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giovedì 14 ottobre 2010

Concorsi pubblici: discrezionalità della P.A. nella valutazione complessiva

N. 07369/2010  REG.SEN.
N. 00431/2010  REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 431 del 2010, proposto da: Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

......
per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO  – ROMA: SEZIONE II TER n. 10484/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE II TER n. 10484/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE II TER n. 10484/2009, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE GRADUATORIA DEL PERSONALE AMMESSO A FREQUENTARE IL CORSO DI FORMAZIONE DIRIGENZIALE PER L’ACCESSO ALLA QUALIFICA DI PRIMO DIRIGENTE DEL CORPO FORESTALE DELLO STATO.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Luciano G. ;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 luglio 2010 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato  dello stato Ventrella e l’ avvocato Zhara Buda Claudia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Viene in decisione l’appello proposto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali avverso la sentenza del T.a.r. Lazio , di estremi indicati in epigrafe, che ha annullato il decreto del Capo del Corpo Forestale dello Stato 17.11.2008, con il quale è stata approvata la graduatoria del personale ammesso a frequentare il corso di formazione dirigenziale per l’accesso alla qualifica di primo dirigente.

Il T.a.r. Ha accolto il ricorso di primo grado riscontrando vizi di difetto di motivazione e di istruttoria. La sentenza rileva, infatti, come l’Amministrazione non abbia dato conto nell’assegnazione del punteggio del percorso valutativo seguito, “giacché i coefficienti riconosciuti – nella sostanza soltanto due: punti 20, il massimo, per sessantanove candidati e punti 177 per gli altri – sono accompagnati soltanto da espressioni di mero richiamo ai parametri di giudizio, che si traducono in circonlocuzioni tautologiche dalle quali impossibile evincere i presupposti razionali della valutazione finale e della sua insolita massificazione”.

Il ricorso in appello è infondato e merita la reiezione.

Sostiene l’appellante amministrazione che il criterio valutativo di cui alla categoria VIII postulava il riconoscimento in capo all’amministrazione di una amplissima latitudine di discrezionalità, e che, in concreto, la comparazione fu in realtà effettuata, sia pur esposta in termini sintetici.

L’errore del Tar sarebbe stato quello di considerare il parametro valutativo esposto nella categoria VIII alla stregua applicando al medesimo canoni ermeneutici impraticabili in considerazione del fatto che la valutazione dell’attitudine sfuggiva ad un rigido e prestabilito schema motivazionale.

La censura non persuade.

Invero è noto il consolidato (e restrittivo) orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale “il difetto di motivazione dell’atto amministrativo impedisce di comprendere in base a quali dati specifici sia stata operata la scelta della pubblica amministrazione, nonché di verificarne il percorso logico seguito nell’applicare i criteri generali nel caso concreto, così contestando di fatto una determinazione assolutamente discrezionale e non controllabile e violando non solo l’obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi, indicando, ai sensi dell’art. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che li hanno determinati in relazione alle risultanze dell’istruttoria, ma anche i principi di imparzialità e buon andamento, di cui all’art. 97 cost. “- tra le tante: Consiglio Stato , sez. IV, 04 settembre 1996, n. 1009-).

I parametri enucleati dalla giurisprudenza perché possa essere ritenuto sussistente sì grave vizio dell’azione amministrativa, devono applicarsi anche alla motivazione che deve necessariamente assistere le valutazioni dell’amministrazione in tema di selezione concorsuale.

Inoltre, e contrariamente a quanto affermato dall’amministrazione appellante, se è vero che il parametro dell’”attitudine” in se è idoneo a concretarsi in valutazioni attinenti all’intrinseco convincimento relativo alla migliore capacità di taluno o talaltro dei candidati a meglio svolgere gli alti compiti d’istituto in futuro al medesimo affidati, ciò non può essere disgiunto dalla preventiva definizione dei parametri cui ancorare tale convincimento;dalla necessità che si dia atto analiticamente delle ragioni supportanti il convincimento espresso; dalla doverosa correlazione di tale motivazione ai parametri previamente indicati e costituenti per l’Amministrazione autovincolo; ed, infine, dalla – anche sintetica, purchè non criptica- esposizione dell’iter motivazionale che ha condotto alla formazione del convincimento.

Tale attività, si badi, è vieppiù necessaria allorchè si tratti di delibare comparativamente tra una pluralità di candidati aventi un percorso professionale in qualche misura assimilabile, esperienze simili, e (come non negato dall’amministrazione) profili professionali d’alto livello.

Ciò costituisce unico presidio per scongiurare il rischio –a monte- che la valutazione dell’amministrazione possa all’esterno fondarsi su imperscrutabili valutazioni in quanto tali sospettabili di parzialità e –a valle- per consentire il controllo giurisdizionale su tale operato, prescritto dalla Carta Fondamentale.

