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martedì 29 marzo 2011

Corte Costituzionale: pacchi in ritardo: la Posta deve pagare i danni

SENTENZA N. 46
ANNO 2011

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-           Ugo                             DE SIERVO                      Presidente
-           Paolo                           MADDALENA                 Giudice
-           Alfio                            FINOCCHIARO                      "
-           Alfonso                       QUARANTA                           "
-           Franco                         GALLO                                    "
-           Luigi                            MAZZELLA                            "
-           Gaetano                       SILVESTRI                              "
-           Sabino                         CASSESE                                 "
-           Giuseppe                     TESAURO                               "
-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                        "
-           Giuseppe                     FRIGO                                      "
-           Alessandro                  CRISCUOLO                           "
-           Paolo                           GROSSI                                   "
-           Giorgio                        LATTANZI                              "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), promosso dal Tribunale ordinario di Napoli, nel procedimento vertente tra Gestione Epurazione Ambiente GEA S.p.A. e Poste Italiane S.p.A., con ordinanza del 5 gennaio 2007, iscritta al n. 214 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2010.
            Visto l’atto di costituzione, fuori termine, di Poste Italiane S.p.A.;
            udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2011 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto in fatto
            1. – Con ordinanza del 5 gennaio 2007, il Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni).
            1.1. – Il rimettente premette che, con atto notificato in data 27 ottobre 2003, la società Gestione Epurazione Ambiente GEA S.p.A. aveva convenuto in giudizio Poste Italiane S.p.A. al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito del ritardato recapito di un plico spedito con il servizio di postacelere. A sostegno della pretesa, la società attrice esponeva di aver spedito a mezzo postacelere la documentazione necessaria per la partecipazione ad una gara per l’affidamento, tramite procedura negoziata, di alcuni lavori concernenti un impianto di depurazione. Per una evidente ed ingiustificabile responsabilità da parte del vettore, la spedizione era stata effettuata non a Reggio Emilia ma a Reggio Calabria, con conseguente esclusione dell’istante dalla partecipazione alla gara, essendo scaduto il termine fissato. La società attrice, assumendo che, ove il plico fosse giunto tempestivamente, sarebbe rimasta aggiudicataria della gara, avendo offerto un ribasso maggiore delle altre concorrenti, aveva chiesto l’integrale risarcimento del danno subito, non risultando in alcun modo soddisfacente l’assegno di € 7,23, per «ritardo recapito invio dell’8 novembre 2002», inviatole dalla convenuta come previsto dal decreto ministeriale 9 aprile 2001, Carta della qualità del servizio pubblico postale.
            Costituitasi nel giudizio, Poste Italiane S.p.A. riconosceva il proprio inadempimento ma, rilevava di avere correttamente provveduto ad effettuare il solo rimborso delle spese sostenute, in virtù del d.P.R. n.156 del 1973, nonché della Carta della qualità sui servizi postali.
            1.2. – Tanto premesso, il Tribunale di Napoli sostiene che la pretesa risarcitoria dell’attrice incontrerebbe un ostacolo insuperabile nelle disposizioni legislative vigenti all’epoca dei fatti, in quanto, in virtù del rinvio all’articolo 6 del d.P.R. n. 156 del 1973, operato dall’articolo 19, primo comma del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio), risultava ancora in vigore l’esclusione o limitazione di responsabilità dell’amministrazione che all’epoca gestiva i servizi postali.
            Sebbene, infatti, il predetto articolo 6 sia stato abrogato dall’articolo 218 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), tale norma continuerebbe a trovare applicazione per tutte le fattispecie verificatesi anteriormente all’entrata in vigore della norma abrogatrice.
            1.3. – Il rimettente dubita, in conseguenza, della legittimità costituzionale dell’articolo 6 del d.P.R. n. 156 del 1973, poiché la tale disciplina in essa contenuta si porrebbe in contrasto con il canone di ragionevolezza e con il principio di eguaglianza garantiti dall’articolo 3 della Costituzione, «rappresentando un anacronistico privilegio in favore del concessionario del servizio postale, nonostante la natura privatistica della rapporto».
            Il Tribunale di Napoli richiama, poi, la sentenza di questa Corte n. 254 del 2002, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma in questione con riferimento al mancato recapito di telegramma, sottolineando che, secondo i principi da essa desumibili, sebbene debba «ritenersi sempre possibile delineare, in materia di responsabilità per danni causati agli utenti del servizio postale, una disciplina speciale ispirata a criteri più restrittivi di quella ordinaria», tuttavia la previsione, contenuta nella Carta della qualità sui servizi postali, del solo rimborso del costo sostenuto per la spedizione – trattandosi di plico postacelere giunto a destinazione con un ritardo inferiore al sesto giorno lavorativo successivo alla spedizione – non assolverebbe ad alcuna funzione risarcitoria. Tale situazione determinerebbe per il gestore di servizi postali un completo ed ingiustificato esonero da ogni responsabilità nei confronti degli utenti del servizio, analogamente alla fattispecie del mancato recapito di telegramma, esaminata dalla Consulta con la citata sentenza n. 254 del 2002.
            1.4. – La norma censurata si porrebbe altresì in contrasto con l’articolo 24 della Costituzione, «non consentendo all’utente danneggiato di far valere in giudizio il diritto ad ottenere un risarcimento in misura superiore a quella predeterminata dalla legge».
