Milano, 17 gen. (Adnkronos Salute) 16:52
L'artrosi alle mani si può curare. Rassegnarsi a dolori e dita gonfie, rinunciando ai propri hobby e all'indipendenza nelle più semplici attività quotidiane, oggi è 'fuori moda'. Un atteggiamento superato dai progressi della medicina. Questo il messaggio lanciato ai 4 milioni di italiani con artrosi - perlopiù donne e in crescita a causa del progressivo invecchiamento - a tutti i cittadini e ai medici di famiglia da Marco Lanzetta, direttore dell'Istituto italiano di chirurgia della mano di Monza (Iicm), autore nel 2000 del primo trapianto di mano in Italia e co-autore del primo al mondo nel 1998. Il chirurgo presenta la prima Giornata nazionale dell'artrosi alle mani, in programma il 26 gennaio con centinaia di visite gratuite offerte nelle 4 strutture specializzate che fanno capo a Lanzetta fra Monza, Treviso, Bologna e Roma. L'evento, promosso da Iicm e associazione onlus Gicam (Gruppo italiano chirurghi amici della mano), patrocinato dal ministero della Salute, è stato presentato questa mattina a Milano. Telefonando al numero 039-2324219, è possibile prenotare fino a esaurimento posti un consulto gratuito con gli specialisti dei centri privati Iicm. Dalle 9 alle 19, al ritmo di un paziente ogni 10-15 minuti, visiteranno in contemporanea 4 chirurghi della mano (uno per centro), affiancati da un fisioterapista. Chi non dovesse riuscire ad accedere alla visita potrà trovare online (www.iicm.it e www.gicam.it) un questionario di autovalutazione e i riferimenti per rivolgersi alle strutture specializzate. Inoltre, "in base alle richieste potremo tranquillamente ripetere l'iniziativa in futuro", assicura Lanzetta. L'obiettivo è far conoscere al grande pubblico le nuove possibilità terapeutiche disponibili: da correzioni della dieta con l'uso di integratori alimentari ad hoc, a modalità di somministrazione di farmaci in loco innovative e senza effetti collaterali; dall'impiego di cellule staminali per rigenerare la cartilagine usurata, fino alla chirurgia sempre più sofisticata. "Un programma terapeutico che dev'essere personalizzato, unico per ogni paziente", precisa Lanzetta. Svitare il tappo di un barattolo, abbassare la maniglia di una porta, sollevare una padella, ma anche infilarsi un paio di collant o allacciarsi il reggiseno. Piccoli gesti quotidiani che rischiano di diventare un'impresa per chi soffre di artrosi alla mano: 640 mila persone solo in Lombardia. I pazienti sono sostanzialmente donne, almeno al di sopra dei 50 anni. Dai primi sintomi - dolore acuto, gonfiore, arrossamento, specie alle articolazioni delle dita lunghe e del pollice - si passa alle antiestetiche nodosità articolari, fino ad arrivare alle deformazioni più invalidanti. "In un certo senso - spiega Lanzetta - più che una malattia l'artrosi è una fase della vita". Dopo i 40 anni è praticamente scritta nel destino di tutti, avverte l'esperto. Anche se, puntualizza, sul momento della comparsa dei sintomi, sulla loro entità e sulla velocità di progressione incidono la predisposizione genetica, lo stile di vita, eventuali traumi o sollecitazioni meccaniche. Comprese quelle possibili sul lavoro fra coloro che ripetono all'infinito gli stessi movimenti, siano essi tute blu alla catena di montaggio, colletti bianchi alle prese con mouse e tastiera, o tecno-dipendenti 'drogati' di tablet e cellulari hi-tech. L'artrosi, inoltre, è un'epidemia che dilaga complice il boom delle tempie grigie, soprattutto in Italia Paese più longevo dell'Ue (5,5% di ultraottantenni che triplicheranno fino a sfiorare il 15% nel 2060). I segni tipici dell'artrosi alle mani possono comparire nell'80% degli over 65, un tempo 'anziani', ma "ora sempre più attivi - osserva Lanzetta - e sempre meno disposti a rinunciare al passatempo preferito (suonare strumenti, giocare a carte, la pittura, la scultura, il giardinaggio) e all'attività sportiva, dalle bocce al tennis o al golf". Ecco perché "per curare l'artrosi non c'è un limite d'età. Anzi, più sei anziano più ti devo sistemare le mani - è il motto del chirurgo - perché la tua autosufficienza passa innanzitutto dalla loro salute, oltre che da quella degli occhi". Ma come si cura l'artrosi? "La scelta della terapia più adatta al singolo caso dipende dalla gravità e dall'estensione del danno, e dalle esigenze quotidiane del paziente", sottolinea Lanzetta. "La fase ideale su cui intervenire è quella iniziale, quando cominciano i sintomi, ma la radiografia ancora non mostra alterazioni. Il compito è prevenire il danno o rallentarne la comparsa, per esempio agendo sulla dieta con integratori alimentari antiossidanti e antagonisti degli squilibri degli acidi grassi, che contrastano l'azione dei radicali liberi" responsabili dell'invecchiamento. "A parità di fattori predisponenti, infatti, è stato dimostrato che se i livelli di colesterolo sono più alti l'artrosi è più precoce", ammonisce l'esperto. Quando invece il danno è visibile alla radiografia, ma la cartilagine si può ancora salvare, è possibile intervenire con i farmaci. "L'approccio che utilizziamo da due anni e mezzo - riassume lo specialista - prevede 2-3 settimane di terapia transdermica con un gel 'caricato' di farmaco (un antinfiammatorio, un condroprotettore, dell'acido ialuronico), da far penetrare in profondità fino all'articolazione utilizzando una fonte di energia. La metodica è indolore e permette di trattare oltre il 50% dei pazienti, senza effetti collaterali pur a dosaggi di medicinale centinaia di volte superiori a quelli utilizzabili attraverso le vie di somministrazioni tradizionali". Se poi l'artrosi è molto avanzata, e la cartilagine praticamente non c'è più, prosegue Lanzetta, "oggi è possibile ricostruirla grazie a staminali mesenchimali prelevate in ambulatorio dal midollo osseo del paziente". Le cellule 'bambine', multipotenti, quindi in grado di essere indotte con opportuni fattori di crescita a differenziarsi nel tessuto necessario, "vengono preparate e iniettate a livello dell'articolazione danneggiata, con infiltrazioni o con una mini-artroscopia articolare". Grandi progressi, infine, sono stati compiuti anche dalla microchirurgia. "Oggi - continua l'esperto - è possibile rimodellare le dita deformate attraverso l'uso di sonde artroscopiche miniaturizzate, di diametro pari a circa un millimetro, che permettono di lavorare all'interno delle articolazioni malate". Il 'camice verde', armato di telecamera miniaturizzata, entra nell'articolazione e la sistema. Lanzetta invita dunque a non demonizzare la chirurgia. "Non va certo utilizzata se è inutile, ma non va nemmeno evitata a ogni costo. Se c'è un'indicazione che ne giustifica l'impiego, ricorrervi è doveroso. A fronte di un intervento che oggi si può eseguire in anestesia locale, in ambulatorio nello spazio di una mattinata - conclude lo specialista - il paziente guarisce. Nella parte operata l'artrosi scompare e non si ripresenta più".
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