SENTENZA N. 82
ANNO 2013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-
Franco GALLO
Presidente
-
Luigi MAZZELLA
Giudice
-
Gaetano SILVESTRI
”
-
Sabino CASSESE
”
-
Giuseppe TESAURO
”
- Paolo
Maria NAPOLITANO ”
-
Giuseppe FRIGO
”
-
Alessandro CRISCUOLO
”
-
Paolo GROSSI
”
-
Giorgio LATTANZI
”
-
Aldo CAROSI
”
-
Marta CARTABIA
”
-
Sergio MATTARELLA
”
- Mario
Rosario MORELLI
”
-
Giancarlo CORAGGIO
”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’art. 20, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica
e la perequazione tributaria), convertito in legge dall’art. 1 della legge 6
agosto 2008, n. 133, promosso dalla Corte di cassazione nel procedimento
vertente tra l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e la
s.p.a. ASPES Multiservizi ed altra, con
ordinanza del 28 giugno 2011, iscritta al n. 261 del registro ordinanze 2011
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima
serie speciale, dell’anno 2011.
Visti
gli atti di costituzione dell’INPS e della s.p.a. ASPES
Multiservizi ed altra nonché l’atto di intervento della s.p.a. Metro
Italia Cash and Carry
e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nell’udienza pubblica del 27 febbraio 2013 il Giudice relatore Luigi
Mazzella;
uditi
gli avvocati Antonino Sgroi per INPS, Monica Grassi per la s.p.a. ASPES
Multiservizi ed altra e l’avvocato dello Stato
Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Nel corso di un giudizio promosso
dalla ASPES - Azienda Servizi Pesaresi (alla quale, nel corso del
procedimento, sono succedute la s.p.a.
ASPES e la s.p.a. ASPES
Multiservizi) diretto ad ottenere dall’Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS) la restituzione, tra l’altro, dei
contributi di malattia versati per il periodo febbraio 1990 - agosto 2000,
la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento all’articolo 3 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 20,
comma 1, «ultimo inciso» [rectius,
secondo periodo], del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge dall’art. 1 della legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo
in vigore prima della modifica apportata dall’art. 18, comma 16, lettera
b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito in legge dall’art. 1 della legge 15
luglio 2011, n. 111.
1.1.– A proposito della rilevanza della
questione, la Corte rimettente espone che le parti private sostengono di non
essere soggette all’obbligo contributivo per l’assicurazione contro le
malattie, perché l’art. 6, secondo comma, della legge 11 gennaio 1943, n.
138 (Costituzione dell’Ente «Mutualità fascista - Istituto per l’assistenza
di malattia ai lavoratori»), dispone che l’indennità di malattia posta a
carico dell’ente previdenziale non è dovuta quando, come nel loro caso, il
datore di lavoro è obbligato, in forza di legge o di contratto, a
corrispondere ai dipendenti assenti per malattia un trattamento economico
pari o superiore all’indennità di malattia stessa.
Il giudice a quo aggiunge che nelle
more del giudizio è intervenuto l’art. 20, comma l, del decreto-legge n. 112
del 2008, il quale ha dettato una norma di interpretazione autentica
dell’art. 6, secondo comma, della legge n. 138 del 1943, secondo la quale,
da un lato, i datori di lavoro che, per legge o per contratto collettivo,
anche di diritto comune, corrispondono ai dipendenti il trattamento
economico di malattia, con conseguente esonero dell’INPS dall’erogazione
dell’indennità di malattia, non sono tenuti al versamento della
contribuzione per l’assicurazione contro le malattie e, dall’altro, le
contribuzioni comunque già versate e relative a periodi precedenti al 1°
gennaio 2009 restano acquisite alla gestione e quindi non sono suscettibili
di ripetizione.
La Corte rimettente afferma che, per
decidere la controversia, deve fare applicazione appunto dell’ultima parte
della predetta disposizione, cioè di quella che esclude la ripetibilità dei
contributi già versati.
1.2.– Quanto alla non manifesta
infondatezza della questione, il giudice a quo premette che l’art.
20, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 è stato oggetto di scrutinio
da parte della Corte costituzionale, essendo stato sospettato di violare
l’art. 3, primo comma, Cost., in quanto, sebbene formulato come una norma di
interpretazione autentica, costituirebbe in realtà una legge-provvedimento e
perché irragionevolmente premierebbe i datori di lavoro inadempienti e
discriminerebbe quelli che hanno tempestivamente versato i contributi
dovuti.
