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sabato 8 settembre 2018

TAR 2018: “..FATTO e DIRITTO 1. Il sig. -OMISSIS-, Vice Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, in congedo, agisce in giudizio per ottenere la condanna delle parti intimate al risarcimento di tutti i danni, ammontanti a complessivi € 519.713,34 oltre rivalutazione e interessi, subiti a causa degli atti e provvedimenti posti in essere nei suoi confronti dall'intimata amministrazione, danni specificati come segue: € 159.713,34 per danno biologico e morale per la lesione all'integrità psico-fisica e per il grave patimento d'animo; € 30.000,00 per danno esistenziale e all'identità personale per il notevole peggioramento della qualità della propria vita e per la forzosa rinuncia ad attività realizzatrici della propria personalità; € 35.000,00 per danno derivante dalla lesione di valori costituzionalmente garantiti quali l'onore, il decoro, la reputazione personale, professionale e quella di militare; € 295.000,00 per danno patrimoniale, compreso quello alla professionalità oggettiva, considerata l'età del ricorrente, la sua capacità lavorativa, le sue aspettative di carriera e quelle, di riflesso, pensionistiche ed assistenziali, da calcolarsi con riferimento al danno emergente ed al lucro cessante...” Pubblicato il 05/05/2018 N. 05030/2018 REG.PROV.COLL. N. 08176/2007 REG.RIC.



TAR 2018: “..FATTO e DIRITTO
1. Il sig. -OMISSIS-, Vice Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, in congedo, agisce in giudizio per ottenere la condanna delle parti intimate al risarcimento di tutti i danni, ammontanti a complessivi € 519.713,34 oltre rivalutazione e interessi, subiti a causa degli atti e provvedimenti posti in essere nei suoi confronti dall'intimata amministrazione, danni specificati come segue:
€ 159.713,34 per danno biologico e morale per la lesione all'integrità psico-fisica e per il grave patimento d'animo;
€ 30.000,00 per danno esistenziale e all'identità personale per il notevole peggioramento della qualità della propria vita e per la forzosa rinuncia ad attività realizzatrici della propria personalità;
€ 35.000,00 per danno derivante dalla lesione di valori costituzionalmente garantiti quali l'onore, il decoro, la reputazione personale, professionale e quella di militare;
€ 295.000,00 per danno patrimoniale, compreso quello alla professionalità oggettiva, considerata l'età del ricorrente, la sua capacità lavorativa, le sue aspettative di carriera e quelle, di riflesso, pensionistiche ed assistenziali, da calcolarsi con riferimento al danno emergente ed al lucro cessante...”


Pubblicato il 05/05/2018
N. 05030/2018 REG.PROV.COLL.
N. 08176/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8176 del 2007, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Mandolesi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Paolo Emilio, 34;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, Comando Generale Arma dei Carabinieri, Comando Carabinieri per l'Aeronautica Militare, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, congiuntamente rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. Claudio De Portu e Alessandra Ibba, con domicilio eletto presso lo studio De Portu in Roma, via G. Mercalli, 13;
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per il risarcimento
dei danni da attività vessatoria e ritorsiva posta in essere dai superiori gerarchici (mobbing).

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;
Uditi, nell'udienza straordinaria del giorno 13 aprile 2018, i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il sig. -OMISSIS-, Vice Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, in congedo, agisce in giudizio per ottenere la condanna delle parti intimate al risarcimento di tutti i danni, ammontanti a complessivi € 519.713,34 oltre rivalutazione e interessi, subiti a causa degli atti e provvedimenti posti in essere nei suoi confronti dall'intimata amministrazione, danni specificati come segue:
€ 159.713,34 per danno biologico e morale per la lesione all'integrità psico-fisica e per il grave patimento d'animo;
€ 30.000,00 per danno esistenziale e all'identità personale per il notevole peggioramento della qualità della propria vita e per la forzosa rinuncia ad attività realizzatrici della propria personalità;
€ 35.000,00 per danno derivante dalla lesione di valori costituzionalmente garantiti quali l'onore, il decoro, la reputazione personale, professionale e quella di militare;
€ 295.000,00 per danno patrimoniale, compreso quello alla professionalità oggettiva, considerata l'età del ricorrente, la sua capacità lavorativa, le sue aspettative di carriera e quelle, di riflesso, pensionistiche ed assistenziali, da calcolarsi con riferimento al danno emergente ed al lucro cessante.
Chiede, altresì, la condanna della parte convenuta alle spese del giudizio e la pubblicazione della sentenza.
2. Il ricorrente riferisce i fatti come segue.
Il ricorrente, unitamente al suo collega -OMISSIS-, entrambi effettivi in forza al -OMISSIS-, il giorno 17 ottobre 2005, alle ore 10:00, si sarebbero dovuti recare presso il Comando CC per l'Aeronautica Militare di Roma, ove avrebbe dovuto giurare per il nuovo status di "Vice Brigadiere".
