GIOVEDÌ 01 MARZO 2018 16.05.11
POLIZIA
>ANSA-LA STORIA/ '68: il poliziotto, noi eravamo gli operai
ZCZC6876/SXA XCI45173_SXA_QBXB R CRO S0A QBXB >ANSA-LA STORIA/ '68: il poliziotto, noi eravamo gli operai Operatore reparto celere racconta gli scontri a Valle Giulia (di Matteo Guidelli) (ANSA) - ROMA, 1 MAR - "Noi eravamo gli operai, gli operai della Polizia, cosa potevamo dire? Ci chiedevamo perche' non la finivano con le manifestazioni violente che non facevano bene all'Italia. E soprattutto avevamo una sola preoccupazione, tornare a casa sani e salvi". Cinquant'anni dopo la battaglia che segno' il Sessantotto, Antonino Trifiro' torna a Valle Giulia e da' ragione a Pasolini. "Scrisse che eravamo figli di poveri. Io non ero certo figlio di un ricco. Mio padre era un ex finanziere partito dalla Sicilia e arrivato in Calabria, dove poi divenne funzionario comunale. A me piaceva moltissimo la meccanica, ho frequentato decine di officine ma la paga era quella che era e cosi' quando c'e' stato il concorso sono entrato in Polizia, al reparto celere. E ci sono rimasto 40 anni" Antonino oggi ha i capelli bianchi, due figli adulti e tre nipoti. Quando gli studenti decisero di attaccare i poliziotti, lui aveva 33 anni ed era li', su quella scalinata. Dall'altra parte della barricata. "In quei giorni le manifestazioni si susseguivano una dietro l'altra, eravamo sempre in allerta e potevano chiamarci da un momento all'altro. Non avevamo paura: pensavamo solo a fare il nostro lavoro con dignita' e professionalita', non certo ad andare a menare qualcuno". Quella mattina del 1 marzo Antonino non aveva il manganello ma un compito speciale. "Mi dissero che avremmo portato in piazza gli idranti. E io ero l'addetto all'idrante. Quindi l'unico pensiero che ebbi fu quello di assicurarmi che era carico di acqua. Parlammo tra colleghi, non eravamo molto preoccupati, per noi era la solita routine. Sapevamo certo che la situazione era pesante ma non quel che avremmo trovato". Il celerino Antonino Trifiro' lo scopri' poco dopo. Pietre, bastoni, manganelli, lacrimogeni. "Ne ho visti tanti di scontri quella mattina, loro volevano venire verso di noi e noi volevamo salvarci, evitando che arrivassero". Nessun giudizio politico, non c'era spazio. "Volevamo solo raffreddare gli animi, finire il servizio e tornare ognuno alla propria vita. Non pensavamo alla politica, semmai ad un appuntamento con una bella ragazza, volevamo portare a casa la fetta di pane e tornarcene in famiglia". Ad un certo punto la radio inizio' a gracchiare, arrivo' l'ordine di intervenire. "Ero sulla scalinata, alle spalle avevo la facolta' di Architettura. Ho chiesto al funzionario se potevo mettere un 'sussidio' nell'acqua, per rendere piu' efficace l'effetto dell'idrante. Mi e' stato risposto di si'. Cosi' all'acqua e al colorante rosso ho aggiunto lo schiumogeno. E ho cominciato a sparare". Una mossa che, dice Antonino, per un po' ha rallentato gli scontri. "Loro provavano ad avvicinarsi ma non ce la facevano, perche' scivolavano all'indietro e questo ha fatto si' che per un po' arretrassero". Ma avevano ragione? "Loro volevano cambiare le cose e posso pure accettarlo, io ero un ragazzo che voleva solo stare tranquillo. Quello che condanno, allora e oggi, e' la violenza, chi fomenta la violenza. Loro avevano tutto il diritto di manifestare, ma pacificamente". Ecco perche' ai nipoti ripete sempre la stessa cosa. "Andate in piazza se volete, e' giusto, se serve a migliorare le cose. Ma usate la vostra testa e state lontani da chi parla con la violenza". Pasolini su una cosa pero' aveva torto, ci ripensa l'operaio Antonino. Ed e' quando parla dei "giovanotti della Polizia costretti dalla poverta' ad essere servi". "Io non ero servo di nessuno. Anzi. Mi sentivo servo della mia dignita', e guai a chi me la tocca".(ANSA). GUI 01-MAR-18 16:04 NNNN
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