ORDINANZA
N. 283
ANNO
2013
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Gaetano SILVESTRI
Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino
CASSESE
"
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Paolo GROSSI "
- Giorgio LATTANZI "
- Aldo CAROSI "
- Marta CARTABIA "
- Sergio MATTARELLA "
- Mario Rosario MORELLI "
- Giancarlo CORAGGIO "
- Giuliano AMATO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 15 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9
(Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a norma
dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), promossi dal
Giudice di pace di Albenga con tre ordinanze del 12 febbraio 2013,
rispettivamente iscritte ai nn. 111, 112 e 113 del
registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visti
gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nella camera di consiglio del 23 ottobre 2013 il Giudice relatore Paolo Maria
Napolitano.
Ritenuto che con tre ordinanze di identico tenore, tutte del
12 febbraio 2013 (r.o. nn.
111, 112 e 113 del 2013), il Giudice di pace di Albenga ha sollevato questione
di legittimità costituzionale dell’art. 15 del decreto legislativo 15 gennaio
2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada,
a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), per
violazione dell’art. 76 della Costituzione;
che i giudizi a quibus hanno ad oggetto opposizioni avverso
ordinanze-ingiunzione dell’Ufficio territoriale del Governo di Savona
(Prefettura di Savona) rese a seguito del rigetto di ricorsi al Prefetto di
Savona;
che gli opponenti, con il
ricorso introduttivo, hanno dedotto l’illegittimità costituzionale dell’art. 15
del d.lgs. n. 9 del 2002 in riferimento all’art. 76 Cost., in relazione all’art.
2, comma 1, lettera d), della legge 22 marzo 2001, n. 85 (Delega al Governo per
la revisione del nuovo codice della strada), nella parte in cui non attribuisce
il potere di decidere − riguardo ai ricorsi amministrativi in materia di
violazione delle norme sulla circolazione stradale − al presidente della giunta
regionale;
che le questioni, secondo il
Giudice di pace di Albenga, sono rilevanti in quanto i giudizi di opposizione
alle ordinanze-ingiunzione dei prefetti hanno ad oggetto non l’atto ma il
rapporto, con cognizione piena del giudice, anche in relazione ai profili di
competenza;
che il problema della
sussistenza del potere di decidere il ricorso avverso il verbale di violazione
di norme sulla circolazione stradale in capo al presidente della giunta
regionale, anziché al prefetto, è materia rilevante nei giudizi a quibus, perché, qualora la norma denunciata si rivelasse in
contrasto con il dettato costituzionale, l’opposizione dovrebbe essere accolta
per vizio di incompetenza del provvedimento impugnato;
che il rimettente, quanto alla
non manifesta infondatezza della questione, richiama l’ordinanza n. 89 del 2009
della Corte costituzionale che ha ritenuto inammissibile un’analoga questione di
costituzionalità sollevata dal Giudice di pace di Taranto;
che, in quell’occasione, la
medesima censura era rivolta a disposizioni contenute nel decreto-legge 27
giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 1° agosto 2003,
n. 214, e la questione era stata dichiarata manifestamente inammissibile in
quanto il rimettente aveva invocato, quale parametro costituzionale violato,
l’art. 76 Cost., che riguarda esclusivamente i rapporti tra legge delegante e
legge delegata, mentre nella specie era censurata una norma contenuta nella
legge di conversione di un decreto-legge;
che l’odierno rimettente, per
superare il motivo di inammissibilità di cui all’ordinanza n. 89 del 2009,
ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale avverso l’art.