Per questo, il 14 ottobre, prima di acquistare il biglietto aereo, chiese al suo comandante, il brig. -OMISSIS-, se poteva partire il giorno 16 con il primo volo delle ore 06:30, ricevendo una risposta affermativa.
Tuttavia il 15 ottobre, rientrato in caserma per motivi di servizio, visionando il memoriale per il giorno successivo (il giorno 16), notò che la sua partenza era stata segnata dal predetto comandante alle ore 10:00 e non alle ore 06:30, come concordato, pertanto chiese chiarimenti al proprio superiore che rispose "ti ho segnato così perché è previsto in questo modo", senza aggiungere altro. Il ricorrente, allora, fece presente di avere già acquistato il biglietto e che non concordandosi gli orari di partenza con quelli di servizio sarebbe stato esposto ad eventuali sanzioni ma il -OMISSIS- gli rispose "non hai ancora capito che il comandante sono io e che sono io che ti controllo?", e si allontanò dalla caserma a bordo della propria autovettura.
Il ricorrente informò telefonicamente dell'accaduto il comandante della -OMISSIS-, che però non intervenne ma consigliò di attendere le successive mosse del -OMISSIS-; pertanto, attenendosi alle nuove disposizioni contenute nel memoriale di servizio, provvide a cambiare il biglietto aereo già acquistato per partire con il successivo volo delle ore 11:30.
Rientrato da Roma, notò con stupore che nel memoriale di servizio il -OMISSIS- aveva modificato, con penna rossa, l'orario della sua partenza dalle ore 10:00 alle ore 06:30; inoltre il 19 ottobre, giunse al suo reparto, senza preavviso, il comandante della compagnia -OMISSIS-, che, dopo aver salutato tutto il personale presente con una stretta di mano, ad eccezione del ricorrente, lo chiamò a rapporto ("tu vieni con me in ufficio che ti devo parlare") e, chiusa la porta, con tono alterato lo informò di aver aperto nei suoi confronti un procedimento disciplinare sulla scorta di quanto riferitogli dal -OMISSIS- in merito all'episodio dell'orario della partenza per Roma di qualche giorno prima, specificando testualmente che "tanto te la faccio pagare, ti punisco e ti trasferisco da questa sede così dovrai lasciare anche l'alloggio di servizio che hai in concessione".
Quindi provvide alla notifica formale dell'atto di avvio del procedimento disciplinare.
Dopo di che, uscito dall'ufficio, raggiunse nell'ufficio accanto il -OMISSIS-, il -OMISSIS-, e li invitò a prendere un caffè con lui; poco dopo rientrò in sede il solo car. aus. -OMISSIS-, al quale il ricorrente riferì di sentirsi male e di avvertire il -OMISSIS- ed il magg. -OMISSIS-che si sarebbe perciò subito recato presso l'Infermeria della base militare.
Alla visita gli fu riscontrata "Ipertensione arteriosa in pz. con episodio ansioso, P/A 150/90". Tornato in caserma, chiese al car. aus. -OMISSIS- di accompagnarlo a casa in quanto non era più in grado di proseguire il servizio.
Nei giorni successivi, nessuno dei suoi diretti superiori gerarchici si informò del suo stato di salute.
Il 24 ottobre 2005, persistendo il malessere aggravato da incubi notturni, si recò dal proprio medico curante, il dr. -OMISSIS-, che gli prescrisse trenta giorni di riposo e cure per stato ansioso depressivo, successivamente convertiti, dall'Ospedale militare di Cagliari, in trenta giorni di convalescenza, alla scadenza dei quali, nuovamente visitato dalla C.M.O., riferì di sentirsi meglio e di voler riprendere il servizio.
Il 6 dicembre 2005, uscito dall'Ospedale militare, si recò presso la compagnia carabinieri A.M di -OMISSIS-, per recapitare la certificazione di idoneità, dove trovò il magg. -OMISSIS-, che, dopo averlo invitato a recarsi presso il proprio ufficio, provvide a notificargli l'irrogazione di una sanzione disciplinare di gg. 5 di consegna per insubordinazione nei confronti del -OMISSIS- e l'avvio di una proposta di trasferimento ad altra sede di servizio.
Avverso tale sanzione il ricorrente non interpose ricorso nella speranza di rasserenare gli animi e di recuperare il rapporto con i superiori.
Tuttavia, rientrato al reparto, il ricorrente si trovò sempre più isolato, destinatario di soli ordini e direttive, a volte impartite con bigliettini -OMISSIS-il quale, spesso, si allontanava senza fare più rientro per tutta la durata del turno di servizio del ricorrente, evitava di svolgere servizio unitamente a lui, prediligendo il v. brig. -OMISSIS- e gli ordinava di lasciare la porta della camera di sua pertinenza sempre aperta, mentre il -OMISSIS- e il v. brig. -OMISSIS- continuavano a tenere chiuse le loro porte.
