Alle amministrazioni pubbliche di cui
all'art. 1, comma 2, del decreto
legislativo n. 165 del 2001
Alle autorita' indipendenti
Loro Sedi
1. Finalita' della disciplina.
L'art. 1 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con
modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha abrogato l'art.
16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, che conteneva la
disciplina generale dell'istituto del trattenimento in servizio dei
dipendenti delle pubbliche amministrazioni, e ha riformulato il comma
11 dell'art. 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito
con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di
risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte delle
pubbliche amministrazioni stesse. L'istituto del trattenimento in
servizio e' stato conseguentemente soppresso, mentre l'ambito della
risoluzione unilaterale e' stato ridefinito.
L'intervento legislativo e' volto a favorire il ricambio e il
ringiovanimento del personale nelle pubbliche amministrazioni. Con
l'entrata in vigore delle recenti modifiche il sistema prevede la
risoluzione del rapporto di lavoro: obbligatoria, per coloro che
hanno maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia ovvero il
diritto alla pensione anticipata, avendo raggiunto l'eta' limite
ordinamentale; rimessa alla determinazione dell'amministrazione, per
coloro che hanno maturato il diritto alla pensione anticipata secondo
i requisiti di cui all'art. 24, commi 10 e 12, del decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214, aggiornati con l'adeguamento alla speranza di
vita, e senza penalizzazione del trattamento, tenuto anche conto di
quanto previsto dall'art. 6, comma 2-quater, secondo periodo, del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito con modificazioni,
dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, come modificato dall'art. 1,
comma 113, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
La presente circolare e' emanata d'intesa con il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali.
2. La soppressione del trattenimento in servizio.
2.1. Il limite ordinamentale per la permanenza in servizio.
Va ricordato che il limite ordinamentale per la permanenza in
servizio e' fissato, in via generale, dall'art. 4 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, per i
dipendenti dello Stato, e dall'art. 12 della legge 20 marzo 1975, n.
70, per i dipendenti degli enti pubblici; tale limite e' applicabile
in via analogica anche alle altre categorie di dipendenti pubblici in
mancanza di diversa previsione normativa. Come precisato dall'art. 2,
comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con
modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che ha fornito
l'interpretazione autentica dell'art. 24, comma 4, secondo periodo,
del decreto-legge n. 201 del 2011, nei casi di cui allo stesso art.
24, comma 4, tale limite non e' modificato dall'elevazione dei
requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia dall'art.
24, comma 6, del citato decreto-legge n. 201 del 2011. Rimangono
salvi i diversi limiti gia' stabiliti da norme speciali per
particolari categorie di dipendenti (per esempio, il compimento del
settantesimo anno di eta' per i magistrati, gli avvocati e
procuratori dello Stato e per i professori universitari ordinari, in
base rispettivamente all'art. 5 del regio decreto legislativo 31
maggio 1946, n. 511, all'art. 34 del regio decreto 30 ottobre 1933,
n. 1611 e all'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 11
luglio 1980, n. 382). Si veda, al riguardo, la circolare del
Dipartimento della funzione pubblica n. 2 del 2012.
2.2. La disciplina transitoria.
Il comma 2 del citato art. 1 del decreto-legge n. 90 del 2014 ha
fatto salvi i trattenimenti in servizio in essere sino alla data del
31 ottobre 2014 o a data antecedente se prevista nel provvedimento:
essendo gia' scaduto questo termine, i trattenimenti non possono
proseguire. A tal fine, si considerano in essere i trattenimenti gia'
disposti ed efficaci. I trattenimenti gia' accordati ma non ancora
efficaci al 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del
decreto-legge) si intendono revocati ex lege.
I successivi commi 3 e 3-bis dell'art. 1 contengono una disciplina
speciale, finalizzata a salvaguardare la funzionalita' degli uffici
giudiziari e la continuita' didattica. In base a questa disciplina,
la data limite per l'efficacia dei trattenimenti in servizio, seppure
ancora non disposti, per i magistrati ordinari, amministrativi,
contabili e militari e' il 31 dicembre 2015, data oltre la quale
coloro che ne stiano fruendo devono essere collocati a riposo. Per
tali categorie di personale, pertanto, e' ancora possibile disporre
il trattenimento, che non potra' avere durata tale da superare la
predetta data.
La disposizione del comma 3-bis, relativa al personale della
scuola, ha esaurito i suoi effetti il 31 agosto 2014. Nessun
dipendente del comparto scuola, quindi, puo' trovarsi ancora in
servizio in virtu' del trattenimento eventualmente operato.
2.3. Le ipotesi di prosecuzione del rapporto.
2.3.1. Il mancato raggiungimento del minimo contributivo.
In alcune ipotesi l'amministrazione e' tenuta a proseguire il
rapporto di lavoro con il dipendente e tale prosecuzione non
costituisce un trattenimento vietato dalla legge.
Cio' si verifica, innanzitutto, quando il dipendente non matura
alcun diritto a pensione al compimento dell'eta' limite ordinamentale
o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di
vecchiaia. In tali casi, come chiarito dalla giurisprudenza
costituzionale (Corte costituzionale, sentenze n. 33 del 2013 e n.
282 del 1991), l'amministrazione deve proseguire il rapporto di
lavoro con il dipendente oltre il raggiungimento del limite per
permettergli di maturare i requisiti minimi previsti per l'accesso a
pensione non oltre il raggiungimento dei 70 anni di eta' (limite al
quale si applica l'adeguamento alla speranza di vita).
Per valutare la sussistenza del requisito contributivo minimo per
il diritto a pensione e, quindi, la possibilita' della risoluzione
del rapporto di lavoro, dovranno essere considerati il rapporto di
lavoro in essere con l'amministrazione e gli eventuali precedenti
rapporti di lavoro, a cui corrispondano contributi versati presso le
diverse gestioni previdenziali. Infatti, se il totale dei 20 anni,
previsto dall'art. 24, comma 7, del citato decreto-legge n. 201 del
2011, e' raggiunto attraverso la somma di anzianita' contributive
relative a diverse gestioni previdenziali, il dipendente potra'
accedere all'istituto gratuito della totalizzazione, di cui al
decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, o a quello del cumulo
contributivo, di cui all'art. 1, commi 238-248, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, che gli permetteranno di conseguire il
requisito contributivo minimo. Va segnalato che, ai fini del
collocamento a riposo attraverso l'istituto della totalizzazione, si
deve tener conto del vigente regime delle decorrenze (art. 5, comma
3, del citato decreto legislativo n. 42 del 2006) e, pertanto,
secondo il principio generale, il rapporto di lavoro dovra'
proseguire sino alla maturazione della decorrenza per evitare cesure
tra trattamento retributivo e trattamento pensionistico. Per coloro
che abbiano il primo accredito contributivo a decorrere dal 1°
gennaio 1996, peraltro, il collocamento potra' essere disposto solo
se l'importo della pensione non risultera' inferiore all'importo
soglia di 1,5 volte l'assegno sociale annualmente rivalutato (ai
sensi dell'art. 24, comma 7, del citato decreto-legge n. 201 del
2011).
Se, invece, anche considerando tutti i periodi contributivi, il
dipendente non raggiungera' il minimo di anzianita' contributiva
entro il raggiungimento dell'eta' anagrafica per la pensione di
vecchiaia prevista dall'art. 24, comma 6, del predetto decreto-legge
n. 201 del 2011, l'amministrazione dovra' valutare se la prosecuzione
del rapporto di lavoro fino al compimento dei 70 anni di eta' (oltre
all'adeguamento alla speranza di vita) consentirebbe il conseguimento
del requisito contributivo. In caso affermativo, l'amministrazione
dovra' proseguire il rapporto di lavoro al fine di raggiungere
l'anzianita' contributiva minima. In caso contrario,
l'amministrazione dovra' risolvere unilateralmente il rapporto di
lavoro.
Le amministrazioni programmeranno per tempo le opportune verifiche
con l'ente previdenziale, per conoscere e valutare la situazione
contributiva complessiva del dipendente e adottare le misure
conseguenti.
2.3.2. Il regime speciale dei dirigenti medici e del ruolo
sanitario.
Per i dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario
nazionale continua a trovare applicazione il regime speciale previsto
dall'art. 15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,
modificato dall'art. 22 della legge 4 novembre 2010, n. 183. Il comma
1 del citato articolo individua il limite massimo di eta' per il
collocamento a riposo di questi soggetti, inclusi i responsabili di
struttura complessa, al compimento del sessantacinquesimo anno di
eta', ovvero, su istanza dell'interessato, al maturare del
quarantesimo anno di servizio effettivo, in ogni caso con il limite
massimo di permanenza del settantesimo anno di eta'.
Continua quindi a valere per tutti i dirigenti medici e del ruolo
sanitario (dirigenti delle professioni sanitarie infermieristiche,
tecniche della riabilitazione, della prevenzione e della professione
di ostetrica) la possibilita', previa istanza, di permanere in
servizio oltre i sessantacinque anni di eta' per raggiungere i 40
anni di servizio effettivo, purche' non sia superato il limite dei 70
anni di eta'. Come previsto dalla citata disposizione,
l'amministrazione potra' accordare tale prosecuzione a patto che la
permanenza in servizio non dia luogo ad un aumento del numero dei
dirigenti. In questo caso, la prosecuzione del rapporto non
costituisce un trattenimento in servizio, ma l'applicazione di una
specifica disciplina del limite ordinamentale per il collocamento a
riposo.
Anticipando quanto meglio specificato in seguito, occorre tuttavia
segnalare che, salvo che si tratti di dirigente di struttura
complessa, sulla volonta' del dirigente di proseguire il rapporto di
lavoro fino al quarantesimo anno di servizio effettivo e oltre il
sessantacinquesimo anno di eta' puo' prevalere l'esigenza
dell'amministrazione di risolvere unilateralmente il contratto
secondo la disciplina contenuta nell'art. 72, comma 11, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modifiche dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133.
3. La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.
3.1. Le novita' della disciplina.
Come gia' osservato, in sede di conversione del decreto-legge n. 90
del 2014, e' stato riformulato l'art. 72, comma 11, del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, che disciplina la risoluzione unilaterale del
rapporto di lavoro.
Rispetto al testo previgente, la disposizione non pone piu' un
limite temporale di vigenza (precedentemente fissato al 31 dicembre
2014); la risoluzione unilaterale diviene quindi un istituto
utilizzabile a regime dalle pubbliche amministrazioni. La nuova
disciplina contiene elementi di novita' inerenti all'ambito di
applicazione, ai presupposti e alla procedura.
Per quanto riguarda l'ambito di applicazione, viene ampliata la
platea delle amministrazioni che possono procedere alla risoluzione
unilaterale del rapporto. Infatti, oltre alle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, vengono incluse anche le autorita'
indipendenti. In base alla nuova disposizione, in presenza dei
relativi presupposti, la risoluzione unilaterale del rapporto puo'
essere esercitata nei confronti di tutte le categorie di dipendenti
possibili destinatari della pensione anticipata disciplinata
dall'art. 24, commi 10 e 12, del menzionato decreto-legge n. 201 del
2011. Rimangono pertanto fuori dal campo di applicazione
dell'istituto le categorie di personale regolate da regimi di accesso
al pensionamento speciali, soggetti all'armonizzazione ai sensi del
comma 18 del citato art. 24, come il personale del comparto
sicurezza, difesa e soccorso pubblico.
Per quanto riguarda i presupposti, mentre il testo previgente
faceva riferimento al requisito della massima anzianita' contributiva
di 40 anni, il nuovo riferimento richiama il requisito contributivo
aggiornato per il conseguimento della pensione anticipata, come
disciplinato dall'art. 24, commi 10 e 12, del decreto-legge n. 201
del 2011. Tuttavia, il recesso unilaterale non puo' avere luogo se a
causa della risoluzione il dipendente subirebbe le penalizzazioni
previste dal gia' citato art. 24, comma 10, tenendo conto di quanto
previsto dall'art. 6, comma 2-quater, secondo periodo, del
decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito con modificazioni,
dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, come modificato dall'art. 1,
comma 113, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Pertanto, a
decorrere dall'anno 2014, la risoluzione unilaterale del rapporto di
lavoro puo' trovare applicazione nei confronti dei lavoratori che
maturano 42 anni e 6 mesi di anzianita' contributiva e compiono 62
anni di eta' e delle lavoratrici che maturano 41 anni e 6 mesi di
anzianita' contributiva e compiono 62 anni di eta' (art. 24, commi 10
e 12, del decreto-legge n. 201 del 2011, citato; decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze 6 dicembre 2011, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2011), salva l'applicazione
dei successivi adeguamenti alla speranza di vita su requisito
contributivo. Non e' piu' possibile, dunque, procedere in regime
ordinario alla risoluzione unilaterale nei confronti dei dipendenti
che compiono i 40 anni di anzianita' contributiva (tranne che nel
caso di ricorso ai pensionamenti in deroga per soprannumero, per i
quali continuano ad applicarsi le disposizioni anteriori al
decreto-legge n. 201 del 2011).
I dipendenti che hanno maturato il requisito di accesso al
pensionamento entro il 31 dicembre 2011 rimangono soggetti al regime
di accesso al pensionamento previgente (anche in applicazione
dell'art. 2, comma 4, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101). E'
il caso di coloro che entro tale data hanno maturato la quota 96.
Anche dopo la data di entrata in vigore della novella (19 agosto
2014), nei confronti di questi dipendenti l'amministrazione puo'
esercitare il recesso al raggiungimento del limite ordinamentale,
nonche' al conseguimento del requisito dell'anzianita' contributiva
di 40 anni di servizio (infatti, la nuova norma non ha abrogato il
comma 20 dell'art. 24 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, che
contiene il richiamo all'art. 72, comma 11, del decreto-legge n. 112
del 2008 nel testo previgente la recente modifica).
Per quanto riguarda infine la procedura, la nuova formulazione
della disposizione rende esplicita la necessita' che la decisione sia
motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di
scelta applicati. In ogni caso, ai fini del rispetto dell'obbligo di
motivazione appena menzionato, si segnala che ai sensi dell'art. 16,
comma 11, del decreto-legge 98 del 2011, convertito in legge n. 111
del 2011, l'esercizio della facolta' riconosciuta alle pubbliche
amministrazioni "non necessita di ulteriore motivazione qualora
l'amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in
via generale appositi criteri applicativi con atto generale di
organizzazione interna, sottoposto al visto degli organi di
controllo". A queste condizioni, ai fini dell'adempimento
dell'obbligo di motivazione, l'avvenuta adozione di tale atto
consentira' alle amministrazioni di risolvere il rapporto di lavoro
richiamando i criteri in esso contenuti purche' dai suddetti criteri
applicativi emergano le scelte organizzative dell'amministrazione.
Nel definire i criteri le amministrazioni valuteranno se prevedere
soluzioni di armonizzazione tra uomini e donne, riguardo al momento
di adozione della risoluzione unilaterale del rapporto, al fine di
scongiurare casi di discriminazione di genere in relazione al diverso
requisito di anzianita' contributiva richiesto.
Rimane invariato il termine di preavviso per il recesso, che anche
la nuova disposizione stabilisce in 6 mesi. Il recesso puo' essere
anche comunicato in anticipo rispetto alla realizzazione dei relativi
presupposti.
3.2. Regimi speciali.
L'ultima parte del nuovo testo dell'art. 72, comma 11, del
decreto-legge n. 112 del 2008 prevede alcune categorie di personale
alle quali la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro non si
applica o si applica con salvaguardia.
E' mantenuta l'esclusione per i magistrati e i professori
universitari, che viene estesa ai dirigenti di struttura complessa
del Servizio sanitario nazionale, tra i quali sono compresi sia i
dirigenti medici che quelli sanitari a cui e' affidata
responsabilita' di struttura complessa (per la categoria dei
dirigenti sanitari, si veda l'art. 1 del contratto collettivo
nazionale di lavoro, area della dirigenza dei ruoli sanitario,
professionale, tecnico ed amministrativo del Servizio sanitario
nazionale, quadriennio normativo 2002/2005; si tratta dei dirigenti
delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della
riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica),
come gia' indicato nel paragrafo 2.3.2.
Per i dirigenti medici e sanitari di struttura complessa, quindi,
continua a trovare applicazione il regime speciale di cui all'art.
15-nonies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come
modificato dall'art. 22 della legge 4 novembre 2010, n. 183. Per
essi, pertanto, perdura la facolta' di proseguire il rapporto
superando il limite dei 65 anni su istanza dell'interessato, fino al
maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il
limite massimo di permanenza non puo' superare il settantesimo anno
di eta' e la permanenza in servizio non puo' dar luogo ad un aumento
del numero dei dirigenti.
Per quanto riguarda, invece, i dirigenti medici e del ruolo
sanitario ai quali non e' affidata la responsabilita' di una
struttura complessa, le amministrazioni possono applicare la
risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro una volta maturati i
nuovi requisiti contributivi per l'accesso alla pensione anticipata,
purche' dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di eta'.
Questi medici possono comunque presentare istanza di proseguire il
rapporto di lavoro fino al compimento del quarantesimo anno di
servizio effettivo (sempre che tale prosecuzione non comporti un
aumento del numero dei dirigenti) ai sensi dell'art. 15-nonies del
citato decreto legislativo n. 502 (che riguarda i "dirigenti medici e
del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i
responsabili di struttura complessa"). L'amministrazione potra'
tuttavia non accogliere l'istanza stessa ove decida di procedere alla
risoluzione del rapporto di lavoro, anche in relazione ai criteri
adottati per l'utilizzo della risoluzione unilaterale del rapporto di
lavoro, tenendo presenti le esigenze organizzative e funzionali e
rispettando la parita' di trattamento, anche per evitare l'indebita
lesione dell'affidamento degli interessati.
Roma, 19 febbraio 2015
Il Ministro per la
semplificazione e la
pubblica amministrazione
Madia
Registrato alla Corte dei conti il 13 aprile 2015
Ufficio controllo atti P.C.M., Ministeri giustizia e affari esteri,
Reg.ne - Prev. n. 924
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