La
sentenza n. 48 del 2010 ha tuttavia dichiarato non fondata la questione
e il rimettente ricorda come in quell’occasione la Corte costituzionale
abbia precisato che oggetto della censura (e dunque dello scrutinio di
costituzionalità) era non già la seconda parte del comma 1 dell’art. 20 del
decreto-legge n. 112 del 2008 (quella che esclude la ripetibilità dei
versamenti eseguiti prima del 2009), bensì la sola prima parte del comma
suddetto (quella che contiene la norma di interpretazione autentica per
effetto della quale non sono dovuti i contributi da parte delle imprese che
erogano la retribuzione ai dipendenti in malattia); così limitato l’oggetto
dello scrutinio, la questione non era fondata, poiché l’art. 20, comma 1,
del decreto-legge n. 112 del 2008 non può essere qualificato come
legge-provvedimento, riferendosi ad un numero indeterminato di destinatari e
non concernendo un oggetto rientrante tra quelli propri dei provvedimenti
amministrativi, né opera una sanatoria di comportamenti illeciti, ma
introduce una nuova disciplina del contributo previdenziale relativo
all’assicurazione contro le malattie e, pertanto, costituisce espressione
della discrezionalità di cui gode il legislatore nella conformazione
dell’obbligazione contributiva. La stessa Corte costituzionale ha poi
affermato – sempre secondo il rimettente – che in tale discrezionalità
rientra anche la contestuale estensione retroattiva della nuova disciplina,
la cui legittimità costituzionale non è inficiata dalla previsione
dell’irripetibilità delle contribuzioni versate per i periodi anteriori al
1° gennaio 2009, perché l’irripetibilità di quanto pagato prima dell’entrata
in vigore del più favorevole regime dell’obbligazione contributiva non
determina, di per sé, l’illegittimità dell’efficacia retroattiva di tale
nuovo regime.
La rimettente aggiunge che nell’ultimo
capoverso della motivazione della
sentenza n. 48 del 2010, la Corte costituzionale ha peraltro precisato
che restava impregiudicata qualsiasi valutazione sulla legittimità
dell’esclusione della restituzione delle somme già versate a titolo di
contributi di malattia, prevista nella parte della disposizione che essa
rimettente deve applicare nel giudizio principale.
Tale parte dell’art. 20, comma 1, del
decreto-legge n. 112 del 2008, ad avviso della Corte di cassazione, vìola
l’art. 3 Cost., poiché introduce un’irragionevole disparità di trattamento,
ponendo i soggetti che hanno correttamente adempiuto all’obbligo di versare
i contributi in una condizione di oggettivo pregiudizio rispetto a quanti,
contravvenendo al dettato normativo, hanno omesso il medesimo versamento.
Tale effetto, inoltre, non potrebbe
qualificarsi come meramente accidentale o di fatto, discendendo direttamente
dal portato normativo della disposizione di interpretazione autentica. Né a
evitare la violazione del principio di eguaglianza potrebbero valere
considerazioni metagiuridiche quali il prevedibile contenzioso derivante
dall’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della norma
ovvero il connesso onere finanziario che deriverebbe dalla restituzione, da
parte dell’INPS, dei contributi a suo tempo versati. Tali argomenti,
infatti, non potrebbero giustificare una palese disparità di trattamento.
2.– Nel giudizio di costituzionalità si
sono costituite la s.p.a. ASPES e la s.p.a. ASPES
Multiservizi le quali hanno concluso chiedendo che la questione sia
dichiarata fondata.
A sostegno della rilevanza e della
fondatezza della questione le due società svolgono argomentazioni analoghe a
quelle contenute nell’ordinanza di rimessione.
Aggiungono che la questione è ammissibile
perché, anche se la Corte costituzionale si è già pronunciata in due
occasioni sull’art. 20, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, essa non
ha mai valutato la legittimità della seconda parte del predetto comma, il
quale prevede la mancata restituzione dei contributi versati pur in difetto
del relativo obbligo.
3.– Anche l’INPS si è costituito ed ha
chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
L’ente previdenziale rileva
preliminarmente che la norma censurata è stata modificata dall’art. 18,
comma 16, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale ha
stabilito che i contributi definitivamente acquisiti alla gestione
previdenziale e irripetibili sono quelli versati per periodi anteriori al 1°
maggio 2011 (e non più al 1° gennaio 2009, come previsto dal testo
originario della norma). Inoltre, lo stesso art. 18, comma 16, ha introdotto
nell’art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008 il comma 1-bis,
secondo il quale «A decorrere dal 1° maggio 2011, i datori di lavoro di cui
al comma 1 sono comunque tenuti al versamento della contribuzione di
finanziamento dell’indennità economica di malattia in base all’articolo 31
della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per le categorie di lavoratori cui la
suddetta assicurazione è applicabile ai sensi della normativa vigente».
L’INPS evidenzia che il giudice a quo non ha potuto tener conto di
tali modificazioni, perché esse sono intervenute dopo il deposito
dell’ordinanza di rimessione.
Nel merito, l’istituto previdenziale
deduce che la questione non è fondata, poiché il legislatore ha inserito, in
seno ad una disposizione di interpretazione autentica, una regola a valenza
generale diretta a far salvi i versamenti contributivi eseguiti prima
dell’entrata in vigore della disposizione esonerativa. Al riguardo l’INPS
menziona altri casi in cui il legislatore ha introdotto norme analoghe a
quella oggetto della presente questione: l’art. 9-bis del
decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103 (Disposizioni urgenti in materia
previdenziale), convertito in legge dall’art. 1 della legge 1° giugno 1991,
n. 166, e l’art. 1, comma 13, della legge 3 marzo 1987, n. 61 (Modificazioni
ed integrazioni della legge 6 dicembre 1971 n. 1084, per la disciplina del
Fondo di previdenza per il personale dipendente da aziende private del gas).
4.– È intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale
dello Stato, il quale ha concluso chiedendo che la questione sia dichiarata
infondata.
A sostegno di tale richiesta, la difesa
dello Stato sostiene che, nel rispetto del principio di certezza e
definitività dei rapporti giuridici, il legislatore ha ragionevolmente
ritenuto opportuno consolidare le situazioni contributive già definite
attraverso lo spontaneo adempimento da parte dei datori di lavoro. La
previsione della ripetibilità dei contributi avrebbe invece pregiudicato le
posizioni contributive già acquisite dai lavoratori, in violazione del
principio solidaristico sotteso al sistema assicurativo.
Il Presidente del Consiglio dei ministri
aggiunge che le posizioni di quanti hanno versato i contributi e quelle di
coloro che invece hanno contestato di dover adempiere sono tra loro
differenziate; infatti, i primi, al contrario dei secondi, hanno manifestato
un comportamento incompatibile con la volontà di ritenersi esonerati
dall’adempimento di cui trattasi.
5.– Nel giudizio di legittimità
costituzionale è intervenuta la s.p.a. Metro Italia
Cash and Carry chiedendo che la norma
censurata sia dichiarata illegittima.
Preliminarmente, la società sostiene di
aver diritto ad intervenire nel presente giudizio di costituzionalità alla
luce delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale
approvate con delibera del 7 ottobre 2008 e, in particolare, dell’art. 4 di
tali norme. Infatti, essa ha versato all’INPS i contributi per malattia
relativi agli anni dal 1994 al 1998, contemporaneamente corrispondendo ai
propri dipendenti il trattamento di malattia in esecuzione di un contratto
collettivo integrativo aziendale sottoscritto il 1° ottobre 1993. Pertanto,
nel caso in cui l’art. 20, comma 1, ultimo inciso, del decreto-legge n. 112
del 2008 fosse dichiarato illegittimo, essa sarebbe legittimata ad ottenere
la restituzione delle somme versate.
Nel merito, la s.p.a. Metro
Cash and Carry
afferma che la norma censurata vìola l’art. 3 Cost., sia sotto il profilo
dell’irragionevole disparità di trattamento tra datori di lavoro che hanno
versato i contributi e quelli che invece non li hanno pagati, sia in
considerazione della posizione di sfavore in cui si trovano i creditori che,
avendo ricevuto il pagamento di somme non dovute, sono tenuti alla loro
restituzione, rispetto all’INPS, il quale invece ha il diritto di trattenere
i contributi per legge non dovuti.
6.– In prossimità dell’udienza di
discussione la s.p.a. Metro Cash &
Carry ha depositato una memoria nella quale ha
ribadito la sussistenza del proprio interesse ad intervenire nel presente
giudizio di costituzionalità.
