Cassazione Civile, sentenza n. 18310 del 07 settembre 2011
Fatto
E' impugnata con ricorso per due motivi la sentenza della Corte di Appello di Salerno che, confermando, sia pur con diversa motivazione, la decisione del primo giudice, ha rigettato la domanda dell'attuale ricorrente, dipendente dell'ASL SA/(...), volta ad ottenere il risarcimento del danno derivatogli dall'usura psicofisica subita per le giornate lavorative effettuate nei giorni destinati a riposo compensativo a seguito di turno di reperibilità prestato in giorno festivo, ritenendo non fornita dall'interessato la prova del pregiudizio sofferto in concreto e la sua dipendenza causale dalla mancata fruizione del riposo. L'ASL SA/(...) resiste con controricorso e propone altresì ricorso incidentale.
Diritto
I ricorsi, proposti contro la
stessa sentenza, devono essere riuniti (articolo 9 del decreto
legislativo n. 66 del 2003 per violazione del diritto, di rilevanza
costituzionale all'integrità psicofisica del lavoratore nonché del
diritto, da esso conseguente, al risarcimento in via equitativa del
danno da usura psicofisica per avere lavorato in giornate destinate a
riposo compensativo.
Si addebita alla sentenza impugnata in sostanza di non aver considerato che diversamente dal danno biologico, il danno da usura psicofisica per mancata concessione del riposo settimanale, deve ritenersi presunto.
Con il secondo motivo del ricorso principale è denunciata violazione degli 2729 codice civile. Si addebita alla sentenza impugnata di aver ritenuto non provato il danno da usura psicofisica senza tener conto che la prova di tale danno è data dimostrando o allegando che il comportamento consistito nella mancata fruizione del giorno di riposo compensativo è un fatto potenzialmente dannoso, e che tale onere probatorio era stato compiutamente assolto dal ricorrente con l'indicazione di presunzioni ed il ricorso al fatto notorio.
Si addebita alla sentenza impugnata in sostanza di non aver considerato che diversamente dal danno biologico, il danno da usura psicofisica per mancata concessione del riposo settimanale, deve ritenersi presunto.
Con il secondo motivo del ricorso principale è denunciata violazione degli 2729 codice civile. Si addebita alla sentenza impugnata di aver ritenuto non provato il danno da usura psicofisica senza tener conto che la prova di tale danno è data dimostrando o allegando che il comportamento consistito nella mancata fruizione del giorno di riposo compensativo è un fatto potenzialmente dannoso, e che tale onere probatorio era stato compiutamente assolto dal ricorrente con l'indicazione di presunzioni ed il ricorso al fatto notorio.
I due motivi, che per la loro
connessione, possono essere esaminati congiuntamente sono infondati.
La vicenda in esame consiste nella effettuazione da parte dell'attuale ricorrente di turni di reperibilità passiva in giorni festivi, con diritto ad un giorno di riposo compensativo nella settimana successiva, in concreto non usufruito.
Le fonti normative rilevanti sono costituite dall'articolo 18 del d.p.r. 20 maggio 1987, n. 270 (norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale per il triennio 1985-1987 relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale), l'articolo 7 del CCNL 20 settembre 2001 integrativo del CCNL comparto sanità del 7 aprile 1999, l'art. 19 del Contratto dell'area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del comparto sanità, 5 dicembre 1996, normativo 1994 - 1997 economico 1994 - 1995.
Il primo articolo, nel primo comma, stabilisce che: "Il servizio di pronta disponibilità è caratterizzato dalla immediata reperibilità del dipendente e dall'obbligo dello stesso di raggiungere il presidio nel più breve tempo possibile dalla chiamata, secondo intese a definirsi in sede locali" e, nel quinto comma, che "nel caso in cui la pronta disponibilità cada in giorno festivo spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale".
Il cit. art. 7 del CCNL 20 settembre 2001, dopo aver ribadito nel comma 1 il contenuto sostanziale dell'art. 18, comma primo del cit. d.p.r. n. 270 del 1987, conferma nel comma 6 che qualora il servizio di pronta disponibilità cada in giorno festivo "spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale". In entrambe le fonti normative la pronta disponibilità viene compensata con una indennità rapportata ad ogni 12 h del servizio stesso.
Infine, l'art. 19, nel comma 1, definisce in termini del tutto simili il servizio di pronta disponibilità, stabilisce nel comma 5 che "la pronta disponibilità dà diritto ad una indennità per ogni dodici ore" ed attribuisce, nel comma 6, nel caso di coincidenza fra pronta disponibilità e giorno festivo " un giorno di riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale".
