N. 169 SENTENZA 5 giugno - 10 luglio 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Processo penale - Equa riparazione per irragionevole durata del
processo - Riconoscimento dell'indennizzo a condizione che sia
stata presentata istanza di accelerazione del processo nei trenta
giorni successivi al superamento dei termini di durata ragionevole.
- Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso
di violazione del termine ragionevole del processo e modifica
dell'articolo 375 del codice di procedura civile), art. 2, comma
2-quinquies, lettera e), come introdotto dall'art. 55, comma 1,
lettera a), n. 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure
urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni,
nella legge 7 agosto 2012, n. 134.
-
(GU n.29 del 17-7-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
2-quinquies, lettera e), della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione
di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del
processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura
civile), come introdotto dall'art. 55, comma 1, lettera a), n. 2, del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita
del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012,
n. 134, promossi dalla Corte di cassazione, sezione seconda civile,
con tre ordinanze del 31 gennaio e una del 16 marzo 2018, iscritte
rispettivamente ai nn. 51, 52, 53 e 68 del registro ordinanze 2018 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 13 e 18,
prima serie speciale, dell'anno 2018.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2019 il Giudice
relatore Mario Rosario Morelli.
Ritenuto in fatto
1.- Con quattro ordinanze di contenuto sostanzialmente identico
(iscritte ai numeri 51, 52, 53 e 68 del r.o. 2018) - emesse nel corso
di altrettanti procedimenti di impugnazione dei decreti con i quali
la Corte distrettuale competente aveva rigettato l'opposizione
avverso la declaratoria di diniego del diritto ad ottenere un'equa
riparazione per l'irragionevole durata dei rispettivi giudizi penali,
per non avere la parte interessata presentato «istanza di
accelerazione» nel termine di legge - l'adita Corte di cassazione,
sezione seconda civile, ritenutane la rilevanza e la non manifesta
infondatezza, in riferimento all'art. 117, primo comma, della
Costituzione e in relazione agli artt. 6, paragrafo 1, 13 e 46,
paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 2-quinquies, lettera e), della legge 24 marzo
2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del
termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del
codice di procedura civile), cosiddetta "legge Pinto", nel testo
(vigente ratione temporis) introdotto dall'art. 55, comma 1, lettera
a), n. 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per
la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7
agosto 2012, n. 134, nella parte appunto in cui, relativamente ai
giudizi penali nei quali il termine di durata ragionevole di cui
all'art. 2-bis della legge n. 89 del 2001 sia superato in epoca
successiva alla sua entrata in vigore, subordina, per la loro intera
durata, la proponibilita' della correlativa domanda di equa
riparazione alla presentazione dell'istanza di accelerazione.
Secondo la Corte rimettente, il censurato art. 2, comma
2-quinquies, lettera e), della "legge Pinto" - con il disporre che
non e' riconosciuto alcun indennizzo quando l'imputato non ha
depositato istanza di accelerazione nel processo penale nei trenta
giorni successivi al superamento dei termini di durata ragionevole -
si porrebbe, infatti, in contrasto con le evocate disposizioni
convenzionali, come interpretate dalla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell'uomo (in particolare nelle sentenze 2 giugno
2009, Daddi contro Italia, e 22 febbraio 2016, Olivieri e altri
contro Italia) e, per interposizione, con l'art. 117, primo comma,
Cost., poiche' la cosi' introdotta condizione ostativa al
riconoscimento dell'indennizzo in questione, nei confronti dei
ricorrenti - imputati in processi penali protrattisi oltre il
correlativo termine di ragionevole durata - violerebbe il diritto ad
ottenere l'equa riparazione loro dovuta ex lege n. 89 del 2001, posto
che l'«istanza di accelerazione» non e' di per se' idonea a
consentire una efficace sollecitazione della decisione di merito,
risolvendosi nella mera dichiarazione di un interesse altrimenti gia'
presente nel processo ed avente copertura costituzionale.
