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martedì 31 maggio 2016

ESTERI. UE-USA, TTIP: PERCHE' L'ACCORDO FA PAURA. PRO E CONTRO



ESTERI. UE-USA, TTIP: PERCHE' L'ACCORDO FA PAURA. PRO E CONTRO
(SIR-DIRE) Roma, 31 mag. - (di Luigi Crimella) Con la discussione
in corso sul Ttip (Transatlantic Trade and Investment
Partnership, l'accordo transatlantico per il commercio e gli
investimenti) si avvicina per l'Italia, e con essa per tutta
l'Europa, una nuova tappa del processo di globalizzazione. Gli
attori che ne stanno parlando sono due: da una parte l'Unione
Europea su mandato degli stati aderenti, dall'altra gli Stati
Uniti d'America: vale a dire le aree piu' sviluppate del pianeta.
Insieme rappresenterebbero quasi il 50% del Pil mondiale, oltre
il 30% del commercio planetario, un netto dominio nei mercati
borsistici, l'eccellenza tecnologica e produttiva, con l'unico
punto debole di una popolazione sottodimensionata rispetto alle
capacita' economiche delle due aree, per via del numero contenuto
di nascite se confrontate con Africa, Asia e America Latina.
Eppure il Ttip fa paura. Dal 2013, quando vennero avviati i
negoziati, e' stato un crescendo di sospetti, accuse, prese di
posizione contrarie, vere e proprie "demonizzazioni" pubbliche,
come fossimo di fronte al principe degli inganni internazionali.
Infatti, se sul piano ufficiale il trattato in discussione e'
volto a integrare i due mercati europeo e degli Usa, abbattendo
le residue barriere e dazi doganali e dando vita alla piu' grande
(e potente) area di libero scambio di uomini e merci tra paesi ad
economia di libero mercato, una fetta consistente dell'opinione
pubblica specie in Europa, ritiene che si tratti di un accordo
dai risvolti negativi e pericolosi: pochi benefici, si dice,
pagati a caro prezzo sul fronte della sicurezza alimentare,
commerciale e della salute e della tutela dei prodotti tipici,
oltre che dei diritti dei lavoratori.
Le critiche principali riguardano infatti un paventato
abbassamento degli standard produttivi di alimenti, medicine,
vaccini, prodotti agricoli, allevamenti, con lo 'spettro'
dell'arrivo in Europa di prodotti Usa zeppi di Ogm, antibiotici,
anticrittogrammi.
La 'liberalizzazione' dei due mercati transatlantici - dicono
ancora i contrari - darebbe un colpo pesante ai diritti dei
consumatori, che sarebbero messi a repentaglio dalle diverse
legislazioni vigenti in Europa rispetto agli Usa specie per
quanto riguarda le produzioni delle piccole e medie aziende
(europee) che rischierebbero di essere schiacciate dallo
strapotere delle multinazionali (americane).
Un altro rischio consisterebbe nel creare si' una vasta area
di movimento dei lavoratori, come gia' avviene nell'Unione
Europea, pero' con l'abbattimento dei 'diritti' che da noi nel
vecchio continente sono piu' sostanziosi rispetto agli Usa.(SEGUE)
(Alf/Dire)
12:28 31-05-16
NNNN
ESTERI. UE-USA, TTIP: PERCHE' L'ACCORDO FA PAURA. PRO E CONTRO -2-
(DIRE) Roma, 31 mag. - I favorevoli al Ttip, invece, elencano
tutta una serie di vantaggi (oltre quelli gia' accennati sopra)
quali: libero accesso delle imprese europee alle commesse
pubbliche americane, vale a dire il forte mercato delle
infrastrutture statali; 'esplosione' dell'export verso gli Usa da
paesi come l'Italia che ha un palmares di produzioni di
prim'ordine in settori quali moda, gioielli, cibi e prodotti
agro-alimentari Doc e Dop, farmaceutica (con la Germania siamo
tra i primi produttori mondiali), design, mobili e arredi e cosi'
via. Insomma, perderemmo una occasione unica per dare una
accelerata alla 'crescita' che e' il vero punto debole un po' per
tutta l'Europa, specie per i paesi mediterranei (Italia, Spagna,
