Odio gli indifferenti, scriveva Gramsci.
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Odio
gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi
vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza
è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli
indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia.
L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma
opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che
sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la
materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che
si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla
sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà
abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento
potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non
sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e
la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la
fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro
che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale
rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e
chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni
piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o
pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi
cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è
successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

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