Il ricorrente rappresentò più volte al proprio superiore gerarchico, lgt. -OMISSIS-, la descritta situazione di paura e scarsa serenità, le pressioni psicologiche esercitate sulla sua persona, l'atteggiamento ambiguo, freddo e distaccato del -OMISSIS-, chiedendogli inutilmente di intervenire e paventando addirittura l'uso da parte del -OMISSIS- dell'arma di servizio.
Alla fine di luglio del 2006, quando il ricorrente fece domanda di conferire con il Comandante CC dell'A.M. di Roma, il -OMISSIS- testualmente disse: "ma allora non hai ancora capito che io e te non possiamo più fare servizio insieme", riferendo di aver4ne già parlato con il ten. col. -OMISSIS-
Il ricorrente chiese al suo collega, il v. brig. -OMISSIS-, se fosse disposto a testimoniare ai superiori le cose di cui era testimone al reparto, ma egli rispose negativamente non intendendo mettersi contro il comandante rischiando di essere trasferito altrove.
Rientrato al reparto dopo un periodo di convalescenza, il 25 luglio 2006, notò che l’atteggiamento nei suoi confronti non era cambiato, anzi -OMISSIS- aggiunta lo segnava di pattuglia a piedi nonostante vi fosse la disponibilità dell'auto di servizio, gli imponeva tempi di servizio impossibili da espletare.
Il ricorrente tentò anche, per ben due volte, di conferire con il proprio comandante di Corpo, motivando le proprie istanze con "Malessere del posto fisso CC AM di Alghero (SS)", senza ricevere riscontro.
Nel frattempo, il suo stato di salute peggiorava; infatti, fin dal 15 ottobre 2005, il suo medico curante gli prescrisse una pasticca giornaliera di "Lobivon" per tenere sotto controllo la pressione arteriosa che subiva forti sbalzi di valore (max. 184 min. 90 battiti 100 al minuto) e successivamente anche l'utilizzo il "Lexotan" in gocce per curare l'ansia depressiva.
Non fu più contattato da nessuno né per il ritiro degli statini paga, né per la presentazione del modello 730 e per usufruire degli assegni familiari, né ebbe più modo di acquistare il calendario dell'Arma e di utilizzare il computer che aveva accesso all'area intranet dell'Arma.
Ciò lo convinse sempre più che i suoi superiori gerarchici lo consideravano oramai come di fatto fuori dall'Arma dei Carabinieri.
In occasione della scadenza dell'ennesimo periodo di convalescenza, il giorno 15 gennaio 2007 si recò presso l'infermeria regionale CC di Cagliari, ove visitato dal dirigente medico, Col. -OMISSIS-, non poté ottenere nessun certificato perché il Comando -OMISSIS- non aveva provveduto all'inoltro del suo foglio matricolare; invitato ad attendere nel corridoio, apprese con stupore dallo stesso ufficiale medico che se non vi fosse stata la trasmissione in giornata dei documenti mancanti sarebbe dovuto ritornare il giorno dopo, e ripercorrere così altri 250 km.
Contattato il comandante della stazione CC -OMISSIS-, lgt. -OMISSIS- costui rispose "non so se posso fare qualche cosa per te"; chiamò, quindi, il comando di Corpo di Roma e riferì al -OMISSIS-quanto accaduto, dopodichè, poco dopo arrivò da -OMISSIS-con la documentazione necessaria.
Analogo episodio era avvenuto il 7 novembre 2006; in quella circostanza il ricorrente si sentì male e lo stesso dirigente medico, dopo aver rilevato un'altissima pressione arteriosa, fu costretto ad ordinare all'autoambulanza di servizio l'immediato suo trasporto al pronto soccorso dell'Ospedale di Cagliari ove, visitato dal cardiologo di turno, gli venne riscontrata una tachicardia con frequenza di 127 battiti al minuto ed una pressione arteriosa di 150/80, e gli furono quindi somministrate n. 20 gocce di Lexotan.
Egli fu anche privato del comando interinale del reparto a favore dell'altro militare appartenente allo stesso, il v. brig. -OMISSIS-, che aveva però una minore anzianità di servizio; inoltre con nota recapitatagli presso la sua abitazione il 24 luglio 2007 e spedita per conoscenza alla Stazione CC A.M. -OMISSIS-, il -OMISSIS- invitò il ricorrente a liberare la cameretta a lui assegnata in caserma e a ritirare tutti gli effetti personali ivi custoditi, consegnando le chiavi dell'ingresso principale della caserma, da sempre in suo possesso (doc. 2).
Tale richiesta fu interpretata dal militare come conferma del fatto che i suoi superiori lo consideravano fuori dall'Arma.