Dalle disposizioni così richiamate emerge quindi che, non avendo il dipendente diritto a riduzioni dell'orario settimanale per effetto della espletata reperibilità, la eventuale fruizione dei riposo compensativo comporta allungamento della prestazione giornaliera.
La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito che la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio lavoro, in vista di un'eventuale prestazione lavorativa, e di raggiungere in breve lasso di tempo il luogo di lavoro per eseguirvi la prestazione richiesta.
Pertanto, non equivalendo all'effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso quindi comporta il diritto non ad un trattamento economico uguale a quello spettante per l'ipotesi di effettiva prestazione di lavoro in quel medesimo giorno bensì ad un trattamento inferiore proporzionato alla minore restrizione della libertà della lavoratore (27477/2008).
La suddetta configurazione della reperibilità esclude che si possa applicare alla fattispecie la giurisprudenza di questa Corte in tema di ristoro della prestazione lavorativa effettivamente resa nel settimo giorno consecutivo, facendo ricorso alla presunzione di sussistenza del danno che questa Corte ha affermato a proposito della maggiore gravosità del lavoro prestato nel giorno destinato riposo (vedi, fra le altre, Cass. 16398/2004). Il doversi tenere disponibile per una eventuale prestazione lavorativa è, infatti, cosa diversa dall'effettuazione in concreto di tale prestazione. L'obbligo di mera disponibilità non seguito dal godimento del riposo compensativo è del pari situazione diversa dalla prestazione di lavoro resa nel giorno destinato al riposo, e non vi è alcuna ragione per ritenere che esso sia di per sé idoneo ad incidere sul tessuto psicofisico del lavoratore così da configurare un danno in re ipsa. D'altra parte, il disagio patito per la reperibilità in giorno festivo non seguita da effettiva attività lavorativa è già monetizzato dalla contrattazione collettiva (vedi Cass. 27477/2008 cit. )
E' certo possibile che quel disagio assuma dimensioni tali da incidere sul piano psicofisico del lavoratore che non possa godere del riposo compensativo, trasformandosi in danno da usura psicofisica ma a tal fine non è sufficiente la mera deduzione di non aver potuto godere appieno il giorno festivo per il connesso impegno di reperibilità, essendo necessario allegare e provare il danno che tale reperibilità ha prodotto. Né è il datore di lavoro a dover dimostrare , diversamente che nel caso di reperibilità attiva, l'idoneità dei benefici contrattuali a fornire l'integrale ristoro il mancato recupero delle energie psicofisiche del lavoratore, essendo invece quest'ultimo a dover provare che la mera reperibilità passiva non seguita da riposo compensativo sia stata produttiva di un danno.
In definitiva, il danno da usura psicofisica si iscrive secondo la più recente giurisprudenza di questa corte (11 novembre 2008 n. 26972) nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da fatto illecito o da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava, pertanto, l'onere della relativa specifica deduzione della prova eventualmente anche attraverso presunzioni semplici. Queste, peraltro, -è appena il caso di sottolinearlo- non possono consistere nella mera deduzione di avere reso la prestazione di reperibilità, poiché in tal caso si tornerebbe alla tesi del danno ex se , della quale si è mostrata l'erroneità. In conclusione, il ricorso principale va rigettato.
Il ricorso incidentale, diretto contro la statuizione della sentenza che aveva negato la sussistenza di alcun obbligo risarcitorio della ASL in assenza di richiesta del lavoratore di fruire del riposo compensativo, va dichiarato assorbito. La parte ricorrente deve essere condannata alle spese del giudizio.
La vicenda in esame consiste nella effettuazione da parte dell'attuale ricorrente di turni di reperibilità passiva in giorni festivi, con diritto ad un giorno di riposo compensativo nella settimana successiva, in concreto non usufruito.
Le fonti normative rilevanti sono costituite dall'articolo 18 del d.p.r. 20 maggio 1987, n. 270 (norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo sindacale per il triennio 1985-1987 relativa al comparto del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale), l'articolo 7 del CCNL 20 settembre 2001 integrativo del CCNL comparto sanità del 7 aprile 1999, l'art. 19 del Contratto dell'area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del comparto sanità, 5 dicembre 1996, normativo 1994 - 1997 economico 1994 - 1995.
Il primo articolo, nel primo comma, stabilisce che: "Il servizio di pronta disponibilità è caratterizzato dalla immediata reperibilità del dipendente e dall'obbligo dello stesso di raggiungere il presidio nel più breve tempo possibile dalla chiamata, secondo intese a definirsi in sede locali" e, nel quinto comma, che "nel caso in cui la pronta disponibilità cada in giorno festivo spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale".