15 del d.lgs. n. 9 del 2002, nella parte in cui non attribuisce il potere di
decidere – riguardo ai ricorsi amministrativi in materia di violazione delle
norme sulla circolazione stradale − al presidente della giunta regionale e nella
parte in cui si limita a modificare l’art. 208 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285
(Nuovo codice della strada), e non modifica gli artt. 203 e 204 del codice della
strada sostituendo la locuzione «prefetto» con quella «presidente della giunta
regionale»;
che, secondo il rimettente,
risulterebbe violato il criterio direttivo di cui all’art. 2, comma 1, lettera
d), della legge delega n. 85 del 2001, in base al quale le funzioni ordinatorie
demandate ai prefetti dovevano essere attribuite ai presidenti delle giunte
regionali o delle province autonome, fatte salve le esigenze di ordine e
sicurezza pubblica, cosicché la norma censurata si porrebbe in contrasto con
l’art. 76 Cost.;
che l’art. 15 censurato è
l’unica norma del d.lgs. n. 9 del 2002 contenente disposizioni integrative e
correttive del nuovo codice della strada, a norma dell’art. 1, comma 1, della
legge n. 85 del 2001;
che, conclude il rimettente,
il potere di decidere i ricorsi amministrativi avverso i provvedimenti di
accertamento della violazione di norme sulla circolazione stradale non può
essere ricondotto ad esigenze di ordine e sicurezza pubblica, le quali, secondo
il criterio direttivo di cui all’art. 2, comma 1, lettera d), della legge delega
n. 85 del 2001, costituivano l’unica eccezione al trasferimento ai presidenti
delle giunte regionali o delle province autonome delle funzioni ordinatorie
demandate ai prefetti;
che è intervenuto nel giudizio
il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione venga
dichiarata inammissibile o infondata;
che l’Avvocatura dello Stato
evidenzia come il richiamo all’art. 15 del d.lgs. n. 9 del 2002 sia del tutto
inconferente in quanto la norma ha ad oggetto la
modifica dell’art. 208 del codice della strada, in materia di criteri di
distribuzione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate a
seguito di violazioni di norme sulla circolazione stradale;
che la disposizione richiamata
non attiene in alcun modo alla questione delle funzioni ordinatorie del prefetto
che, invece, sono disciplinate dagli artt. 203 e 204 del codice della strada;
che tali norme non sono state
oggetto di modifica da parte dell’art. 15 del d.lgs. n. 9 del 2002, né da parte
di altra norma del medesimo decreto e, pertanto, vi sarebbe un’erronea e/o
incompleta individuazione della norma censurata;
che, inoltre, la questione
sarebbe infondata, in quanto la figura dell’eccesso di delega implicherebbe il
superamento dei limiti imposti dal legislatore delegante e dall’art. 76 Cost.,
mentre la questione sollevata dal remittente dovrebbe più correttamente essere
ricondotta alle ipotesi di cosiddetto «eccesso di delega in minus», ossia a quei casi di parziale attuazione della
delega da parte del Governo;
che, secondo la giurisprudenza
costituzionale, «l’esercizio incompleto della delega non comporta di per sé
violazione degli articoli 76 e 77 della Costituzione, salvo che ciò non
determini uno stravolgimento della legge di delegazione» (sentenza n. 149 del
2005);
che dovrebbero ritenersi
infondate «le censure per l’attuazione soltanto parziale della delega, da tale
circostanza potendo semmai derivare una responsabilità politica del Governo
verso il Parlamento, quando la delega abbia carattere imperativo, ma non anche
la illegittimità costituzionale delle norme frattanto emanate, sempre che, per
il loro contenuto, non siano tali da porsi in contrasto con i principi e i fini
della legge di delegazione» (sentenza n. 41 del
1975; nello stesso senso: sentenze n. 23 del 2000,
n. 323 del
1999 e n. 218
del 1987).
Considerato che il Giudice di pace di Albenga ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 del decreto legislativo 15
gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della
strada, a norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), –
in riferimento all’art. 76 della Costituzione − nella parte in cui non
attribuisce al presidente della giunta regionale il potere di decidere i ricorsi
amministrativi in materia di violazione delle norme sulla circolazione stradale
e nella parte in cui si limita a modificare l’art. 208 del d.lgs. 30 aprile
1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), e non modifica gli artt. 203 e 204 del
codice della strada, sostituendo la locuzione «prefetto» con quella «presidente
della giunta regionale»;
che, secondo il rimettente, la
norma censurata, pur essendo di diretta attuazione della legge 22 marzo 2001, n.