La chiave gli era stata consegnata nel lontano 1992, al momento della sua assegnazione al reparto e, nonostante si fossero succeduti nel corso degli anni vari comandanti, nessuno di loro gli aveva mai fatto una simile richiesta; la chiave, infatti, veniva consegnata a tutti i militari operanti nella caserma e ritirata soltanto all'atto del loro congedo e/o trasferimento ad altro reparto.
Pertanto il legale del ricorrente, con raccomandata A/R, valutata la richiesta di cui sopra come gravemente lesiva degli interessi del suo assistito, chiese espressamente un intervento dei comandi superiori (doc. 3), senza tuttavia ricevere riscontro.
La richiesta del -OMISSIS- di riconsegna della chiave fu interpretata dal ricorrente come reazione a quanto avvenuto al reparto qualche giorno prima, quando il ricorrente, giunto in caserma senza preavviso per ritirare lo statino paga del mese precedente trovava il -OMISSIS- nell'androne della caserma che, alla sua vista, gli apparve palesemente contrariato ed infastidito: infatti non rispose al saluto e gli consegnò lo statino senza rivolgergli parola.
Sul posto era presente anche il v. brig. -OMISSIS-, anch'egli non certo felice della sua presenza lì, tanto che ad un saluto rivoltogli dal ricorrente abbassava la testa con indifferenza, mostrando un atteggiamento freddo e distaccato, come se non si fossero mai conosciuti prima.
3. Ai fatti fin qui narrati il ricorrente attribuisce la valenza di complessiva attività vessatoria e ritorsiva posta in essere nei suoi confronti dai tre convenuti, culminata con l'insorgenza di una grave patologia che lo ha posto in congedo, come da documentazione sanitaria allegata alla relazione peritale (doc. 1).
Nella sua relazione, la dr.ssa -OMISSIS-mette in evidenzia il nesso causale esistente tra gli eventi subiti in ambito lavorativo dal ricorrente negli anni a decorrere dall’ottobre del 2005 e l'insorgenza della patologia invalidante che ha portato alla messa in congedo dello stesso, e cioè il "disturbo dell'adattamento con ansia e umore depresso misti (reattivo a stress situazionale), ipertensione, quadro clinico compatibile con una condizione di mobbing".
La complessiva attività (di mobbing e/o bossing) attuata da parte di colleghi e superiori gerarchici, secondo il ricorrente è legata da un disegno unitario finalizzato a vessarlo e a distruggerne la personalità e la figura professionale, che determinerebbe la responsabilità solidale dell'Amministrazione della difesa poiché i tre convenuti, tutti militari dell'Arma dei Carabinieri con funzioni di comando, hanno unitariamente e simultaneamente agito nella loro qualità, di superiori gerarchici in linea retta — rispettivamente di Comandante il Posto Fisso -OMISSIS-, reparto ove prestava servizio il ricorrente; Comandante la Stazione CC A.M. -OMISSIS- e Comandante la Compagnia CC A.M. -OMISSIS- — e cioè quali organi decentrati della predetta amministrazione, esercitando poteri propriamente amministrativi, consistiti nel compimento o nella omissione di atti ovvero nell'espletamento di attività — anche, in parte, per il tramite di militari appartenenti al loro ufficio e ad essi sottordinati, ai quali preventivamente furono impartite precise istruzioni — riconducibili al perseguimento di finalità comunque attinenti al servizio di istituto proprio dell'Arma dei Carabinieri.
4. L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio contestando l’avversa rappresentazione dei fatti e precisando quanto segue:
1) l'irrogazione della sanzione disciplinare (inflitta per l'episodio del 15 ottobre 2005), ineccepibile sotto il profilo formale e sostanziale (incluso quello della commisurazione della sanzione alla gravità dell'infrazione) non è stata oggetto di alcuna impugnazione da parte del ricorrente (Allegato n. 1-13);
2) la proposta di esonero dal Corpo CC AM per incompatibilità (con restituzione all'Arma Territoriale) formulata dal Comando del Gruppo CC AM di Roma (su impulso del Comando della Compagnia CC AM -OMISSIS-) e fatta propria da Comando CC AM si basa su altri episodi, anch'essi disciplinarmente sanzionati (perché in violazione dell'art. 423 del Regolamento Generale dell'Arma) e risalenti alla precedente estate, i quali erano stati motivo di grande imbarazzo per il Comando CC AM: il Vice Brigadiere-OMISSIS-nel mese di giugno, per futili motivi (un litigio riconducibile ai movimenti del gatto di appartenenza del carabiniere) assumeva nei confronti del -OMISSIS-(militare dell'AM suo vicino di casa nell'ambito del comprensorio di "Fortilia") "atteggiamenti altezzosi ed inopportuni facendo sorgere discussioni durante le quali puntualmente faceva pesare il suo stato di carabiniere" e, nel mese di luglio, dava luogo ad animata discussione con i familiari del Lgt. -OMISSIS- (altro Sottufficiale in forza presso il Distaccamento AM di Alghero), già titolari di concessione demaniale-marittima (una stabilimento balneare), contestandone la concessione e l'onerosità dell'accesso (Allegato n. 14-30);
3) il riferimento alle ripercussioni alloggiative del possibile trasferimento all'Arma Territoriale, lungi dal costituire una minaccia ovvero una ritorsione dettate dall'intento di punire l'insubordinazione dell'ottobre 2005, si configurava come diretta conseguenza della grave quanto incresciosa situazione di conflittualità con i militari dell'AM determinata dallo stesso-OMISSIS-(Allegato n. 1);
4) lungi dal mostrare disinteresse allo stato di salute del Vice Brigadiere-OMISSIS-(a seguito del malore del 19 ottobre 2005), il Lgt.-OMISSIS-su disposizione del Magg. -OMISSIS-il 21 ottobre si recava personalmente al suo domicilio al fine di notificargli della documentazione sanitaria ma con il reale intento di offrirgli conforto ed al contempo verificare la natura e la gravità del disagio relazionale con il proprio diretto superiore (Allegato n. 1-3 e 32-33);
5) quanto al progressivo isolamento del ricorrente nello svolgimento quotidiano del lavoro, dopo i fatti dell'ottobre 2005 egli non solo ha collezionato una serie di periodi di assenza per malattia (non tutti riconducibili alla sfera psichica) che di fatto non ha consentito tra lui ed il diretto superiore quel "quotidiano rapporto di lavoro che avrebbe favorito una possibilissima ricomposizione dei rapporti precedentemente esistenti" ma, nei pur brevissimi intervalli della convalescenza, palesava tali sentimenti di rancore e latente ostilità da suggerire al Comandante-OMISSIS-di "evitare ogni occasione di lite" ; tutto ciò non per emarginarlo ma per consentirgli di "un ravvedimento comportamentale che purtroppo non avvenne" (Allegato n. 1-5);
6) in merito all'attribuzione di servizi eccessivamente gravosi o impossibili da espletare, premesso che al Posto Fisso CC AM di Alghero erano in forza solamente tre militari (il Brigadiere-OMISSIS- il Vice Brigadiere -OMISSIS- e il Vice Brigadiere-OMISSIS- e che, quindi, era del tutto fisiologico che i servizi non fossero effettuati "in accoppiata", dall’apposito memoriale risulta l'assenza di qualsiasi forzatura nell'assegnazione dei servizi comandati (peraltro, il Lgt. -OMISSIS- in qualità di Comandante di Compagnia in Sede Vacante dal 14 marzo 2006, in occasione di un'ispezione al Posto Fisso riscontrava la regolarità delle gestione dei carichi di lavoro, constatando in particolare che nei 16 giorni intercorrenti dal 25 aprile all' 11 maggio 2005 il Vice Brigadiere-OMISSIS-aveva effettuato 11 turni di servizio di vigilanza articolati in orari assolutamente normali (Allegato n. 2-5);
7) l'affermazione e la sottesa convinzione del ricorrente di aver subito un'ingiusta privazione del comando interinale (attribuito al Vice Brigadiere -OMISSIS-), è frutto di lacunosa conoscenza delle regole che sovrintendono al proprio status, in quanto tale funzione è automaticamente conferita in base all'anzianità di grado (assoluta e relativa) e il -OMISSIS- era dopo il Brigadiere-OMISSIS-il militare più anziano in forza al Reparto, giacché seppur con meno anni di servizio, possedeva rispetto a lui una maggiore anzianità relativa, essendosi collocato nella graduatoria di merito di fine corso per Sovrintendenti al 42° posto contro il 208° del ricorrente, come ben sapeva lo-OMISSIS-(avendo firmato per presa visione la suddetta graduatoria) (Allegato n. 2-5);
8) in merito all'asserito irragionevole disinteresse dei Superiori per la incompatibilità relazionale con il Comandante, il Lgt.-OMISSIS-veniva informato circa i dissidi tra il ricorrente ed il Comandante-OMISSIS-unicamente nel descritto colloquio del 21 ottobre 2005 (essendo i successivi contatti telefonici tra i due esclusivamente occasionati da motivi connessi con il perfezionamento del procedimento di valutazione caratteristica) ma lo stesso Comandante di Compagnia, nel tentativo di comporre quel dissidio, convinceva il Brigadiere-OMISSIS-ad accompagnare il giorno 17 agosto 2006 il ricorrente a Cagliari (ma fu questi ad opporsi categoricamente tanto che contattò subito il Comando del Gruppo CC AM di Roma il quale intervenne perché il Lgt.-OMISSIS-desistesse da quell'iniziativa) (Allegato n. 1-5 e n.34);
9) la richiesta di conferimento con il Comandante del Corpo CC AM presentata dal ricorrente in data 31 luglio 2006 (e pervenuta al destinatario il successivo primo settembre), ancorché si presentasse sotto alcuni aspetti irrituale (essendo rivolta direttamente al Comandante di Corpo CC AM pretermettendo il competente Comandante di Gruppo CC AM di Roma), è stata prontamente istruita con la richiesta di ulteriori chiarimenti e quindi accolta, con riserva di convocare il richiedente dopo che questi avesse riacquistato l'idoneità al servizio militare incondizionato (Allegato n. 2-5 e 35-40);
10) riguardo all'asserito ostruzionismo burocratico nella trasmissione del foglio matricolare del ricorrente, il Comando della Compagnia -OMISSIS- provvedeva ad inoltrare con tempestività al Comando Regione CC la documentazione, che qui fu bloccata a causa di "sopraggiunte variate disposizioni" in materia di flusso documentale tra il Comando Regione stesso e l'Infermeria CC (Allegato n. 2-4);
11) la richiesta di liberare la cameretta e di restituire le chiavi assegnate al ricorrente è stata travisata in quanto, lungi dal significare l'avvenuta estromissione dall'Arma, tale RAR originava, nel merito, dall'esigenza di tinteggiare il locale allo scopo di alloggiare alcuni militari in occasione dell'esercitazione "Sping Flag 2007" programmata per il mese di aprile, e relativamente alla forma da ovvie ragioni di opportunità che, in considerazione della tensione creatasi, sconsigliavano il dialogo diretto tra il Vice Brigadiere-OMISSIS-ed il suo diretto superiore (in ogni caso il Vice Brigadiere -OMISSIS-, destinatario della medesima richiesta, ottemperò senza alcun indugio né la minima protesta) (Allegato n. 2-4).
Ciò precisato, l’amministrazione ritiene che il ricorrente non si limiti a travisare i fatti ma perviene ad una totale alterazione della realtà, omettendo e mistificando le circostanze di seguito esposte.
Il ricorrente, infatti:
- ha omesso di dire che, dei circa 19 mesi (567 giorni) che intercorrono tra il 19 ottobre 2005 (data dell'episodio scatenante) ed il 9 maggio 2007 (data del collocamento in congedo), egli è risultato presente in servizio solo tre mesi, rimanendo assente per malattia per circa 15 mesi, di cui, però, circa 4 complessivamente prescritti per "lombo-sciatalgia" e i rimanenti 11 per altre patologie ricondotte dal ricorrente al mobbing (ipertensione; note ansiose; disturbo dell'adattamento) (Allegato n. 41);
- ha tralasciato la circostanza che in un precedente frangente della propria carriera, egli era stato già trovato affetto da disturbi della sfera psichica diagnosticamene ricondotti ad uno "stato ansioso reattivo" e che a causa di questi era stato costretto ad assentarsi dal servizio per 90 giorni (Allegato n. 42-44);
- ha evitato ogni cenno al fatto di aver, nel settembre 2006, sporto denuncia alla Procura Militare di Cagliari per "truffa aggravata e continuata" contro i diretti superiori (il Brigadiere-OMISSIS-e il Vice Brigadiere -OMISSIS-); peraltro, a seguito di tale denuncia, il Comando CC AM in data 1 dicembre 2006 inoltrava nuova proposta di trasferimento per incompatibilità ambientale, nelle more della cui definizione è tuttavia intervenuto il congedo per "riforma" dell'interessato (Allegato n. 44-48);
- ha omesso di riferire che non ha presentato alcun gravame avverso il giudizio di inidoneità permanete al SMI né avverso il giudizio di non dipendenza da causa di servizio delle sue patologie ed ha rifiutato l'opzione di impiego nei ruoli civili del Ministero della Difesa contenuta nel provvedimento di riforma, lasciando così intendere di perseguire, secondo un ben preciso disegno vendicativo, il precipuo intento di vedere condannato in sede risarcitoria il -OMISSIS- e gli altri Superiori (Allegato n. 49-50);
- ha impropriamente ricollegato la richiesta di trasferimento al solo episodio del 15 ottobre 2005 e quindi ad un fatto inerente il servizio e riguardante il rapporto istituzionale con il Superiore laddove in realtà il procedimento di esonero scaturiva da quei comportamenti inerenti la vita privata e censurati dal Comando del Distaccamento AM (in qualità di autorità di presidio del comprensorio di Fertilia), con imbarazzo dell'Arma e pregiudizio della relativa immagine (Allegato n. 1-5 e 14-25);
- ha inserito il tema dell'isolamento non nel contesto cronologico di fatti estranei all'ambito lavorativo (quali i litigi sorti nei rapporti di vicinato dal giugno 2005) ma nel contesto istituzionale proprio del procedimento disciplinare scaturito dal dissidio dell'ottobre 2005, pur sapendo egli che all'"origine di tutti i suoi mali" vi sono proprio quei comportamenti nella vita privata che gli hanno fatto "perdere l'autorevolezza e la credibilità" necessarie per la permanenza al Reparto di appartenenza (Allegato n.1-4);
- ha assunto, a presupposto dell'intera narrazione, che prima dell'ottobre 2005 non fosse accaduto nulla, laddove invece l'inizio dei problemi relazionali (e disciplinari) dello-OMISSIS-va ricercato, come documentato nel carteggio tra titolari dei comandi CC e AM interessati, nella degenerazione dei rapporti tra il Sovrintendente ed il personale AM che con lui condivideva la permanenza nel comprensorio di Fortilia (Allegato n. 1-4).
Conclusivamente l’amministrazione chiede il rigetto del ricorso poiché infondato.
5. All’udienza pubblica straordinaria del 13 aprile 2018, in vista della quale il ricorrente ha prodotto memoria replicando alle difese erariali, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Come emerge dalla narrativa in fatto, il ricorrente ritiene di essere stato oggetto di una "serie di episodi che singolarmente considerati sono illegittimi e nel loro complesso si inseriscono in una ben definita strategia ritorsivo-persecutoria", il tutto caratterizzato "da un'assoluta mancanza di ragionevolezza" e posto in essere "allo scopo ingiustificato ed illecito di danneggiare, emarginare e discriminare" la sua persona, attività complessivamente da ascriversi al fenomeno del mobbing.
A tal fine, il Collegio ritiene utile richiamare i principi elaborati sul punto dalla giurisprudenza, come recentemente ribaditi dal Consiglio di Stato (Sez. VI, sent. n. 284/2016) e da ultimo riaffermati dalla Sezione Prima Quater di questo TAR (sent. n. 7494/2016), che qui integralmente si riportano.
“Innanzitutto, deve accertarsi il rispetto del principio generale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697 c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda) e 63, comma 1 e 64, comma 1, c.p.a. (secondo cui l'onere della prova grava sulle parti che devono fornire i relativi elementi di fatto di cui hanno la piena disponibilità), non potendosi, di contro, dare ingresso al c.d. metodo acquisitivo tipico del processo impugnatorio; da tanto consegue che il ricorrente che chiede il risarcimento del danno da cattivo (o omesso) esercizio della funzione pubblica, deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda.
Ancora, la prova dell'esistenza del danno deve intervenire all'esito di una verifica del caso concreto che faccia concludere per la sua certezza, la quale a sua volta presuppone: l'esistenza di una posizione giuridica sostanziale; l'esistenza di una lesione, che è configurabile (oltreché nell'ovvia evidenza fattuale) anche allorquando vi sia una rilevante probabilità di risultato utile frustrata dall'agire (o dall'inerzia) illegittima della p.a.; nondimeno, i doveri di solidarietà sociale, che traggono fondamento dall'art. 2 Cost., impongono di valutare complessivamente la condotta tenuta anche dalle parti private nei confronti della p.a. in funzione dell'obbligo di prevenire o attenuare quanto più possibile le conseguenze negative scaturenti dall'esercizio della funzione pubblica o da condotte ad essa ricollegabili in via immediata e diretta; l’esame di tale profilo si riconnette direttamente all'individuazione, in concreto, dei presupposti per l'esercizio dell'azione risarcitoria, onde evitare che situazioni pregiudizievoli prevenibili o evitabili con l'esercizio della normale diligenza si scarichino in modo improprio sulla collettività in generale e sulla finanza pubblica in particolare.
Esaminando, più da vicino, il fenomeno del mobbing nel rapporto di impiego pubblico questo deve sostanziarsi in una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, complessa, continuata e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del dipendente nell'ambiente di lavoro, che si manifesta con comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti od incongrui rispetto all'ordinaria gestione del rapporto, espressivi di un disegno in realtà finalizzato alla persecuzione o alla vessazione del medesimo dipendente, tale da provocare un effetto lesivo della sua salute psicofisica (Cons. Stato, Sez. VI, 12 marzo 2015 n. 1282).
Pertanto, ai fini della configurabilità della condotta lesiva da mobbing, va accertata la presenza di una pluralità di elementi costitutivi, dati in particolare: a) dalla molteplicità e globalità di comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche di per sé leciti, posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente secondo un disegno vessatorio; b) dall'evento lesivo della salute psicofisica del dipendente; c) dal nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e la lesione dell'integrità psicofisica del lavoratore; d) dalla prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio.
E’ stato quindi, ritenuto che la sussistenza di condotte mobbizzanti deve essere qualificata dall'accertamento di precipue finalità persecutorie o discriminatorie, poiché proprio l'elemento soggettivo finalistico consente di cogliere in uno o più provvedimenti e comportamenti, o anche in una sequenza frammista di provvedimenti e comportamenti, quel disegno unitario teso alla dequalificazione, svalutazione od emarginazione del lavoratore pubblico dal contesto organizzativo nel quale è inserito che è imprescindibile ai fini dell'enucleazione del mobbing (Cons. Stato, Sez. III, 14 maggio 2015, n. 2412).
