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giovedì 17 luglio 2014

TUMORI: CACCIA A RELIQUIE VIRUS IN GENOMA PER TROVARE IMPRONTA CANCRO =



TUMORI: CACCIA A RELIQUIE VIRUS IN GENOMA PER TROVARE IMPRONTA CANCRO =
SOPRAVVISSUTE PER MILIONI DI ANNI IN DNA 38 SPECIE COMPRESO
UOMO, CONTRIBUIREBBERO A MUTAZIONI CANCEROGENE

Milano, 17 lug. (AdnKronos Salute) - (Embargo alle 20.00) -
Un'eredità scomoda. Prova delle antiche battaglie che i nostri geni
hanno combattuto contro le infezioni. Il cancro ha lasciato la sua
'impronta' sull'evoluzione della nostra specie. Lo testimoniano le
reliquie di antichi virus, quel che resta sul 'campo di battaglia'. E'
quanto emerge da uno studio britannico, nell'ambito del quale un team
di scienziati di tre atenei (Oxford, Plymouth e Glasgow) ha esaminato
come queste reliquie vengono preservate nei genomi di 38 specie di
mammiferi, uomo compreso. E ha scoperto che la differenza fra le
specie la fa la 'taglia'.

Di tanto in tanto, spiegano i ricercatori nella ricerca
pubblicata su 'Plos Pathogens', i retrovirus che infettano un animale
vengono incorporati nel suo genoma e talvolta queste reliquie vengono
tramandate di generazione in generazione ('retrovirus endogeni'). Gli
scienziati ne hanno identificate 27.711 che sono 'sopravvissute' nei
genomi negli ultimi 10 milioni di anni. Poiché i retrovirus endogeni
possono essere copiati su altre parti del genoma, contribuiscono al
rischio di mutazioni cancerogene. Ma più cresce la 'taglia' della
specie presa in considerazione, più i suoi esemplari sono in grado di
eliminare le reliquie potenzialmente cancerogene dal loro genoma.
Succede così che un topo ha tre volte più retrovirus endogeni
dell'uomo. Un risultato inaspettato. Perché, spiega Aris Katzourakis
(università di Oxford), autore principale del rapporto, "le reliquie
virali sono conservate in ogni cellula di un animale: quelli più
grandi hanno molte più cellule e dovrebbero avere più retrovirus
endogeni, e quindi essere a maggior rischio di mutazioni indotte, ma
abbiamo osservato che non è così. In realtà gli animali più grandi
devono aver trovato il modo di rimuoverli". (segue)

(Lus/Ct/Adnkronos)
17-LUG-14 18:17
TUMORI: CACCIA A RELIQUIE VIRUS IN GENOMA PER TROVARE IMPRONTA CANCRO (2) =

(Adnkronos Salute) - Nel lavoro sono stati passati al setaccio i
genomi di più animali, a caccia del maggior numero possibile di
reliquie virali, dai toporagni agli elefanti, passando per i delfini.
Gli scienziati hanno visto per esempio che un topo di 19 grammi ha
3.331 retrovirus endogeni contro i 348 di un essere umano di 59 kg e i
55 di un delfino di 281 chili.

"E' la prima volta - sottolinea Katzourakis - che si prende in
considerazione il fatto che avere un gran numero di retrovirus
endogeni nel genoma deve essere dannoso, altrimenti gli animali più
grandi non si sarebbero evoluti in modo da limitarne il numero e
combattere questo rischio. E' come guardare l'impronta che il cancro
ha lasciato nel nostro percorso di evoluzione". (segue)

(Lus/Ct/Adnkronos)
17-LUG-14 18:20
TUMORI: CACCIA A RELIQUIE VIRUS IN GENOMA PER TROVARE IMPRONTA CANCRO (3) =

(Adnkronos Salute) - Il tumore, aggiunge Robert Belshaw
(università di Plymouth), "è causato da errori che si verificano nelle
cellule, quando si dividono, e chi ha più cellule dovrebbe essere
penalizzato. In pratica la balenottera azzurra non dovrebbe esistere.
Tuttavia, gli animali più grandi non sono più soggetti al cancro
rispetto a quelli più piccoli: si chiama paradosso di Peto", dal nome
dello scienziato, Richard Peto, che ha avuto per primo l'intuizione
che l'incidenza di tumori non sia correlata al numero di cellule di un
organismo. Per gli esperti, sembra esistere una sorta di pressione
evolutiva che spinge gli animali più grandi a ridurre il numero di
reliquie virali.

Tuttavia precisano i ricercatori, "non ci sono ancora prove del
fatto che i retrovirus endogeni abbiano un nesso causale con il cancro
nell'uomo, anche se chiaramente lo causano in altri animali, come i
topi. Dobbiamo fare ricerca su questo in modo più sistematico".
Intanto lo studio suggerisce che i meccanismi patogenetici virali
appaiono più complessi nell'uomo che in creature di taglia più piccola
e che gli animali più grandi sembrano avere geni antivirali più
efficaci e più risorse. Se questi meccanismi vengono identificati, in
futuro si potrebbe provare a mimarli per produrre nuove terapie
antivirali.

(Lus/Ct/Adnkronos)
17-LUG-14 18:29

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