Cass. pen. Sez. IV, Sen(Lpd), (ud. 05-04-2012) 31-05-2012, n. 21199
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il Tribunale di Lecce ha affermato la penale responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno di (Lpd). La pronunzia è stata confermata dalla Corte d'appello di Lecce.
Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito il (Lpd) si trovava alla guida di un carrello elevatore quando, per effetto di un errore di manovra non esattamente definito, determinava il ribaltamento del veicolo cui conseguiva l'impatto tra il cranio e le strutture metalliche dell'abitacolo, che cagionava lesioni letali.
All'imputato, nella veste di datore di lavoro, è stato mosso l'addebito di aver messo a disposizione del dipendente un carrello privo di cintura di sicurezza e con struttura metallica dell'abitacolo insicura.
2. Ricorre per cassazione l'imputato.
2.1 Con il primo motivo si deduce che la Corte di merito ha arbitrariamente ritenuto che l'urto del capo della vittima sia stato determinato dal contatto con le strutture metalliche del carrello e non con il suolo; che altrettanto arbitrariamente si è opinato che l'intera struttura metallica fosse una superfetazione artigianale;
che erroneamente si è ritenuto che appropriate misure di sicurezza avrebbero potuto evitare l'evento letale. In particolare non ha avuto rilievo causale alcuno il tettuccio tagliente, che non è stato coinvolto nell'impatto; nè avrebbe avuto utilità l'apposizione di cintura di sicurezza ventrale, che non avrebbe impedito il violento spostamento laterale del guidatore provocato dal ribaltamento del mezzo di novanta gradi ed il conseguente impatto col suolo o col montante della cabina.
La Corte, in breve, si è limitata a valutare negativamente talune situazioni di pericolo astratto senza verificare se esse potessero o meno essere in rapporto causale con l'evento. Di decisivo rilievo è, ribadisce il ricorrente, che la prescritta cintura di sicurezza ventrale non avrebbe impedito lo spostamento laterale del tronco della vittima. D'altra parte, le disposizioni per evitare il ribaltamento sono finalizzate a cautelare le operazioni di sollevamento e trasporto del materiale, mentre nel caso in esame il ribaltamento è conseguenza di un errore di guida da parte della vittima.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta che, senza appropriata motivazione, sono state negate le attenuanti generiche ed è stata irrogata una condanna lontana dal minimo edittale, senza considerare la tenuità dei pregiudizi penali e la natura ed entità dei fatti.
3. Il ricorso è infondato.
La sentenza impugnata premette che il sinistro ha avuto luogo per un errore commesso dal (Lpd) nel corso dell'esecuzione di una manovra mentre si trovava alla guida del carrello. Si aggiunge che l'impatto del cranio ha avuto luogo con le strutture metalliche del veicolo. A tale riguardo viene compiuta diffusa, minuziosa analisi del materiale probatorio e soprattutto dei rilievi fotografici e delle tracce di sangue per dimostrare che l'impatto è avvenuto con la parte anteriore del tettuccio che, costruito artigianalmente, era insicuro essendo costituito da materiale anelastico. Il corpo, dunque, non ha mai impattato con il terreno. In tale situazione ha avuto sicuro rilievo la mancanza di cintura di sicurezza. Infatti, la frattura scomposta della regione occipitale è conseguenza del ribaltamento del mezzo e del conseguente sbalzamento del suo conducente, ma anche del peso del corpo che, proiettato all'indietro, ha costituito sovraccarico di notevole entità per il cranio. Si aggiunge che il consulente ha rimarcato che se fosse stata indossata la cintura, di cui il mezzo era sprovvisto, il bacino del conducente sarebbe rimasto vincolato, con la conseguenza che l'urto sarebbe stato molto meno violento, con conseguenze de tutto differenti da quelle verificatesi.
Si aggiunge, a completamento del quadro, che la cabina era irregolare e che il conducente non indossava il casco che avrebbe costituito una efficace protezione. Anche nell'ipotesi che tale apparato fosse stato fornito, incombeva comunque sul datore di lavoro l'obbligo di assicurare l'osservanza della normativa antinfortunistica.
Tale argomentato apprezzamento è basato su plurime e significative acquisizioni probatorie ed è supportato dalle valutazioni del consulente tecnico. Esso è immune da vizi logico giuridici e non è quindi sindacabile nella presente sede di legittimità. Nel suo nucleo, la pronunzia dimostra persuasivamente che la mancanza della cintura di sicurezza ventrale ha avuto un decisivo ruolo nella dinamica del sinistro, incrementando in modo drammatico l'entità dell'impatto del cranio con le parti metalliche del veicolo e cagionando quindi l'evento letale. Tale valutazione fonda correttamente il giudizio di colpevolezza e l'affermazione di responsabilità. 3.2 Quanto al trattamento sanzionatorio si considera che l'imputato è gravato da tre pregiudizi penali, tutti afferenti alla violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro e ciò non consente la concessione delle attenuanti generiche, mentre la sanzione è stata già individuata nel minimo edittale. Pure tale valutazione è immune da censure, giacchè tiene conto dei ripetuti e specifici precedenti a fronte di una sanzione di non marcato rilievo.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il Tribunale di Lecce ha affermato la penale responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno di (Lpd). La pronunzia è stata confermata dalla Corte d'appello di Lecce.
Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito il (Lpd) si trovava alla guida di un carrello elevatore quando, per effetto di un errore di manovra non esattamente definito, determinava il ribaltamento del veicolo cui conseguiva l'impatto tra il cranio e le strutture metalliche dell'abitacolo, che cagionava lesioni letali.
All'imputato, nella veste di datore di lavoro, è stato mosso l'addebito di aver messo a disposizione del dipendente un carrello privo di cintura di sicurezza e con struttura metallica dell'abitacolo insicura.
2. Ricorre per cassazione l'imputato.
2.1 Con il primo motivo si deduce che la Corte di merito ha arbitrariamente ritenuto che l'urto del capo della vittima sia stato determinato dal contatto con le strutture metalliche del carrello e non con il suolo; che altrettanto arbitrariamente si è opinato che l'intera struttura metallica fosse una superfetazione artigianale;
che erroneamente si è ritenuto che appropriate misure di sicurezza avrebbero potuto evitare l'evento letale. In particolare non ha avuto rilievo causale alcuno il tettuccio tagliente, che non è stato coinvolto nell'impatto; nè avrebbe avuto utilità l'apposizione di cintura di sicurezza ventrale, che non avrebbe impedito il violento spostamento laterale del guidatore provocato dal ribaltamento del mezzo di novanta gradi ed il conseguente impatto col suolo o col montante della cabina.
La Corte, in breve, si è limitata a valutare negativamente talune situazioni di pericolo astratto senza verificare se esse potessero o meno essere in rapporto causale con l'evento. Di decisivo rilievo è, ribadisce il ricorrente, che la prescritta cintura di sicurezza ventrale non avrebbe impedito lo spostamento laterale del tronco della vittima. D'altra parte, le disposizioni per evitare il ribaltamento sono finalizzate a cautelare le operazioni di sollevamento e trasporto del materiale, mentre nel caso in esame il ribaltamento è conseguenza di un errore di guida da parte della vittima.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta che, senza appropriata motivazione, sono state negate le attenuanti generiche ed è stata irrogata una condanna lontana dal minimo edittale, senza considerare la tenuità dei pregiudizi penali e la natura ed entità dei fatti.
3. Il ricorso è infondato.
La sentenza impugnata premette che il sinistro ha avuto luogo per un errore commesso dal (Lpd) nel corso dell'esecuzione di una manovra mentre si trovava alla guida del carrello. Si aggiunge che l'impatto del cranio ha avuto luogo con le strutture metalliche del veicolo. A tale riguardo viene compiuta diffusa, minuziosa analisi del materiale probatorio e soprattutto dei rilievi fotografici e delle tracce di sangue per dimostrare che l'impatto è avvenuto con la parte anteriore del tettuccio che, costruito artigianalmente, era insicuro essendo costituito da materiale anelastico. Il corpo, dunque, non ha mai impattato con il terreno. In tale situazione ha avuto sicuro rilievo la mancanza di cintura di sicurezza. Infatti, la frattura scomposta della regione occipitale è conseguenza del ribaltamento del mezzo e del conseguente sbalzamento del suo conducente, ma anche del peso del corpo che, proiettato all'indietro, ha costituito sovraccarico di notevole entità per il cranio. Si aggiunge che il consulente ha rimarcato che se fosse stata indossata la cintura, di cui il mezzo era sprovvisto, il bacino del conducente sarebbe rimasto vincolato, con la conseguenza che l'urto sarebbe stato molto meno violento, con conseguenze de tutto differenti da quelle verificatesi.
Si aggiunge, a completamento del quadro, che la cabina era irregolare e che il conducente non indossava il casco che avrebbe costituito una efficace protezione. Anche nell'ipotesi che tale apparato fosse stato fornito, incombeva comunque sul datore di lavoro l'obbligo di assicurare l'osservanza della normativa antinfortunistica.
Tale argomentato apprezzamento è basato su plurime e significative acquisizioni probatorie ed è supportato dalle valutazioni del consulente tecnico. Esso è immune da vizi logico giuridici e non è quindi sindacabile nella presente sede di legittimità. Nel suo nucleo, la pronunzia dimostra persuasivamente che la mancanza della cintura di sicurezza ventrale ha avuto un decisivo ruolo nella dinamica del sinistro, incrementando in modo drammatico l'entità dell'impatto del cranio con le parti metalliche del veicolo e cagionando quindi l'evento letale. Tale valutazione fonda correttamente il giudizio di colpevolezza e l'affermazione di responsabilità. 3.2 Quanto al trattamento sanzionatorio si considera che l'imputato è gravato da tre pregiudizi penali, tutti afferenti alla violazione della normativa sulla sicurezza del lavoro e ciò non consente la concessione delle attenuanti generiche, mentre la sanzione è stata già individuata nel minimo edittale. Pure tale valutazione è immune da censure, giacchè tiene conto dei ripetuti e specifici precedenti a fronte di una sanzione di non marcato rilievo.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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