Portogallo, Grecia).
I favorevoli sostengono, in sostanza, che allargando il
mercato agli Usa avremmo un moltiplicatore delle produzioni e
commerci tale da compensare piu' che proporzionalmente gli
eventuali costi in termini di minori tutele del lavoro, per come
sono abituati a concepirlo gli statunitensi, mentre gli standard
produttivi rimarrebbero quelli attualmente in vigore. Inoltre, il
Ttip sarebbe anche una potente risposta all'altro accordo siglato
a fine 2015, il Tpp (partenariato trans-pacifico) che ha riunito
paesi quali Usa, Canada, Messico, Australia, Cile, Giappone,
Filippine, Taiwan, e altri minori dell'Asia.
Mentre il neo-ministro allo sviluppo economico, Carlo Calenda,
si e' affrettato a sottolineare che il mandato negoziale per il
Ttip prevede che i nostri standard produttivi "non cambieranno",
precisando che "Ogm, servizi pubblici, cultura, diritti e tutele
sono fuori dal negoziato", i timori che l'accordo possa dare un
colpo alla democrazia europea sarebbero fugati dal fatto che -
una volta siglato - dovrebbe essere comunque approvato in serie
dal Consiglio Ue, dal Parlamento Europeo e dai Parlamenti
nazionali. Quindi ci sarebbe un pieno coinvolgimento dei
rappresentanti dei popoli a tutti i livelli e con diritto di veto.
Ma le obiezioni piu' sottili sono in realta' altre. Le ha
formulate al Sir il docente incaricato di storia economica e del
lavoro alla facolta' di economia dell'Universita' Cattolica di
Roma, Giampiero Bianchi. "Guardando al Ttip- ha affermato-
dobbiamo dire che l'Italia ne avra' grandi benefici.
Piu' si aprono i mercati piu' le imprese camminano, esportano, si
sviluppano. Del resto sappiamo che gia' oggi le nostre piccole e
medie imprese navigano benissimo nei mercati internazionali e si
inseriscono negli interstizi delle grandi aziende e delle
multinazionali. Tuttavia si registra una carenza: quella della
politica che non aiuta l'opinione pubblica a capire quanto c'e'
in gioco, e quindi resta a sua volta vittima di fraintendimenti e
di prospettive di chiusura".
Secondo Bianchi "ben diverso fu il ruolo della politica con
eventi storico-economici quali il Piano Marshall, la Ceca
(Comunita' europea del carbone e dell'acciaio), la nascita del
Mec (Mercato comune europeo). In quelle fasi storiche- ha detto-
ci furono grandi operazioni politiche, discussioni accese e
costruttive. Mentre oggi ci vorrebbe una politica capace di
spiegare, rassicurare, chiarire che esistono si' differenze tra
Europa e Usa, ma che non ci lasceremo schiacciare o abbagliare,
bensi' governeremo gli accordi sui quali si discute". E da
ultimo, Bianchi sottolinea un altro aspetto: "se vedo un limite
nel Ttip e' che crea degli 'esclusi', troppi. Esclude infatti da
un lato la Cina, dall'altro la Russia. Lascia inoltre fuori il
mondo islamico al quale dovremmo invece guardare anche dal punto
di vista istituzionale oltre che commerciale. Ma lascia fuori
anche Africa e America Latina. Queste grandi aree hanno invece
bisogno di essere incluse, se vogliamo davvero superare le gravi
tensioni alle quali ogni giorno assistiamo: guerre, terrorismo,
emigrazioni di massa, profughi, carestie. Si esce dalla
recessione globale se si esce tutti insieme. O almeno se, fatto
il Ttip, si annuncera' un qualcosa di analogo anche verso i paesi
piu' poveri e le aree di esclusione".
Prendendo seriamente questa valutazione del prof. Bianchi,
dobbiamo dire, in conclusione, che - purtroppo - intenzioni del
genere al momento non e' possibile riscontrarle, almeno sul piano
delle dichiarazioni formali di coloro che stanno trattando. Vedi
www.agensir.it
(Alf/Dire)
12:28 31-05-16 

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