85 (Delega al Governo per la revisione del nuovo codice della strada), si
porrebbe in contrasto con il criterio direttivo indicato nell’art. 2, comma 1,
lettera d), della medesima legge delega, concernente l’attribuzione al
presidente della giunta regionale o delle province autonome delle funzioni
ordinatorie demandate ai prefetti, fatte salve le esigenze di ordine e sicurezza
pubblica;
che, a prescindere dai
denunciati profili di inammissibilità in punto di corretta individuazione della
norma censurata, la questione è manifestamente infondata;
che, secondo l’orientamento
consolidato di questa Corte, il mancato o incompleto esercizio della delega non
comporta di per sé la violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione, salvo
che ciò non determini uno stravolgimento della legge di delegazione (sentenza n. 149 del
2005 e ordinanza n. 257 del
2005; in precedenza, sentenze n. 218 del 1987,
n. 8 del 1977
e n. 41 del
1975);
che, nel caso in esame, non è
riscontrabile alcuno stravolgimento della legge delega, dovendosi anzi ritenere
che la norma censurata sia conforme al criterio direttivo invocato dal
rimettente;
che, infatti, il potere del
prefetto di decidere sui ricorsi avverso le sanzioni amministrative pecuniarie
relative a violazioni delle norme del codice della strada non rientra tra le
funzioni ordinatorie che la legge delega voleva fossero trasferite dal prefetto
al presidente della giunta regionale;
che il ricorso al prefetto,
invece, si colloca sistematicamente nell’ambito dei rimedi di giustizia
amministrativa e, in particolare, presenta la natura di ricorso gerarchico
improprio, in quanto rivolto ad un organo che non è posto in un rapporto di
superiorità gerarchica immediata e diretta rispetto all’organo emanante il
provvedimento oggetto del ricorso, ma, comunque, abilitato dalla legge a
provvedere;
che, pertanto, si può
escludere che la funzione «decisoria» sui ricorsi amministrativi avverso gli
atti di accertamento delle contravvenzioni al codice della strada sia ricompresa
nell’ambito delle «funzioni ordinatorie» cui si riferisce la disposizione della
legge delega assunta come norma interposta;
che, inoltre, sussistono anche
quelle esigenze di ordine pubblico e sicurezza che, in base allo stesso criterio
direttivo indicato nell’art. 2, comma 1, lettera d), della legge delega n. 85
del 2001, consentivano al legislatore di derogare rispetto al trasferimento
delle funzioni ordinatorie dai prefetti ai presidenti delle giunte regionali;
che, infatti, la prevenzione e
l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale
costituiscono, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera a), del codice della
strada, attività di polizia stradale ai cui «servizi», a norma del successivo
comma 3, provvede il Ministero dell’interno, salve le attribuzioni dei Comuni
per quanto concerne i centri abitati;
che, dunque, l’attività
amministrativa diretta alla prevenzione e all’accertamento delle violazioni in
materia di circolazione stradale è certamente riconducibile ad esigenze di
ordine pubblico e sicurezza;
che alle medesime esigenze
deve essere ricondotta l’attività decisoria del prefetto in ordine ai ricorsi
amministrativi avverso tali provvedimenti;
che, infine, i soggetti
legittimati all’accertamento delle violazioni in materia di circolazione
stradale e all’applicazione delle relative sanzioni pecuniarie sono per lo più
appartenenti all’amministrazione dello Stato;
che, infatti, ai sensi del
successivo art. 12 del codice della strada, l’espletamento dei servizi di
polizia stradale, tra i quali la prevenzione e l’accertamento delle violazioni
in materia di circolazione stradale, spetta in via principale: al settore di
Polizia stradale della Polizia di Stato; alla
stessa Polizia di
Stato; all’Arma dei carabinieri; al Corpo della Guardia di finanza; ai
Corpi e ai servizi di polizia provinciale, nell’ambito del territorio di
competenza; ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del
territorio di competenza; ai funzionari del Ministero dell’interno addetti al
servizio di polizia stradale; al Corpo di Polizia penitenziaria e al Corpo
forestale dello Stato, in relazione ai compiti di istituto;
che, dunque, l’attribuzione ai
prefetti del potere di decisione in ordine ai ricorsi amministrativi avverso
tali atti di accertamento non è irragionevole, risultando armonico al riparto
delle competenze amministrative previsto dalla Costituzione, mentre non può
ipotizzarsi, come auspicato dal rimettente, che tale potere «decisorio» di
archiviazione o di riconferma rispetto a provvedimenti amministrativi
sanzionatori emessi da soggetti appartenenti all’amministrazione dello Stato
(quali la Polizia di
Stato, i Carabinieri e la Guardia di finanza) sia trasferito ai
presidenti delle giunte regionali.
per questi
motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente infondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 15 del decreto legislativo 15 gennaio 2002,
n. 9 (Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada, a
norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), sollevate, in
riferimento all’art. 76 della Costituzione, dal Giudice di pace di Albenga con
le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2013.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO,
Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il
29 novembre 2013.
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