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martedì 24 maggio 2011

Consiglio di Stato "Quando da un procedimento penale comunque definito emergono fatti e circostanze che rendano l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all'Amministrazione".

Cons. Stato Sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2942
L'art. 7, comma 6, del D.Lgs. n. 449 del 1992 sancisce che "Quando da un procedimento penale comunque definito emergono fatti e circostanze che rendano l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all'Amministrazione". Orbene, in riferimento alla decorrenza del termine, tale norma deve necessariamente essere interpretata in modo tale da garantire che l'azione amministrativa si svolga secondo i canoni del giusto procedimento e del buon andamento, che suggeriscono di individuare il dies a quo del termine in questione dalla data di conoscenza della pronunzia penale. Diversamente opinando, si perverrebbe alla conclusione, illogica e contraddittoria,
di sottoporre l'esercizio del potere disciplinare al termine decadenziale in questione senza che l'Amministrazione competente abbia alcuna conoscenza degli elementi fattuali emersi in sede penale e suscettibili di legittimare il procedimento sanzionatorio.
Cons. Stato Sez. IV, 13-05-2011, n. 2942
CARCERI E SISTEMA PENITENZIARIO - IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 13-05-2011, n. 2942
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

1. - Con ricorso al TAR Puglia, sezione di Lecce, il sig. ####################, dipendente dell'amministrazione penitenziaria, esponeva di essere stato sottoposto a procedimento disciplinare con le modalità che seguono.

Con provvedimento n. #################### del 20.11.2006 del Direttore Generale del Personale e della Formazione - Ufficio IV - sez. III veniva nominato il funzionario istruttore che avviava, in data 22.11.2006, il procedimento a carico del ricorrente mediante contestazione scritta degli addebiti, riferiti a fatti per i quali era stato instaurato precedente procedimento penale conclusosi con la prescrizione. In esito al procedimento disciplinare, avviato per l'infrazione di cui all'art. 6, comma 2, lett. a) e b) del d.lvo n. 449/'92, al ricorrente veniva irrogata la sanzione della destituzione dal servizio dalla data della notifica del relativo decreto, n. 00225272007/12004/ds6, emesso il 31.07.2007 dal Vice Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria e notificato al #################### in data 1.08.2007. Il ricorrente, pertanto, impugnava tale provvedimento col predetto ricorso al TAR.

Il giudice di prima istanza accoglieva l'impugnativa, ritenendo fondata la censura di violazione dei termini perentori stabiliti dalla legge (art. 7, comma 6, del d.l.vo n. 449/'92) con riferimento all'instaurazione dei procedimenti disciplinari, con conseguente caducazione degli atti e provvedimenti emessi.

Il Ministero della difesa ha tuttavia impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma e svolgendo motivi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione.

Si è costituito nel giudizio d'appello il sig. #################### resistendo al gravame ed esponendo in successiva memoria le proprie argomentazioni difensive..

Alla pubblica udienza dell'8 marzo 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. - Deve preliminarmente essere esaminata l'eccezione di tardività del gravame proposta dall'appellato, il quale, nella propria memoria difensiva, fa rilevare che la sentenza impugnata è stata notificata presso l'avvocatura in data 30 marzo 2010, mentre l'atto di appello risulta notificato soltanto il 31.5.2010, quindi oltre i sessanta giorni previsti dalla legge. L'eccezione va respinta. Essa oblitera che nella fattispecie il sessantesimo giorno (29.5.2010) cadeva di sabato, sicchè al caso trova applicazione l'ultimo comma dell'art. 155 c.p.c, in base al quale il termine di notificazione è prorogato di diritto al primo giorno non festivo per gli atti (compiuti fuori udienza) il cui termine di compimento scade di sabato. La notificazione dell'appello effettuata con la consegna alla posta il giorno lunedì 31.5.2010 è pertanto tempestiva ai sensi di legge (per un'applicazione del
principio v. Cons. di Stato, sez.V, n.469/del 2009).

2. - Nel merito, come già accennato in fatto, la sentenza impugnata ha accolto il ricorso del sig. #################### (destinatario di destituzione disciplinare a seguito di sentenza penale di proscioglimento per prescrizione), ritenendo fondata la censura di violazione dei termini perentori stabiliti dalla legge con riferimento all'instaurazione del procedimento disciplinare, con conseguente caducazione degli atti e dei provvedimenti emessi dall'amministrazione.

La norma applicata, costituita dall'art. 7, comma 6, del d.l.vo n. 449/'92 ("Determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per la regolamentazione dei relativi procedimenti, a norma dell'art. 21, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395") dispone quanto segue: "Quando da un procedimento penale comunque definito emergono fatti e circostanze che rendano l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all'Amministrazione". Con riferimento al caso di specie, il giudice di prime cure ha rilevato che l'attivazione del procedimento disciplinare, con nomina del funzionario istruttore in data 20.11.2006
e contestazione degli addebiti il 22.11.2006, è avvenuta ben oltre i termini dei 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza (14.03.2005) e dal suo passaggio in giudicato (24.04.2005), dovendosi, pertanto, considerare intempestiva, secondo noto orientamento giurisprudenziale (Consiglio Stato, sez. IV, n. 3827/2007).