Nel merito ha affermato che la
norma censurata contrasta con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza
e ha dedotto l’infondatezza delle argomentazioni svolte dall’INPS e dal
Presidente del Consiglio dei ministri nei rispettivi atti di costituzione
circa norme analoghe a quella oggetto del presente giudizio delle quali
sarebbe stata ritenuta la legittimità costituzionale. In particolare, la
difesa della società interveniente ha sostenuto l’inconferenza
del riferimento alla
sentenza della Corte costituzionale n. 292 del 1997.
Considerato in diritto
1.– La Corte di cassazione
dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 20, comma 1, secondo
periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per
lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito in legge dall’art. 1 della legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo
in vigore prima della modifica apportata dall’art. 18, comma 16, lettera
b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito in legge dall’art. 1 della legge 15
luglio 2011, n. 111.
La Corte rimettente deduce che la norma
censurata, disponendo che «Restano acquisite alla gestione e conservano la
loro efficacia le contribuzioni comunque versate per i periodi anteriori
alla data del 1° gennaio 2009», nonostante che il primo periodo dello stesso
art. 20, comma 1, preveda che «Il secondo comma dell’art. 6, della legge 11
gennaio 1943, n. 138, si interpreta nel senso che i datori di lavoro che
hanno corrisposto per legge o per contratto collettivo, anche di diritto
comune, il trattamento economico di malattia, con conseguente esonero
dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dall’erogazione della
predetta indennità, non sono tenuti al versamento della relativa
contribuzione all’Istituto medesimo», vìola l’art. 3 della Costituzione,
poiché è fonte di un’irragionevole disparità di trattamento, ponendo i
soggetti che hanno correttamente adempiuto all’obbligo di versare i
contributi in una condizione di oggettivo pregiudizio rispetto a quanti,
contravvenendo al dettato normativo, hanno omesso il medesimo versamento.
2.– Preliminarmente deve essere confermata
l’ordinanza adottata nel corso dell’udienza pubblica, ed allegata alla
presente sentenza, con la quale è stato dichiarato inammissibile
l’intervento della s.p.a. Metro Italia Cash and
Carry. Ciò in applicazione del consolidato
orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nel giudizio
di legittimità costituzionale in via incidentale, non sono ammissibili gli
interventi di soggetti che non siano parti nel giudizio a quo, né
siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al
rapporto sostanziale dedotto in giudizio.
3.– La questione è fondata.
Come già rilevato da questa
Corte (sentenza
n. 48 del 2010), l’art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008 ha
introdotto una nuova disciplina del contributo previdenziale relativo
all’assicurazione contro le malattie. La norma ha, da un lato (innovando
rispetto al diritto vivente) dichiarato non dovuti i contributi di malattia
da parte dei datori di lavoro che corrispondono ai propri dipendenti il
trattamento di malattia e, dall’altro, ha mantenuto fermi i pagamenti (a
questo punto, indebiti) eventualmente già eseguiti a tale titolo da quei
datori di lavoro.
Nella medesima occasione
questa Corte ha affermato che la disposizione, nella parte in cui ha escluso
la sussistenza dell’obbligo contributivo a carico dei datori di lavoro che
corrispondono il trattamento di malattia, costituisce espressione della
discrezionalità di cui gode il legislatore nella conformazione
dell’obbligazione contributiva. Discrezionalità nella quale rientra anche la
contestuale estensione retroattiva della nuova disciplina. Questa stessa
Corte, in conformità con la sua precedente giurisprudenza (sentenza
n. 292 del 1997), ha escluso che l’irripetibilità di quanto versato
prima dell’entrata in vigore del nuovo, più favorevole, regime
dell’obbligazione contributiva determinasse, di per sé, l’illegittimità
dell’efficacia retroattiva di tale nuovo regime. Contemporaneamente ha fatto
salva qualsiasi valutazione sulla legittimità dell’esclusione della
restituzione delle somme già versate a titolo di contributi di malattia,
prevista nella parte della norma non censurata in quella sede e, invece,
oggetto della presente questione.
Orbene, come già affermato da
questa Corte (sentenze
n. 227 del 2009,
n. 330 del 2007,
n. 320 del 2005,
n. 416 del 2000), sono illegittime, per violazione del principio di
uguaglianza consacrato nell’art. 3 Cost., le disposizioni che, posta la non
debenza di una determinata prestazione
patrimoniale, prevedano l’irripetibilità di quanto sia stato versato
nell’apparente adempimento della (in realtà inesistente) obbligazione. E
questo è, appunto, il caso dell’art. 20, comma 1, secondo periodo, del
decreto-legge n. 112 del 2008, il quale deve dunque essere dichiarato
costituzionalmente illegittimo.
