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sabato 22 novembre 2025

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Il vergognoso trauma inflitto alle bambine della famiglia Travallion dall’ottuso gelo burocratico che le ha allontanate dalla loro vita familiare lo sto osservando con particolare immedesimazione e dunque con dolore. Infatti, da bambino ho vissuto in campagna in una situazione che ha notevoli affinitΓ  con quella che era la loro vita fino a pochi giorni fa, lontana da tutte le presunte comoditΓ  della modernitΓ  eppure autenticamente felice ed equilibrata. Immagino con orrore l’intervento di una presenza estranea e tetragona che avesse profanato quella mia adorata routine della fanciullezza.
Fino all’etΓ  di sette anni avevo vissuto in un paese del centro Sardegna, in una casa che poteva giovarsi dello stesso kit di comoditΓ  di qualsiasi casa proletaria urbana italiana, dal frigo alla TV all’acqua corrente. I miei decidono proprio allora di iniziare una nuova vita in un comune della costa orientale, in un appezzamento comprato vent’anni prima dai miei nonni paterni, dove avevano edificato una casetta in cui vivevano tranquillamente “off grid” (anche perchΓ© nei paraggi non c’era nessuna “grid”, nessuna rete). ChissΓ  che pericoli avrebbero visto gli assistenti sociali per un bimbo proiettato di colpo in un nuovo inizio che gli negava l’onda lunga del “progresso” e tutte le abitudini fin lΓ¬ acquisite. Per parte mia, mi sentivo nelle mani salde di una famiglia.
Ho il privilegio di ricordare quasi ogni dettaglio della mia infanzia collocata nei lontani anni Settanta del secolo scorso, con memorie che non hanno mai perso la loro emozionante freschezza.
Sento ancora l’odore del fieno, il rumore del vento fra gli alberi, i passi energici del nonno che mi insegna i segreti dell’orto, i sapori chiassosi degli ortaggi, il rito del recupero serale delle galline ruspanti che compongono nelle loro uova una tavolozza di sapori incomparabili con qualsiasi uovo acquistato nei supermercati. Ho la gioia della noia, mentre vigilo il lento pascolo delle mucche e prendo l’abitudine di leggere da cima a fondo i quotidiani che mi raccontando le gesta poco eroiche di certi adulti che si sentono padroni del mondo.
Ho tuttora presente nelle gambe la sensazione dei lunghi e polverosi tratti di strada a piedi per raggiungere le case dei bambini “vicini” nelle poche e disperse abitazioni edificate qui e lΓ¬ in quella vasta campagna. Mi vedo ancora in auto con mio padre, mentre lo accompagno, come faccio ogni pochi giorni, fino a una fonte che spunta ai piedi di una ripida collina, in mezzo alla macchia, fra querce, olivastri, cisto e tappeti di inula viscosa, per fare scorta di acqua potabile.
Dovremo aspettare ancora molti anni prima che in quella campagna giungano le tubature dell’acqua corrente e le reti elettriche. Nel frattempo, alla sera, l’illuminazione Γ¨ data da una pluralitΓ  di fonti molto Amish: lampade a gas, ma piΓΉ spesso, banali steariche. Cosa meno Amish, per la cena di Natale del 1976 i miei si divertono a collegare una lampadina a una dinamo alimentata dal trattore, che mi incuriosisce ma non mi invoglia a fare di piΓΉ di quanto non faccia giΓ  alla luce delle candele: ad esempio leggere. I miei genitori non hanno potuto studiare, ma non perdono occasione per portare a casa nuovi libri e io li leggo, anche sotto le luci tremolanti delle fiammelle del candelabro.
[…]
[FINE PRIMA PARTE]
[SEGUE…]

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[…SEGUE]
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In attesa della costruzione della nuova casa a cento metri di distanza, alloggiamo per qualche tempo nella casa dei nonni, fra risalite di umiditΓ  sui muri che sarebbero sicuramente fonte di orrore per l’universo asettico della magistrata che ha deciso di strappare le bambine dalla loro dignitosissima casa rurale.
I bambini dei dintorni, anch’essi tutti “off grid”, abitano lΓ¬ da piΓΉ tempo di me e perciΓ² sono tutti piΓΉ abili nel distinguere ogni specie botanica, nell’arrampicarsi con agilitΓ , nel maneggiare coltelli, ma mi insegnano a nuotare, a costruire baracche e rifugi per animali e mille altre scuse per trascorrere all’aria aperta un mare di ore. Quell’impronta esistenziale mi Γ¨ rimasta anche nella vita adulta, nonostante le mille tentazioni tentacolari dei dispositivi informatici e gli obblighi che mi riconfinano dentro pseudo-connessioni che mi disconnettono dalla natura. Appena posso, sto all’aperto a lungo e finalmente respiro come voglio. PerciΓ² conosco bene il respiro di quelle tre bambine presso le quali la Legge si Γ¨ presentata con il volto piΓΉ lontano dalla Giustizia.
Nulla che non sia giΓ  stato profetizzato a suo tempo da Pier Paolo Pasolini. Egli aveva capito prima di tutti che la scomparsa della civiltΓ  contadina non era un mero fatto folklorico, e non temeva di assimilarla a un genocidio culturale: cioΓ¨ la distruzione di un mondo autentico, sostituito da un’umanitΓ  standardizzata, prodotta in serie dal consumismo. Le sue “lucciole scomparse” erano il presagio di un nuovo Potere che non avrebbe mai piΓΉ tollerato nulla che sfuggisse all’omologazione.
Cinquant’anni dopo, quel Potere ha il volto della magistratura e dei servizi sociali che hanno strappato le bambine Travallion dalla loro vita: lo stesso sguardo sospettoso e coloniale verso ciΓ² che non sia urbanizzato, compatibile con freddi protocolli, sterilizzato. Hanno scambiato per pericolo ciΓ² che era - nel modo piΓΉ evidente e semplice - pura autenticitΓ . Hanno trattato una casa rurale come la scena di un delitto. A nulla valeva vedere che avevano pannelli fotovoltaici (neanche le mie vecchie candele, per dire). Hanno punito una diversitΓ  che non sapevano interpretare, perchΓ© nel frattempo questi funzionari si manifestano come la perfetta espressione di un ceto semi-colto capace di ogni ferocia, con un vocabolario democratico ma un immaginario autoritario: esaltano tipicamente la “tutela”, la “sicurezza”, la “protezione”, ma sono pronti a giustificare i peggiori abusi in nome di queste parole. Proprio per questo, per loro, il percorso formativo da scuola parentale seguito da quella famiglia Γ¨ come l’aglio per i vampiri. La sentenza che ha scaraventato traumaticamente le bambine in una casa protetta sconosciuta gestita con rigidi cavilli, dichiara che «la deprivazione del confronto fra pari in etΓ  da scuola elementare puΓ² avere effetti significativi sullo sviluppo del bambino, che si manifestano sia in ambito scolastico che non scolastico». Quanta cura, per lo sviluppo dell’infanzia!
È la solita cieca violenza dell’omologazione: incapace di capire la vita nella sua sorprendente inventiva, perΓ² molto capace di devastarla senza alcun rimorso, senza alcun principio di prudenza. Allo stesso tempo del tutto incapace di qualsiasi riflessione e qualsiasi intervento sull’immane disastro cognitivo dell’iperconnessione agli schermi con cui si sta consumando il vero “abbandono di minore” per milioni di giovanissime vittime (le chiamo cosΓ¬ e ritengo di non esagerare). LΓ¬ tutto normale, mentre per delle bambine cresciute sane e nell’amore si chiamano i gendarmi.
Il paradosso Γ¨ questo: gli iniziatori di questa bella famiglia sono stranieri che hanno scelto l’Italia pensando di ritrovarla nella sua accogliente tradizione popolare. Volevano in qualche modo essere italiani, ma sono stati traditi dall’Italia odierna, che proprio non tollera un’Italia che non c’Γ¨ piΓΉ.
[FINE]

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