            2. – Si è costituita tardivamente la società Poste Italiane S.p.A., depositando nel contempo un’istanza di rimessione in termini, sostenendo che la pubblicazione dell’ordinanza nella Gazzetta Ufficiale in pieno periodo estivo avrebbe impedito alla medesima di depositare tempestivamente la memoria di costituzione.
Considerato in diritto
            1. – Il Tribunale ordinario di Napoli dubita, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte in cui stabilisce che il gestore del servizio «non incontra alcuna responsabilità per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge», per il caso del servizio di postacelere.
            Tale esclusione di responsabilità, violerebbe il canone di ragionevolezza e il principio di eguaglianza, «rappresentando un anacronistico privilegio in favore del concessionario del servizio postale, nonostante la natura privatistica del rapporto» e non «consentirebbe all’utente danneggiato di far valere in giudizio il diritto ad ottenere un risarcimento in misura superiore a quella predeterminata dalla legge».
            2. – Preliminarmente, deve essere disattesa, in quanto infondata, l’istanza di rimessione in termini avanzata da Poste Italiane S.p.A.
            Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, l’istituto della sospensione feriale dei termini non è applicabile al processo costituzionale, in considerazione delle peculiari esigenze di rapidità e certezza cui il medesimo processo deve rispondere (da ultimo sentenza n. 278 del 2010).
            3. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 del d.P.R. n. 156 del 1973, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost., è fondata.
            4. – La norma, nonostante sia stata abrogata dall’art. 218 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), risulta, secondo la motivazione non implausibile del giudice rimettente, applicabile ratione temporis nel giudizio a quo.
            5. – L’impugnato art. 6 è richiamato dall’art. 19, primo comma, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio), il quale, nel disciplinare la responsabilità «per la fornitura del servizio universale», applica al gestore di tale servizio (attualmente, Poste Italiane S.p.A.) la generale regola di irresponsabilità prevista per l’Amministrazione postale pubblica per i servizi postali, di bancoposta e delle telecomunicazioni «fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge».
            6. – Come già affermato da questa Corte, per il caso del servizio telegrafico, sebbene sia «sempre possibile delineare, in materia di responsabilità per danni causati agli utenti del servizio postale, una disciplina speciale ispirata a criteri più restrittivi di quella ordinaria, in rapporto alla complessità tecnica della gestione del servizio ed all’esigenza del contenimento dei costi», tuttavia la carenza di siffatta disciplina della responsabilità del gestore del servizio è in grado di tradursi in un «privilegio, privo di connessione con obiettive caratteristiche del servizio e, perciò, lesivo, al tempo stesso, del canone di ragionevolezza e del principio di eguaglianza garantiti dall’articolo 3 della Costituzione» (sentenza n. 254 del 2002).
            6.1. – Anche nel caso di specie, infatti, per il servizio di postacelere, il legislatore ha inteso, attraverso il citato rinvio all’art. 6, determinare un’esclusione di responsabilità secondo un criterio soggettivo, escludendo per il gestore del servizio universale, che il ritardato recapito determini una responsabilità di tipo risarcitorio, se non nei limiti espressamente previsti, in questo caso, ratione temporis, dal decreto ministeriale 9 aprile 2001, Carta della qualità del servizio pubblico postale.
            La previsione della mera corresponsione del costo per la spedizione determina, anche nel caso del servizio di postacelere, una totale esclusione di responsabilità, non essendo in grado di assolvere ad una funzione risarcitoria del danno arrecato all’utente, che utilizza il predetto servizio proprio in vista della celerità del medesimo e di quel quid pluris garantito dalle caratteristiche prefissate nell’atto della sua istituzione (Decreto ministeriale 28 luglio 1987, n. 564 – istituzione del servizio di postacelere interna).
            6.2. – La norma impugnata, pertanto, determina in favore del gestore un ingiustificato privilegio, svincolato da qualsiasi esigenza connessa con le caratteristiche del servizio, senza dunque realizzare alcun ragionevole equilibrio tra le esigenze del gestore e quelle degli utenti del servizio, equilibrio che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore avrebbe invece dovuto realizzare, essendo venuta meno la concezione puramente amministrativa del servizio postale, e quindi «la possibilità di collegare tali limitazioni di responsabilità alla necessità di garantire la discrezionalità dell’Amministrazione» (sentenza n. 463 del 1997).
            Tale privilegio determina, quindi, la dedotta violazione del canone di ragionevolezza e del principio di eguaglianza garantiti dall’art. 3 Cost., con conseguente illegittimità costituzionale dell’art. 6 del codice postale nella parte in cui esclude, in mancanza di speciali norme di legge, qualsiasi responsabilità delle Poste per il ritardato recapito delle spedizioni di postacelere.
            7. – La pronuncia di illegittimità costituzionale con riferimento all’art. 3, della Costituzione, determina l’assorbimento della questione posta con riferimento all’art. 24 Cost..
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
            dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni), nella parte in cui dispone che l’Amministrazione ed i concessionari del servizio telegrafico non incontrano alcuna responsabilità per il ritardato recapito delle spedizioni effettuate con il servizio postacelere.
            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2011.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Giuseppe TESAURO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2011.

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