Giubbe Rosse
LA DISFATTA
Che l'Ucraina avrebbe perso la guerra con la Russia, nonostante il completo appoggio della NATO, era in fondo chiaro sin dal primo momento, a chiunque non avesse la mente ottenebrata dalla propaganda occidentale; dopo quasi due anni, è comunque diventato evidente a tutti - tranne una sparuta pattuglia di decerebrati.
Invece - e nessuno ci avrebbe scommesso - sono bastati poco più di due mesi affinché il conflitto in Palestina evidenziasse la disfatta di Israele e degli USA.
Quest'altra guerra, riaccesasi inaspettatamente - la classica variabile imprevista, che rimescola le carte - era apparentemente destinata a concludersi con l'ennesima, travolgente vittoria dell'esercito israeliano. In realtà, per chi sa osservare le cose, non c'è voluto molto per capire che la partita non sarebbe stata né facile né veloce, per Tel Aviv. In ogni caso, superati di poco i settanta giorni di guerra, si evidenzia addirittura la disfatta. Duplice, perché riguarda non solo Israele, ma gli stessi Stati Uniti.
Anche se il linguaggio pubblico in Israele - a cui non viene detta tutta la verità dai suoi leader, politici e militari - gronda ancora di suprematismo e di determinazione per conseguire la vittoria piena, la realtà (che già era cominciata a filtrare) alla fine erompe. Sia Washington che Tel Aviv hanno di fronte un nemico che non sono in grado di fronteggiare, né sul campo di battaglia né sull'arena internazionale. Le minacce, la deterrenza, si infrangono contro la fermezza delle varie forze della Resistenza. La cui lungimiranza strategica si sta evidenziando sempre più.
Due mesi di massacro aereo non sono serviti a conseguire un solo risultato militare. Le formazioni combattenti palestinesi sono più agguerrite ed efficaci che mai. La rete logistica ed infrastrutturale su cui si basano è pressoché integra. I prigionieri sono saldamente in mano alla resistenza.
E adesso l'IDF si appresta semplicemente a cedere, ad abbandonare il campo di battaglia, da sconfitta. Viene annunciato l'avvio di una 'terza fase', in cui le operazioni di terra cesseranno e si proseguirà soltanto con quelle aeree, mentre si provvederà a creare una 'zona cuscinetto' tra il territorio della Striscia e quello occupato da Israele. Continueranno a bombardare i civili, perché è l'unica cosa che riescano a fare, e che serve - ribadisco: a null'altro - a mascherare l'incapacità di vincere il nemico in combattimento. La stessa creazione di una zona di interposizione è il conclamato passaggio da una fase offensiva ad una difensiva. Israele ripiega, e la Resistenza può proclamare al mondo la sua vittoria. Tutto ciò che resta a Tel Aviv è un marchio d'infamia che non si cancellerà facilmente.
E nello stesso momento, l'alleato di ferro dello stato ebraico, "la più grande potenza del mondo", che lancia una crociata contro la Resistenza yemenita, si ritrova da sola prima ancora che si spenga l'eco delle sue parole: la grande coalizione internazionale si riduce a due sole navi che si aggiungeranno a quelle americane, mentre persino i più fedeli tra gli alleati sgattaiolano via. Colmo dell'umiliazione, Washington è costretta a chiedere segretamente a Teheran di intercedere, per placare gli Houti; e ovviamente il grande nemico iraniano si prende pure la soddisfazione di rispondere picche.
Non c'è che dire, questo 2024 si presenta sotto i migliori auspici...
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Che l'Ucraina avrebbe perso la guerra con la Russia, nonostante il completo appoggio della NATO, era in fondo chiaro sin dal primo momento, a chiunque non avesse la mente ottenebrata dalla propaganda occidentale; dopo quasi due anni, è comunque diventato evidente a tutti - tranne una sparuta pattuglia di decerebrati.
Invece - e nessuno ci avrebbe scommesso - sono bastati poco più di due mesi affinché il conflitto in Palestina evidenziasse la disfatta di Israele e degli USA.
Quest'altra guerra, riaccesasi inaspettatamente - la classica variabile imprevista, che rimescola le carte - era apparentemente destinata a concludersi con l'ennesima, travolgente vittoria dell'esercito israeliano. In realtà, per chi sa osservare le cose, non c'è voluto molto per capire che la partita non sarebbe stata né facile né veloce, per Tel Aviv. In ogni caso, superati di poco i settanta giorni di guerra, si evidenzia addirittura la disfatta. Duplice, perché riguarda non solo Israele, ma gli stessi Stati Uniti.
Anche se il linguaggio pubblico in Israele - a cui non viene detta tutta la verità dai suoi leader, politici e militari - gronda ancora di suprematismo e di determinazione per conseguire la vittoria piena, la realtà (che già era cominciata a filtrare) alla fine erompe. Sia Washington che Tel Aviv hanno di fronte un nemico che non sono in grado di fronteggiare, né sul campo di battaglia né sull'arena internazionale. Le minacce, la deterrenza, si infrangono contro la fermezza delle varie forze della Resistenza. La cui lungimiranza strategica si sta evidenziando sempre più.
Due mesi di massacro aereo non sono serviti a conseguire un solo risultato militare. Le formazioni combattenti palestinesi sono più agguerrite ed efficaci che mai. La rete logistica ed infrastrutturale su cui si basano è pressoché integra. I prigionieri sono saldamente in mano alla resistenza.
E adesso l'IDF si appresta semplicemente a cedere, ad abbandonare il campo di battaglia, da sconfitta. Viene annunciato l'avvio di una 'terza fase', in cui le operazioni di terra cesseranno e si proseguirà soltanto con quelle aeree, mentre si provvederà a creare una 'zona cuscinetto' tra il territorio della Striscia e quello occupato da Israele. Continueranno a bombardare i civili, perché è l'unica cosa che riescano a fare, e che serve - ribadisco: a null'altro - a mascherare l'incapacità di vincere il nemico in combattimento. La stessa creazione di una zona di interposizione è il conclamato passaggio da una fase offensiva ad una difensiva. Israele ripiega, e la Resistenza può proclamare al mondo la sua vittoria. Tutto ciò che resta a Tel Aviv è un marchio d'infamia che non si cancellerà facilmente.
E nello stesso momento, l'alleato di ferro dello stato ebraico, "la più grande potenza del mondo", che lancia una crociata contro la Resistenza yemenita, si ritrova da sola prima ancora che si spenga l'eco delle sue parole: la grande coalizione internazionale si riduce a due sole navi che si aggiungeranno a quelle americane, mentre persino i più fedeli tra gli alleati sgattaiolano via. Colmo dell'umiliazione, Washington è costretta a chiedere segretamente a Teheran di intercedere, per placare gli Houti; e ovviamente il grande nemico iraniano si prende pure la soddisfazione di rispondere picche.
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