2.- In tutti i riferiti quattro giudizi incidentali e'
intervenuto - con atti (di identico contenuto) ritualmente depositati
- il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite
dell'Avvocatura generale dello Stato.
L'Avvocatura ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita' della
questione con riferimento all'art. 46 CEDU, per la non vincolativita'
di «un ipotetico principio di diritto» enunciato dalla Corte EDU «in
altri giudizi tra altri soggetti».
Nel merito, ha concluso per la non fondatezza della questione,
argomentando che l'istanza di accelerazione non impone un onere
gravoso e sproporzionato sulle parti, essendo richiesta ai loro
difensori una minima diligenza professionale; e sostenendo che
l'ordinamento nazionale non e' tenuto ad adeguarsi pedissequamente
all'interpretazione delle norme CEDU fornita dalla Corte di
Strasburgo, essendo sempre riconosciuto al legislatore, al giudice
comune e a questa Corte un «margine di apprezzamento e di
adeguamento» nazionale (e' richiamata la sentenza n. 236 del 2011).
Considerato in diritto
1.- La Corte di cassazione, sezione seconda civile - con le
quattro ordinanze di cui si e' in narrativa detto e che, per la
sostanziale coincidenza del petitum, possono riunirsi per essere
unitariamente decise - solleva questione incidentale di legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2-quinquies, lettera e), della
legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di
violazione del termine ragionevole del processo e modifica
dell'articolo 375 del codice di procedura civile), cosiddetta "legge
Pinto", come introdotto dall'art. 55, comma 1, lettera a), n. 2, del
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita
del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012,
n. 134: disposizione (quella sub lettera e) poi implicitamente
abrogata, perche' non riprodotta nell'art. 2, comma 2-quinquies, come
riformulato dall'art. 1, comma 777, lettera c), della legge 28
dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita'
2016)».
2.- Nel testo vigente ratione temporis e applicabile nei giudizi
a quibus, la disposizione denunciata stabiliva che «[n]on e'
riconosciuto alcun indennizzo: [...] e) quando l'imputato non ha
depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta
giorni successivi al superamento dei termini [di sua ragionevole
durata] di cui all'articolo 2-bis [recte: all'art. 2, comma 2-bis]»
della "legge Pinto".
Secondo la Corte rimettente, l'effetto ostativo alla concessione
dell'indennizzo ex lege n. 89 del 2001 - in tal modo attribuito alla
(omessa presentazione della) «istanza di accelerazione», di per se'
inidonea ad assicurare una sollecita definizione del processo e in
non altro risolventesi che nell'imporre una "prenotazione" degli
effetti della riparazione per l'irragionevole durata del processo -
comporterebbe che all'interessato non sia consentito ne' di impedire
che si verifichi o protragga la violazione del termine di ragionevole
durata del processo ne' di ottenere riparazione per la subita
violazione di quel termine.
Dal che, quindi, il sospetto di violazione dell'art. 117, primo
comma, della Costituzione, in relazione agli artt. 6, paragrafo 1, 13
e 46, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848, come interpretati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo
(in particolare con le sentenze 2 giugno 2009, Daddi contro Italia e
22 febbraio 2016, Olivieri e altri contro Italia).
3.- L'Avvocatura generale dello Stato ha preliminarmente
contestato la deducibilita', nella specie, di una violazione
dell'art. 46, paragrafo 1, CEDU. Ma tale contestazione, ancorche'
formulata in termini di eccezione di inammissibilita', non rileva
come tale, attenendo piu' propriamente al merito della sollevata
questione.
4.- Nel merito, la questione e' fondata per contrasto con l'art.
117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6, paragrafo 1, e 13
CEDU, restando assorbita ogni altra censura.