Con l'appello in esame il Ministero della Giustizia, oppone alla tesi del TAR, in sintesi, che, secondo quanto ritenuto dalla prevalente giurisprudenza, il termine decadenziale per l'inizio del procedimento disciplinare deve essere conteggiato non dal giorno di pubblicazione della sentenza irrevocabile ma da quello in cui l'amministrazione ne ha avuto comunicazione. Così procedendo il termine di legge risulta nella specie rispettato, poiché la sentenza è stata comunicata all'amministrazione l'8.11.2006 e l'avvio del procedimento disciplinare è stato emesso pochi giorni dopo. L'appello è meritevole di accoglimento.

2.1 - Al riguardo deve evidenziarsi che la misura destitutiva è stata resa sulla base di fatti emersi a seguito di un giudizio penale conclusosi con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato causa prescrizione dello stesso. La fattispecie, pertanto, trova collocazione nella norma di natura residuale (Cons. di Stato, sez. IV, n. 3017/2009), costituita dall'art. 7, comma 6, del decreto n.449 che dispone: "Quando da un procedimento penale comunque definito emergono fatti e circostanze che rendano l'appartenente al Corpo di polizia penitenziaria passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all'Amministrazione". Ma detta norma, con riferimento alla decorrenza del termine, non può
che essere interpretata tenuto conto dell'esigenza che l'azione amministrativa si svolga secondo i canoni del giusto procedimento e del buon andamento, i quali suggeriscono di individuare "il dies a quo" del termine in questione dalla data di conoscenza della pronunzia penale. Infatti, diversamente ragionando (e seguendo quindi l'orientamento del TAR) si perverrebbe alla conclusione, illogica e contraddittoria, di sottoporre l'esercizio del potere disciplinare al termine decadenziale in questione senza che l'amministrazione abbia alcuna conoscenza degli elementi fattuali emersi in sede penale e suscettibili di legittimare il procedimento sanzionatorio. In tale situazione, atteso che, d'altro canto, l'organo giurisdizionale non ha alcun dovere di notificare all'amministrazione di appartenenza dell'impiegato la sentenza penale definitiva che lo riguardi, la p.a. potrebbe scegliere solo tra
il non procedere disciplinarmente o procedere senza elementi, in entrambi i casi con risultati del tutto incompatibili con il principio del giusto procedimento.

Per contro l' evidente esigenza, sottolineata anche dal primo giudice, di non prolungare oltre il necessario (ed a discapito dell'incolpato) il momento di avvio del procedimento disciplinare, trova ampia tutela nella possibilità, offertagli dalla norma, di dare egli stesso notizia della sentenza all'amministrazione, abbreviando così a 40 giorni il termine disponibile per avviare il procedimento.

Nel medesimo senso ermeneutico sopra illustrato, viene in rilievo anche l'art.9, comma 2°, della legge 19/1990 che (pur riferentesi alle ipotesi di condanna), come chiarito dalla giurisprudenza, va interpretato nel senso che "l'Amministrazione procedente è tenuta a concludere il procedimento disciplinare nel termine di complessivi duecentosettanta (270) giorni da quando ha avuto notizia della condanna penale del dipendente incolpato. Tale termine complessivo si ricava sommando al termine di 180 giorni imposto per l'inizio del procedimento disciplinare (e decorrente dalla ridetta notizia) quello di "successivi" 90 giorni imposto appunto per la conclusione del procedimento disciplinare." (Cons. di Stato, a.p.,n.1/2009).

- L'appello, infine, non è logicamente contrastabile con la tesi (sostenuta dalla sentenza dall'appellato) che pone in luce come la sentenza penale non sia di condanna ma di proscioglimento per prescrizione del reato; al contrario è invero pacifica, anche in caso di sentenza di prescrizione del reato, la possibilità per l'amministrazione di valutare ai fini disciplinari i fatti oggettivamente emersi a carico del dipendente penalmente prosciolto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 4392/2007 e Sez. VI, n.2843/2009). In tema di termini procedimentali applicabili, pertanto, la sentenza penale dichiarativa della prescrizione che contenga comunque un accertamento dei fatti a carico dell'incolpato in sede disciplinare non presenta particolarità che le permettano di ricevere una regolamentazione differente da quella di condanna. Va segnalato per completezza che il primo giudice, a conforto della
tesi sulla non invocabilità dell'art. 9, c.2, della l.n.19/1990, menziona una giurisprudenza amministrativa che non pare poter supportare l'orientamento sostenuto. Ed invero:

- Cons. di Stato, sez. VI, n.624/2008 concerne una misura disciplinare adottata a seguito di sentenza di condanna;

- idem dicasi per Cons. di Stato, sez. IV, n.2935/2009 che riguarda inoltre fattispecie diversa, inerente violazione di termine procedimentale intermedio e non iniziale;

- Cons. di Stato, a.p., n.10/06, ha addirittura escluso che la perentorietà del termine di cui al citato art. 9 trovi applicazione (in un caso però di procedimento disciplinare instaurato seguito di una sentenza applicativa di pena su richiesta delle parti).

2.2. - In definitiva, per le sopra esposte ragioni, a fronte di una comunicazione della sentenza irrevocabile avvenuta l'8.11.2006, l'avvio del procedimento disciplinare in data 20.11.2006 risultava del tutto tempestivo.

2.3. - Conclusivamente, l'appello deve essere accolto, con le conseguenze di cui in dispositivo.

3.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio, attese talune difformità degli orientamenti giurisprudenziali in materia.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, accoglie l'appello e per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

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