Sia pure consapevole della difficoltà di comparare una procedura concorsuale ad altra di diverso genere, e con tutte le cautele derivanti dalla endemica specificità dell’una rispetto all’altra, a simili principi si è ancorata la valutazione della Sezione nella rigorosa decisione resa il 11 ottobre 2005, n. 5627, laddove si è condivisibilmente affermato (si riporta un breve stralcio dell’iter motivazionale) innanzitutto che l’orientamento per cui “in sede di valutazione di più candidati alla promozione alla qualifica superiore, l’Amministrazione gode di un’ampia discrezionalità nell’attribuire il punteggio sull’attitudine, essendo questo collegato ad una valutazione complessiva ed integrale della personalità dei candidati e alla idoneità prospettica a svolgere in modo ottimale le funzioni della qualifica superiore – è confermato da ormai consolidata giurisprudenza, come anche deve ritenersi acquisito il principio giurisprudenziale secondo cui le valutazione di merito, salvo i casi di illogicità manifesta e di ingiustizia manifesta, non possono essere oggetto di cognizione da parte del giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità.”

Muovendo da tale condivisibile punto di partenza, poi, la Sezione ha rilevato la “necessità che la discrezionalità dell’Amministrazione abbia sempre il supporto della sua manifestazione in specifici concreti elementi e si esprima, in ogni caso, attraverso una motivazione che renda possibile comprendere le ragioni per cui, in relazione alla valutazione di più candidati, una complessità di valutazione sia da ritenersi superiore ad un’altra complessità di valutazione, altrimenti la discrezionalità amministrativa verrebbe a confondersi con un giudizio di carattere assoluto, privo di pur minimi, necessari riscontri obiettivi”

Orbene, in quella occasione, la Sezione, valutando la posizione di un candidato che “vantava precedenti professionali nonché incarichi e titoli di assoluto rilevo quanto meno equivalenti a quelli di altri colleghi che si sono visti attribuire, invece, la promozione alla qualifica superiore, la maggiore idoneità di questi ultimi, rispetto all’interessato” affermò che il convincimento dell’amministrazione si sarebbe dovuto dimostrare anche se non attraverso una accurata comparazione analitica, almeno ( pur tenendo conto della complessità delle rispettive valutazioni) attraverso una sia pur minima motivazione che rendesse esplicito il detto miglior grado di complessità dei giudizi ritenuto dalla Commissione.”

La traslazione di tali condivisibili principi al caso in esame induce il Collegio a ritenere esatta la statuizione dei primi Giudici ed infondato l’appello.

Nel caso di specie, alla specificazione dei parametri a monte, (“Funzioni svolte; Sedi;Organizzazione e gestione del personale;Capacità relazionali; Personalità;) si accompagnava, come esattamente posto in luce dal Tar, anche, la indicazione delle linee di esame dei precisi e definiti parametri di valutazione dianzi indicati.
Senonchè a tale autovincolo non ha fatto seguito – come esposto con accuratezza dal Tar nella parte motiva dell’appellata decisione laddove ha indicato la standardizzata esposizione sottesa al giudizio reso dall’amministrazione- un approccio esplicativo del convincimento cui l’amministrazione appellante era pervenuta, né una esposizione compiuta del medesimo (e ciò collidendo con il consolidato orientamento per cui “nell’ambito della procedura di scrutinio per merito comparativo, l’organo di vertice dell’amministrazione pur godendo di un’ampia discrezionalità, per la mancanza di precisi e predeterminati elementi di valutazione, ha comunque l’obbligo di fornire idonea motivazione, onde dar conto degli elementi effettivamente considerati ed idonei a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito, soprattutto in considerazione della necessaria correlazione logica che deve intercorrere tra la valutazione complessiva e le singole categorie di titoli, ivi compresa quella relativa all’attitudine allo svolgimento delle funzioni superiori.” Consiglio Stato , sez. IV, 17 giugno 2003, n. 3400).

In sintesi: dall’esame degli atti di causa deve concordarsi con la valutazione del Tar secondo cui non è possibile ricavare dai giudizi espressi, le ragioni per cui a taluno dei candidati siano stati attribuiti 17 punti ed a talaltro 20, né le valutazioni differenziali poste a monte di tale attribuzione dei punteggi.

In siffatta situazione, la statuizione demolitoria resa dal Tar si appalesa qual necessitata, e, avuto riguardo alla complessiva inattendibilità delle operazioni selettive concernenti tale parametro, neppure è possibile concordare con le affermazioni (integranti vere e proprie richieste subordinate) contenute sia nella memoria difensiva in ultimo depositata dall’amministrazione che nell’atto di intervento ad adiuvandum secondo cui la portata della statuizione demolitoria avrebbe dovuto essere limitata in relazione alla posizione attiva vantata dall’appellato.

Ciò perché la inattendibilità dell’operazione relativa al parametro della “ valutazione attitudinale” (si vedano sul punto il terz’ultimo ed il penultimo capoverso della motivazione dell’ appellata decisione) è complessiva, non consentendo di accertare non soltanto le ragioni sottese all’attribuzione del punteggio minimo (tra i soli due consentiti) di 17 a taluno dei candidati, ma, anche, quelle sottese all’attribuzione del punteggio di 20 partecipanti poi risultati vincitori.

La ipotizzata “prova di resistenza” nel caso di specie non appare in alcun modo praticabile, ed anche sotto tale angolo prospettico il ricorso in appello principale deve essere disatteso.

Devono essere compensate le spese del giudizio a cagione della particolarità, complessità e parziale novità delle questioni devolute all’esame del Collegio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2010 con l’intervento dei Signori:


Giovanni Ruoppolo, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

Manfredo Atzeni, Consigliere


L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Il Segretario


DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/10/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

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