Calunnie e guerra non in nostro nome
di Franco Cardini
Le falsità
per preparare un conflitto contro l’“orco” Putin e la disparità di
trattamento degli eccidi compiuti dagli israeliani nella Striscia di
Gaza. Bancarotta morale delle democrazie occidentali
La storia
non sarà Maestra di Vita, ma qualcosa ogni tanto la insegna sul serio.
Per esempio attraverso certi illustri aforismi di lontana origine
ellenico-romana o biblica, trasformati magari in “verità da Bar dello
Sport”.
Come quello, di antichissimo sapore ma difficile da
rintracciare alla lettera nonostante Wikipedia – parte forse da Sun-Tzu,
forse dal Machiavelli – secondo il quale, quando un qualche potere
statale si sente arrivato in fondo alla sua parabola e ormai in trappola
e in via di liquidazione fallimentare, ha a disposizione solo due vie
d’uscita: o dichiara bancarotta o scatena una guerra.
La
dichiarazione di bancarotta è più agevole e diretta: certo però implica
il riconoscimento di una sconfitta che si può anche attribuire alla
malasorte o al destino cinico e baro, ma che insomma comporta
esplicitamente o no l’assunzione della responsabilità dei propri errori.
Più decorosa e meno certa negli esiti (in fondo, sul campo di battaglia
si può anche vincere…) è la dichiarazione di una guerra. Ma per essa
occorrono due elementi: una “buona causa” (sic) e un nemico
opportunamente scelto.
Quanto alla causa, è presto detto. A
sant’Agostino, secondo il quale per dichiarare legittimamente una guerra
occorre una buona causa, risponde implacabile lo Zarathustra di
Nietzsche: “Vi è stato detto che una buona causa santifica anche la
guerra: ma io vi dico che una buona guerra santifica qualunque causa”.
Per
il nemico, è ancora più facile. Il più adatto è quello che Hannah
Arendt indica come il “Nemico metafisico”: vale a dire quello
identificabile come il Male assoluto. Secondo la Arendt, però,
l’identificazione del Nemico metafisico (un obiettivo inesistente in
quanto realtà storica) è necessaria solo ai totalitarismi: può essere
l’Ebreo, il Capitalista, l’Ateo, il Fanatico religioso, il barbaro. Ma
ecco qua un altro insegnamento della storia, che qualcosa deve pur
insegnare: nella realtà delle cose il Nemico metafisico-Male assoluto lo
si può facilmente evocare sempre, in qualunque momento, e non c’è
bisogno di avere a disposizione un totalitarismo per costruirlo. Basta
una bella propaganda.
Ebbene: è proprio quel che vediamo crescere
nell’Europa dei nostri giorni. Un po’ meno negli Stati Uniti governati
dal bisbetico, imprevedibile Trump: ma nell’Europa, terra dalla buona
Frau Von der Leyen e dai suoi divertenti compagni di cordata la cosa è
più facile. È un’erba che ci vediamo crescere attorno ogni giorno, nel
nostro orticello.
Lo svolgersi della guerra “russo-ucraina”,
ormai piuttosto russo-occidentale, che sembra ogni giorno sul punto di
concludersi e non finisce mai, è il contesto opportuno per evocare ed
esorcizzare il Nemico metafisico – Male assoluto, una definizione che da
sola richiama alla perfezione l’Antico Serpente, il Demonio. Che veglia
là, nel fondo della steppa, chiuso nella sua fortezza dalle torri
sormontate da stelle rosse e da aquile bicipiti. Non è, non può essere
solo un uomo. Finora abbiamo cercato di descriverlo per mezzo di
benevoli eufemismi (“nuovo zar”, “feroce tiranno”, “pazzo furioso”,
affetto da millanta malattie, disperato leader di un paese allo sbando).
Ma ormai lo abbiamo finalmente smascherato come il Male, grazie ai
Nostri Eroi.
E costoro, chi sono mai? Facile e breve
enumerazione. Per esempio il presidente francese, ora che si sente alle
strette da quando il suo stesso primo ministro ha evocato lo spettro del
fallimento per debiti che sta minacciando la Francia: e Macron, dopo
aver pronunziato la definitiva excusatio non petita secondo la quale
egli avrebbe comunque diritto a concludere il suo mandato democratico
qualunque cosa accadesse, ha ribadito che il vero Nemico della Francia,
della Civiltà, della Libertà è quello là, Vladimir Putin, “l’Orco”. Che è
come dire il diavolo.
Segue...
Al presidente francese fa puntuale eco il cancelliere tedesco, dietro la cui faccia da ragioniere del catasto si cela l’indomito Ricostruttore della Wehrmacht risorta dalle sue brune ceneri. Per Merz, Putin è ormai il nemico numero uno dell’Unione europea e ne sta preparando l’aggressione: quel che si sta sognando a Berlino è un nuovo 22 giugno 1941, una nuova “Operazione Barbarossa”. Difensiva, stavolta: sia chiaro.
Il contagio bellicista dilaga. Se nei bombardamenti russi di Kiev e Zaporizhzhia, presentati come apocalittici, le vittime si contano in realtà sulla punta delle dita, la supposta ferocia russa riempie in cambio i piccoli schermi delle nostre case dai quali sono scomparse le migliaia di morti palestinesi di Gaza. E l’atletico ministro meloniano Abodi può dichiarare che a giusto titolo le squadre russe vanno espulse da tutte le gare sportive internazionali per gli orribili crimini di guerra commessi dal loro governo, laddove giammai Israele potrà subire analoga sorte dal momento che a Gaza come altrove essa si limita a difendere il suo diritto all’esistenza e all’autodifesa.
Ebbene: io non ci sto più. E parlo anche per un nutrito gruppo di amici e colleghi che farà a breve sentire la sua voce. Noi italiani, noi europei, non meritiamo l’onta di dover sopportare in silenzio quest’infamia diventandone complici.
Le calunnie contro la Russia e a favore di una guerra che a ritmi sempre più stretti si prepara non dovranno e non potranno venir proferite con il nostro avallo. Come cittadini, lo dichiariamo apertamente riservandoci il diritto di dimostrarlo con fatti concreti.
Se si sta preparando davvero una guerra, ciò non avverrà con il nostro assenso. NON IN NOSTRO NOME.
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