Conseguentemente un singolo atto illegittimo o anche più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore, non sono, di per sé soli, sintomatici della presenza di un comportamento mobbizzante (Cons. Stato Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1945).”
7. Alla luce dei principi sopra delineati, il Collegio ritiene che la situazione denunciata dal ricorrente non configuri un’ipotesi di mobbing, non potendo ritenersi provata, dal complesso degli elementi forniti, la precipua finalità persecutoria o discriminatoria sottesa agli episodi evidenziati dalla parte.
Il ricorrente, infatti, ha ripercorso gli avvenimenti succedutisi tra l’ottobre 2005 e il 9 maggio 2007 (data del collocamento in congedo) che, a suo dire, costituiscono gli elementi probanti la situazione di mobbing patita, incidenti a tal punto sul suo stato di salute da essere posto in congedo assoluto perché non più idoneo al servizio permanente.
I descritti episodi, che il Collegio per brevità ritiene di non dover ripetere, risultano parzialmente diversi da come riportati dal ricorrente e, soprattutto, risultano ascrivibili a ragioni ben lontane dal configurare un disegno unitario dei Superiori, finalizzato a vessarlo e a distruggerne la personalità e la figura professionale.
Al contrario, mentre le affermazioni e la coloritura data dal ricorrente agli episodi in questione sono rimaste mere asserzioni non provate, tutte le contrarie prospettazioni e letture fornite dall’amministrazione risultano puntualmente documentate.
In particolare, la vicenda, su cui il ricorrente insiste, per cui il-OMISSIS-avrebbe cambiato il giorno prima l’orario di partenza dello-OMISSIS-sul memoriale di servizio, senza avvisarlo, per poi correggerlo di nuovo a penna rossa, quand’anche provato, non sarebbe di per sé sufficiente a denotare che “fosse stata già concordata, tra i tre superiori gerarchici, una precisa strategia ritorsiva-persecutoria in danno del ricorrente, finalizzata a danneggiarlo (e poi) ad emarginarlo e discriminarlo sul servizio, ed infine allontanarlo con un (motivato) provvedimento di esonero/trasferimento per incompatibilità ambientale” (così testualmente nella memoria conclusiva.
Ne discende che, secondo le coordinate ermeneutiche declinate dalla giurisprudenza innanzi richiamata, nel caso di specie innanzitutto in rito non risulta assolto l’onere della prova da parte del ricorrente.
Né può supplire, alla mancanza di prova, la perizia del consulente medico legale e la ivi allegata documentazione, trattandosi in prevalenza di certificazioni mediche che se da una parte nulla dicono sui presunti comportamenti mobbizzanti, dall’altra confermano alcune affermazioni dell’amministrazione, quali la concessione di convalescenza per lombosciatalgia.
Quanto al merito deve rilevarsi che, valutata complessivamente anche la condotta tenuta dal ricorrente nei confronti dell’amministrazione e, quindi, dei Superiori, risulta sostanzialmente esclusa l’addebitabilità alla P.A. di condotte pregiudizievoli e, a fotiori, volutamente lesive della persona e della dignità del ricorrente.
8. Dalla documentazione versata in atti dall’amministrazione emerge che quelli che il ricorrente ha percepito, o meglio afferma di aver percepito, come comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, manifestazione di un disegno finalizzato alla persecuzione o alla vessazione della sua persona, tale da provocargli danni alla salute psicofisica, in realtà non solo non avevano la suddetta finalità ma, al contrario, erano semmai motivati dall’opportunità di evitare, stanti i precedenti, ulteriori ragioni di scontro o di attrito con il ricorrente.
Mancano, dunque, a parere del Collegio, tutti gli elementi costitutivi del mobbing, innanzi declinati.
Gli eventi sopra analizzati, che nella delicata e particolare situazione del ricorrente hanno forse rappresentato accadimenti poco piacevoli e, dunque, possono essere stati dallo stesso percepiti e interiorizzati come tasselli di un progressivo quadro persecutorio e di ostilità nei propri confronti, non denotano, dunque, quel carattere mirato, prolungato e sistematico, che deve necessariamente sussistere affinché possa correttamente parlarsi di mobbing.
Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.
9. Le spese del giudizio, nei confronti dell’amministrazione, seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Possono viceversa compensarsi con il controinteressato il quale si è limitato ad una costituzione formale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Prima Bis, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio che liquida in € 2.000,00 (duemila), oltre oneri di legge se dovuti, in favore dell’amministrazione.
Compensa le spese con il controinteressato costituito.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità del ricorrente e delle altre persone coinvolte.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Laura Marzano, Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto, Primo Referendario






L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE
Laura Marzano

Germana Panzironi















IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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