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domenica 12 luglio 2020

Cefalea malattia sociale, ora legge va tradotta in pratica

DOMENICA 12 LUGLIO 2020 12.06.47


Cefalea malattia sociale, ora legge va tradotta in pratica

ZCZC9465/SXB XSP20194019477_SXB_QBXB R CRO S0B QBXB Cefalea malattia sociale, ora legge va tradotta in pratica (ANSA) - ROMA, 12 LUG - Quella che riconosce la cefalea primaria cronica come malattia sociale e' "una legge straordinaria, ma deve avere una sua traslazione sul paziente: non deve essere solo un doveroso seppur tardivo riconoscimento, ma la pietra angolare di un'assistenza cucita sulle esigenze del paziente stesso". Ad evidenziarlo e' il direttore del Centro Regionale del Lazio per le Cefalee dell'Universita' Sapienza presso l'Ospedale Sant'Andrea di Roma, Paolo Martelletti. "Culturalmente - osserva Martelletti - e' un passaggio importante ora bisogna passare alla parte pratica: con tutele sanitarie dedicate e 'cucite' sui pazienti". Ricordando che il provvedimento interessa almeno tre milioni di persone, solo secondo le stime sull'emicrania ad alta frequenza e cronica, l'esperto parla di "un lungo cammino durato oltre 10 anni, la cui importanza risiede nel fatto che e' cambiata la percezione sociale di una malattia che e' molto diffusa, ma e' stata spesso non valutata per il suo reale impatto". Ora questo e' cambiato, anche grazie a nuovi farmaci specifici. "Con gli anni - aggiunge Martelletti - e' migliorata la capacita' diagnostica, abbiamo formato nuove generazioni di medici esperti e le diagnosi sono diventate sempre piu' precise. Il passaggio ancor piu' importante si e' avuto con farmaci specifici: dieci anni fa la tossina botulinica per l'emicrania cronica e adesso gli anticorpi monoclonali. Anche un medico non esperto oggi non si azzarderebbe piu' a definire la cefalea una cosa banale perche' vi sono farmaci estraneamente importanti che la curano". I due processi hanno portato a considerare sempre piu' l'emicrania per quella che e': "una patologia fortemente invalidante che, secondo gli ultimi studi, nella fascia di eta' al di sotto dei 50 anni e' la prima causa di disabilita' al mondo. Prima di ogni altra malattia, contando gli anni di vita vissuti con disabilita'". Ora per l'esperto occorre aumentare i centri di eccellenza, troppo pochi rispetto all'alto numero di pazienti, lavorare sull'importanza della prevenzione ed evitare gli errori diagnostici e i ritardi, che portano a un ricorso alle cure quando la patologia e' ormai cronicizzata (anche se con le nuove cure si puo' agire ugualmente). (ANSA). Y09-BG 12-LUG-20 12:06 NNNN 

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