4.– Successivamente alla
pronuncia dell’ordinanza di rimessione, il legislatore è intervenuto a
modificare l’art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008.
In particolare, con l’art. 18, comma 16,
lettera a), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito in legge dall’art. 1
della legge 15 luglio 2011, n. 111, ha inserito nel predetto art. 20 il
comma 1-bis, il quale ha reintrodotto, a carico dei datori di lavoro
che corrispondono ai propri dipendenti il trattamento economico di malattia,
l’obbligo di versare la contribuzione di finanziamento dell’indennità di
malattia a decorrere dal 1° maggio 2011. Inoltre, con la lettera b)
del citato art. 18, comma 16, ha modificato il secondo periodo del comma 1
dell’art. 20 (vale a dire proprio la disposizione oggetto della presente
questione) stabilendo che restano acquisite alla gestione dell’INPS le
contribuzioni versate per i periodi anteriori (non più al 1° gennaio 2009,
bensì) al 1° maggio 2011.
Per effetto di questo
intervento, quindi, ferma restando la norma di interpretazione autentica che
escludeva l’obbligo per i datori di lavoro di versare i contributi se
avessero provveduto a pagare il trattamento economico di malattia, tale
obbligo è stato reintrodotto a partire dal 1° maggio 2011 e,
contestualmente, è stato esteso (fino al 30 aprile 2011) il periodo in cui i
contributi già versati (indebitamente, perché per il periodo precedente al
maggio 2011 continua a valere la norma di interpretazione autentica che
esclude l’obbligo di contribuzione) restano definitivamente acquisiti alle
casse dell’INPS.
La normativa dettata dal
decreto-legge n. 98 del 2011 non fa venir meno la rilevanza della questione
sottoposta alla Corte, poiché il giudizio principale comunque deve essere
deciso applicando l’art. 20 del decreto-legge n. 112 del 2008 nel testo
precedente alle modifiche introdotte nel 2011.
Tuttavia, in base all’art. 27
della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento della Corte costituzionale), la dichiarazione di illegittimità
costituzionale deve essere estesa all’art. 20, comma 1, secondo periodo, del
decreto-legge n. 112 del 2008 nel testo modificato dall’art. 18, comma 16,
lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011. Infatti tale norma,
spostando dal 31 dicembre 2008 al 30 aprile 2011 il termine finale del
periodo di tempo al quale si riferiscono i contributi i cui versamenti
(seppur non dovuti) restano comunque acquisiti all’INPS, si pone in un
rapporto di inscindibile connessione con quella oggetto dell’ordinanza di
rimessione ed è affetta dai medesimi vizi di legittimità costituzionale.
per questi
motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, secondo periodo, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge
dall’art. 1 della legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo originario;
dichiara, in via
consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),
l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 1, secondo periodo, dello
stesso decreto-legge n. 112 del 2008, nel testo modificato dall’art. 18,
comma 16, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98
(Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito in
legge dall’art. 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il
6 maggio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2013.
Allegato:
ORDINANZA
Rilevato
che nel presente giudizio di legittimità costituzionale è intervenuta la spa
Metro Italia Cash and Carry;
che tale soggetto non è parte del giudizio
a quo;
che, per costante giurisprudenza di questa
Corte, possono partecipare al giudizio incidentale di legittimità
costituzionale le sole parti del giudizio principale e i terzi portatori di
un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale
dedotto in giudizio (da ultimo,
sentenza n. 150 del 2012);
che la spa Metro Italia
Cash and Carry
motiva il proprio intervento affermando che, ove l’art. 20, comma 1, del
decreto-legge n. 112 del 2008 fosse dichiarato illegittimo, essa sarebbe
legittimata a chiedere all’INPS la restituzione dei contributi di malattia
versati negli anni dal 1994 al 1998;
che, quindi, l’interesse
dell’interveniente è privo di correlazione con le specifiche e peculiari
posizioni soggettive dedotte nel giudizio principale.
per questi
motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
inammissibile l’intervento della spa Metro
Italia Cash and Carry.
F.to: Franco Gallo,
Presidente
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