SABATO 17 LUGLIO 2021 13.31.17
Dopo il G8 di Genova 2001, l'esito di vent'anni di processi
Dopo il G8 di Genova 2001, l'esito di vent'anni di processi Dopo il G8 di Genova 2001, l'esito di vent'anni di processi Il punto Roma, 17 lug. (askanews) -"La più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale": così Amnesty international definì la gestione da parte delle forze dell'ordine delle manifestazioni tenutesi in occasione del G8 di Genova 2001. Un precipitare di eventi che portò, dopo una prima manifestazione pacifica cui presero parte il 19 luglio 2001 circa 50mila persone, a iniziative diffuse in città e a un secondo corteo il 20 luglio, seguito da un terzo il 21 luglio, tutti caricati e repressi anche nel percorso autorizzato. Gli scontri successivi alle cariche del 20 luglio portarono, nel pomeriggio, all'uccisione in piazza Alimonda del giovane manifestante Carlo Giuliani da parte del carabiniere coetaneo Mario Placanica, e a una coda di cariche e scontri che si ripeterono anche a margine del secondo corteo internazionale convocato per il 21 luglio, cui presero parte oltre 300mila persone. Intorno alle 21 del 21 luglio le forze dell'ordine fecero irruzione nella scuola Pascoli, sede del coordinamento dei media indipendenti Indymedia, dove sequestrarono computer, filmati e materiali. Si spostarono, poi, nell'adiacente scuola Diaz, dove dormivano attivisti e giornalisti, che vennero picchiati e molti arrestati. Circa 240 persone fermate e arrestate durante i giorni della manifestazione furono in gran parte condotte nella caserma di Genova Bolzaneto. La ricostruzione processuale dei fatti è stata molto complessa e è durata oltre dieci anni. Furono circa 250 i processi per lesioni comprovate da parte dalle forze dell'ordine che vennero archiviati perché gli agenti non erano riconoscibili. La maggior parte dei 329 arrestati nelle giornate di Genova sono poi risultati estranei ai fatti contestati o non riconducibili alle imputazioni. Sono dieci i condannati in via definitiva per devastazione e saccheggio, cui sono stati comminati oltre 98 anni di carcere in tutto. Le prime cariche contro manifestanti inermi si sono verificate alla mattina del 20 luglio dalla piazza tematica dei pacifisti, piazza Manin, in cui fu ferita la volontaria di Medici con l'Africa Cuamm, Marina Spadaccini. Fu la prima a vincere una causa civile di risarcimento contro lo Stato per le lesioni subite, nonostante avesse le mani in alto, dalle manganellate ricevute in testa e al volto da agenti di passaggio. Due giovani spagnoli vennero arrestati nella stessa azione con l'accusa di aver aggredito agenti a piazza Manin, ma la Cassazione confermò nel 2010 la condanna degli agenti responsabili del loro pestaggio e arresto per falso ideologico. Il procedimento relativo all'uccisione di Carlo Giuliani, il primo a essere istruito, venne archiviato per l'impossibilità, secondo il Gip, di ricostruire correttamente la dinamica. L'assalto alla scuola Diaz del 21 luglio, condotto da oltre 500 agenti, portò, dopo il pestaggio che fu descritto da un funzionario in servizio come "macelleria messicana", a un arresto di massa per "detenzioni di armi in ambiente chiuso" a seguito del rinvenimento, a detta degli agenti, di due bombe molotov e alcuni bastoni. Circa un anno dopo, a seguito di un video diffuso da un'emittente locale, un agente confessò che i materiali erano stati introdotti da loro nella scuola. Alcuni computer dei giornalisti e dei legali presenti nel media center della scuola Pascoli vennero distrutti durante la perquisizione tanto che la la Federazione nazionale della stampa si costituì parte civile al processo contro questa irruzione. Tutti gli arrestati alle scuole Diaz e Pascoli vennero rilasciati, alcuni la sera stessa, e con il tempo caddero tutte le accuse contro di loro. Per le azioni nella scuola Diaz sono stati inizialmente rinviati a giudizio 28 esponenti delle forze dell'ordine e nel luglio 2012 la corte di Cassazione ha confermato 25 condanne. Il 7 aprile 2015 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato all'unanimità che è stato violato l'articolo 3 sul "divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti" durante l'irruzione della scuola Diaz. Il 6 aprile 2017, di fronte alla stessa Corte, l'Italia ha raggiunto una risoluzione amichevole con sei dei sessantacinque ricorrenti per gli atti di tortura subiti presso la caserma di Bolzaneto, ammettendo la propria responsabilità. Le 240 persone transitate per Bolzaneto, infatti, sono state in gran parte sottoposte a pratiche umilianti: le ragazze costrette a spogliarsi sotto minaccia e molestate, i ragazzi picchiati, molestati, e forzati a pratiche sessuali e di stampo razzista e fascista. Nonostante per i 44 imputati per i fatti di Bolzaneto, tranne 7, sia intervenuta la prescrizione, tutti furono costretti al risarcimento delle vittime. Nel 2001 il Parlamento europeo approvò una risoluzione in cui esprimeva "grande preoccupazione per il clima di impunità che sta sorgendo in alcuni Stati membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Francia, Italia, Portogallo, Svezia e Regno Unito), in cui gli atti illeciti e l'abuso della violenza da parte degli agenti di polizia e del personale carcerario, soprattutto nei confronti dei richiedenti asilo, dei profughi e delle persone appartenenti alle minoranze etniche, non vengono adeguatamente sanzionati ed esorta gli Stati membri in questione a privilegiare maggiormente tale questione nell'ambito della loro politica penale e giudiziaria". A prescindere dagli esiti dei processi, l'attuale sottosegretario con delega ai servizi, Franco Gabrielli, molti anni dopo spiegò in un'intervista che "la nottata non è mai passata. A Genova morì un ragazzo. Ed era la prima volta dopo gli anni della notte della Repubblica che si tornava ad essere uccisi in piazza. A Genova, un'infinità di persone, incolpevoli, subirono violenze fisiche e psicologiche che hanno segnato le loro vite. E se tutto questo, ancora oggi, è motivo di dolore, rancore, diffidenza, beh, allora vuol dire che, in questi sedici anni, la riflessione non è stata sufficiente. Né è stato sufficiente chiedere scusa a posteriori. Dopo dieci anni e dopo le sentenze di condanna definitive per la Diaz e Bolzaneto". Sis 20210717T133107Z
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