta
di retrodatazione degli effetti economici e giuridici, ma non ai fini del
risarcimento del danno.
4. Tali argomentazioni sostenute dall'Amministrazione non vengono condivise dal
Collegio in quanto in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale di questo
Consiglio di Stato secondo il quale il termine di cinque anni entro cui, ai
sensi dell'art. 2947 cc deve essere fatto valere il diritto al risarcimento, non
decorre da quando è stato adottato il provvedimento che ha causato la lesione di
un interesse legittimo e il diritto è sorto, bensì dal momento in cui il diritto
stesso può essere fatto valere ex art. 2935 c.c. (cfr. Cons. St., sez. VI, n.
5995 del 2004) una volta annullato l'atto illegittimo responsabile del danno che
il ricorrente assume di avere sofferto a causa di esso; pertanto tale diritto
sorge dal passaggio in giudicato della sentenza del giudice amministrativo che
ha dichiarato l'illegittimità dell'atto amministrativo impugnato.
E, nel caso di specie, la sentenza di annullamento dell'impugnata esclusione è
la sentenza del Consiglio di Stato VI Sez. n.6182 del 2007.
Sul punto, la stessa A.P. di questo Consiglio di Stato ha chiarito che nel caso
in cui l'azione di risarcimento dei danni sia proposta, non unitamente
all'azione giurisdizionale di annullamento degli atti illegittimi, bensì in via
autonoma, dopo l'annullamento degli stessi (come nel caso in questione) "il
momento iniziale del decorso del termine quinquennale di prescrizione
dell'azione di risarcimento va individuato nella data di passaggio in giudicato
della decisione di annullamento del giudice amministrativo"(Consiglio di Stato,
Adunanza Plenaria, 9.2.2006, n.2; Consiglio di Stato, sez. V, 31 ottobre 2008,
n. 5453; Consiglio di Stato, Sez.V, 31.12.2007 n. 6908; Consiglio di Stato,V,
2.09.2005 n. 4461).
Correttamente nella sentenza appellata il giudice di primo grado ha aderito ai
sopradetti orientamenti giurisprudenziali ritenendo che l'azione di risarcimento
del danno da lesione di interessi legittimi si prescrive, nel sistema
previgente al codice del processo amministrativo, dal passaggio in giudicato
dell'annullamento dell'atto che ha arrecato la lesione.
5. Lamenta ancora l'appellante Ministero che quanto alla imputabilità del danno
la sentenza appellata non individua con sufficiente precisione gli elementi
costitutivi della ingiustizia subita ritenendo sostanzialmente elusiva la
condotta complessiva tenuta dall'amministrazione.
Secondo il Ministero dovrebbe tenersi conto che si trattava di accertamenti di
giudizi tecnico discrezionali caratterizzati da un elevato indice di
soggettività e specificità al punto che avrebbero dovuto ritenersi irrilevanti
tutti gli ulteriori accertamenti eseguiti presso altri organi ausiliari e
sostanzialmente irripetibile il primo esame tecnico eseguito.
6. Anche tale doglianza non merita accoglimento.
Appare evidente che ciò che ha impedito per molti anni il conseguimento del
bene della vita alla quale l'appellata aspirava è stato il comportamento
dell'Amministrazione che ha reiterato più volte e puntigliosamente gli esami di
idoneità in materia, dando una esecuzione alle decisioni del giudice
amministrativo solo apparente e formalistica ma sostanzialmente elusiva, come
del resto emerge chiaramente dal contesto motivazionale delle sentenze che si
sono susseguite nella fattispecie e nelle quali si è rilevato come il giudizio
psicoattitudinale al quale era stata sottoposta la signora C. è stato, volta
per volta, reso senza il dovuto approfondimento che nasceva dall'effetto
conformativo delle pronunce cui si dava esecuzione (cfr. sentenza del Consiglio
di Stato soprarichiamata VI, n. 6182 del 2007, pag. 5).
Ne consegue che sussistono tutti gli elementi della responsabilità aquiliana ex
art. 2043 cod.civ. e in specie l'elemento oggettivo, dato dalla mancata
percezione delle retribuzioni che sarebbero state percepite dalla ricorrente e
l'elemento soggettivo dell'illecito, dato dalla inescusabile violazione degli
obblighi di imparzialità ed efficienza dell'azione amministrativa, derivante
dall'esecuzione meramente formale e non approfondita degli esami di idoneità
nonostante le chiare statuizioni del giudice amministrativo che, proprio per
questo motivo, ne ha reiteratamente annullato gli esiti.
7. Pertanto, così come statuito dal primo giudice richiamando l'art. 35 del
d.lvo n. 80/98, l'Amministrazione è tenuta a formulare la proposta di
risarcimento del danno, commisurandolo, per il periodo considerato, alla somma
corrispondente alla retribuzione che sarebbe stata percepita se l'interessata
fosse stata tempestivamente assunta, secondo la misura vigente nel periodo
considerato, esclusa la parte variabile della retribuzione, oltre al valore
delle contribuzioni previdenziali obbligatorie che, in relazione alla
retribuzione, il Ministero avrebbe dovuto versare, con detrazione delle
retribuzioni effettivamente percepite nel periodo in cui la ricorrente ha
prestato servizio come agente in prova e di altre retribuzioni dalla stessa
percepite quali risultanti dalla dichiarazione dei redditi per gli anni di
riferimento.
In via equitativa, come anche statuito dal primo giudice, dalla misura netta
delle retribuzioni quale risultante dal complesso delle somme calcolate come
sopra decurtate dalle ritenute previdenziali, andrà detratto il 50%, tenuto
conto della mancata prestazione lavorativa (Consiglio di Stato, V, 25.7.2006, n.
4645 e 2.10.2002, n. 5174). Sul dovuto a titolo di risarcimento del danno, in
quanto debito di valore, competono gli accessori come per legge fino al
soddisfo.
8. In conclusione l'appello deve essere respinto.
9. Spese ed onorari, tuttavia, per la peculiarità della fattispecie possono
essere compensati.P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.