LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Sentenza 22.4.2010 n. 35090
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSINI Giangiulio - Presidente -
Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere -
Dott. BEVERE Antonio - Consigliere -
Dott. OLDI Paolo - rel. Consigliere -
Dott. SAVANI Piero - Consigliere -
ha pronunciato la seguente: sentenza
sul ricorso proposto da:
1) G.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1159/2007 CORTE APPELLO di PALERMO, del 26/11/2007; visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. OLDI Paolo;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MURA Antonio che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. Ficarra Antonio.
FATTO
Con sentenza in data 26 novembre 2007 la Corte d’Appello di Palermo, confermando la decisione assunta dal Tribunale di Termini Imerese, ha riconosciuto ------ Responsabile del delitto di cui all’art. 485 c.p., per avere alterato un contrassegno assicurativo del quale aveva fatto uso per la circolazione.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, affidandolo a due motivi.
Col primo motivo il ricorrente rinnova l’eccezione di improcedibilità dell’azione penale per nullità della querela proposta dalla società Toro Assicurazioni s.p.a., contestando l’esistenza dei poteri di rappresentanza in capo al firmatario di essa.
Col secondo motivo sostiene essersi trattato di falso innocuo, atteso che la data del 7 agosto 2003, apparente del contrassegno di assicurazione come scadenza della copertura assicurativa , era già venuta a maturazione all’epoca dell’accertamento, avvenuto il (OMISSIS).
Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.
L’eccezione di nullità della querela per insussistenza dei poteri di rappresentanza in capo a --- che aveva provveduto alla sottoscrizione e alla presentazione di essa in nome e per conto della compagnia assicuratrice Toro Assicurazioni s.p.a., era stata già sollevata nei gradi di merito dalla difesa dall’imputato, col rilevare che il F. non era legale rappresentante della società, né suo procuratore speciale. La sentenza qui impugnata ne ha statuito il rigetto sul rilievo per cui al -- era stata conferita dalla società assicuratrice una procura notarile, in base alla quale egli era autorizzato a nominare – fra l’altro – procuratori speciali per la presentazione di denunce e querele all’autorità giudiziaria: nel che doveva intendersi ricompresa, secondo la Corte d’Appello, la facoltà di presentare egli stesso la querela, anziché investire altri dello stesso potere.
Nel ricorso per cassazione il - insiste nel protestare la carenza di legittimazione del ---a proporre querela in nome della società, ma prospettando un diverso ordine di ragioni; sul presupposto – evidentemente non più contestato – che la procura gli fosse stata conferita, ne sostiene l’inidoneità ad investire il mandatario del potere di presentare querela, essendo espressamente prescritto dalla legge (art. 336 c.p.p.) il rilascio di una procura speciale munita di tutti i requisiti di cui all’art. 122 c.p.p., fra cui la determinazione dell’oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce: mentre nel caso di specie, osserva, si tratta di una procura generale.
Orbene, per quanto riguarda la mancata determinazione dei fatti, che è l’inevitabile conseguenza dall’anteriorità del rilascio della procura rispetto alla commissione del reato, è agevole richiamarsi al disposto dell’art. 37 disp. Att. c.p.p., in virtù del quale la procura speciale può essere rilasciata anche in via preventiva per l’eventualità in cui si verifichino i presupposti per il compimento dell’atto (in questo caso la querela) al quale la procura si riferisce.
Quanto alla dedotta qualificazione della procura come generale anziché speciale, va rilevata l’improponibilità della questione per la prima volta in questa sede; e ciò non perchè esista una preclusione processuale in dipendenza della tempistica dell’eccezione, ma perchè la disamina di essa richiederebbe un percorso valutativo che, presupponendo l’interpretazione della procura, invaderebbe inevitabilmente la sfera del giudizio di fatto, al di fuori dei limitati casi in cui ciè è consentito alla Corte di Cassazione. né sarebbe lecito, sotto altro profilo, addebitare al giudice di appello una carenza di motivazione sul punto, atteso che la questione non è stata portata al suo esame.
Quanto al secondo motivo, la teoria del c.d. Falso innocuo non è richiamata a proposito in riferimento alla fattispecie. L’innocuità del falso, invero, non si rapporta all’uso al quale si intende destinare il documento contraffatto, ma soltanto all’inidoneità di esso ad ingannare la fede pubblica.
Ne consegue che, avuto riguardo al caso di specie, irrilevante è la circostanza che al momento dell’accertamento il falso contrassegno di assicurazione risultasse comunque scaduto da tre giorni, indubitabile essendo l’idoneità della contraffazione a ledere il bene giuridico della pubblica fede. E ciò va detto anche a prescindere dall’infondatezza intrinseca del rilievo difensivo, dipendente dal fatto che la copertura assicurativa è prorogata per legge (art. 1901 c.c.; L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 7), rendendo lecita la circolazione dell’autoveicolo, fino al quindicesimo giorno successivo alla data di scadenza del contrassegno.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2010
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