Il cit. art. 7 del CCNL 20 settembre 2001, dopo aver ribadito nel comma 1 il contenuto sostanziale dell'art. 18, comma primo del cit. d.p.r. n. 270 del 1987, conferma nel comma 6 che qualora il servizio di pronta disponibilità cada in giorno festivo "spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale". In entrambe le fonti normative la pronta disponibilità viene compensata con una indennità rapportata ad ogni 12 h del servizio stesso.
Infine, l'art. 19, nel comma 1, definisce in termini del tutto simili il servizio di pronta disponibilità, stabilisce nel comma 5 che "la pronta disponibilità dà diritto ad una indennità per ogni dodici ore" ed attribuisce, nel comma 6, nel caso di coincidenza fra pronta disponibilità e giorno festivo " un giorno di riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale".
Dalle disposizioni così richiamate emerge quindi che, non avendo il dipendente diritto a riduzioni dell'orario settimanale per effetto della espletata reperibilità, la eventuale fruizione dei riposo compensativo comporta allungamento della prestazione giornaliera.
La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito che la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell'obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio lavoro, in vista di un'eventuale prestazione lavorativa, e di raggiungere in breve lasso di tempo il luogo di lavoro per eseguirvi la prestazione richiesta.
Pertanto, non equivalendo all'effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso quindi comporta il diritto non ad un trattamento economico uguale a quello spettante per l'ipotesi di effettiva prestazione di lavoro in quel medesimo giorno bensì ad un trattamento inferiore proporzionato alla minore restrizione della libertà della lavoratore (27477/2008).
La suddetta configurazione della reperibilità esclude che si possa applicare alla fattispecie la giurisprudenza di questa Corte in tema di ristoro della prestazione lavorativa effettivamente resa nel settimo giorno consecutivo, facendo ricorso alla presunzione di sussistenza del danno che questa Corte ha affermato a proposito della maggiore gravosità del lavoro prestato nel giorno destinato riposo (vedi, fra le altre, Cass. 16398/2004). Il doversi tenere disponibile per una eventuale prestazione lavorativa è, infatti, cosa diversa dall'effettuazione in concreto di tale prestazione. L'obbligo di mera disponibilità non seguito dal godimento del riposo compensativo è del pari situazione diversa dalla prestazione di lavoro resa nel giorno destinato al riposo, e non vi è alcuna ragione per ritenere che esso sia di per sé idoneo ad incidere sul tessuto psicofisico del lavoratore così da configurare un danno in re ipsa. D'altra parte, il disagio patito per la reperibilità in giorno festivo non seguita da effettiva attività lavorativa è già monetizzato dalla contrattazione collettiva (vedi Cass. 27477/2008 cit. )
E' certo possibile che quel disagio assuma dimensioni tali da incidere sul piano psicofisico del lavoratore che non possa godere del riposo compensativo, trasformandosi in danno da usura psicofisica ma a tal fine non è sufficiente la mera deduzione di non aver potuto godere appieno il giorno festivo per il connesso impegno di reperibilità, essendo necessario allegare e provare il danno che tale reperibilità ha prodotto. Né è il datore di lavoro a dover dimostrare , diversamente che nel caso di reperibilità attiva, l'idoneità dei benefici contrattuali a fornire l'integrale ristoro il mancato recupero delle energie psicofisiche del lavoratore, essendo invece quest'ultimo a dover provare che la mera reperibilità passiva non seguita da riposo compensativo sia stata produttiva di un danno.
In definitiva, il danno da usura psicofisica si iscrive secondo la più recente giurisprudenza di questa corte (11 novembre 2008 n. 26972) nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da fatto illecito o da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava, pertanto, l'onere della relativa specifica deduzione della prova eventualmente anche attraverso presunzioni semplici. Queste, peraltro, -è appena il caso di sottolinearlo- non possono consistere nella mera deduzione di avere reso la prestazione di reperibilità, poiché in tal caso si tornerebbe alla tesi del danno ex se , della quale si è mostrata l'erroneità. In conclusione, il ricorso principale va rigettato.
Il ricorso incidentale, diretto contro la statuizione della sentenza che aveva negato la sussistenza di alcun obbligo risarcitorio della ASL in assenza di richiesta del lavoratore di fruire del riposo compensativo, va dichiarato assorbito. La parte ricorrente deve essere condannata alle spese del giudizio.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese in € 40,00 oltre ad € 1500 per onorari, nonché IVA. CPA e spese generali.
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