4.1.- Con la recente sentenza n. 34 del 2019, questa Corte ha
gia' dichiarato l'illegittimita' costituzionale di norma analoga a
quella ora in esame (art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con
modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, come
successivamente modificato): norma che, con riferimento al processo
amministrativo, a sua volta prevedeva che la mancata presentazione
della «istanza di prelievo» costituisse motivo di improponibilita'
della domanda di indennizzo ex "legge Pinto".
In quel caso si e' osservato che, per «costante giurisprudenza
della Corte EDU» (il riferimento va appunto alle ricordate sentenze
Daddi e Olivieri, ma anche alla sentenza della Grande Camera 29 marzo
2006, Scordino contro Italia), i rimedi preventivi, volti ad evitare
che la durata del procedimento diventi eccessivamente lunga, sono
ammissibili, o addirittura preferibili, eventualmente in combinazione
con quelli indennitari, ma solo se "effettivi" e, cioe', solo se e
nella misura in cui velocizzino la decisione da parte del giudice
competente. Alternativamente alla durata ragionevole del processo, il
rimedio interno deve comunque allora garantire l'adeguata riparazione
della violazione del precetto convenzionale.
E, in applicazione di tali principi, questa Corte ha
conseguentemente affermato che «l'istanza di prelievo [...] non
costituisce un adempimento necessario ma una mera facolta' del
ricorrente [...], con effetto puramente dichiarativo di un interesse
gia' incardinato nel processo e di mera "prenotazione della
decisione" (che puo' comunque intervenire oltre il termine di
ragionevole durata del correlativo grado di giudizio), risolvendosi
in un adempimento formale, rispetto alla cui violazione la, non
ragionevole e non proporzionata, sanzione di improponibilita' della
domanda di indennizzo risulta non in sintonia ne' con l'obiettivo del
contenimento della durata del processo ne' con quello indennitario
per il caso di sua eccessiva durata».
4.2.- Le stesse considerazioni valgono ora per l'istanza di
accelerazione del processo penale.
Nel contesto della disposizione qui censurata, la suddetta
istanza, non diversamente dall'istanza di prelievo nel processo
amministrativo, non costituisce infatti un adempimento necessario ma
una mera facolta' dell'imputato e non ha - cio' che e' comunque di
per se' decisivo - efficacia effettivamente acceleratoria del
processo. Atteso che questo, pur a fronte di una siffatta istanza,
puo' comunque proseguire e protrarsi oltre il termine di sua
ragionevole durata, senza che la violazione di detto termine possa
addebitarsi ad esclusiva responsabilita' del ricorrente.
4.3.- La mancata presentazione dell'istanza di accelerazione nel
processo presupposto puo' eventualmente assumere rilievo (come indice
di sopravvenuta carenza o non serieta' dell'interesse al processo del
richiedente) ai fini della determinazione del quantum dell'indennizzo
ex lege n. 89 del 2001, ma non puo' condizionare la stessa
proponibilita' della correlativa domanda, senza con cio' venire in
contrasto con l'esigenza del giusto processo, per il profilo della
sua ragionevole durata, e con il diritto ad un ricorso effettivo,
garantiti dagli evocati parametri convenzionali, la cui violazione
comporta, appunto, per interposizione, quella dell'art. 117, primo
comma, Cost.
4.4.- Va, dunque, dichiarata l'illegittimita' costituzionale
della norma denunciata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
2-quinquies, lettera e), della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione
di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del
processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura
civile), nel testo introdotto dall'art. 55, comma 1, lettera a), n.
2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la
crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7
agosto 2012, n. 134.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
Translate
mercoledì 17 luglio 2019
N. 169 SENTENZA 5 giugno - 10 luglio 2019 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Equa riparazione per irragionevole durata del processo - Riconoscimento dell'indennizzo a condizione che sia stata presentata istanza di accelerazione del processo nei trenta giorni successivi al superamento dei termini di durata ragionevole. - Legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), art. 2, comma 2-quinquies, lettera e), come introdotto dall'art. 55, comma 1, lettera a), n. 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134. - (GU n.29 del 17-7-2019 )
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento