Per dare una speranza all’Italia questo Governo deve andarsene
Dopo una lunga fase nella quale il Governo ha cercato in ogni modo di diffondere un infondato ottimismo sulla situazione economica, ora purtroppo la verità viene a galla. La verità raccontata da tanti istituti di ricerca nazionali ed internazionali è quella di un paese imballato, che non cresce e in cui invece crescono disuguaglianze e ingiustizie.
Anzitutto il problema dei mercati finanziari. La speculazione finanziaria impazza come e peggio di prima, mettendo a rischio interi paesi come la Grecia, il cui cedimento avrebbe ripercussioni enormi su altri paesi europei e forse anche sull’Italia e certamente aprirebbe una fase tormentata, se non peggio, per l’euro. Le Agenzie di rating malgrado tutti i sospetti sul ruolo che hanno svolto durante la recente crisi finanziaria hanno ripreso l’immeritato ruolo di oracolo e guida dei mercati finanziari. Fa impressione la cifra complessiva dei derivati finanziari. Il Sole 24 ore ha parlato di 500.000 miliardi di euro, una cifra spaventosa, quasi 10 volte il PIL mondiale. Di più: il mercato dei derivati è in piena ripresa e la speculazione ne consegue perché deve rispondere alle pretese dei mercati finanziari. Di controlli nemmeno l’ombra. C’è chi si è attardato nella convinzione che basta il controllo del mercato, chi ha detto no sistematicamente ad ogni proposta, compresa la Tassa sulle Transazioni Finanziarie, in modo che nulla cambiasse. Tirando le somme. Il sistema finanziario fuori controllo ha causato una recessione economica paragonabile al 1929. La ripresa è molto lenta e faticosa, raggiungerà il livello precedente in tempi diversi a seconda dei paesi. In Italia (oggi ancora 5,3 punti di PIL sotto il 2008) occorrerà aspettare ancora almeno 5 anni. Per salvare le banche gli Stati si sono indebitati e ora pagano l’aumento del debito pubblico e dei deficit con la maggiore esposizione alla speculazione finanziaria. L’Europa avrebbe dovuto lavorare per il controllo e la regolazione regolare dei mercati finanziari a livello mondiale, gli Stati Uniti hanno adottato regole più stringenti all’interno ma hanno lasciato perdere ogni velleità di controllo internazionale. Alcune avance cinesi sono state lasciate cadere. La ripresa economica in Europa è faticosa, tranne la Germania, e per l’Italia quasi inesistente. Con l’1 % siamo praticamente fermi e infatti l’occupazione ristagna e in qualche caso ulteriormente minacciata come dimostra Fincantieri.
Tremonti continua il refrain che abbiamo i conti in ordine e dopo verrà la crescita. Continua a non capire che tra i fattori che deprimono l’economia ci sono anche i suoi tagli lineari e la depressione degli investimenti pubblici. In verità anche i conti non sono molto in ordine, tanto è vero che si sta preparando una manovra di aggiustamente di 40 miliardi entro il 2014 e dal 2015 inizierà a pesare la regola europea di ridurre il deficit del 3% l’anno, per 20 anni, per portare il debito pubblico italiano al 60 % del Pil. Le chiacchiere di Tremonti sui parametri più elastici ottenuti dall’Italia stanno a zero. Infatti la Corte dei Conti ha indicato in 46 miliardi l’anno per 20 anni a partire dal 2015 il rientro dei conti pubblici italiani. La gelata sull’economia e sull’occupazione sarà terribile, lo stato sociale verrà distrutto. Non è vero che non si poteva fare diversamente. Tagliare nello stesso modo spesa corrente e investimenti è stato un errore. Senza trascurare che i redditi da lavoro e da pensione sono ostaggio della mancata restituzione del drenaggio fiscale. Quindi il lavoro paga più tasse e nello stesso tempo è più esposto sotto il profilo inflazionistico che il Governo stesso si incarica di alimentare, lasciando correre le tasse per i prodotti petroliferi e addirittura aumentandole con la scusa di aumentare gli interventi per i beni culturali.
Il Governo scherza con il fuoco. Se l’inflazione diventasse un problema serio prima o poi ci saranno conseguenze sul servizio del debito pubblico e sulle spese per pensioni e stipendi pubblici. Certo con ritardo ma quando arriverà sarà una sorta di calcio del mulo. Inoltre l’inflazione taglia i redditi fissi e bassi e quindi si andrebbe ad un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita. Addio ripresa economica. Le condizioni di vita descritte dall’Istat sono preoccupanti: povertà al 13 % e rischio povertà fino al 25 % della popolazione, un italiano su 4. L’Inps ha detto che la metà dei pensionati è sotto i 500 euro al mese.
Dove trovare i soldi per una politica diversa ? Non è una risposta semplice ma è possibile. Certo, se tutti i “santuari” voluti dalla destra dovessero diventare intoccabili (scudo fiscale, cancellazione dell’ICI per i redditi alti, tassazione ridotta ai proprietari che affittano appartamenti, ecc.) tutto sarebbe più complicato. Certo se si ha paura di tassare le rendite finanziarie e anche di chiedere un aiuto (alla francese) ai grandi patrimoni sarebbe difficile trovare le risorse. Ci sono anche altri spazi. Ad esempio anche il Sole si interroga se non ci siano spese di investimento che fatte oggi danno maggiori entrate in futuro e in effetti è così. E’ il problema della ripresa economica, obiettivo prioritario per la quale occorre trovare le risorse. Tagli e chiacchiere non porteranno da nessuna parte. Senza ripresa tutto è più difficile e l’aspetto più grave è l’assenza di prospettive per i giovani, con un’intera generazione ormai tagliata fuori dal mercato del lavoro e in parte spinta all’estero.
Ora occorre una svolta di politica economica, anche di qualità, con obiettivi di qualità sociale ed ambientale, ma questo Governo non ha la cultura per farla perché ragiona per concessioni ad interessi amici o considerati tali.
Occorre un nuovo patto sociale ma questo Governo, con fin troppe complicità, ha praticato una linea rancorosa e discriminatoria nelle relazioni sociali, che dura tuttora.
Occorre un progetto di innovazione, ad esempio un progetto energetico rivolto al futuro, ma questo è il Governo che ci ha provato con il nucleare, con ampie complicità di Confindustria.
Occorre una spinta nei territori che è il contrario del federalismo finto, intermittente, che nega le risorse per garantire i diritti e offre risorse, meglio agli amici, in cambio di controriforme.
E’ un pasticcio terribile. Non è solo il confronto tra diverse linee possibili di politica economica: da una parte il disastro, che non è solo responsabilità di Berlusconi ma anche di Tremonti, dall’altra una faticosa uscita dalla palude che richiede la capcità di scegliere e di fare partecipare alle scelte anche quando dovessero essere dolorose.
La discussione sul futuro del nostro paese non ha ancora raggiunto la drammaticità della reale situazione e questo è un male. C’è da sperare che dopo il ballottaggio e i referendum la disussione acquisti la profondità e l’urgenza che dovrebbe avere e senza dubbio la premessa necessaria è superare questo Governo.
Alfiero Grandi
Nessun commento:
Posta un commento